Archivio dei musicisti e gruppi casertani

Potlatch
animazione / teatro / musica 

Tutti gli articoli sui Potlatch:

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I Potlatch parte 10°:
Washing glass da Faxy city
di Antonio Iorio

Allego una chicca, il testo originale del monologo del Washing glass da Faxy city: Preceduto da un testo esplicativo, scritto qualche anno fa, ad uso interno e mai spedito.

Premessa

Il monologo da Faxy city è stato trascritto, dal testo originale a penna su carta velina leggerissima, in un momento imprecisato dell’anno 1984. Il pezzo è stato scritto nelle notti di S. Leucio, era inserito verso la fine dello spettacolo e precedeva il brano denominato “New wave”. Conservato in un registrazione originale in sede di prova in possesso di Amedeo F. Duplicato da Paolo V. che in una visita mi passò una copia.

Il monologo in questione rappresenta l’unica parte di testo sviluppata sul tema del “Washing Glass”. Doveva essere il tema dominante ma per la naturale dilatazione delle produzioni Potlatch, rimase, come elemento recitativo unico. Pur tuttavia possiamo dire che il fascino di un tema proposto condizionava in qualche modo il lavoro di tutto il gruppo. Il Washing glass, era la storia di un lavavetri che assisteva ad episodi di vita quotidiana attraverso i vetri di un palazzo, mentre lui all’esterno su di un ponteggio mobile svolgeva il suo lavoro, osservando, senza poter intervenire ciò che accadeva all’interno. Questa abitudine aveva generato una sindrome professionale, per cui, quando lo spettacolo che si svolgeva all’interno delle case superava la sua capacità d’osservazione, ed il vetro gli impediva d’intervenire in alcun modo, immergeva la testa nel secchio in attesa che la realtà si modificasse. Il lavavetri diventava uno struzzo. L’idea scenografica di base era quella di rappresentare l’edificio con i vari interni aperti verso la platea ma separati da un vetro. Aldilà dei vetri su di un ponteggio il lavavetri effettuava la sua performance, lavando cantando e recitando. Nella seconda parte dello spettacolo la scena si sarebbe dovuta ribaltare, il lavavetri si trovava dietro dietro una grande vetrata posta sulla ribalta, separandolo dal pubblico, mentre alle sue spalle calava un fondale che raffigurava un finto esterno fatto di solo cielo. Durante l’esecuzione del monologo si vede nella trascrizione l’indicazione dei secchi che realmente dovevano trovarsi in scena. Questi secchi sono pieni d’acqua per tre quarti e al momento indicato nel testo, fra un frammento e l’altro, l’attore v’immerge il capo. Quando riemerge dal secchio, s’intuisce dal testo, ch’egli ha subito un processo di purificazione che lo porterà alla fine a rompere il vetro verso il pubblico; permettendogli finalmente di entrare nella realtà. Tutto questo fu realizzato solo in parte, è evidente a chi conosce la storia del gruppo e la sua proverbiale mancanza di fondi, che era impossibile, costruire una scena così complessa. La scenografia venne dunque realizzata utilizzando una struttura tubolare ricevuta in prestito. I tubi “innocenti” furono dipinti in rosso e le assi di ponte in nero con i bordi a striscie diagonali bianche e nere. Fu montata una struttura lineare di una decina di metri a due piani alle cui spalle venne calato un telo di cellophane trasparente sulla cui superfice si creavano strani riflessi. Il secondo piano fu poco utilizzato; vi avvenne lo “Swing demenziale” ed una strana danza ritmica. Alla sinistra della struttura vi era montato un telo bianco per la proiezione di diapositive originali, tratte da disegni e foto realizzate da me, da Paolo e Chiara M. e fotografate da Giovanni V. con la collaborazione di un fotografo. Davanti a questo telo erano disposti i secchi utilizzati dal lavavetri. 5, secchi erano quasi colmi d’acqua, il sesto era colmo di frammenti di vetro. Il vetro del finale fu realizzato facendo costruire da un fabbro (Mastro Aniello) un telaio di ferro su rotelle che sosteneva un cristallo delle dimensioni di una finestra. La sera della prima venne rotto in direzione della platea, con un pugno rivestito da un guanto in pelle di colore giallo. Dopo varie lamentele giustificate dalla pericolosità dell’azione il vetro venne girato in senso perpendicolare alla platea e illuminato da uno spot direzionato e sagomato sul vetro stesso, producendo un effetto di particolare bellezza al momento della frantumazione. Numerose critiche furono portate da tutto il gruppo alla scena in questione, sia per la durezza dell’evento, che per il testo e per il modo d’impostare le canzoni. Mi fu chiesto espressamente di diluire il monologo all’interno dello spettacolo o di eliminarlo. al mio rifiuto di porre tagli alla scena fui posto di fronte ad un out-out. tagliare o andare via. Andai via. Nella sequenza del lavavetri vi era un altro personaggio: una donna vestita di bianco (Annamaria D.) interagiva, inserendosi con alcune frasi. Mi dispiace ricordare oggi che non gli fu dato spazio maggiore nè sufficiente visibilità.

Monologo da Faxy city. 84

Ti ho cercato questa sera, sull’elenco, tra i numeri degli apparecchi e i nomi delle strade. Poi, sono andato a caccia. Mi sentivo insicuro, inciampavo, ero debole; qualcosa era cambiato nella mia zona di caccia. Le impalcature innocenti non c’erano più e sulla strada, nel centro una montagna di mattoni di tufo. Ho avuto paura, i cani m’innervosivano, continuavano ad abbaiare ed il vento muoveva le lamiere ondulate. Paolo odia l’eco, Paolo odia l’eco, solo la vista della città lontana mi rassicura. Ora sono qui tra sei voci... il massimo che le mie mani possono sentire o sarebbe meglio dire ... riprodurre!

Primo secchio

L’erba del prato è velenosa, oggi ho mangiato una foglia carnosa, mi ha avvelenato pizzicava. Così ho preso un frutto, ma.. questo reagiva col veleno.. era peggio. Ho sputato tutto, in piedi su di una scala com i fili di saliva che arrivavano fino a terra. Jim si è fratturato il tarso o il metatarso, e mentre cammina, immagina i movimenti di un handycap. Stanotte ho sognato una donna, era nuda ha le gambe aperte e mi mostra una piattola. Ho visto molta gente con le labbra scomparse, non c’è l’hanno più, sono diventate delle fessure verdi, sono malati o forse morti. L’ho conosciuta la sera che andai al funerale di mio Padre....ti amo come amo tutte le macchine rosse... mi sembra che la luce si rifletta meglio in quelle chiazze bianche. per sempre..

secondo secchio

Stasera mi hanno battezzato, ho preso il mio nuovo nome e l’ho portato. (nel testo originale a questo punto vi è una canzone che non venne mai inserita) Tony Bianco. Oggi lo sono, mi chiamo così, se mi vedi forse non mi riconosci. Mi sono licenziato dal bar, ero stanco di parlare tutti i giorni con il direttore dell’azienda Stato e l’ispettore dell’azienda strade. Vedi allegato numero uno! (gli allegati erano delle aggiunte che non furono mai inserite, in questo caso si trattava di un versetto dall’inferno di D. Alighieri, canto 1.) ..Ora non ho più paura ma ho freddo. Quello che è certo è questo foglio e l’immagine che ne abbiamo.

Terzo secchio

L’importante è che a noi piaccia una foto, sì! uno di quei cartoncini che fermano il tempo.. ci capita sotto gli occhi.. il nostro sguardo sul movimento.. la nostra comunicazione è paralizzante.. I nostri depliants pubblicitari .. e le striscie sponsorizzate del nostro portamento. Vedi allegato numero due!

Quarto secchio

Ora sono composto, costruito. Trovati domani all’angolo tra la via rosa e la via blù, ti mando lì un bacio, questa è una storia d’amore, spedita ad un amore che non esiste.. un giorno racconterò a...

Quinto secchio

Una discarica continua delle nostre idee.. un cesso che porta in una fognatura.. dove in un sotterraneo cittadino.. corre verso una conduttura... come una metropolitana.. e.. da lì.. sbuca nel mare pieno.. ed il sole lo evapora.. ci riscalda.. e ci bagna.

Sesto secchio

Rottura del vetro.

Antonio Iorio

 

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