Allego una chicca, il testo originale del monologo del Washing
glass da Faxy city: Preceduto da un testo esplicativo, scritto qualche
anno fa, ad uso interno e mai spedito.
Premessa
Il monologo da Faxy city è stato trascritto, dal testo
originale a penna su carta velina leggerissima, in un momento imprecisato
dell’anno 1984. Il pezzo è stato scritto nelle notti di S. Leucio, era
inserito verso la fine dello spettacolo e precedeva il brano denominato
“New wave”. Conservato in un registrazione originale in sede di prova
in possesso di Amedeo F. Duplicato da Paolo V. che in una visita mi passò
una copia.
Il monologo in questione rappresenta l’unica parte di
testo sviluppata sul tema del “Washing Glass”. Doveva essere il tema
dominante ma per la naturale dilatazione delle produzioni Potlatch,
rimase, come elemento recitativo unico. Pur tuttavia possiamo dire che il
fascino di un tema proposto condizionava in qualche modo il lavoro di
tutto il gruppo. Il Washing glass, era la storia di un lavavetri che
assisteva ad episodi di vita quotidiana attraverso i vetri di un palazzo,
mentre lui all’esterno su di un ponteggio mobile svolgeva il suo lavoro,
osservando, senza poter intervenire ciò che accadeva all’interno.
Questa abitudine aveva generato una sindrome professionale, per cui,
quando lo spettacolo che si svolgeva all’interno delle case superava la
sua capacità d’osservazione, ed il vetro gli impediva d’intervenire
in alcun modo, immergeva la testa nel secchio in attesa che la realtà si
modificasse. Il lavavetri diventava uno struzzo. L’idea scenografica di
base era quella di rappresentare l’edificio con i vari interni aperti
verso la platea ma separati da un vetro. Aldilà dei vetri su di un
ponteggio il lavavetri effettuava la sua performance, lavando cantando e
recitando. Nella seconda parte dello spettacolo la scena si sarebbe dovuta
ribaltare, il lavavetri si trovava dietro dietro una grande vetrata posta
sulla ribalta, separandolo dal pubblico, mentre alle sue spalle calava un
fondale che raffigurava un finto esterno fatto di solo cielo. Durante l’esecuzione
del monologo si vede nella trascrizione l’indicazione dei secchi che
realmente dovevano trovarsi in scena. Questi secchi sono pieni d’acqua
per tre quarti e al momento indicato nel testo, fra un frammento e l’altro,
l’attore v’immerge il capo. Quando riemerge dal secchio, s’intuisce
dal testo, ch’egli ha subito un processo di purificazione che lo
porterà alla fine a rompere il vetro verso il pubblico; permettendogli
finalmente di entrare nella realtà. Tutto questo fu realizzato solo in
parte, è evidente a chi conosce la storia del gruppo e la sua proverbiale
mancanza di fondi, che era impossibile, costruire una scena così
complessa. La scenografia venne dunque realizzata utilizzando una
struttura tubolare ricevuta in prestito. I tubi “innocenti” furono
dipinti in rosso e le assi di ponte in nero con i bordi a striscie
diagonali bianche e nere. Fu montata una struttura lineare di una decina
di metri a due piani alle cui spalle venne calato un telo di cellophane
trasparente sulla cui superfice si creavano strani riflessi. Il secondo
piano fu poco utilizzato; vi avvenne lo “Swing demenziale” ed una
strana danza ritmica. Alla sinistra della struttura vi era montato un telo
bianco per la proiezione di diapositive originali, tratte da disegni e
foto realizzate da me, da Paolo e Chiara M. e fotografate da
Giovanni V. con la collaborazione di un fotografo. Davanti a questo telo
erano disposti i secchi utilizzati dal lavavetri. 5, secchi erano quasi
colmi d’acqua, il sesto era colmo di frammenti di vetro. Il vetro del
finale fu realizzato facendo costruire da un fabbro (Mastro Aniello) un
telaio di ferro su rotelle che sosteneva un cristallo delle dimensioni di
una finestra. La sera della prima venne rotto in direzione della platea,
con un pugno rivestito da un guanto in pelle di colore giallo. Dopo varie
lamentele giustificate dalla pericolosità dell’azione il vetro venne
girato in senso perpendicolare alla platea e illuminato da uno spot
direzionato e sagomato sul vetro stesso, producendo un effetto di
particolare bellezza al momento della frantumazione. Numerose critiche
furono portate da tutto il gruppo alla scena in questione, sia per la
durezza dell’evento, che per il testo e per il modo d’impostare le
canzoni. Mi fu chiesto espressamente di diluire il monologo all’interno
dello spettacolo o di eliminarlo. al mio rifiuto di porre tagli alla scena
fui posto di fronte ad un out-out. tagliare o andare via. Andai via. Nella
sequenza del lavavetri vi era un altro personaggio: una donna vestita di
bianco (Annamaria D.) interagiva, inserendosi con alcune frasi. Mi
dispiace ricordare oggi che non gli fu dato spazio maggiore nè
sufficiente visibilità.
Monologo da Faxy city. 84
Ti ho cercato questa sera, sull’elenco, tra i numeri
degli apparecchi e i nomi delle strade. Poi, sono andato a caccia. Mi
sentivo insicuro, inciampavo, ero debole; qualcosa era cambiato nella mia
zona di caccia. Le impalcature innocenti non c’erano più e sulla
strada, nel centro una montagna di mattoni di tufo. Ho avuto paura, i cani
m’innervosivano, continuavano ad abbaiare ed il vento muoveva le lamiere
ondulate. Paolo odia l’eco, Paolo odia l’eco, solo la vista della
città lontana mi rassicura. Ora sono qui tra sei voci... il massimo che
le mie mani possono sentire o sarebbe meglio dire ... riprodurre!
Primo secchio
L’erba del prato è velenosa, oggi ho mangiato una
foglia carnosa, mi ha avvelenato pizzicava. Così ho preso un frutto, ma..
questo reagiva col veleno.. era peggio. Ho sputato tutto, in piedi su di
una scala com i fili di saliva che arrivavano fino a terra. Jim si è
fratturato il tarso o il metatarso, e mentre cammina, immagina i movimenti
di un handycap. Stanotte ho sognato una donna, era nuda ha le gambe aperte
e mi mostra una piattola. Ho visto molta gente con le labbra scomparse,
non c’è l’hanno più, sono diventate delle fessure verdi, sono malati
o forse morti. L’ho conosciuta la sera che andai al funerale di mio
Padre....ti amo come amo tutte le macchine rosse... mi sembra che la luce
si rifletta meglio in quelle chiazze bianche. per sempre..
secondo secchio
Stasera mi hanno battezzato, ho preso il mio nuovo nome
e l’ho portato. (nel testo originale a questo punto vi è una
canzone che non venne mai inserita) Tony Bianco. Oggi lo sono, mi
chiamo così, se mi vedi forse non mi riconosci. Mi sono licenziato dal
bar, ero stanco di parlare tutti i giorni con il direttore dell’azienda
Stato e l’ispettore dell’azienda strade. Vedi allegato numero uno! (gli
allegati erano delle aggiunte che non furono mai inserite, in questo caso
si trattava di un versetto dall’inferno di D. Alighieri, canto 1.)
..Ora non ho più paura ma ho freddo. Quello che è certo è questo foglio
e l’immagine che ne abbiamo.
Terzo secchio
L’importante è che a noi piaccia una foto, sì! uno
di quei cartoncini che fermano il tempo.. ci capita sotto gli occhi.. il
nostro sguardo sul movimento.. la nostra comunicazione è paralizzante.. I
nostri depliants pubblicitari .. e le striscie sponsorizzate del nostro
portamento. Vedi allegato numero due!
Quarto secchio
Ora sono composto, costruito. Trovati domani all’angolo
tra la via rosa e la via blù, ti mando lì un bacio, questa è una storia
d’amore, spedita ad un amore che non esiste.. un giorno racconterò a...
Quinto secchio
Una discarica continua delle nostre idee.. un cesso che
porta in una fognatura.. dove in un sotterraneo cittadino.. corre verso
una conduttura... come una metropolitana.. e.. da lì.. sbuca nel mare
pieno.. ed il sole lo evapora.. ci riscalda.. e ci bagna.
Sesto secchio
Rottura del vetro.
Antonio Iorio |
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