Caro
Emilio raccolgo il tuo invito a collaborare al Potlatch puzzle con quello
che riesco a ripescare nella mia memoria…
scusa è un po’ lunga ma tu sai quanta strada ho fatto dagli anni 80… I
Potlatch… erano la mia famiglia, l’unica che avessi all’epoca, 16
anni, scappata di casa, vivevo nello
studio di via Mazzocchi, sede del gruppo, sopra la pizzeria ‘o Masto
(calavamo il paniere e ‘o masto ci metteva dentro 1 margherita che
dividevamo fra tutti, la segnava su un conto che sapeva non avremmo mai
pagato). La mia famiglia: Paolo Ventriglia talkin trombon era il mio
fidanzato ma praticamente era “quel trombone di mio padre” (solo per
citare Totò, lui non era affatto un trombone) aveva 15 anni più di me,
io ero gelosa del suo strumento.
Poi c’erano gli zii. Frankie Basic e John
Col Voz (Franco Basile e Gianni Vozza), Franco viveva nella stanza piccola
in fondo; era un ambiente così saturo di ricordi e di profumi e di stoffe
e di souvenir marocchini che mi ci perdevo.
Poi c’erano i fratelli: Toni Iorio e
Amedeo Fosso, eravamo come "les enfants terribles" di Cocteau.
Strane passioni ci univano, tramavamo contro il “trio bacchetta”,
lasciati soli in casa ci ubriacavamo dei solventi di Tariello e
inscenavamo piccole soap domestiche sul tema del tradimento: casalinga
flirta con idraulico torna marito saldatore…
Ma tutto finiva bene, sempre.
Mi chiamavano “IPI”, riferiti al mio
atteggiamento ipercritico verso tutto quello che producevano; dopo la
prova di una scena, dopo la prima di uno spettacolo o dopo l’ennesima
rappresentazione mi chiedevano cosa ne pensassi e io li stroncavo, ma solo
perchè era quello che si aspettavano da me, vivevo quella crisi di
rigetto adolescenziale verso la famiglia e rifiutavo tutto a priori. Non
era colpa mia se la mia famiglia era il gruppo!
Ma avevo ed ho tutt’ora una gran passione
per i Potlatch.
Un aneddoto? Il Terremoto.
Quella sera c’erano le prove allo studio,
suonavano Frankie, Paolo e John ai fiati, Toni performava-cantava, Ahmed
la batteria e batteva, batteva
forte, io e il presidente (G.d.C.) eravamo nella stanzetta degli aromi
respirando il fumo di incensi di paesi lontani... e Amedeo batteva, i
fiati protestavano perchè li copriva e faceva tremare tutti i vetri dei
vecchi stipiti, così quando la scossa iniziò tutti pensammo al potere di
Ahmed, Paolo gli intimò di smettere, lui alzò le
braccia in segno di resa e in un lampo il terrore ci prese…non era lui.
-Il terremoto!- urlò Paolo.
Mi ricordo il rallenty della scena di
panico, i ragazzi scomparvero subito, nel buio il palazzo fischiava e
crepava, qualcuno voleva buttarsi giù, forse io, il presidente a piedi
nudi spingeva contro una parete convinto fosse la porta, e bestemmiava in
italiano forbito dando dell’omosessuale al terremoto, come fa lui. Ci
salvammo tutti, ma non del tutto: quella scossa terremutò le nostre vite
che stiamo ancora ricostruendo.
I Potlatch, ho collaborato con loro, ho
disegnato diapositive, scene, costumi, ho cucinato, lavato… erano la mia
famiglia.
Oggi posso dire che le mie critiche di
allora erano quelle di una ragazzina presuntuosa e boriosa, prima della
classe al Liceo, ora so, a quasi quarant’anni, che quello dei Potlatch
è stato un percorso audace e precursore, libero e liberatorio,
originalissimo in tutte le sue forme sia nel contesto in cui sono nati ma
anche in senso più ampio, ho rivisto da poco uno spettacolo dell’epoca
di uno di quei gruppi cosiddetti ”post moderni” che tanto apprezzavo
all’epoca ed ho sorriso all’atmosfera rarefatta rudemente
videotecnologica… contemporaneamente sul palco di Faxy City scorreva
Sangue vero…e scusate se è poco.
Bacio tutti i Potlatch ovunque essi siano,
questa è la mia email aspetto le loro critiche. Ipi.
Chiara Mannella: Kramann13@hotmail.com
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Paolo Ventriglia, Enzo Faraldo, Franco
Basile, Amedeo Fosso durante le prove, in una foto del 1992. |