Archivio dei musicisti e gruppi casertani

Potlatch
animazione / teatro / musica 

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I Potlatch parte 9°:
Recitare meno Recitare tutti
di Antonio Iorio

Lasciatemi togliere un piccolo chiodo dalla scarpa, un granello nel mare del disprezzo che ci è stato regalato dai fautori della cosiddetta musica colta. “Recitare meno recitare tutti” gridava il titolo di un articolo dispregiativo firmato dal Sig. Augusto Ferraiuolo, l’indomani della messa in scena della Pantomima Scarlatta, articolo apparso sulla Gazzetta di Caserta e come confessò l’autore stesso a qualcuno di cui non ricordo il nome, nato per “scherzo” tanto per vedere che reazione suscitava. Ovviamente nessuno confermerà l’episodio, mi rimarrà la possibilità di nominare profeta A. Ferraiuolo, oggi, che il Grande fratello e Internet possono portare un qualsiasi nessuno a recitare davanti al mondo intero. Verrà un giorno in cui il successo per l’intera carriera di un uomo-arte si misurerà nell’arco delle ventiquattro ore. Egli al mattino si sveglierà decidendo di diventare qualcosa e la sera prima di andare a letto la sua carriera sarà già finita. Oggi, siamo tutti protagonisti e nessuno lo è veramente. Quest’immagine ci viene suggerita con tutti i mezzi. Nella musica in particolare suoni lancinanti e voci dissonanti riecheggiano. Essi sono più concreti e reali di quanto lo fossero vent’anni fà, s’incontrano con linee melodiche spezzate o ossessivamente ripetute. Solo vaghe nostalgie pescano nel passato sonoro; ed è piacevole, abbandonarsi ad esse; esattamente l’operazione compiuta dagli Avion travel nel brano che li ha portati ha vincere con merito un festival di Sanremo. Provate a chiedere ad un pubblicitario di questi tempi se, si senta di commissionare un brano musicale inedito per pubblicizzare un prodotto o preferisca utilizzare qualcosa che é già nell’aria. Non siamo più abituati ad ascoltare suoni inediti per cui chi scieglie di produrli deve mettere in conto di vincere la nostra ritrosia iniziale. Questa è l’era elettrica, l’era in cui il medium è il messaggio di Marshall McLuhan. L’era in cui l’Arte si libera da se stessa e diventa non Arte. Gli Artisti diventano operai e manager dell’Arte applicata ai vari usi in cui essa si rende utile alla società.

“Poco prima che un aeroplano superi la barriera del suono, sulle sue ali si rendono visibili onde sonore. L’improvvisa visibilità del suono nell’atto stesso in cui finisce è un esempio appropriato del grande meccanismo naturale, che porta a rivelare forme nuove e opposte proprio quando le forme precedenti arrivano alla loro massima attuazione”.

da: Marshall Mcluhan, Gli strumenti del comunicare, 1964.

Continuamente ho lasciato nella mia vita, che una frase, scritta da un altro; diventasse la guida di un certo periodo. Mc Luhan, mi ha offerto numerosi appigli e baratri in cui sprofondare. C. E. Gadda diceva:

“Conoscere è inserire alcunché nel reale; è, quindi, deformare il reale”.

In essa ho trovato la ragione principale di tutte le mie ricerche. Anch’egli mi accompagna e pensate, nel periodo in cui lavoravo con i Potlatch la frase che avevo adottato a guida spirituale di quel periodo era una frase di Antonin artaud, la stessa frase adottata qualche tempo prima da Paolo V. in un suo esperimento filmico.

“ Se sono poeta e attore non è certo per scrivere o recitare le mie poesie, ma per viverle! ”.

Provate Voi ad immaginare, seguendo i dettami di una singola frase, cosa significa adeguare la propria vita coerentemente al concetto espresso. La coerenza è una malattia giovanile, in età adulta dicono trattasi di stupidità. Questo per dire quanto sia stato per me importante rimarcare la difficoltà del vivere; e, mentre si è presi dall’angoscia che può derivare da questa consapevolezza, tentare di afferrare al volo il segno distintivo del tempo che fugge, emettendo un grido, un urlo geometrico sfiorato, solo sfiorato da una lontana bellezza. Dal momento che il primo canone che si sovverte é proprio il concetto di bellezza. Cercare in questo, un segno del tempo che vivo per i vivi che vivono il mio tempo, è quanto ho sempre cercato di fare, null’altro.

Non me ne voglia Nicola di Caprio, nelle sue parole apprezzo le migliori intenzioni e condivido con mio imbarazzo la profonda nostalgia. Ma, alcune definizioni producono strane risonanze alle orecchie, sembrano le sue parole riecheggiare oltre che il sapore del tempo, anche, uno schierarsi rigido e intelletualistico; tipico dell’epoca. Sembra l’amico Nicola, privo di coraggio, gli risulta più facile schierarsi ancor oggi dalla stessa parte, non abbandonarsi a inutili nostalgie che pur premono nel suo cuore e chiedono spazio. Anche se, non posso fare a meno di ammettere, l’immagine riportata da Nicola è esattamente ciò che noi proiettavamo all’esterno, nonostante le diverse intenzioni, nè facevamo niente per modificarla; evidentemente in quel contesto andava bene così, come potevamo non essere autodistruttivi! Come potevamo fidarci completamente di noi stessi e dei nostri sensi. Le generazioni a cavallo di quegli anni si sono sentite ripetere dai loro padri usciti dalla guerra un unica frase, che rimbombava su tutto il territorio Nazionale “Dopo tutti i sacrifici che abbiamo fatto per te!” Questa frase conteneva tutto il senso delle loro esistenze; impossibilitati a vivere la loro giovinezza avevano scaricato tutte le energie nella ricostruzione post-bellica: essi stessi guidati da un altra frase che si ripetevano nelle notti insonni “Mio figlio avrà tutto quello che io non ho avuto” e così il figlio della prima generazione alfabetizzata é cresciuto e quando é diventato grande ha detto a suo padre:”Padre, non mi accontento di quello che mi hai dato, ti ringrazio ma nessuno t’aveva chiesto di rinunciare ai tuoi sogni per i miei. Ora sono istruito e voglio di più, voglio altro e la prima cosa che faró sarà distruggere il mondo che mi hai ricostruito". Troppi compromessi hai accettato per comprare un trenino elettrico, “This is the end” e cosi le generazioni degli anni sessanta e settanta si misero a distruggere tutto quello che capitava sotto i loro occhi, e quando fu il momento di ricostruire solo i più furbi tra essi ne trassero vantaggio. Mi tornano alle orecchie le parole di un altro Artista personaggio Casertano che tangenziava il nostro percorso; G. Tariello, egli disse una volta: “Sono un artista perchè vendo!”.

Aveva ragione; un artista è colui che riesce a vivere della sua Arte, migliore definizione non trovo, che si agganci all’oggi, ed al ruolo che l’artista ha nella società. Questa definizione ha un valore per il presente, anche se il passato ci rinnega crudelmente e il futuro non ci è dato sapere. E’ ovvio che un opera d’Arte è tale aldilà del suo prezzo e del suo tempo. Ma un Artista senza mezzi ha molte probabilità di scomparire senza che nessuno si sia accorto del suo passaggio sulla terra. Ritorno paziente nelle viscere della terra, quale colata lavica o bruco di terra o mollusco di mare, ci risentiamo alla prossima fumarola.

(Continua)

Antonio Iorio

 

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