Caro Emilio, mi complimento di cuore per il sito, che finalmente segna una traccia concreta di ciò che la Provincia di Caserta ha prodotto ed è in grado di produrre in termini artistici e culturali, nonché capace di diffondere grazie agli spunti di talenti artistici e telematici
che crescono e si moltiplicano in questo territorio, nonostante le profonde contraddizioni e l'assoluta carenza strutturale di cui da anni si discute nei vari livelli istituzionali, senza tangibili risvolti nella realtà quotidiana di chi vive e crede nell'arte in senso lato.
Ho letto le storie Potlatch finora pubblicate ed avendo fatto parte della "banda" in periodi alterni quale pianista e tastierista, sento opportuno e divertente raccontare uno dei tanti episodi che ricordo con particolare emozione.
I Potlatch
Potlatch era ed è una filosofia dell'esistenza umana (oltre che un gruppo) nata sul finire degli anni settanta, alla quale sentii subito di aderire, anche se con notevole turbamento interiore generatomi dal mito dell'appartenenza al "club" dei musicanti formati o in formazione, che usavano il linguaggio musicale secondo regole prestabilite che tutt'oggi costituiscono l'ossatura della musica in generale e che fanno parte del bagaglio di ciascun musicista..... Ed era questo background "culturale" che mi provocava, a volte, un grande senso d'angoscia e di smarrimento nelle performances
Potlatch, dove regnava in assoluto la libertà di espressione, in altri termini l'improvvisazione pura e semplice.
Ma non voglio soffermarmi oltre su quest'aspetto che non mi compete, anzi invito gli zii, così come li ho sempre affettuosamente chiamati ( Franco Basile,
PaoloVentriglia, Giovanni Vozza e Gennaro De Canditis) a farlo per me se ne hanno voglia, per cui passo al racconto di cui accennavo prima.
Ho iniziato a strimpellare da piccolo seguendo le tracce di famiglia sul pianoforte che mi trovavo in casa e che, per un bambino di cinque anni, non era altro che il pianoforte sul quale suonavano mio padre, mia madre e mia nonna. All'epoca vivevo a Nola, dove sono nato. Il pianoforte su cui ho mosso i miei primi passi, un F.Mùblestein - Stierstadt verticale, era ormai pieno di buchi e di tarme, per cui, dopo il trasferimento a Caserta (1967-68) si decise di acquistarne uno nuovo, più moderno, più accordabile e soprattutto senza tarme. Il vecchio piano, pertanto venne trasferito a casa di mia nonna e rimase per alcuni anni a Nola. Col passare del tempo, però, nonostante suonassi e mi esercitassi sul nuovo strumento, sentivo una crescente nostalgia del suono col quale mi ero svezzato e soprattutto della tastiera coi tasti ingialliti sulla quale le mie mani sembravano più leggere, per cui cominciò a maturare in me l'idea di riprendermi il vecchio piano. Ne parlai con mia nonna che era contentissima di questa mia aspirazione ed un bel giorno, dopo aver noleggiato un furgone rosso dal mitico Michele Cavallo (quello della leggendaria masseria dove anch'io mi sono esercitato per parecchio tempo), andai da mia nonna per ritrasferire il pianoforte a Caserta: in quell'occasione nonna Angelina (pace all'anima sua) mi diede in dono una fotografia di un signore anziano con una dedica sottoscritta, raccomandadomi di incorniciarla e di tenerla sempre sul pianoforte. Si trattava della foto del maestro "Francesco
Cilea", insigne compositore e direttore del Conservatorio di Napoli S.Pietro a
Majella, sotto la quale sono riportate le seguenti parole:
"Alla cara cugina Angiolina Ventra, che con culto custodisca questo pianoforte dello zio Nino Arena, sul quale Francesco Cilea nelle assidue visite a Bagnara vi compose varie sue liriche. Rosa
Cilea".
Durante il viaggio da Nola a Caserta mi sentivo particolarmente emozionato e decisi di condividere questo mio sentimento con gli amici Potlatch con cui già da tempo collaboravo.....Trovai Franco, Paolo e Giovanni nei pressi di piazza Margherita, ed una prima performance avvenne proprio davanti al bar
"Buffolano", dove, aperta la porta del furgone, si iniziò a suonare e cantare per il divertimento dei passanti. Quindi decidemmo di trasferirci a Palazzo Reale: ognuno si portò dietro qualche strumento musicale.....Optammo per il Parco e la band, che ormai contava sull'apporto di circa dieci persone, ritenne che lo scenario per lo spettacolo dovesse essere l'enorme prato che si trova all'ingresso del Parco reale. Scaricammo perciò il piano dal furgone e lo sistemammo in mezzo al prato: che sensazione indescrivibile!!! Giovanni, Franco e Paolo diedero fiato ai sassofoni ai flauti ed alle trombe, qualcuno diede voce alle percussioni, altri si misero a ballare, altri ancora iniziarono a cantare e tutto si svolse intorno al ritorno del pianoforte da me suonato in uno stato di completa estasi e profonda emozione. Provo ancora un'immensa gioia nel ricordare quei momenti: è stato forse il più bel concerto della mia vita, completamente improvvisato, ma per me ricco di significati.
Molti degli spettatori furono gli allievi dell'aeronautica affacciati alle finestre, che ci guardavano con occhi divertiti e/o pensierosi, quasi a voler comunicare la loro meraviglia nell'assistere a scene che, all'epoca e nel contesto in cui vivevamo, potevano essere giudicate come di "straordinaria follia". Ma tutto ciò rientrava nello spirito Potlatch e per noi costituiva un'inesauribile fonte di divertimento ed arricchimento della pratica musicale e teatrale.
A distanza di tanti anni (circa venti) e dopo aver suonato con tanti altri musicisti, da alcuni definiti "professionisti", l'esperienza Potlatch rimane per me un caposaldo dell'essenza artistica, purtroppo non valutata con corretta prospettiva da chi si occupa di show-business, spesso criticata da "addetti ai lavori" di qualche parte e/o partito, ma che, a mio avviso, con il passare del tempo, resta uno dei pochi esempi di arte spontanea presente sul territorio, ancora capace di far sorridere un bambino o di "emozionare" un adulto, prescindendo da qualsiasi condizionamento estetico-culturale veicolato da elementi mediatici quali l'audience o il prestigio che non si sono mai sposati con la filosofia del gruppo.
Potrei raccontarti tante altre storie simpatiche, legate ai Potlatch sia come gruppo che come singoli, ma mi riservo di farlo in altre circostanze, magari dopo aver letto altre testimonianze di chi, come me ha avuto il piacere di incontrare e far parte di questo movimento e ne condivide lo spirito e le iniziative.
Con grande stima
Clemente Bonagura
Caserta, 16 Ottobre 2000 |
Clemente Bonagura, dopo aver effettuato la formazione presso il
C.R.M.(Centro ricerche Musicoterapia) di
Napoli, è delegato, insieme a Massimo Guerriero, della Sezione provinciale di Caserta di tale
centro, fondata da un gruppo di musicoterapisti di Caserta e che svolge attività sul territorio per la diffusione e la pratica della musicoterapia secondo un'impostazione
psicodinamica. Nell'ottobre 1999 il gruppo ha tenuto il 1° seminario dal titolo
Musicoterapia: Riabilitazione neuromotoria e psicoaffettiva del bambino, presso il Belvedere di San Leucio, con la partecipazione, tra l'altro di Gianluigi Di Franco e Tony
Wigram, rispettivamente presidenti della federazione europea e mondiale di
musicoterapia, che ha dato il senso di ciò che realmente significhi formare e praticare la
Mt.nel mondo. Come musicista ha anche collaborato per parecchio tempo come pianista e tastierista
per il gruppo dei potlatch
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