Ebbene
sì! maledetto Carter; ancora una volta suoni lancinanti e voci dissonanti
riecheggiano nell’aria del tempo e ritornano alle orecchie le note di
una marcetta musicale: ta-rataratata-tatatatata-taaratara-tata... Ebbene
si! sono tornato dalle nebbie del passato, nella traccia di un messaggio
elettrico, non come una meteora, bensì come una cometa con una lunga
coda. Permettetemi di utilizzare ancora una metafora figurata, più
terrestre che astronomica direi, lasciatemi riapparire come un eruzione
vulcanica i cui cicli di attività e riposo travalicano i ricordi,
superano le memorie quotidiane. Tutto ciò che é già vissuto e che ai
nostri occhi sembra così minuscolo da non meritar menzione o é
estremamente piccolo o estremamente grande. E poco importa se l’arco
delle vicende che andiamo a ricostruire consentirà di vedere solo
frammenti di un era antica miste a chiacchiere da bar di provincia,
mitologia nata dal ridetto. E’ proprio questo; il motore primo, che mi
spinge a scrivervi. Mi sono immaginato che qualcuno un giorno in un bar da
qualche parte a Caserta dica “Ma sì, ti ricordi.. quel gruppo di
Cabarettisti di Caserta, come si chiamavano i..i..Po.. i Poitilascio”;
proprio non mi andava giù una tale storpiatura. Subito dopo rinasce l’antica
esigenza di voler sistemare una esperienza. Scusate, non mi sono
ancora presentato sono io: Antonio Iorio, Tony Iorio, Tony Solo, Tony
Bianco, Tony Sabot, Tonino Iorio, Antoine le Freaks. Rileggendo la lettera
dell’amico Nicola ho trovato alcuni autentici sapori originali e
molte imprecisioni che in buona fede egli riporta da racconti mitizzati;
la diffusione di queste storie é d’attribuire principalmente agli
stessi membri del gruppo che in determinati periodi ritenevano
necessario creare aloni nebulosi, poi il tempo e la vaghezza dei ricordi
ha fatto il resto. Per dirne una delle più innocenti “Antonella Santoro
non appariva nella Pantomima Scarlatta, bensì in Faxy city” ma tant’è,
a cosa serve correggere dei banali errori di cronaca, certo! mi piacerebbe
raccontarvi la vera Storia dei Potlatch. Sono certo che inquadrati nel
giusto contesto alcuni particolari cambierebbero di forma e sostanza il
riflesso dell’immagine dei Potlatch. Piazza Vanvitelli era uno dei punti
di riferimento cittadino. C’è ne tanti nella vita di ognuno. C’è ne
tanti come in qualsiasi altra città. Piazza Vanvitelli, era la piazza
più fornita di tutti i comfort che ti permettevano di stanziare in tutte
le stagioni il tempo pigro della ricerca di senso, ed anche: abbrutimento,
ghettizzazione e ancora insoddisfazione, ricerca e perdizione; ombelico e
buco del culo di tutti i mondi. Nel mezzo la statua di Don Luigi e tutt’intorno
gli edifici più rappresentativi: la Banca d’Italia, la Questura, il
Comune, la Prefettura e i caffè con le loro distese di tavolini che
permettevano di prolungare interminabili chiacchiere. E, come non citare
le splendide magnolie i cui fiori belli e odorosi venivano raccolti da
bambini scimmia e venduti ai passanti. Dovrei citare gli amori nati e
quelli finiti, le botte prese dalla Polizia, gli arresti etc.. Rimango
diviso tra due zone oscure tra il ricordo dolce e nostalgico e la ragione,
anch’essa vestita di un pesante manto oscuro. Tutto questo solo citando
il nome di una Piazza, Piazza Vanvitelli sulla cui storia si potrebbe
scrivere un libro e girare un film.
(Continua la prossima settimana)
Antonio Iorio |
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