Archivio dei musicisti e gruppi casertani
Potlatch
animazione / teatro / musica
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I
Potlatch parte 1°:
Potlatch,
fantasia e delirio in città
/ Potlatch
alla deriva
di Nicola Di Caprio / Franco Basile
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Potlatch,
fantasia e delirio in città
di Nicola Di Caprio |
Un accavallarsi di facce e di
incontri a piazza Vanvitelli è il primo ricordo alla parola Potlatch. Era il
mondo degli "alternativi", inteso anche come gente che viveva un pò alla
giornata, di estrazione proletaria o contadina, con ideali politici, buone
letture e qualche talento artistico. In una città borghese e cattolica,
erano quelli della "controcultura" di sinistra per destino e non per scelta. Basti pensare che alcuni di loro hanno vissuto per un lasso di tempo, fine
anni '70 inizi '80, in un'ala dell'allora fatiscente Belvedere di San Leucio,
senza luce ne acqua e per "entrare in casa" bisognava arrampicarsi su per una
corda. E di quella e altre scelte ancora più estreme alcuni ne hanno poi
pagate conseguenze dure se non drammatiche.
Ma in realtà che era Potlatch? Idealmente era la fantasia al potere, come si
diceva ancora in quegli anni, in pratica erano artisti, musicisti, attori,
film maker uniti che producevano eventi che spaziavano da clownerie, a musica
da strada fino al teatro totale. Il gruppo dei fondatori, coeso e omogeneo,
era formato da nomadi che rispondevano al nome di Giovanni Vozza, Paolo
Ventriglia, Franco Basile, Toni Iorio a cui si sono aggiunti, in epoche
diverse e per certi spettacoli, gente con casa e affetti tipo Enzo Faraldo,
Amedeo Fosso, Annamaria Deri (mia compagna dell'Istituto d"Arte), Agostino
Santoro e sua sorella, e tantissimi altri amici che andavano e venivano tipo
Chiara Mannella. Della sorella di Santoro, di cui non ricordo il nome perché
per me é sempre stata la "sorella" del noto batterista, cito un episodio che
definirei il "manifesto Potlatch". Parlo dello spettacolo che si teneva a
Torre del Greco nell"ambito di un"importante rassegna teatrale. Si presentava
uno spettacolo post "cheep" modern -con pochi mezzi e molto trovarobato- dal
titolo La Pantomima Scarlatta, forse l"acme della loro attività. Immagino
come saranno state le prove di quello spettacolo: tra una birra e una canna,
tra assenze e disattenzioni. La scienza esatta non era la loro visione delle
cose. Infatti ad un certo punto in scena compare la Santoro, che da
copione doveva fermarsi sotto uno spot luminoso. Le posizioni erano cannate
di almeno un metro. Lei freddamente rimane nella posizione e la tiene.
Lunghissimi secondi 'e paura e 'i scuorno per noi amici presenti che
passarono lentamente e che si trasformarono in un applauso a scena aperta del
pubblico, che interpreta lo sbaglio come una scelta drammaturgica. Episodio
indicativo del clima culturale di quegli anni, dove tutto poteva essere "alternativo"
o "controcultura" e di come i Potlatch erano indiscussi maestri del genere.
Urge ora una carrellata di "quadri Cult" che rivela la vera forza di quel
collettivo: i personaggi. Toni Iorio (attore) bendato come una
mummia che rincorre i passanti. Paolo Ventriglia col trombone che
emette solo muggiti come scelta stilistica. Franco Basile (sax) che vuole suonare
dovunque, pecché sce stà 'a guadagnà scient'mila lire!! Agostino
Santoro (batteria) che trasforma tutto in clownerie diluendo qualsiasi
idea originaria di dramma e i "duelli western" tra lo stesso e Toni Iorio
negli spettacoli da strada. La dirompente sexy Annamaria Deri (attrice
per caso) in un passaggio televisivo RAI. Il bello, Amedeo Fosso
(batteria), detto "Turiddu" per la sua incurabile gelosia. Il placido Enzo
Faraldo (contrabbasso) che fa ruotare vertiginosamente lo strumento in
scena colpendolo violentemente con l"archetto, si saprà poi di "qualcosa"
messo nella bevanda a sua insaputa e che lo aveva sconvolto. Ancora Toni Iorio che, immerso nella body art da teatro della crudeltà, si taglia
profondamente con una lametta in scena su cui prima aveva sputato, e per
finire con una cornice scarpettiana al tutto: l'enorme insalata di pomodori a
cui tutti azzuppavano dalla stessa scodella e che qualche volta era l'unico
pasto della giornata.
Nella cultura dei pellerossa del nord est degli Stati Uniti, il "Potlatch" è
una cerimonia comune sulla condivisione delle proprie cose con gli altri, e
chi riceve deve poi dare a sua volta. Credo che questo collettivo ha
pienamente rispettato il significato del nome che si é scelto dando molto in
città e a noi spetta restituire qualcosa; il ricordo di quell'esperienza ne
è l'inizio.
I Potlatch non avevano, forse, il talento (o la professionalità) che ci
vuole per diventare famosi -come è successo a gruppi teatrali e musicali
dell'epoca- ma avevano coraggio e rappresentavano un aspetto originale di una
città, un tempo, culturalmente viva e variegata e che attingevano anche alle
proprie radici culturali.
Nicola Di Caprio, Settembre 2000 |
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FORMULARIO PER UNA NUOVA URBANISTICA
SIRE, IO SONO DELL'ALTRO PAESE.
Noi ci annoiamo nella città, non ci sono più templi del sole. Tra le gambe dei passanti i dadaisti avrebbero voluto trovare una chiave pappagallo, e i surrealisti una coppa di cristallo, tutto questo è perduto……
La poesia dei manifesti è durata venti anni. Noi ci annoiamo nelle città, bisogna faticare duramente per scoprire ancora dei misteri sui cartelli della pubblica via, ultimo stadio dell'humor e della poesia:
Bagni- docce dei Patriarchi
Macchine tagliacarne
Zoo Notre-Dame
Farmacia degli Sports
Segheria mani d'oro
Ambulanza S.Anna
Pensione di famiglia nel giardino
DERIVA…………..Modo di comportamento sperimentale legato alle condizioni della società urbana: tecniche di passaggio veloce attraverso vari ambienti.( questa breve prefazione è stata tratta dalla rivista "Internazionale Situazionista vol.1" edita da E.C.A.T. libri-Genova 1975). |
Potlatch
alla deriva
di Franco
Basile
La citazione del "FORMULARIO" introduce al concetto di Potlatch che nella mia interpretazione è poesia del quotidiano, DERIVA senza una meta precisa, secondo passione e istinto, perdendosi attraverso vicoli e piazze contaminate dalle situazioni vissute in modo diverso dal solito.
Nello specifico artistico Potlatch è una DERIVA tra musica, teatro, cinema, video, pittura che va ad occupare, soprattutto, quella fascia di confine tra una forma d'arte e l'altra; perché in tale zona, l'arte stessa, non è del tutto definita e le possibilità di esplorazioni espressive sono infinite.
Potlatch è rito e gioco, rovesciamento di prospettiva, divertimento e tragedia come nella vita.
Allo Studio di Paolo si scambiava spesso la notte per il giorno; la gente si incontrava e si scontrava, si svolgevano diverse attività: chi suonava, chi ascoltava, chi litigava. Un amico architetto, nostro ospite occasionale, distrutto da un intero pomeriggio trascorso a sprofondare nei cuscini disseminati sul pavimento, disse di avere visto centinaia di persone in poco tempo.
Il laboratorio era full-time e full-immersion.
Sul palco eravamo sostanzialmente come nella vita quotidiana. La regia di gruppo e le tecniche informali di sperimentazione, garantivano una spettacolarità intensa che coinvolgeva gli spettatori nell'happening in corso.
Nel 1980 il gruppo si costituì in cooperativa col nome "Potlatch '80".
Attualmente lo spirito Potlatch si realizza attraverso varie denominazioni come: "New Potlatch", "La banda delle fiabe", "Parole in libertà", "La banda del Bukowsky", con spettacoli ispirati alla stessa filosofia.
Franco Basile 23/11/2000 |
© Casertamusica.com - 2000
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Album
fotografico
Immagini commentate
da G.Vozza e V.Faraldo
(LE IMMAGINI POSSONO ESSERE VISTE A PIENA PAGINA)
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Una
"foto d'epoca", risalente al 1902 (?). Da sinistra, in alto:
Tonino Iorio (col casco), Jim Gas Santoro, Amedeo Fosso (con un vestito
dell'esercito Sabauda). In basso: Giovanni Vozza (una improbabile damina
violoncellista del 700), e Franco Basile (un ancora più improbabile Mao
Tze Tung). ...Quando le date e le epoche sono un'opinione. |
Settembre
al Borgo, 1980 "Il golpe dei bambini".
"I bambini seguivano il gruppo, facevamo caos insieme, suonavano
gli strumenti che gli davamo noi. Poi portavamo un pupazzo, simbolo del
potere, in giro per le strade, e alla fine questo veniva pubblicamente
"giustiziato" (era una fissazione di Agostino quella di
giustiziare qualcuno)." |
Roma,
Luna Partk dell' EUR, 1983.
Da sinistra: Amedeo Fosso (tastiere), Patrizia Bettini (cantante /
performer e "gran digiunatrice" ) di Roma, Paolo Ventriglia
(trombone), Franco Basile (Sax).
"Dietro il palco c'era un grande pannello disegnato da Andrea
Pazienza. Annamaria Deri, mentre noi eravamo sul palco, giù al palco e
per lo spiazzo andava avanti e indietro con movenze da prostituta
mentre il gruppo suonava. La "mummia" (Tonino Iorio) la nota, e
quindi scende dal palco e inizia a seguirla, e scompare con lei nel bosco.
Agostino si trasforma nel temibile ispettore "Jim Van Gassen" e,
con l'aiuto di Amedeo, inizia ad indagare sulla sparizione della mummia.
Alla fine il tutto si trasformava in un inseguimento, tra bosco e
laghetto, e sul palco rimanevano i pochi stupefatti elementi della banda.
Ci divertivamo come matti." |
Piana
di Monteverna. Agostino Santoro si accinge a lanciarsi in una bacinella
con l'acqua. Lo spettacolo serale veniva pubblicizzato girando col
trattore per il paese. |
Animazione Teatrale a Caiazzo (1986).
Agostino è il direttore d'Orchestra, ma l'orchestra è proprio sgangherata,
ed esegue nel peggiore dei modi la tipica Musica Bandistica. Gli strumenti a fiato erano
continuamente otturati, altri
strumenti non suonavano affatto. Dal Sax di Giovanni usciva una salciccia. Tonino Iorio, in una piazza adiacente, come
niente fosse si lavava i denti nella fontana pubblica.
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"La
pantomima scarlatta", da E.A.Poe.Teatro comunale di Caserta, 1981. |
'A Pozzovetere, durante una
animazione incontrammo un Asino in un campo. Iniziamo a marciare e suonargli
intorno ma l'asino rimase totalmente indifferente e poi se ne andò. Non glie ne fregava
niente.
Festa
per la riapertura di Via Vico dopo il terremoto dell'80. Organizzammo un
falò. Alcuni di noi si lanciavano sopra di esso, cercando di coinvolgere
la gente. E poi "Jim Van Gassen" (agostino Santoro) dirigeva
l'orchestra, che eseguiva musica bandistica, la più deleteria. Poi, a un
tratto, chiede per piacere a noi musicisti di continuare mentre lui fa una
brevissima pausa per il caffè. Noi continuavamo a suonare, ma Jim si
tratteneva un tempo "infinito" nel Bar, insomma non tornava
più. Noi suonavamo sempre lo stesso pezzo (e nessuno di noi sapeva
suonare!). La folla voleva linciarci. Si erano fatti "un paio di
palle" a sentire sempre lo stesso motivo per un'ora!
Jim Gas usava come podio
una cassa, chiusa con un catenaccio, che aveva due buchi. Dentro la cassa
c'era rinchiuso Tonino Iorio, bendato da mummia. Se dall'interno Tonino
riusciva da solo, infilando le mani attraverso i buchi, ad aprire il
catenaccio usando un grimaldello, poteva uscire dalla cassa. Altrimenti
rimaneva anche rinchiuso tutta la serata.'
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