Giulio Cavalli

Rosaspina 1 Ph. Marco Ghidelli (c)

Roberto Azzurro

Enrico Ianniello e Tony Laudadio foto Giuseppe Distefano

Roberto Solofria - Enrico, L'ultimo - Ph. Marco Ghidelli

"Il macero" di e con Roberto Solofria

Il Sole Di Notte

Titanic The End - foto Rosario Cammarota

Maurizio Igor Meta

Nicoletta Braschi in "Giorni felici" - foto Gianni Fiorito

Antimo Navarra

Gea Martire

Daniele Timpano

Andrea Cosentino

Un Democratico Incontro Etilico Negoziando Zotici Accordi

Lady Oscar

Suona visibile la parola

Nessuno vi farà del male Foto di Carmine Luino - Rosaria Piscopo 2014 ©

Roberto Azzurro e Gea Martire

Roberto Solofria in "Il più grande del mondo"

La Leggenda del Pianista sull'Oceano 5 Ph (c) Francesca De Sandoli

Pazza D'Amore

Maddalena Stornaiuolo in "Lenuccia - Una partigiana del sud"

  

Teatro Civico 14: stagione teatrale 2013-14

Caserta  –  Dal 6 ottobre 2013 al 25 Maggio 2014

Comunicato stampa

“Esprimi un desiderio”: questo il tema scelto per questa quinta stagione come elemento di identificazione degli aspetti operativi che il Civico 14 intende promuovere e interrelare rivolgendosi al territorio di Caserta, accogliendo le realtà drammaturgiche nazionali più incisive in questi anni, senza prescindere dall’attenzione nei confronti delle direttrici drammaturgiche emergenti, risorse in potenza da sviluppare in progetti da incentivare, il tutto legato alla promozione di occasioni d’incontro rivolte al pubblico degli amanti del teatro e delle arti.
Consulta anche Sciapò | Rassegna Di Teatro A Cappello;

Programma:
6 ottobre 2013, (rimandato al 4 Novembre)
Teatro della Cooperativa – Bottega dei Mestieri Teatrali presenta "L’innocenza di Giulio – Andreotti non è stato assolto" di Giulio Cavalli, con la collaborazione di Giancarlo Caselli e Carlo Lucarelli. Regia di Renato Sarti. Musiche originali di Stefano “Cisco” Bellotti (nostro articolo.1) (nostro articolo-2)
Speravamo bastasse esercitarla, la memoria, perché non ci scippassero la Storia. Oggi ci tocca smentirla.
Giulio Andreotti è stato al centro della scena politica italiana per tutta la seconda metà del XX secolo. Sempre presente nell'Assemblea costituente e poi nel Parlamento dal 1948; la storia umana di Giulio Andreotti si lega alla storia della politica italiana. Oggi Andreotti è l'icona di un "martirio giudiziario" con oscuri fini politici che ce lo raccontano assolto. Nella sentenza si legge: «Quindi la sentenza impugnata, al di là delle sue affermazioni teoriche, ha ravvisato la partecipazione nel reato associativo non nei termini riduttivi di una mera disponibilità, ma in quelli più ampi e giuridicamente significativi di una concreta collaborazione». Se la sentenza definitiva fosse arrivata entro il 20 dicembre 2002 (termine per la prescrizione), Andreotti avrebbe potuto essere condannato in base all'articolo 416. La storia, comunque, dice che Andreotti si è seduto al tavolo della Mafia. E come, dove, con chi e "presumibilmente perché”, va raccontato.
dall'11 al 13 ottobre 2013, Mutamenti / TeatroCivico14 presenta "Il Sogno Di Rosaspina", drammaturgia e regia Rosario Lerro e Luigi Imperato, con Ilaria Delli Paoli, Domenico Santo, Roberto Solofria (nostro articolo)
Rosaspina è figlia del re e ama girare per il suo regno, incontrare personaggi e volti sempre diversi. Rosaspina è una ragazza curiosa. Ama scoprire il mondo con gli occhi e con il tatto. Ama toccare oggetti nuovi. Ma Rosaspina non sa cosa siano gli aghi, e mai avrebbe dovuto saperlo.
Una maledizione l’aveva colpita appena nata:
la principessa crescerà in grazia e bellezza, amata da tutti, ma prima che il sole tramonti sul suo sedicesimo compleanno ella si pungerà il dito con il fuso di un arcolaio e morirà.
La messa al bando di tutte le punte nel regno non basta, il maleficio si compie, ma la giovane principessa non muore, cade invece addormentata grazie all’intervento di una fata buona. Qui comincia il sonno e un sogno lungo 100 anni. Rosaspina ha perso i sensi ma non la sua curiosità; continua a vagare in un regno, onirico stavolta, incontrando ancora volti e personaggi nuovi, semplicemente inventati dalla sua instancabile fantasia.
E poi arriva il principe, la storia continua, scocca l’amore. ma quel sogno, quel lungo sogno, non la abbandonerà mai più, diventerà racconto, filastrocca, favola per i suoi figli e per tutti i bambini.
19 e 20 ottobre 2013, Ortensia T presenta "Unalampa" (Un’invettiva di Roberto Azzurro), scritto, diretto e interpretato da Roberto Azzurro
Tutto ciò che in qualsiasi altra città del mondo è straordinario a Napoli è ordinario. E naturalmente viceversa. (nostro articolo)
Per molto tempo ho inseguito l’idea che soltanto uno scandalo può far sì che qualcuno si accorga di noi – sempreché abbiamo qualcosa di interessante e di irrinunciabile da mostrare –, si accorga di noi in termini eclatanti e profondi: bisogna fare uno scandalo, di qualsiasi tipo, ma uno scandalo. Per cui, per molto tempo ho inseguito l’idea di farlo, questo scandalo. Poi, una bella mattina mi sono detto: lo scandalo non devo farlo io, lo scandalo esiste già: e si chiama Napoli.Io sono napoletano, per cui posso permettermi di dire qualsiasi cosa su Napoli e sui napoletani, insomma la responsabilità e mia, soltanto mia e le mie parole ricadono anche su di me, inevitabilmente.
Anche la miccia, utile e perfetta a innescare il turbine, era pronta già, ed è ciò che mi capita continuamente durante il giorno, mentre sono in auto nel traffico, o dal giornalaio, o in fila alla posta, o al tabacchi per comprare un biglietto per l’autobus. Per meglio dire, dalla reazione che io ho in seguito a quello che mi capita. Ecco, il verbo che indica questo mio comportamento/atteggiamento è questo: inveire; la cui definizione è: lanciarsi, avventarsi con furore verbale contro qualcuno o qualcosa, investendolo con invettive, con rabbiose accuse giustificate o meno, parole di fuoco, oppure aggredendolo con vituperi, con parole violente e offese terribili.
Il verbo inveire deriva ovviamente dalla parola invettiva, che dal latino “invechi” significa appunto scagliarsi contro. L’invettiva è una figura retorica. Si tratta di una frase, un discorso violento contro qualcuno o qualcosa. Invettiva è una frase o discorso irruento diretto ad accusare o a oltraggiare qualcuno o qualcosa, a denunciare fatti o situazioni che sono o si ritengono deplorevoli.
Ci sono illustri predecessori che hanno al loro attivo prestigiose invettive, mi perdonino se mi infilo in punta di piedi in un elenco di grande rilevanza, ma è irrinunciabile: è frutto di un giuramento, fatto una volta mentre ero imbottigliato nel traffico, a un incrocio, dove sono rimasto per circa un’ora e mezza – e non a Zurigo, chiaramente, ma a Napoli. È stato allora che, mentre con i finestrini serrati - non ero ancora pronto allora per lo scandalo, e allo stesso tempo non volevo rischiare di essere linciato da qualche cittadino napoletano – sono, questi, sempre pronti a difendersi cominciando ad annoiarci con le solite frasi del tipo “Napoli è la città più bella del mondo” che sembra voler intendere: possiamo fare tutto tanto siamo i più belli e la nostra città è la più bella, atteggiamento che io non esiterei a definire comportamento di stampo e mentalità camorristici, ecco –, per cui da napoletano io rispondo: ettiritittittì!
Ma tornando all’elenco degli invettori o invettivisti o invettivi – facciamo “arrabbiatissimi” e non se ne parli più – nel passato, per esempio nel mondo romano poteva accadere che un poeta, un politico o un uomo di cultura scrivesse un’invettiva contro qualche uomo potente che lui considerava nemico proprio o della sua parte politica. Dante Alighieri, nella Divina Commedia, in più occasioni si lancia in invettive contro personalità ed istituzioni del suo tempo (come ad esempio, la città di Firenze o l’Impero Germanico) . E Luigi Pirandello ne “Il fu Mattia Pascal” ci dà esplicito saggio di cosa è un’invettiva. Certo, pensai, una volta liberatomi dall’imbuto ferroso dell’ingorgo automobilistico - imbuto vivacizzato da un’umanità bestemmiante e anch’essa inveente e in più brutta e grassa, (mi chiedo dove siano i bei napoletani e le belle napoletane di una volta) – certo, pensai, è una fortuna che sia da considerarsi obsoleto o improprio l’uso che estende il verbo inveire ad azioni di una violenza che travalica le parole per sfociare in animosità fisica, altrimenti è certo che quando pronuncerò l’ultima terribile battuta della mia invettiva contro Napoli e i Napoletani, e che titolerò “Unalampa”, è certo che la suddetta UNALAMPA rischierà di finire in rissa.
dal 1 al 3 novembre 2013, OTC Onorevole Teatro Casertano / Teatri Uniti presenta "Un Anno Dopo" di Tony Laudadio, con Enrico Ianniello e Tony Laudadio, regia di Tony Laudadio (nostro articolo)
"Un anno dopo", atto unico per due attori, che racconta trent'anni di due vite. Due colleghi, due amici, o semplicemente due persone costrette dagli eventi a condividere per tanto tempo lo stesso luogo fisico. Capita continuamente, non siamo noi a sceglierci le persone con cui poi passiamo il tempo. La professione, il luogo di lavoro, hanno spesso una componente casuale più forte di quello che crediamo. Nella vita stessa, nel suo insieme, è così. E allora ho provato a giocare con il caso, a snocciolare i brevi segmenti, anno dopo anno, di queste due vite, che uniti insieme vogliono formare la lunga linea di una condivisione umana. A questa condivisione assistiamo tramite il teatro.
23 e 24 novembre 2013, In Bilico Teatro in collaborazione con Il Pozzo e Il Pendolo presenta "Il Sole Di Notte" drammaturgia e regia Ramona Tripodi, con Raffaele Ausiello, Rosalba di Girolamo, Ramona Tripodi, Giulio Barbato e con Luciano Roffi
Un capitano che non c'è. Una suora che non abita più dentro la propria vita.
Un italiano che c'è l'ha fatta: Il proprietario del lussuoso ristorante di prima classe a bordo del Titanic,così abile nel fare fortuna quanto fragile e violento dinnanzi all'abbagliante luccicho dell'amore. Lo accompagna la “sua Signora” a cui non sa dire ti amo e da cui tuttavia, non riesce a separarsi .
E poi c'è il primo ufficiale Arturo..che porta il nome della prima stella del mattino.
Loro dal Titanic non scenderanno mai.
Loro resteranno lì. Nel buio della profondità del mare dove la luce non arriva. Qui le speranze volano violente come farfalle nella mente picchiandola.
Ed il buio diviene accecante per loro.
Se solo avessero riconosciuto il momento in cui la vita diventava un bivio, avrebbero potuto scegliere che genere di persone essere.
Ma adesso per loro l'acqua non può che bruciare.
Ed è qui che inizia il Sole di Notte.
29 e 30 novembre e 1 dicembre 2013, Teatri Uniti in collaborazione con Accademia Amiata Mutamenti presenta "Omaggio ad Antonio Neiwiller nel ventennale della sua scomparsa -Titanic The End", Ideazione e Regia Antonio Neiwiller In una visione di Salvatore Cantalupo (nostro articolo)
Il Titanic the End debuttò nell’aprile del 1984 a Napoli al Teatro Nuovo per la regia di Antonio Neiwiller, dopo un intenso laboratorio teatrale durato nove mesi.
Ora, nel ventennale della sua scomparsa, sento il desiderio di risalire su quella nave, emblematica rappresentazione di una società in via di disgregazione, di rivivere quelle emozioni, quei suoni, quegli odori.
La mia vuole essere una visione nella visione, un dono intimo e personale e al tempo stesso un “lasciar tracce”, così come mi ha insegnato lui.
Partendo dalle note di regia di Antonio Neiwiller e aggiungendo la musica dal vivo, attraverso un precorso di laboratorio teatrale, miro appunto al riallestimento del Titanic the End.
7 e 8 dicembre 2013, Novecento Teatro presenta "Re Sacerdote E Profeta" scritto e interpretato da Maurizio Igor Meta, diretto da Cinzia Sità in collaborazione con La Corte Ospitale - Forever Young? progetto residenzialeSelezione Premio Scenario 2009
Re Sacerdote e Profeta è una storia semplice, un frammento di vita. Aldo è un rapinatore di banche, un “professionista”, agisce secondo dieci regole fondamentali che non tradisce, perché «fare una rapina è un lavoro, un mestiere, un mestiere duro». Una giostra vorticosa annuncia i componenti della Banda per l’assalto al portavalori... Claudio ’O Nonno, Roberto Bob l’Attore, Giuvann’ l’Industriale, Ugo ’O Professore, Silvio Assopigliatutto e Ciccio l’Alfista. Un valzer ondeggiante ci trascina nell’adrenalinico “colpo perfetto” tra spaccate e doppie in contemporanea. I versi in rima ci spingono nell’inferno dell’Opg, ospedale psichiatrico giudiziario. Scorriamo la vita di Aldo tra quelle mura che fanno da cornice allo “scontro” con Mastrogiorgio, metà infermiere e metà picchiatore. Ed è proprio lì che avviene la “rivelazione”. È lì che Aldo diventa Re Sacerdote e Profeta… È lì che espia le sue malefatte… Tutto ciò che appare sulla scena è il vuoto della scena stessa, non si riconosce né un tempo né un luogo: tali categorie si rivelano nell’azione di Aldo e nella capacità evocativa che ne deriva. Il lavoro di Maurizio Igor Meta nasce da un’approfondita ricerca sulla fenomenologia del crimine degli anni ’70, spinta nel presente fino a toccare le realtà degli Opg, attraverso l’analisi condotta direttamente sul campo a partire dalle testimonianze concrete degli internati. «Tutto è cominciato cinque anni fa – ci racconta l’autore - nel 2008, dopo aver incontrato un ex rapinatore “professionista” di banche. […]Ho conosciuto la sua esperienza di vita: dai suoi inizi fino all’Opg. Non faceva il suo “mestiere” perché disadattato o per soldi o per contestare una iniqua distribuzione della ricchezza. Non mi ha mai parlato di emarginazione o di avidità o di politica. Era semplicemente la sua vita».
dal 20 al 22 dicembre 2013, Teatri Uniti presenta "Giorni Felici" di Samuel Beckett, regia Andrea Renzi, con Nicoletta Braschi, Roberto De Francesco
una produzione in collaborazione con la Fondazione del Teatro Stabile di Torino (nostro articolo)
In scena Winnie, sepolta fino alla vita in un cumulo di sabbia, e Willie, il marito. Mentre la sabbia ricopre inesorabilmente entrambi, Winnie chiacchiera senza sosta, in un’alternanza insensata di momenti che sono il cuore della straordinaria esplorazione beckettiana della vita, ai margini della follia.
dal 26 al 30 dicembre 2012, Mutamenti/Teatro Civico 14 presenta "Questione Di Un Attimo" di Emanuele Tirelli, regia Roberto Solofria, con Antimo Navarra. Anteprima Nazionale ("Questione di un attimo": l'autore Tirelli e il regista Solofria raccontano) (nostro articolo)
C’era una volta un giornalista che aveva scoperto un crimine. C’era una volta un centro commerciale denominato “Il Gorilla”. C’erano una volta politici e camorristi senza scrupoli. C’era una volta un ragazzo che voleva fare il suo mestiere.
C’erano una volta delle persone che lavoravano onestamente e che potevano essere licenziate perché il posto dove lavoravano era abusivo e doveva essere chiuso. C’erano una volta delle persone che vivevano di corruzione. C’erano una volta dei Boss che vivevano di criminalità. C’era una volta un ragazzo che decise di andare via, perché non voleva essere un eroe, e perché nonostante fosse nato in una terra marcia, corrotta, insalubre e insalvabile non voleva fosse la sua condanna. Questo spettacolo è dedicato a quanti credono ancora nella terra in cui vivono, a quanti si impegnano affinché le cose cambino e a quanti ancora non sanno che le cose non cambieranno mai se resteremo tutti corruttibili.
note dell'autore
Le definizioni hanno un sorriso rassicurante. Concentrare parole, persone ed eventi in una cornice ben definita ci permette di restare in uno spazio delimitato e circoscritto, dove ogni cosa è già preventivamente classificata.
“Il Gorilla” si muove su questo concetto, cercando di raccontare quanto sia sottile e a volte inesistente questa linea di demarcazione.
La pièce si concentra sulla storia del giornalista Francesco Miniato, sulle difficoltà del suo mestiere e sulle ripercussioni sulla sua vita privata.
Protagonista e uomo come tanti, Miniato scopre il riciclaggio all’interno del centro commerciale abusivo dove è costretto a lavorare per far quadrare i conti a fine mese.
Questo spettacolo si presenta come un quadro che non vuole suggerire soluzioni e invocare risorgimenti. Vuole invece raccontare una circostanza scomoda e frequente prendendo in prestito molti elementi dalla vita reale, elementi che forse proprio a causa della loro assurdità potrebbero essere i primi ad apparire frutto dell’immaginazione. Quello che viene descritto non è un eroe e forse non ha intenzione di diventarlo.
sabato 4 gennaio ore 21.00, domenica 5 gennaio ore 19.00, Gea Martire in "Mulignane" regia Antonio Capuano, da un racconto di Francesca Prisco elemento scenografico di Flaviano Barbarisi (evento straordinario, fuori abbonamento)
Una storia di donna. Questa donna non ha nome. Ha un’identità che si spande e si diffonde nella solitudine di un femminile che non fa della solitudine fierezza, baldanza, indipendenza, ma timore di inadeguatezza e di bruttezza. La nostra cultura che “fa pantano e feta”, spruzza sulla donna non legata a un uomo un sentore di umido scantinato condannato alla muffa. Come se, poi, essere legati fosse il massimo della vita! E la donna, in corsa da secoli verso più ampi orizzonti, rimane azzoppata in questa trappola malefica e frena la corsa. Senza un uomo come si fa? E’ triste, è brutto, ci vuole un uomo, ci vuole l’amore… ahè, è ‘na parola! E addo’ sta? Intanto gli anni passano e il vuoto intorno, anzi interno, dilaga. E allora va bene “qualunque”, (sintesi di chiunque e qualunque cosa): “un turzo”, un arrogante, un pagliaccio, un rimorchio, un’altra trappola pur di arginarlo, quel maledetto vuoto. Pure sesso brutale, spinto, a farsi male, ma quale amore? Sempre meglio che sentire il male di un fallimento, il tormento di non essere mai desiderata. Meglio le fruste, pratiche sado-maso, mulignane (lividi), “sì, vatteme, fammi male”, a coprire più insostenibili dolori. Eh, ma succede, non spesso, ma a volte sì, e questo è il caso, che a furia di praticare, si allenano muscoli sconosciuti che danno nuova forza. E tutto si ribalta. Strade sotterranee conducono alla luce e le mulignane (melanzane) diventano ruoti di parmigiane da servire bollenti, insolita temperatura per la vendetta che, come è noto, è un piatto che va servito freddo. Il fatto è che ci piace far saltare gli schemi. Divertendoci. Il tono è comico, come spesso è l’intelligenza, anche se non lo sappiamo.
11 e 12 gennaio 2014. "La Stanza Dei Sogni Possibili" scritto e diretto da Pippo Cangiano ANNULLATO
Quello che accade di inatteso al giovane Nasillo a Napoli e alla giovane Yula a Trieste (un sequestro di persona per lui e la difficile e intigrante convivenza per lei, una giovane badante rumena con una altrettanto giovane donna paraplegica) è trovarsi completamente catatapultati in due situazioni complicate che segnano la vita e che ne deviano il percorso. Magari lo migliora, ma anche no ribaltando le regole, svoltando in modo vertiginoso e travolgente verso l'inaspettato. Verso l'inimmaginabile soluzione di riequilibrio.
18 e 19 gennaio 2014, Daniele Timpano/amnesiA vivacE (RM) presenta "Dux In Scatola" autobiografia d’oltretomba di Mussolini Benito (nostro articolo)
Spettacolo finalista del "Premio Scenario" 2005 . Spettacolo finalista "Premio Vertigine" 2010. Selezione "Face à face -paroles d'Italie pour les scènes de France” 2011
drammaturgia, regia, interpretazione di Daniele Timpano, collaborazione artistica Valentina Cannizzaro e Gabriele Linari, foto di scena di Valerio Cruciani, Massimo Avenali, progetto grafico di Alessandra Dinnella, una produzione di amnesiA vivacE, in collaborazione con Rialto Santambrogio, Consorzio Ubusettete
Nella nostra bella Italia, tra le due guerre, fioriva in Italia uno statista meraviglioso: Benito Mussolini. Facciamo uno sforzo d’immaginazione collettiva: fate conto che sia io. Morto.
Un attore - solo in scena con l’unica compagnia di un baule che viene spacciato come contenente le spoglie mortali di "Mussolini Benito"- racconta in prima persona le rocambolesche vicende del corpo del duce, da Piazzale Loreto nel ’45 alla sepoltura nel cimitero di San Cassiano di Predappio nel ‘57. Alle avventure post-mortem del cadavere eccellente si intrecciano brani di testi letterarii del Ventennio (Marinetti, Gadda, Malaparte…), luoghi comuni sul fascismo, materiali tra i più disparati provenienti da siti web neofascisti, nel tentativo di tracciare Il percorso di Mussolini nell’immaginario degli italiani, dagli anni del consenso a quelli della nostalgia.
1 e 2 febbraio 2014, Pierfrancesco Pisani con la collaborazione di Kilowatt Festival presenta "PRIMI PASSI SULLA LUNA | Divagazioni provvisorie per uno spettacolo postumo", indicazioni di regia Andrea Virgilio Franceschi con Andrea Cosentino
“Dice che la notte del 20 luglio del ’69 in tutto il mondo interplanetario
Non c’è stato un furto, un omicidio, una rapina, uno scappellotto.
Erano tutti li davanti a Neil Armstrong.
E questo cosa vuol dire?
Vuol dire che se tutti guardassimo di più la televisione il nostro
Sarebbe un mondo migliore”
Il nuovo lavoro di Andrea Cosentino inquadra immagini del futuro ormai passate, prendendo spunto dal quarantennale del primo allunaggio, passando per il centenario del manifesto futurista, il cinquantenario della creazione della prima Barbie e i dieci anni dalla morte di Stanley Kubrick. Lo sbarco sulla luna dà il la a una schiera di improbabili personaggi per discettare di sosia viterbesi di Armstrong e torri gemelle, monoliti, alieni e spiritualità, scimmie, tapiri e licantropi. Ma l’allunaggio della notte del 20 luglio del ’69 è anche l’evento mediatico attraverso il quale misurare l’inattingibilità del reale in un’epoca la cui verità coincide con il suo darsi in rappresentazione.
Andrea Cosentino, radicalizzando la sua ricerca, ci presenta una performance che rifiuta di farsi spettacolo, e si dà sotto forma di frammenti di un’opera impossibile, capolavoro postumo e incompiuto, improvvisazioni e digressioni senza rete e lista di ingredienti forniti crudi agli spettatori, perché ognuno li cucini a proprio piacimento e misura. Al cuore del tutto c’è uno squarcio di storia intima, anch’essa forse vera-forse falsa, quasi una confessione offerta in sacrificio, che ha a che fare con la paternità e le fragilità dell’infanzia.
Contro la sete di realtà, l’ossessione per le storie vere, i fatti di cronaca e i reality show, Cosentino ci conduce in un viaggio surreale, esilarante e struggente, portato avanti al tempo imperfetto, che è il tempo dei giochi e dei sogni, e che si dissolve al presente.
8 e 9 febbraio 2014, Muricena Teatro presenta "U.D.I.E.N.Z.A. - Un Democratico Incontro Etilico Negoziando Zotici Accordi". Tratto dal testo di Vàclav Havel con Antimo Casertano e Sergio Del Prete
Quello che noi presentiamo è un colloquio dove il protagonista, un giovane drammaturgo di denuncia sociale, perseguitato per le sue idee e per le sue parole è costretto a guadagnarsi da vivere come scaricatore di barili in uno squallido birrificio, dove è atteso dal "capo del birrificio” alcolizzato da cui dipende tutto il suo destino.
In questa "udienza", vengono messi in evidenza i meccanismi che portano alla repressione delle libertà individuali, il rapporto del singolo e della società con il potere che trasforma gli uomini in delatori, vittime e carnefici. Ma anche di quei processi che portano l’individuo ad adattarsi al sistema, senza far nulla per poterlo cambiare dall’interno. L’amara conclusione però, è la consapevolezza e la presa di coscienza che la solidarietà, tra gli individui, è possibile solo sul piano materiale.
22 e 23 febbraio 2014, Compagnia Marino/Ferracane Sukakaifa // TeatrUsica A.C. presenta "Orapronobis" testo e regia di Rino Marino con Fabrizio Ferracane
assistente alla regia Gabriella Becchina, assistente di scena Gianluca Giambalvo, assistente scenografo Liborio Maggio, effetti sonori Rudy Pusateri // Antonio Bonanno, voci off Annamaria la Barbera Cristina Perrone Ermelinda Palmeri
Un pover'uomo, un residuo d'umanità "malata", in una dimensione onirico-allucinatoria, al cospetto di un alto prelato (incarnato dalla muta immobilità di un fantoccio), scioglie un lamento disperato, che si alza come una preghiera profana, in un siciliano arcaico, attraverso le poste di un rosario dolente e sarcastico, che si fa violenta invettiva, spietato atto d'accusa alla corruzione e al "sacrilegio" del potere ecclesiastico, fino a culminare nella tragica rievocazione di un'esistenza misera e marginale, in una struggente antitesi tra sogno e realtà.
1 e 2 marzo 2014, Nuovo teatro Sanità presenta "Nessuno Vi Fara’ Del Male" di Mario Gelardi e Fabio Rocco Oliva
regia Mario Gelardi, musiche Alessio Arena, con Carlo Caracciolo, Gianluca D’Agostino, Irene Grasso
Tematica particolarmente critica, nonostante le ultime leggi e il tentativo di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, il trapianto rappresenta la soluzione definitiva per offrire, ad un ammalato, la possibilità di tornare a vivere una vita “normale”.
Quanta poesia può esserci nel dolore?
Tre fratelli, Anna, Marco e Paolo, tre corpi, la stessa carne e un unico grande male: il mostro spaventoso, la malattia che come un vuoto si spalanca improvviso davanti alle loro fragili vite di giovani, mostrando le fauci, minacciando di inghiottire uno solo di loro. Quel che resta da fare agli altri due, quelli sani, è cercare di riempire quel vuoto che li allontana, ad ogni minuto che passa, dalla vita, tentando tutte le soluzioni possibili per salvare la principessa dal mostro. In una lotta disperata contro il tempo, si lanciano alla ricerca dell'organo sano in grado di salvare la sorella dall'attacco invasivo del mostro giallo, la bile: un fegato sano per Anna significa però sperare nella morte di un altro essere umano, compatibile con lei e per questo affine. Significa invischiarsi in un miseria morale fatta di speranze insane, cupe come una materia fangosa che si appiccica addosso, sorde come un urlo sottaciuto, colpevoli... In un crescendo di disperazione le loro giovani vite si dimenano furibonde e stanche in vortice di dolore, tra quell'unica realtà dell'ospedale, dove le loro esistenze si trascinano quotidianamente in balia del mostro, e un fuori che diventa miraggio lontano, ricordo irrecuperabile, chimera irraggiungibile.
Quanto dolore si deve avere dentro per rappresentare un male?
Lo spettacolo è ispirato alla storia vera di Fabio Rocco Oliva, che scrive il testo a quattro mani con Mario Gelardi, che del lavoro firma anche la regia. “Nessuno vi farà del male” è viaggio coraggioso dietro le quinte del dolore, alla scoperta di quei sentimenti, di quelle spinte emotive e psicologiche, che spingono gli esseri umani a lottare, a non arrendersi, anche in situazioni di estrema fragilità e di perdita della lucidità e della speranza. Quanta bellezza d'essere può generare la solidarietà tra individui in una situazione disperata? Lo spettacolo apre certamente uno spettro di luce sull'umanità che si concepisce nel segno dell'unione tra uomini, di quella fratellanza che spinge l'uomo a salvare l'altro uomo, a prendersene cura; il lavoro teatrale di Gelardi e Oliva apre così ad una metafora più grande del dolore personale e ad una inattesa speranza.
8 e 9 marzo 2014, "Schifosi" da D.F. Wallace, con Luca Iervolino (nostro articolo)
musica dal vivo Massimo Cordovani, regia Rosario Sparno
Uomini laidi, divertenti quanto autenticamente schifosi sono gli esseri che si confessano attraverso un autentico quanto candido e violento linguaggio quotidiano. Uomini incapaci di “dare” gratuitamente, di donare, che mantengono i rapporti sociali solo perché “sai non si sa mai, in fondo…”.
Accompagnati dalle “ironiche note disturbanti” di Massimo Cordovani, le parole di questi uomini sono delle vere e proprie rivelazioni, affidate ad un prete o ad una allucinata intervistatrice; maschi che raccontano, dissacrandolo, il loro rapporto con gli altri, con le donne e soprattutto con se stessi.
Venerdì 14 marzo, ore 19, La forza della parola - Maratona (itinerante) di lettura dedicata a Don Peppe Diana
In occasione del ventennale del brutale assassinio di Don Peppe Diana, l'associazione culturale A Voce Alta, in collaborazione con il Comitato don Peppe Diana, Libera Contro le Mafie Coordinamento Provinciale di Caserta e l' Associazione da Sud desidera ridare voce a questo eroico sacerdote che con la sola forza della parola ha cercato di combattere la criminalità organizzata in camorra.
La prima tappa di questa maratona itinerante sarà ad Aversa. proseguirà poi (per il momento e salvo nuove adesioni) per Genova e Roma, prima di approdare a Caserta. Dopo sarà accolta a Napoli, a Casal di Principe e nuovamente a Napoli.
15 e 16 marzo 2014. "La Belle Joyeuse - Cristina Trivulzio Principessa di Belgiojoso" testo e regia Gianfranco Fiore, con Anna Bonaiuto (nostro articolo)
“Sanguinaria assassina” per il governo austriaco, “sfacciata meretrice” per papa Pio IX, “Bellezza affamata di verità” per Heine, “Prima donna d’Italia” per Cattaneo; la figura di Cristina Trivulzio principessa di Belgioioso suscitava tra i suoi contemporanei (e probabilmente susciterebbe anche tra i nostri) giudizi estremi, definitivi e inconciliabili. Figlia del Rinascimento e dell’Illuminismo, Musa del Romanticismo, cultrice delle storie passate e febbrile anticipatrice del nostro presente, intellettuale, brillante, orgogliosa, stravagante, autoritaria, trovò principalmente nell’arte della seduzione la forza di attraversare da grande protagonista l’epopea del Risorgimento italiano.
Seduzione intellettuale e sentimentale verso i maggiori artisti dell’epoca da Listz a Chopin a Delacroix), seduzione ideale e politica verso elites patriottiche e donne e uomini del popolo. Con un grandissimo senso della “messa in scena”, gli eccentrici arredi della casa parigina, i suoi travestimenti, da damina di salotto a eroina guerriera, Cristina interpretò tutti i ruoli possibili nella società dell’epoca, e sempre da grande, autentica attrice, con distacco critico, spesso ironico (“La mia condizione di principessa e di esiliata servita a puntino a darmi aria da eroina da commedia…”) E come ogni vera protagonista, lacerata da pulsioni diverse; frenetica, onnipresente attivista fiduciosa in un futuro più libero, e insieme preda di profonde inquietudini personali, di senso di inutilità, di sconfitta (“se è infelice chi vive un’esistenza mancata, è sventurato chi ne vive molte…”). Così la definizione di “comedienne” affibbiatole per disprezzo dai suoi denigratori riacquista oggi in lei tutta la sua profondità e il suo splendore. Seduttiva e opportunista con i geni e i potenti, impudente e sarcastica con le massime autorità della Chiesa, dolce e materna coi ragazzini del suo falansterio, dura con le debolezza dei patrioti, enfatica e trascinante nelle adunate popolari, Cristina di Belgioioso sembra aver vissuto da eroina dei più diversi generi letterari, dal feuilleton al romanzo d’avventura, dall’epopea alla tragedia, nascondendo costantemente il suo vero volto dietro innumerevoli maschere.
sabato 29 Marzo ore 21.00, domenica 30 Marzo ore 19.00 (Evento straordinario fuori abbonamento)
Roberto Azzurro e Gea Martire in "Primo movimento verso l'autodafe'" Un progetto Ispirato ad Autodafè di Elias Canetti. Progetto e Regia Roberto Azzurro
fuori abbonamento| biglietto unico € 8,00
Auto da fé (Die Blendung) è un romanzo di Elias Canetti del 1935.
Die Blendung, letteralmente “L’accecamento”, tradotto in italiano e altre lingue come Auto da fé, titolo voluto dallo stesso Canetti, è il primo libro di Canetti e il suo unico romanzo.
- L’autodafè era una cerimonia pubblica in cui veniva eseguita la condanna e la punizione appunto di un condannato. Spesso l’epilogo prevedeva che il condannato fosse addirittura arso vivo. Ecco dunque il legame con il romanzo di cui parliamo.
- L’opera di Canetti venne bandita dai nazisti e non ricevette grande attenzione fino a quando non venne ripubblicato negli anni sessanta.
- Il romanzo è ambientato nella Vienna degli anni approssimativamente tra il 1921e il 1927.
Il romanzo ha  struttura tripartita:
Come la DivinaCommedia, Autodafé. Il percorso, però, a differenza di quello dantesco, risulta essere completamente rovesciato. Per cui si comincia da uno strano Paradiso, per finire in un altrettanto strano, anche se “reale” Inferno.
Prima parte: appartamento del quarantenne sinologo di fama mondiale Peter Kien che vive in una condizione di maniacale isolamento, circondato dalle migliaia di volumi della sua biblioteca privata. Ma la paura del contatto umano e sociale non gli impedisce di cadere vittima dell’ignorante donna di servizio, ThereseKrummholtz, che arriva a sposare che lo spogliano progressivamente di ogni avere.
Seconda parte: Kien vaga per la Vienna più oscura, in una ridda quasi infernale di caratteri grotteschi, passando dal Theresianum (il Monte dei pegni), alla stazione di polizia e che si conclude con un’assassinio.
Terza parte: si ristabilisce l’ordine iniziale, con l’arrivo da Parigi del fratello psichiatra di Kien e il reinserimento di Peter nel suo mondo, fino all’apocalittico e profetico finale, in cui il sinologo si lascia bruciare insieme a tutti i suoi libri.
dal 4 al 6 aprile 2014, Mutamenti/Teatro Civico presenta "Il più grande del mondo" (intervista)
Vita e morte di Arpad Weisz, allenatore ebreo
drammaturgia Simone Caputo, Ilaria Delli Paoli e Rosario Lerro
con Roberto Solofria; regia Rosario Lerro; aiuto regia Ilaria Delli Paoli; scene Antonio Buonocore; costumi Alina Lombardi; musiche Paky Di Maio; foto Marco Ghidelli
Arpad Weisz, ebreo ungherese, si spegne il 31 gennaio 1944, scampando ai forni che due anni prima gli avevano sottratto la moglie e i due figli. Ottimo calciatore, nazionale ungherese ai Giochi Olimpici di Parigi nel 1924, ma anche un grande allenatore: Weisz con l’Ambrosiana-Inter diventò nel 1929-30 il primo allenatore vincitore di uno scudetto nell’era del girone unico, che dura ancora oggi. Il record probabilmente imbattibile è quello di averlo vinto a soli 34 anni.
Nel 1938, quando era uno degli allenatori più apprezzati d’Europa, a causa delle leggi razziali fu costretto a fuggire dall’Italia, insieme alla moglie Elena e ai figli Roberto e Clara. Parigi, poi l’Olanda a Dordrecht dove Weisz riuscì anche ad allenare per qualche mese. La sua storia e quella della sua famiglia, come milioni di altre storie, finiscono ad Auschwitz.
Il nostro spettacolo nasce dall‘intento di ricordare una delle figure meno conosciute della storia del calcio, del calcio di oggi, la nostra Serie A. Ci siamo chiesti chi è stato Arpad Weisz e per quale motivo uno dei grandi personaggi degli anni ‘30 è caduto nell’oblio, al punto che i più oggi non ne conoscono neanche il nome. Il nostro spettacolo nasce dalla necessità di portare alla luce la sua storia e quella di altre persone come lui che, a causa delle leggi imposte da Mussolini, furono barbaramente costretti a rinunciare alla propria vita, per un ultimo lungo viaggio senza ritorno.
12 e 13 aprile 2014, Teatro Dei Limoni (FG) presenta "La Leggenda Del Pianista Sull’oceano" da 900 di A. Baricco, con Roberto Galano
Musiche originali Mario Rucci. Elementi scenici D. F. Nikzad, M. Ciuffreda. Adattamento e Regia Roberto Galano. Produzione Solisti Dauni/TeatrodeiLimoniRoberto Galano, attore, regista e direttore artistico del Teatro dei Limoni di Foggia, ritorna al Teatro Civico 14 di Caserta con La Leggenda del Pianista sull’Oceano, monologo tratto da “Novecento”, primo testo teatrale di Alessandro Baricco. “Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla”: è da questa celebre e amata citazione che parte il lavoro di adattamento, regia e interpretazione condotto da Galano, in scena, sulle tavole del teatro di vicolo della Ratta, sabato 12 (ore 21.00) e domenica 13 aprile (ore 19.00). Scandagliando nelle profondità più nascoste il testo letterario, definito dallo stesso Baricco “in bilico tra una vera messa in scena e un racconto da leggere ad alta voce”, prendendo spunto da alcuni efficaci dialoghi tratti dalla sceneggiatura cinematografica del film diretto da Giuseppe Tornatore, Galano stravolge e sovverte le leggi e le modalità del racconto a cui siamo abituati nel teatro di narrazione, basandosi sul metodo di "narrazione empatica" sviluppato ed utilizzato anche nei precedenti e fortunati allestimenti di "Hamburger" e "Bukowski, a night with Hank". Un modo introspettivo di entrare nella storia del solitario pianista, figlio dell'oceano, adottato dagli uomini della sala macchine di quella nave dove è stato trovato appena nato, e dalla quale non è mai sceso per trentadue anni. Restando là, al riparo dal mondo, in una nave sospesa nel tempo che rispecchia il perimetro del teatro stesso, il protagonista rinasce in una nuova vita, rivissuta nel ricordo del suo amico più caro… il narratore. In quello spazio, delimitato da confini, paragonabile ad un pianoforte da 88 tasti, il finito sperimenta le infinite possibilità dell’esistenza e si misura con l’eternità del tempo guardando oltre i limiti della percezione. Per dirla con Baricco «Negli occhi della gente si vede quello che vedranno, non quello che hanno visto. Così, diceva: quello che vedranno.»
Roberto Galano è direttore artistico del TeatrodeiLimoni di Foggia. Fondata nel 2001, la compagnia si avvale della presenza stabile anche di Leonardo Losavio, Giuseppe Rascio e Antonio Catapano. Galano è stato protagonista di numerosi allestimenti teatrali tra i quali: Viaggio nei caotici stati d'animo, Codice Killer, Cose Perdute (finalista festival Terre di Vigata 2005), Cyrano, l'ombra del mio naso, L'histoire du soldat, Sganarello, Allegro con Rancore, Hamburger (finalista a: Confine Corpo 2010, festival le Voci dell'Anima 2010, festival New contaminate arte 2011), Il Testimone, Finalmente Godot (finalista premio nuova drammaturgia Oltreparola 2011), POV - point of view, Chicago, Girotondo, Bukowski, a night with Hank (finalista a: festival le Voci dell'Anima 2012, Parabole, TorinoFringe).
E' direttore artistico delle stagioni teatrali: GialloCoraggioso (Foggia) - Freaks (S. Severo) e del NU.D.I. Festival (nuove drammaturgie indipendenti)
26 e 27 aprile 2014, "Pazza D’amore" di Dacia Maraini, regia Emanuele Vezzoli con Sara Pallini e Matteo Castellino
In uno studio televisivo una prostituta racconta senza pudore la sua storia. Sotto i riflettori, eccitata dalla luce e dal microfono, “come i cantanti !?” chiede al regista, interrompendo ripetutamente il suo racconto con domande spesso inadeguate. Con i suoi atteggiamenti goffi, sinceri e innocenti non può che creare subito empatia nei confronti di chi, spettatore, vi si trova davanti per ascoltare le sue storie rocambolesche. Al contrario l’atteggiamento disinvolto, sicuro ma a volte impaziente del regista, restituisce un personaggio subdolo, falso e ipocrita. Come un flusso di coscienza la protagonista ci trasporta in un mondo di caleidoscopica umanità dai risvolti perfino grotteschi, accentuati nel rapporto col regista-intervistatore che, sempre più spazientito dalla goffaggine di lei, finisce per imbarbarire senza scrupoli quanto di più sincero e amorevole ci sia nella storia di Renza. Se lo scopo dell'intervista è lo scoop, piuttosto che conoscere e approfondire una vicenda umana, si focalizza l'attenzione su quanto, anche attraverso i media, emerga ancora una concezione del tutto maschilista della nostra società.
3 e 4 maggio 2014, Vodisca Teatro in collaborazione con Teatro In Fabula presenta "Lenuccia - Una partigiana del sud"
drammaturgia e regia Aniello Mallardo con Luigi Credendino e Maddalena Stornaiuolo
Maddalena Cerasuolo, partigiana del Sud, protagonista delle Quattro Giornate di Napoli, è l’emblema della forza della disperazione di tutti i napoletani che si sono ribellati ai soprusi nazifascisti. A soli ventitre anni, in un’epoca di assoluto maschilismo, combatte tra gli uomini, si infiltra tra le linee nemiche e si paracaduta al fronte. A settant’anni dalle barricate che scacciarono i tedeschi, scegliamo Lenuccia per non dimenticare, per non accettare con rassegnazione le tirannie e le ingiustizie, per non fuggire davanti alle difficoltà, per rinunciare all’egoismo e far posto al bene comune.
Lenuccia è uno spettacolo totalmente prodotto dal basso grazie al sostegno di 125 co-produttori che hanno sostenuto economicamente questo progetto mesi prima del debutto. Lenuccia è uno spettacolo ecologicamente sostenibile in quanto le due compagnie hanno calcolato le emissioni di Co2 prodotte dai gas di scarico delle loro autovetture e dall’energia consumata per l’impianto audio, luci e computer. Tali emissioni sono state compensate con la creazione di un’aiuola presso il Teatro Area Nord con oltre 20 varietà di piante.
10 e 11 maggio 2014, Teatri Uniti presenta "Massimo Circo" con Francesco Paglino e Fabio D'Addio ANNULLATO
Due uomini vagano con le loro valigie pieni di buoni propositi, idee e numeri improbabili con la speranza di trovare una luce per esibirsi, per sbarcare il lunario e portarsi a casa la “porpetta”. Una volta guadagnata la luce, tentano di afferrare il circo della umana natura dove la vita, l'amore, la morte, l'ira, l'abbandono, la rinascita si confondono fino a farli inciampare, malgrado loro, in brandelli di verità.
dal 23 al 25 maggio 2014, Mutamenti/Teatro Civico 14 presenta "K." uno spettacolo di Roberto Solofria  (nostro articolo)
con Ilaria Delli Paoli, Francesco Magliocca, Antimo Navarra, Roberto Solofria
Qualcuno doveva aver diffamato Josef K., perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina venne arrestato.
Uno spettacolo ispirato alla spietata analisi kafkiana della società, che racconta di una società malata, deviata, omologata. Una società che ha come punti di riferimento
sedicenti politici e vallette; persone il cui unico punto di riferimento sono i modelli proposti dalla televisione. Quanti appartenenti alla comunità sono consapevoli di tutto ciò che gli accade intorno? Quanti preferiscono non sapere, non vedere, o meglio ancora far finta di niente?
Ecco allora Josef K., schiacciato, deviato, sottomesso da qualcuno più potente, più forte, qualcuno che ha sicuramente più mezzi per vincere. Sullo sfondo, viva, la città di Napoli caratterizzata dai suoi vicoli, dalle canzoni, melodiche, neo-melodiche e a 'fronna'. Napoli dei miasmi maleodoranti, delle strade strette, delle vasole 'svasate', dei panni stesi e dei 'guagliuni'. Napoli come Praga, per un uomo, K., travolto dal suo destino, onirico, inconscio, ma ben presente, come sogno, come veggenza, come vita.

Eventi 2013/14

Sciapò | Rassegna Di Teatro A Cappello

ideazione e direzione artistica Domenico Santo, organizzazione Laura Belloni
Sciapò è una Rassegna di Teatro a Cappello nata nel 2011 per il Teatro Civico 14 di Caserta da un’idea di Domenico Santo. Per la stagione 2013/2014, oltre che a Caserta, sarà a Aversa, Avellino, Troia, Formia e Roma.
Il cappello è una tradizione che nasce in Italia nel 1500 con la Commedia dell’Arte quando, per la prima volta nella storia dell’umanità, fare l’attore diventa un mestiere, cioè diventa un lavoro con i cui guadagni si vive. Vivere con l’arte dell’attore è stata una rivoluzione, prima di tutto da un punto di vista socioeconomico, in secondo luogo da un punto di vista artistico. Tutti gli attori sapevano che la loro paga sarebbe dipesa direttamente da quello che avrebbero fatto in scena, che se avessero sbagliato una battuta, un’entrata, avrebbero guadagnato di meno. Tutte le compagnie sapevano che dovevano lavorare per il pubblico, perché era il pubblico a pagare e il pubblico a decidere: tutto ciò grazie al cappello. La tradizione del cappello è durata circa un secolo, poi la Commedia dell’Arte si è spostata nei teatri, e il cappello è rimasto per saltimbanchi, artisti di strada e giocolieri che non l’hanno più abbandonato. Nei secoli il cappello ha cambiato faccia, e ha iniziato ad essere visto come un rimborso, a volte vicino al concetto di elemosina, e non come un riconoscimento del valore artistico di una performance. Sciapò riporta il cappello nei luoghi chiusi dell’arte, nei teatri, per ridare al pubblico la possibilità di scegliere e per ridare agli attori la possibilità di rinunciare a un compromesso e di giocarsi tutto fino all’ultima battuta. Inoltre, oltre alla forza democraticissima del cappello, è uno strumento che serve per fare informazione sui sistemi di produzione del teatro: scopo ultimo è informare il pubblico dei costi reali dello spettacolo a loro offerto. Anche da qui la scelta di presentare solo spettacoli non tutelati dalla SIAE: cerchiamo, infatti, di ridurre all’osso le spese, proprio per poter garantire un circolo economico virtuoso.
27 ottobre, La bella Lena, Viaggio verso l’estasi in 12 contrazioni
Uno spettacolo della Compagnia AUÈR TEATRO
Un progetto di FRANCA BATTAGLIA
Drammaturgia e regia di ILARIA MIGLIACCIO
Con Valentina Carbonara e Ciro Esposito
Costumi e luci di ARIANNA PIOPPI
INGRESSO LIBERO, USCITA A CAPPELLO!
Prenotazione Obbligatoria
LA BELLA LENA
“Questa è la storia della solitudine e del coraggio, dell’incoscienza e dell’abbandono, di chi guarda avanti perché se guarda indietro si fa male. É la storia di Lena, la bella Lena, che confondeva i sogni con la realtà e cadde nelle mani di un drago, si rialzò e lo affrontò. Chi vuole sapere come andò a finire, deve iniziare un viaggio avanti e indietro nel tempo…”
La bella Lena è la storia di un viaggio fatto per fame, per amore, per fame d’amore e di vendetta. È una lotta dichiarata contro la morte, non solo quella fisica ma anche quella provocata dalla cancellazione della dignità umana e dall’oblio. La bella Lena è voler ricordare a tutti i costi. Dal buio alla luce: chi è reale in questa storia resta al buio per molto tempo, mentre i fantasmi, i ricordi, il sogno sono in piena luce. Realtà e ricordo si capovolgeranno, fino a lasciare spazio alla consapevolezza. La bella Lena è la storia di una ripetuta violenza subita e non dichiarata per paura, per vergogna o perché semplicemente si fa finta che non sia successo niente. Lena è in fuga, sta scappando dal suo nemico, anche se in realtà ne porta dentro di sé il frutto. Per quanto voglia scappare dovrà affrontarlo, prima o poi. Nella sua fuga incontra Soledad, uomo che si è fatto donna e che accompagnerà Lena fino alla fine del suo viaggio e oltre. Poi c’è Salvatore (di Baia o Baía) che è il futuro e il frutto del grembo di Lena, c’è un quaderno-diario che legherà questi tre destini e la cui scoperta sarà la causa scatenante di questo viaggio della memoria. La vecchia capera è la voce del coro-giudice, perbenista e bigotta. E ci sono i treni mai presi e le stazioni dove si resta bloccati, come in un ricordo. Poi un giorno succede qualcosa e quel ricordo diventa il motivo per salire al volo su un treno e continuare a vivere.
Venerdì 8 novembre, Ore 19.00, Compagnia Mutamenti presenta "Enrico, L'ultimo"
con Ilaria Delli Paoli, Roberto Solofria, Rosario Lerro, Antimo Navarra, Domenico Santo
adattamento e regia Rosario Lerro, liberamente ispirato a Enrico IV di Luigi Pirandello
costumi Ortensia de Francesco, scene Antonio Buonocore
L’ultimo ospite di una casa di cura che rischia la chiusura. La tragicomica storia di un “folle” che partecipa ad una mascherata in costume e in seguito ad una caduta batte la testa e si convince di essere realmente il personaggio che stava interpretando. Attorno a lui personaggi che assecondano la sua pazzia per alleviare le sue sofferenze e conservare il posto di lavoro.
Domenica 17 Novembre, "Il macero" di e con Roberto Solofria Liberamente tradito da “Sandokan – storia di camorra” di Nanni Balestrini, Una produzione della Compagnia Mutamenti
Pur essendo tratto dal romanzo “Sandokan – storia di camorra” di Nanni Balestrini, il lavoro di teatro civile firmato da Solofria non indugia sulle “gesta” del noto camorrista casertano, delle quali peraltro vi è ampia traccia nelle cronache giornalistiche e giudiziarie. E quando si sofferma sulle vicende del clan che negli anni Ottanta sfidò la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, lo fa per descrivere, con un’impostazione surreale, il destino iperrealista di un paese alla deriva. Un paese in cui il cartello con la scritta “Benvenuti” è pieno di buchi di proiettili, in cui è “quasi” legale truffare le assicurazioni o esercitarsi al tiro contro il portone di una persona ritenuta semplicemente antipatica. Un paese in cui la cosiddetta modernità è giunta sotto forma di armi tecnologicamente avanzate o di auto di lusso e di telefoni cellulari, che l’uso di quelle armi consente di acquistare. Un paese in cui o si diventa un “muschillo” (la sentinella di un boss) o frutta da macerare.
Il Macero è soprattutto il racconto dell’insolita sensibilità di un ragazzo nato in terra di camorra: è la storia della sua “ottusa” caparbietà nel cercare per sé stesso una strada diversa, del suo disagio a vivere in una comunità in cui l’attitudine al delitto è divenuta scorza callosa e la banalità passa come rimedio ad ogni ingiustizia. A tutto questo il ragazzo si ribella: prima parlando, decidendo di raccontare, di non tacere, e poi abbandonando la terra in cui è nato. La sua vorrebbe essere un’emigrazione morale, oltre che economica e sociale; un’emigrazione che nasce dal rifiuto di accettare l’abitudine alla morte che fa da sfondo ad una magra e indigesta esistenza contadina. Il Macero è la storia di una fuga. È però anche, almeno nelle intenzioni, l’esposizione “chirurgica” di un taglio etico e politico, nei confronti di un inferno quotidiano, quello dell’Agro–aversano, che non genera eroi ma solo martiri. La scelta appare univoca quando il protagonista si trova a dover accompagnare il cognato all’obitorio per riconoscere e ricomporre la salma di un parente assassinato nella guerra tra clan rivali: “Quel giorno sono ripartito subito, la sera stessa, per il Nord. Ho buttato via i vestiti che ancora puzzavano di quella puzza orribile di sangue congelato, mi sono fatto portare alla stazione e mi sono detto, con rabbia, che non tornerò mai più al mio paese”.
Domenica 15 dicembre, ore 19.00, Compagnia Kanteri presenta "Maggio, Canzoni d'amore e d'arraggia"
Con Ilaria Cecere (voce), Daniele La Torre (chitarra e mandolino) e Francesca Masucci (violino e viola).
Il cuore di questo progetto musicale, partito nel Maggio 2013, nasce come un viaggio nell’identità musicale di appartenenza del trio e dunque con la reinterpretazione di alcuni brani di musica tradizionale colta e popolare napoletana. In questo viaggio, seguendo un sottile filo rosso, abbiamo incontrato altri sud del mondo affini per sonorità, linguaggio musicale e sentimento. Così nel concerto compaiono brani tratti da altre tradizioni; un canto in dialetto abruzzese e uno stornello romano di Gabriella Ferri, o la musica di un grande compositore italiano come Nino Rota; per poi toccare la musica rebetika o quella popolare messicana con un grande classico come Cielito lindo.
Scoprendo solo dopo di aver raccolto una piccola collezione di canzoni d’amore, abbiamo deciso di intitolare il concerto: “Maggio. Canzoni d’ammore e d’arraggia”.
Queste canzoni ci sembrano raccontare ancora qualcosa di vivo, le paure, i desideri, l’umana necessità di esorcizzare la vita e la morte.
Ma più di tutto, sopra ogni cosa, l'amore.
Questo è il desiderio di immergersi nel nostro mare come pesci e fra gli abissi scoprire nuovi modi, nuovi mondi.
Domenica 26 gennaio 2014, ore 19.00, Compagnia Teatro di Legno presenta "La Nave Dei Folli". Regia Luigi Imperato e Silvana Pirone
Domenica 16 febbraio, ore 19.00, Compagnia 20 Chiavi Teatro presenta "Ladyoscar". Regia Ferdinando Vaselli
Un luogo fuori dalla città. Ai margini. Intorno erbacce e terra, terra ed erbacce. Sopra volano gli aerei. Atterrano e partono davanti a loro. Coso e Cosa stanno a guardare. Sono fidanzati i due. Sono tossici di coca. Sono evidentemente due loser, due perdenti. Tentano di muoversi, di scappare via ma sono bloccati. Stanno aspettando lo spacciatore. Stanno quasi aspettando di vivere. Ma non hanno nessuna voglia di decidere. O nessuna forza. Ragazzi ingabbiati che conoscono solo il consumo, come i manifestanti di Londra che rompono vetrine per prendere le Nike, l'Iphone, che gridano la loro rabbia sorda, ottusa, disperata per un oggetto. Un prodotto del mercato globale. Come la cocaina, collante della loro relazione, ma anche metafora del tempo presente. Una droga fatta apposta per una società dove prevale il singolo che urla, che scalcia, che si fa largo a forza di gomitate, una società regolata solo dal profitto o perlomeno dall'illusione del possedere. Una droga per essere dentro e non per stare fuori. Prima la coca era la droga dei ricchi. Adesso è di tutti. La prende il muratore, la prende l'avvocato, la prende l'immigrato, la prende il politico, il giudice, il cassiere del supermercato, il dottore e l'infermiere, il ladro e il poliziotto, il professore e l'allievo . La coca non ha colore politico. La coca è democratica.
NOTE DI REGIA | Un paio di anni fa un lavoro sulle interviste legate al quartiere, fatte in collaborazione con il teatro Quarticciolo, mi aveva portato a raccontare la periferia romana nel presente. Una racconto difficile perché pieno di infinite differenziazioni in cui l'identità del quartiere , della borgata si perde, in cui le identità si trasformano, si sovrappongono fino quasi a confondersi. Un luogo quasi indistinto, ma che è e rimane ai margini. In uno di questi luoghi Coso e Cosa guardano passare gli aerei. Aerei low cost, come quelli della RyanAir, che loro potrebbero prendere ma non hanno la forza e forse la volontà di farlo. Guardano un altrove ma sembrano fare di tutto per non attraversarlo, neppure inseguirlo. Il lavoro parte dall’ascolto di storie di tossicodipendenza di adolescenti e giovani. Attraverso la collaborazione di ASL e Associazioni sono state raccolte testimonianze e realizzate interviste. Il lavoro parte da queste suggestioni. Ma non ha nessuna volontà di assumere una funzione didattico-educativa. La cocaina diventa una metafora per raccontare il presente, per raccontare una serie di generazioni che non riescono a crescere, che non riescono e forse non vogliono trovare una propria collocazione nella società. Al centro dello spettacolo c'è il lavoro dell'attore, con una riscrittura continua che parte dalle interviste ed arriva alle improvvisazioni. Il centro è il rapporto tra i personaggi.
Domenica 23 marzo, , ore 19.00, Compagnia Imprevisti e Probabilita' presenta "Il Bambino Che Verra'". Regia Raffaele Furno
con Soledad Agresti e Raffaele Furno. Testo di Soledad Agresti. Regia di Raffaele Furno
SINOSSI | Due, ma potrebbero essere uno. Eppure sono due.
NOTE DI REGIA | Due figure in scena. Sembrano gemelli. Forse perché sono vestiti nello stesso identico modo, con un tessuto che li fa assomigliare ad una carta da parati, o ad un inutile suppellettile passata di moda.
Ma a volte sembrano uno, questi due. Perché si immergono l’uno nell’altro, si intrecciano fino a che le gambe dell’uno sono le gambe dell’altro, le braccia dell’uno sono le braccia dell’altro, il torso dell’uno è il torso dell’altro. Forse una leggera differenza tra questi due esiste, nonostante il loro vestiario, nonostante il loro essere gemelli. Uno è maschio, l’altro è femmina, dovrà pure esserci una differenza. Uno è dominante, l’altro è dominato, dovrà pure esserci una differenza. Ma non c’è equazione tra maschio = dominante, femmina = dominato, potrebbe essere l’opposto. A ben guardare poi, questi due non sono affatto inutili. Anzi. Sono molto operosi queste due figurine un po’ caricaturali, un po’ grottesche, un po’ paradossali. Operosi perché costruiscono muri, spingono complicati marchingegni, producono energia, raccolgono cibo, ma soprattutto in cuor loro e nei loro dialoghi aspettano. Aspettano un salvatore, un redentore, nella forma di un bambino che li solleverà finalmente da tutte queste gravose quotidiane incombenze di costruire muri, spingere marchingegni, produrre energia.
E se il bambino che verrà non venisse? O se fosse monco e menomato allora chi aiuterebbe questi due gemelli a lavorare?
Venerdì 18 aprile, ore 19.00, Compagnia Teatro di Fabula presenta "Le 95 Tesi"- Regia Giuseppe Cerrone e Antonio Piccolo
con Raffaele Ausiello, Eduardo Di Pietro, Alessandro Paschitto, Stefano Ferraro, Antonio Piccolo
progetto e regia Giuseppe Cerrone e Antonio Piccolo
liberamente tradito dai testi di John Osborne, Roland H. Bainton, Luther Blissett
una produzione Teatro In Fabula
organizzazione Paola Boccanfuso
SINOSSI | AUTORITRATTO: Salve. Sono Martino Lutero. Non sono mite come Erasmo. Soffro di stitichezza. Sono pallido e sudo come i maiali. Leggo le scritture e le interpreto. Sarò il protagonista di uno spettacolo sul potere. Sarò il cantore di una cronaca politica. Ho scelto l’azione dopo aver tentato la contemplazione. Sono cose che capitano. Chiedo asilo e conforto ai tedeschi per disarcionare il papa. Parlo come un santo e agisco come un ribelle. Sono specializzato in assalti frontali. Il mio fucile è il Nuovo testamento. Dio chiama senza preavviso e anche Satana. Non esiste mediazione. Ho preso moglie perché il clero è un’invenzione romana. Ho fatto figli perché il celibato è un’ingiustizia senza rimedio. Gioco ma dico cose serie. Cose di valore, perfino nel 2013. Dio è morto, ma non la preghiera! Nietzsche ha scritto: “ascolta cosa dice la mezzanotte profonda”. John Coltrane ha dichiarato: “L’Universo in cui viviamo, che ci è stato dato, è grande e bello”. Quanti guai ho combinato.
NOTE DI REGIA | Nel 2013 è facile sentir dire che le ideologie siano morte. È falso. Ce n’è una che ha trionfato e si chiama “mercato”. Si è imposta con un’abilità tale da farsi considerare una realtà di fatto, non una creazione e un artificio umani. Le sue leggi vengono scambiate per naturali e immutabili. Se ne dimentica l’arbitrarietà, tanto da impedire il pensiero di un’ideologia radicalmente alternativa. Il massimo a cui si aspira è un perfezionamento del sistema vigente. Quando Martino Lutero nasce nel 1483 (esattamente 530 anni fa) la Chiesa cristiana ha costruito in Europa un sistema enorme ed invasivo. Risquote tasse, amministra terreni, si avvale di servi della gleba, guida eserciti, incorona i sovrani, delega l’emanazione delle leggi, quando non l’emana direttamente. Ha il potere di scomunica dei sovrani, a cui le popolazioni credono sinceramente. Cosa più importante: a fronte del disgregamento del vecchio Sacro Romano Impero, la Chiesa mantiene la compattezza, è l’ultimo baluardo dell’unità europea. La Chiesa è sostanzialmente tutto il mondo conosciuto, uguale a se stesso da un millennio. Martino Lutero si affida sinceramente nelle mani della Chiesa, ma è ossessionato dall’osservanza delle regole. La corruzione dilagante nei piani alti dell’istituzione, ma anche la meschinità dei piccoli sacerdoti lo spingono ad una naturale, anche ingenua, ricerca di risposte. Ma come? Nessuno da anni pone più domande alla Chiesa. La Chiesa è il Mondo! Lui è solo un uomo. Ma l’ossessione di Martino è più forte della paura. Tanto più forte da fargli montare un inaspettato senso di ribellione, che lo fa soffrire fisicamente ancor prima che mentalmente. Tanto più forte da non saperne controllare le conseguenze… Le 95 tesi non è un’apologia di Martino Lutero. Non ne è una condanna.
(FUORI ABBONAMENTO)

Inside The Project

14 dicembre 2013 a cura di Paky Di Maio e Luigi Iacono: Inside The Queen
Ritorna l’evento più soggettivo del momento.
Ritorna L’Inside.
Arriva INSIDE THE QUEEN
Due anni fa i Cure, l’anno scorso abbiamo dato vita ad un omaggio ai The Doors!
Quest’anno, non poteva mancare la Regina.
Qualsiasi linguaggio e forma d’arte.
Una compagnia teatrale, due fotografi, due pittori, 3 bands.
La formula è la stessa: prendi artisti di radici, visioni e arti diversi, digli di ascoltare qualcosa di sacro e di farlo diventare suo.
Non c’è limite all’interpretazione.
Non c’è limite alla visione.
Non c’è limite ad un’emozione.
Classica, Popolare, Cantautorale, Rock, Elctrorock, Triphop,Folk, Pittura, Teatro. Tutto Questo è l’Inside.
Tutto questo sarà INSIDE THE QUEEN
con
MUSICA: Calatia Ensamble (Luca De Simone - Tamburi a cornice, percussioni, sintetizzatori, Carmine Scialla - Chitarra battente, chitarra acustica, bouzouki greco, mandola, mandolino, Ubaldo Tartaglione - Chitarre, chitarra elettrica, plettri, Ciro Scognamiglio - Contrabbasso, basso elettrico, synth bass, Cecilia Scatola - Voce); IKAP (Paky di Maio Basso, Sintetizzatore, Voce feat. Vanna- Voce (Eo'K)); Passepartout (Pasquale Maltempo - Piano, Andrea Chiariello - Chitarra e Voce)
TEATRO: Mutamenti / Teatro Civico 14
PITTURA: Domenico Naf-Mk; SasyCa (musiche Toni df, Chitarra Pablo Costanzo)
Fotografia: Diana Cusani, Gabriele Napolitano
Biglietto unico € 8,00; lo spettacolo di sabato eccezionalmente si terrà alle 21.00.

Weekend Alto Fest

16 > 18 maggio 2014
Tavole rotonde, dibattiti, performance e incontri con gli artisti sul festival di riqualificazione urbana ALTOFEST ideato da TeatrInGestAzione

Suona Visibile La Parola | III

15 novembre, 6 dicembre, 10 gennaio, 21 febbraio, 14 marzo, 25 aprile
Rassegna di letture pubbliche di poesia italiana a cura di Eugenio Tescione e Ortensia De Francesco
Alla sua terza edizione la rassegna di letture pubbliche di poesia italiana Suona Visibile la Parola, approfondirà un aspetto emerso nelle passate edizioni: l’attrazione potenziale che la poesia ha sui giovani. La novità di quest’anno sta in un progetto di Teatro Civico 14 che si propone il coinvolgimento, meglio articolato e strutturato di quanto sia già accaduto, dei giovani lettori. Infatti, in collaborazione con i responsabili dei Dipartimenti Linguistici di alcune scuole di Caserta, verranno proposte agli studenti le serate a tema già presentate nelle passate edizioni, e con loro sviluppate e approfondite. Così che saranno loro i protagonisti, anche delle letture pubbliche. Nel suo insieme la struttura della rassegna rimane invariata: ci saranno serate di lettura di nuovi argomenti proposte dal Club dei Lettori e un certamen, per un totale di sei serate a cadenza mensile.
21 febbraio, ore 20.30, Le serate degli studenti: Il Liceo Manzoni  legge "Dal Secolo Al Millennio", a cura di Eugenio Tescione e Ortensia De Francesco
Al Teatro Civico 14 il secondo incontro dedicato agli studenti del terzo ciclo di Suona Visibile la Parola, rassegna di letture pubbliche a cura di Eugenio Tescione e Ortensia De Francesco. Giovani lettori accompagneranno gli ascoltatori attraverso il ‘900, fino alla soglia appena varcata di questo nuovo secolo e neonato millennio. L’istituto scolastico che presterà le sue voci, stavolta, è il Liceo Manzoni di Caserta. I ragazzi iscritti al Laboratorio scolastico di Teatro Classico, preparati dal Prof. Massimo Santoro, leggeranno poesie di Pascoli, Gozzano, Saba, Ungaretti, Quasimodo, Montale, Caproni, Zanzotto: i contemporanei. Un ascolto della parola radicata nel nostro vivere come linfa che, invisibile, dalle radici sospinge i rami. Attraverso la lettura degli allievi del Manzoni torneranno a risuonare i versi più amati scivolati nel tempo e ora temporaneamente fissati nel punto scorrevole del presente, tra innovazione e tradizione. Come esplosioni sotterranee i linguaggi passati torneranno a raccontare quegli eventi che contengono sequenze della nostra storia.
Ogni componimento è una battaglia ammirevole svolta in questa continua guerra al silenzio che vede sempre impegnate la coscienza civile e quella individuale nella conquista d’una verità, quel senso che spiega e apre alla visione del futuro avendo afferrato porzioni del passato.

Cinema Dal Basso

Novembre 2013 > Giugno 2014
proiezioni/incontri
Luogo d’incontro e centro di nuove sinergie tra autori e appassionati di cinema, Cinema dal Basso è oggi una realtà radicata sul territorio casertano, un cantiere aperto di idee e talenti che, sperimentando nuovi contenuti, forme e linguaggi dell’audiovisivo e cimentandosi in produzioni cinematografiche lontane dal circuito del grande pubblico e delle case di produzione, promuove un cinema autentico, senza fini di lucro, autoprodotto, spontaneo, appassionato, impegnato a cogliere le molteplici sfaccettature della complessa realtà del territorio che lo ha generato. Cinema dal basso, tramite un bando annuale, è alla continua ricerca di materiale per costruire insieme una rete di autodistribuzione dal basso.
 

ORARIO SPETTACOLI
Feriali > 21.00
Festivi > 19.00

COSTI
STAGIONE TEATRALE
Biglietto intero € 10,00
Biglietto ridotto € 8,00
[under 30 / over 65 / Tesserati Arci / Casertainbici]

SCIAPÒ
Ingresso gratuito / Uscita a cappello

Formula abbonamento [10 spettacoli a scelta in Stagione Teatrale]

CLASSICO
Intero € 80,00
Ridotto € 60,00

SOSTENITORE
Intero € 105,00
Ridotto € 85,00

Vicolo F. Della Ratta 14 (Via G.B.Vico)
81100 Caserta
t 0823.441399
info@teatrocivico14.it
www.teatrocivico14.it
facebook.com/teatrocivico14
twitter.com/teatrocivico14
#teatrocivico14

Casertamusica.com - Portale di musica, arte e cultura casertana. Testi ed immagini, ove non diversamente specificato, sono proprietà di Casertamusica.com e della Associazione Casertamusica & Arte. Vietata ogni riproduzione, copia, elaborazione anche parziale. Tutti i diritti riservati.