Giulio Cavalli al Teatro Civico 14: "L'innocenza di Giulio"
Caserta, 4 Novembre 2013
Articolo di Roberta Cacciapuoti
Abbiamo dovuto aspettare un mese, prima di poterci gustare lo spettacolo di
Giulio Cavalli, costretto a rimandare per il ritrovamento di una pistola carica
nel giardino della propria casa. Giulio Cavalli è un attore e uno scrittore e
vive sotto scorta. Le misure di sicurezza lo hanno obbligato a rimandare la sua
tournée e a trasferirsi provvisoriamente in una località segreta e protetta.
Giulio Cavalli non è l'unico italiano a vivere sotto scorta, come lui
giornalisti, scrittori, intellettuali, magistrati.
E' andato in scena, in un'unica data, al Teatro Civico 14 con lo spettacolo
"L'innocenza di Giulio [Andreotti non è stato assolto]", testo scritto con la
collaborazione di Giancarlo Caselli e Carlo Lucarelli, prodotto da Teatro della
Cooperativa – Bottega dei Mestieri Teatrali, con la regia di Renato Sarti, e le
musiche di Stefano "Cisco" Bellotti, celebre voce dei Modena City Ramblers.
Le storie di mafia sono quasi tutte uguali: prevedono dei buoni - chi combatte
la criminalità organizzata, in tutti i modi possibili, con la giustizia, con le
armi, con la parola: magistrati, poliziotti, giornalisti, intellettuali -, e
prevedono dei cattivi - i criminali veri e propri, quelli che sparano, rubano,
truffano, e chi li favorisce: i colletti bianchi collusi -, tutte prevedono dei
morti ammazzati, dall'una e dall'altra parte della barricata.
Giulio Cavalli racconta la storia di Giulio Andreotti, che è anche storia di
mafia, oltre che analisi storica degli anni dal secondo dopoguerra in poi, e lo
fa in modo appassionato e scientifico, citando fonti e atti giudiziari. Ci
trascina all'interno della storia, ci fa sentire coinvolti, ci porta al centro
dei fatti, fin dentro i rivoli più imperscrutabili degli avvenimenti.
"L'importante è non lasciare traccia, negare poi è poca cosa", una frase che è
l'emblema di un uomo politico che è stato al centro della scena italiana per
tutta la seconda metà del XX secolo. Al centro della scena, quanto mai scarna e
nuda, un inginocchiatoio, al quale Giulio nei panni di Andreotti si avvicina a
mani giunte, a stringere una Bibbia, per citare alcune delle dichiarazioni rese
del politico nel corso dei procedimenti processuali. Uno schermo, alle spalle,
sul quale sono proiettate immagini e testimonianze. Giulio Andreotti non fu
assolto: nella sentenza si legge che Andreotti ha commesso il reato per il quale
è accusato fino alla primavera del 1980, reato poi andato in prescrizione perché
la sentenza definitiva è arrivata dopo il 20 dicembre 2002, se fosse arrivata
prima di quella data Andreotti avrebbe potuto essere condannato in base
all'articolo 416, quello che condanna le associazioni per delinquere. Le forti
parole che Aldo Moro, dalla sua prigionia, dedicò al collega, concludono la
parte dello spettacolo dedicata ad Andreotti. Cavalli concede, poi, al suo
pubblico, vigile e interessato, due bis, dedicati ad altri "affari di mafia",
dai protagonisti diversi.
Lo spettacolo di Cavalli arriva come un pugno ben assestato allo stomaco degli
spettatori, è forte e incisivo, e la materia che affronta pesa come piombo sulle
spalle degli italiani. La storia deve conservare la sua memoria, è questo
l'unico imperativo per chi racconta.