Teatro Comunale: Nuovi Percorsi 2009
Caserta – dal 19 Gennaio al 1 Aprile 2009
Sintesi di Pia Di Donato
Lunedì 19 gennaio prende il via la rassegna Nuovi Percorsi 2009. Sei gli
spettacoli proposti dal cartellone che hanno in comune l’idea di un teatro che
si faccia indagine e sguardo su temi e storie che riguardano la società civile e
affiancano nomi di attori e registi affermati a giovani artisti a cui si offre
così una opportunità di visibilità e confronto.
lunedì 19 gennaio ore 21.00 (nostro
articolo)
Paolo Bonacelli in "Aldo Moro, una tragedia italiana" di Corrado Augias e
Vladimiro Polchi, con Lorenzo Amato, scene Gianni Silvestri, luci Mario
Loprevite, musiche Marcello Panni, regia Giorgio Ferrara
Aldo Moro, una tragedia italiana si presenta come un evento unico nella stagione
teatrale 2007/2008 per le vicende narrate e per l’indubbia portata storica
dell’evento che “ripercorre la cronaca del più tragico sequestro politico del
nostro secondo dopoguerra: le lettere, i documenti, le immagini d’archivio, i
commenti, i punti di vista, la ricostruzione dei fatti fino al drammatico
epilogo”, utilizzando “le numerose lettere scritte da Moro dalla “Prigione del
Popolo”, dal celebre libro che Leonardo Sciascia ha dedicato a questo affaire e
dal recente adattamento cinematografico di Marco Bellocchio, Buongiorno notte”.
Un progetto che nasce dalla collaborazione ormai collaudata di quattro grandi
personalità, Augias, Polchi, Ferrara e Bonacelli, che hanno già realizzato
insieme una trilogia di grande successo (Processo a Caio Giulio Cesare, Processo
a Nerone, Processo a Tiberio) e che ora propongono questa “tragedia doppia, per
la vita degli uomini assassinati e per quella lunga prigionia conclusa con la
morte di uomo di valore”.
La Storia
Alle 9,15 del 16 marzo 1978, in via Fani a Roma, la Fiat 130 guidata
dall'appuntato dei carabinieri Domenico Ricci e con a bordo l'onorevole Aldo
Moro viene bloccata da un commando di terroristi e crivellata di colpi. L'azione
di fuoco dura due minuti. Cinque uomini della scorta vengono uccisi, il
presidente della Dc sequestrato.
La vicenda umana e politica del rapimento Moro si consumò in 55 giorni. Tragedia
doppia, per la vita degli uomini assassinati e per quella lunga prigionia
conclusa con la morte di uomo di valore la cui azione era stata decisiva per far
entrare i comunisti nella maggioranza dopo decenni di opposizione: aiutando
cosi’ Berlinguer a compiere il primo passo verso il compromesso storico. Moro
andò incontro alla morte, avendo come sola colpa quella di essere il maggior
esponente della DC e un punto di riferimento decisivo nel panorama spappolato
del sistema politico italiano del tempo. Sul cosa fare di fronte a questa
tragedia si confrontarono due strategie, ognuna delle quali rimandava ad una
concezione del mondo e a ognuna delle quali va una parte di ragione. I
sostenitori di una trattativa con i terroristi ponevano in primo piano il valore
della vita umana, bene assoluto al quale ogni altra considerazione va
subordinata. Loro obiettivo era quello di mettere in libertà alcuni brigatisti
in carcere in cambio della libertà, e della vita, di Aldo Moro. Dall’altra parte
il partito della fermezza, chi temeva cioè che cedendo ai terroristi si aprisse
una spirale di ricatti che avrebbe messo a repentaglio la stessa concezione
dello ‘Stato’. Oggi sappiamo, e su scala mondiale, che cosa rappresenti il
pericolo terrorista e quali conseguenze può avere il cedimento ai loro ricatti.
Le Brigate Rosse hanno assassinato Aldo Moro ma da quella tragedia sono uscite
battute due volte: dal silenzio del loro prigioniero dal quale esse, nella loro
stupidità politica, si attendevano chissà quali esplosive rivelazioni ma che non
era in grado di esaudire le loro attese fuori dalla realtà. Dal rifiuto opposto
dallo Stato al loro tentativo di ricatto.
Lo Spettacolo
A partire dalle numerose lettere scritte da Moro dalla “Prigione del Popolo”,
dal celebre libro che Leonardo Sciascia ha dedicato a questo affaire e dal
recente adattamento cinematografico di Marco Bellocchio, Buongiorno notte, lo
spettacolo ripercorre la cronaca del più tragico sequestro politico del nostro
secondo dopoguerra: le lettere, i documenti, le immagini d’archivio, i commenti,
i punti di vista, la ricostruzione dei fatti fino al drammatico epilogo.
Giovedì 22 Gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, Kaos
Teatro presenta, ispirato al
processo ad Otto Eicmann. Scritto e diretto da Angelo Callipo, con Maurizio
Azzurro, Angelo Callipo, Paola Maddalena, Monica Porzio, Michele Tarallo. (nostro
articolo)
L’11 Aprile del 1961 viene processato davanti al tribunale di Gerusalemme Otto
Adolf Eichmann.
Il criminale nazista nega ogni responsabilità personale di fronte ai quindici
capi d’imputazione che gli vengono contestati, asserendo di aver obbedito solo
ad ordini superiori. Così, con quella sua aria all’apparenza mite, con quel suo
mostrarsi come un uomo tranquillo, “Normale” , Eichmann incarna perfettamente
l’immagine spaventosa di un grigio, efficiente burocrate al servizio del male,
un impiegato modello insomma specializzato nello sterminio scientifico degli
esseri umani.
Lo spettacolo ripercorre le fasi di questo processo, che, se non lascia alcun
dubbio sul verdetto finale di colpevolezza, apre però una serie di riflessioni
su come la grande macchina hitleriana della soluzione finale si possa essere
servita, oltre che di belve feroci del calibro di Himmler o Goebbels, anche di
mille altri esecutori fedeli e ciechi degli ordini ricevuti.
L’Olocausto è stato certo opera di menti diaboliche ma anche di freddi e precisi
tecnici che nella loro normalità si somigliano tutti e soprattutto ci
somigliano. Il caso Eichmann dimostra che quanto più il male può apparire banale
tanto più bisogna temerlo. (Angelo Callipo)
Lunedì 9 Marzo ore 10.30 Martedì 10 Marzo ore 21.00. Progetto Teatro presenta "Ambo" di Franco Autiero. Con
Lello Giulivo ed Ernesto Lama. L’autore: Franco Autiero (nostro
articolo)
É una storia che viene da lontano.
Due fratelli gemelli, predestinati ad un amore particolare, si accusano, con
angosce e sensi di colpa reciproci, di inadempienze nei ruoli assunti e loro
assegnati dal fato, coinvolgendo, nella loro millenaria ma precipitosa caduta,
il microcosmo della famiglia.
É una storia simile a quella dei Dioscuri: Polluce e Castore, gemelli nati da
Leda che, secondo il mito, si ritrovano ad essere figli l'uno di Zeus e l'altro
di un mortale. Il primo personaggio che si chiama Cràje si alterna nella
recitazione con un secondo attore che, nell'azione scenica, assume il nome
Pscràje; queste parole usate nel testo come nomi propri hanno la loro radice nel
latino e, nella parlata napoletana, significano letteralmente “domani” e
“dopodomani”.
I protagonisti, nella loro alternanza cadenzata, interpretano nell'azione
scenica sfaccettature e angolazioni ritmiche di una sola mente pensante che
matura ed evolve giudizi e valori nella lunga esperienza della storia. Di
Castore mortale nello spettacolo si descrivono gesta e si riportano pensieri ma
egli non può far parte della rappresentazione perché, come prescrive l'arcaico
mito dei Dioscuri, alterna con il fratello divino, a causa di un particolare
intervento della divinità, i giorni nel tempo.
I due attori vestiti con poveri abiti orientano lo sguardo in diversi angoli
dello spazio scenico come animali che si sentono braccati e come se rivolgessero
le loro parole a persone realmente identificabili ai confini di quel territorio
di cui sono pervenuti in possesso e di cui tengono saldamente il controllo.
La scena è nera e buia: solo i due attori con scuri occhiali da sole sono in
luce, a terra qualche foglia secca, a proscenio una povera panchina a doghe di
legno, accanto una bottiglia di liquore nascosta da un sacchetto di carta e due
zainetti colorati come quelli che usano gli scolari.
E' inverno... un inverno che non vuole finire.
I protagonisti indossano poveri cappotti di tipo militare, sciarpe e scarpe
logore, sembrano, ma non lo sono, due poveri degli anni ottanta. Pochi i segnali
di contemporaneità: i due zainetti fortemente colorati, la marca del liquore e
alcune note del testo.
Gli attori, essendo angolazioni della stessa mente pensante, presentano al
pubblico identicità di comportamenti e spesso nel dialogo sono l'uno la
continuazione dell'altro ma, proprio perché uniformi nella rappresentazione del
trascorrere ritmico del tempo, evidenziano maggiormente piccole irregolarità e
incomprensioni che mascherano il mal sopito desiderio di uscire dalla monotonia
del ritmo ripetitivo dei giorni.
giovedì 12 marzo, la Compagnia La Mansarda - Teatro dell’Orco presenta
“La Locanda dei Comici – In Laude della Discordia” (leggi)
Giovedì 26 Marzo, Nuovo Teatro presenta "La notte delle lucciole", uno
spettacolo di Roberto Andò e Marco Baliani, testi di Leonardo Sciascia, con
Marco Baliani e Coco Leonardi e Andrea Martorano, Umberto Nesi, Felice Panico,
Armando Pizzuti, Alexandre Vella
scene e costumi Gianni Carluccio, musiche Marco Betta, drammaturgia e regia
Roberto Andò, assistente alla regia Felice Panico, assistente alla scenografia
Sebastiana Di Gesu (nostro
articolo)
(note di Roberto Andò) Ho conosciuto Leonardo Sciascia in un’età nella quale
certi incontri si rivelano decisivi e possono celare, nascosto come un tesoro,
il messaggio di cui eravamo, senza saperlo, in attesa. Per me, Leonardo è stato
messaggero del senso più alto del vivere e del creare, latore di una missiva
essenziale, del piacere della libertà.
Lo ricordo mite e intransigente, misterioso e solido nelle sue ragioni, geniale
nei suoi rovelli e implacabile nella ricerca di una possibile verità. La sua
voce – che nella vita lasciava fisicamente risuonare il senso vertiginoso del
dubbio – mi manca. Credo che manchi a molti. Gli scrittori, i poeti hanno questo
potere. Di lasciarci – quando non sono più tra noi – nel rimpianto di ciò che
avrebbero detto, orfani della loro intelligenza, della loro eresia, della loro
testimonianza. Rimpianto mitigato dalla grandezza delle loro opere.
Ho pensato che riportare in teatro le sue parole, oggi, avesse un senso. Avesse
una ragione. Poetica e politica. Senza equivoci nel riferirsi dell’una
all’altra, come sempre, in ogni tempo, ma ancor più oggi.
In questa veglia le sue parole e quelle di Pasolini (non c’è una sola parola che
non appartenga a loro, se non due citazioni da Pirandello e da Canetti) trovano
un loro, credo non arbitrario, congiungimento. Un congiungimento in cui entrambi
adempiono al destino di rappresentare, nella scrittura, nell’essere testimoni
del proprio tempo, “una razza che fa della propria mitezza un’arma che non
perdona”. Entrambi, pronti, con la penna – come fosse una spada – all’azione,
per provocare con la scrittura effetti concreti, per disarmare il potere.
Mercoledì 1° Aprile, Kaos Teatro presenta "Il coltello in tasca"
di Angelo Callipo, con Maurizio Azzurro, Mariano Massa, Francesca Porzio,
Michele Tarallo. Regia Angelo Callipo. Scene Veronica Netti e Ennio Ecuba.
Disegno Luci Pasquale Papa (nostro
articolo)
Ci sono tanti modi per sentirsi sicuri. A volte basta avere un coltello in
tasca. Basta averlo sin dai tempi della scuola. Con quel coltello puoi imporre
la tua volontà, puoi far sentire gli altri più deboli, puoi convincere te stesso
di essere importante. Ma quel coltello può diventare anche facilmente l'unico
filo rosso che unisce ogni gesto della tua vita.
E' quello che accade al protagonista dello spettacolo. Cresciuto, sin dai banchi
di scuola, con la spregiudicata sicurezza che un coltello possa risolvere ogni
cosa, egli continua a mettere in pratica atteggiamenti spavaldi e comportamenti
arroganti propri di chi confida appunto in un coltello più che sulla propria
ragione. Tuttavia, un incontro inaspettato cambierà all'improvviso il corso
della sua vita, mandando in frantumi una sicurezza che spesso è solo di facciata
e facendo emergere quelle debolezze che per lunghi anni sono state semplicemente
rimosse, ma che appartengono ad ogni uomo.
Tutto lo spettacolo, pur partendo dall'idea di un racconto di Moravia, dipana
una storia del tutto originale, nel corso della quale il protagonista scopre
lentamente e sorprendentemente che l'essenza più profonda dell'uomo non risiede
nella capacità di costruirsi una maschera, bensì nel dare spazio a quello che si
è veramente, aprendosi in tal modo la strada ad un futuro nuovo e sicuramente
migliore.
Conoscere se stessi è l'unico modo per gettare via un coltello che per troppo
tempo si è tenuti in tasca. (Angelo Callipo)
Giovedì 2 ore 21.00 e venerdì 3 aprile ore 17.00, Teatro Stabile Mercadante
presenta "Gomorra" tratto dall'omonimo romanzo di Roberto Saviano. Con Ivan
Castaglione, Francesco Di Leva, Giuseppe Caudino, Giuseppe Miale di Mauro,
Adriano Pantaleo e con la partecipazione straordinaria di Ernesto Mahieux. Regia
Mario Gelardi (nostro
articolo)
Gomorra, lo spettacolo tratto dal romanzo-reportage di Roberto Saviano non ha
tradito il best seller: il successo della versione teatrale, firmata anche dal
regista Mario Gelardi, a Napoli come pure nelle numerosissime città italiane
dove è stata rappresentata nel corso dell’anno, è stato sempre pieno ed
entusiasmante. Oltre a inaugurare la nuova edizione di Palcoscenico la
trasmissione dedicata al teatro di RAI 2, lo spettacolo prodotto dal Mercadante
si accinge a varcare anche i confini nazionali: il 12 e il 13 giugno, infatti,
sarà rappresentato al Theaterbiennale of the Staatstheater di Wiesbaden,
nell’ambito del Festival New plays from Europe e successivamente a Berlino. Un
consenso di pubblico e di critica che in qualche modo ha preannunciato il
successo del film di Matteo Garrone recentemente insignito del Gran Premio della
Giuria al Festival di Cannes.La messinscena si basa su due livelli di racconto:
quello più istintivo, animalesco, violento, costituito dal braccio armato della
camorra e quello imprenditoriale, che non si sporca mai le mani direttamente,
che coordina a distanza, che ha interessi in tutto il mondo. Ma, nello stesso
tempo, lo spettacolo dà voce a un Roberto Saviano distante dall’immaginario
collettivo che ne fa o un eroe o un furbo. Il Saviano che torna a Casal di
Principe a parlare in piazza, in quella piazza ostile, in cui ci sono gli uomini
che lo vorrebbero “altrove”, che vorrebbero chiudergli la bocca.
con Ivan Castiglione, Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Giuseppe Miale di
Mauro, Adriano Pantaleo e con la partecipazione straordinaria di Ernesto Mahieux,
scene Roberto Crea, costumi Roberta Nicodemo, musiche Francesco Forni, immagini
Ciro Pellegrino
Inizio spettacoli ore 21
Abbonamento (6 spettacoli): 60€
Biglietto: 15€
Teatro Comunale – Caserta Teatro Comunale tel 0823 273436
Consulta: Stagione del
Teatro Comunale 2008