Teatro Comunale:  "Non colpevole, processo ad un nazista modello"

Caserta – 22 Gennaio 2009

Articolo e foto di Rossella Barsali

L’antica arte del paradosso, perno fondamentale di un certo buon teatro, amministrata con sagacia, è totipotente , proprio come una cellula staminale: può evolvere in ogni direzione, generare pathos, piuttosto che comicità, commozione o risate, ma una cosa è certa, produce risultati di ottima finitura. Ben lo sa Angelo Callipo, andato in scena al Teatro Comunale ieri sera con il pregevole lavoro che porta la sua firma "Non colpevole, processo ad un nazista modello"
Intanto, il titolo: che un nazista modello possa considerarsi non colpevole dell’Olocausto è una contraddizione in termini. Peraltro non risolta, tanto che neppure alla fine del processo, conclusosi con la condanna alla pena capitale, l’imputato Otto Adolf Eichmann ammetterà la propria responsabilità personale, il proprio devastante contributo allo sterminio degli ebrei deportati durante la II Guerra Mondiale.
Otto Adolf Eichmann, impiegato addetto al traffico dei treni dei deportati ed alla pratica dei passaporti e confisca dei beni, venne processato nel ’61 a Gerusalemme, da un tribunale molto diverso da quello di Norimberga, e condannato per crimini verso l’umanità. L’intera vicenda, narrata della giornalista ebrea Hanna Arendt (in cui si riconosce una struggente e composta Paola Maddalena) in “ La banalità del Male”, contiene il secondo, e più sconcertante paradosso: che l’attuazione di un progetto atroce e delittuoso possa diventare un lavoro d’ufficio per burocrati ciechi e obbedienti, che asservono e si servono di una causa criminosa senza riconoscerla né riconoscere le proprie responsabilità morali e civili, mistificando l’obiettivo, per far tacere le coscienze (molto attuale, dalle nostre parti, vedi Gomorra!).
Balza prepotente questo messaggio, dal detto e non detto dello spettacolo: la requisitoria incalzante che altalena momenti di autentica "pietas," le testimonianze struggenti dei sopravvissuti ai campi di concentramento (bravissimi M. Tarallo, e M. Porzio), il rituale tatuaggio dei numeri di riconoscimento ai prigionieri come inferto da arma bianca contrapposti al cadenzato pulirsi gli occhiali dell’imputato (un incredibile Maurizio Azzurro), al suo alzarsi in piedi se interrogato, alla sua maschera imperturbabile, creano quello strappo emotivo in un crescendo di tensione che non si placa.
Giovano anche la scelta dei brani musicali (e lo splendido assolo di Paola Maddalena) , la scarna ambientazione e la lentezza del cambio abiti di scena sul palco, un coercitivo spogliarsi della propria identità di uomini per diventare carne da macello.
Il terzo paradosso lo discutiamo direttamente con l’attore-regista Angelo Callipo:

Rossella Barsali: Certo, rappresentare “Non colpevole…” in questo momento storico, con la striscia di Ghaza ancora alla ribalta….!
Angelo Callipo (sorriso): …sembrerebbe quasi un paradosso, no? Eppure mai come adesso il messaggio, carico di tensione, di “non colpevole…” deve giungere e raggiungere le coscienze….

R. B.: Una tempistica, quindi, che credo nulla abbia a che fare con “la giornata della Memoria”! Piuttosto sincronizzata, invece, con gli eventi politico-giuridici che stiamo vivendo….
A. C. : In un certo senso, si…..Va detto, a proposito di paradossi e leggi, che “non colpevole..” sfrutta nell’ incipit proprio un paradosso legale: il processo ad un nazista in uno Stato costituito solo nel ’48, inerente fatti risalenti a prima della sua fondazione ( ’40-’45)…

R. B.: Volendo cogliere, i messaggi sono tanti: la responsabilità individuale e sociale, civile e politica, l’ostinata cecità dei servi degli Hitler e di tutte le grandi dittature di qualunque colore, l’atroce paravento legale, la sofferenza cosmica ed ancestrale del sacrificio, la mancanza di redenzione, la triste normalità del Male….
Angelo non ribatte, sopraffatto dagli spettatori venuti a complimentarsi con la Compagnia.

Esco, notte, piove : il cielo è più basso, lo sento pesare sulle spalle. Michele Tarallo (ndr, attore, il testimone/rabbino) mi ha salutato sorridendo: solo un attimo prima era sul palco inginocchiato, rabbino in una sinagoga, a farsi sputare in bocca da un gerarca fascista.

Consulta: Teatro Comunale: Nuovi Percorsi 2009

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