Passeggiate casertane: Da piazza Vanvitelli alla Vaccheria

5° tappa: San Leucio

a cura di Lorenzo Di Donato


Tappe della passeggiata:

1: Piazza Vanvitelli

2: Corso Giannone

3: Aldifreda e i Mulini Militari

4: il casale di Sala

5: San Leucio

6: Vaccheria

 

Quinta tappa: San Leucio

 

La asimmetria della Piazza della Seta dà subito il senso dell’incompiuto: la repubblica Partenopea, prima, e l’occupazione francese, poi, infransero il sogno di Ferdinando IV della costruzione della sua “Ferdinandopoli” con al centro la grande piazza della seta. E la “Reale colonia di San Leucio” non si trasformò in moderna città industriale.

Ma, se per un istante si chiudono gli occhi, sembra di udire il ritmico rumore dei torcitoi e dei telai, il frullare delle “ariatelle”, degli avvolgitoi e dei filatoi, di vedere il guizzo delle spolette nell’ordire la trama mentre si é carezzati da ormesini, rasi, broccati velluti, pekins velluté, floranze, lame e lastre d’argento, mussulmani, stoffe broccate di seta, d’oro e d’argento. E sale voglia di farsi sommergere da veli, calze, scialli, fazzoletti, corpetti, merletti in infinite sfumature di colore dai poetici nomi: verde salice, noce peruviana, orso, orecchio d’orso, palombina, tortorella, pappagallo, canarino, Siviglia, acqua del Nilo, fumo di Londra, verde di Prussia, ecc… Il sogno diviene splendida realtà se, stavolta ad occhi spalancati, si è qui nella festività della Madonna delle Grazie a confondersi con figuranti del Corteo storico di san Leucio nei loro splendidi costumi o a godersi le realistiche scene del Presepe vivente della Vaccheria con centinaia di figuranti in bei vestiti del Settecento. Ancora godimento si può provare a vedere, toccare, comprare i tessuti nei negozi che proprio qui, in Piazza della Seta, espongono quanto i setifici leuciani hanno conservato e oggi diffondono nel mondo.

Ultima arrivata nella produzione leuciana è la coperta in tessuto di damasco. Una volta non poteva mancare nei corredi delle giovani spose. Era destinata alle grandi occasioni: ricopriva il “primo letto”, cioè quello preparato per la prima notte di matrimonio, e sventolava dai balconi durante le processioni del Corpus Domini e del santo Patrono.

E, con una lacrima di gioia, la mamma regalava la sua “coperta di san Leucio” alla figlia più giovane nel giorno delle sue nozze.

Oggi la “coperta di san Leucio” è ancora presente nei corredi delle nostre giovani conterranee, ma ha perso l’antica poesia.

Varchiamo il cancello d’ingresso e subito siamo nella “Reale colonia di san Leucio”. Lasciatevi guidare dal vostro particolare gusto del bello e dal piacere delle piccole scoperte attraverso il quartiere Trattoria, il quasi misconosciuto quartiere Scuderie, i quartieri operai san Carlo e san Ferdinando, le ampie scale avvolgenti le scuderie, il complesso del Belvedere, che, pur dopo il restauro, non è riuscito ad affiancare la Reggia in un circuito storico-artistico-industriale-sociale forse unico in Italia, nonostante le numerose manifestazioni che vi si tengono, anche di buon respiro nazionale come le estive “Leuciane”.

E non lasciatevi sfuggire di visitare con attenzione la chiesa parrocchiale, dedicata a san Ferdinando Re: é strana ed insolita perché ricavata dal salone delle feste dell’antico Casino seicentesco; é importante per la vita dei leuciani perché ha avuto sempre parroci “tosti” e perciò capaci di incidere profondamente nella realtà leuciana . Fu parrocchia estesa ed importante in quanto Ferdinando II, con il Recritto Sovrano del 21giugno 1841, aggregava alla Reale Parrocchia di san Leucio “ il Real Bosco e Palazzo di Caserta nel suo totale ambito, e circuito, compreso il Palazzo cosiddetto Vecchio, con quanto altro è immediatamente unito a quella stessa Reale Proprietà nella circonferenza delle mura che la chiudono”. Il parroco di essa non dipendeva dal Vescovo di Caserta ma dal Cappellano Maggiore del Regno. Pertanto i suoi parroci avevano un grosso potere, ma non sempre lo esercitarono con umiltà e nel rispetto delle anime affidate a loro.

Molto inviso fu don Antonio Diotaiuti se i suoi parrocchiani, nel 1866, rivolti ai deputati al Parlamento nazionale, lamentano che, oltre a essere senza lavoro per la chiusura degli opifici, sono “angariati per dappiù dal parroco locale, che la seguita a fare da Presidente del Consiglio dei Seniori, e che qual Giano oggi la fa da liberale a solo fine di restar fermo al suo posto e così angariare per angariare, come prima del 1860 pur faceva come uomo attaccato che anzi immedesimato al cessato governo!”

Don Carlo De Maria, successore del Diotaiuti, si batté con tutte le sue forze contro il decreto della Curia Vescovile di Caserta che ridimensionava i limiti della spirituale giurisdizione della Reale parrocchia di san Leucio a favore delle parrocchie limitrofi. La disputa fu in effetti l’ultimo atto della lotta portata dalla Curia di Caserta ai privilegi goduti dalla Reale parrocchia di san Leucio. Solo adesso la Curia poteva raggiungere questo scopo perché (scrive il De Maria nel 1881) “l’idra velenosa della Rivoluzione giunta sia nel 1860 a sbalzare Francesco II dal Trono delle Due Sicilie”. E ammoniva quanti si erano impossessati dei Siti Reali che questi “se trovansi oggi sotto altri padroni tal divennero per ragioni di forza, non mai per ragioni di dritto. Quale dritto se domani potrà essere difeso e sostenuto, cesserà il possesso acquisito con la forza, ed essi luoghi ritorneranno a loro Padrone di dritto”.

Una piccola chicca per i cultori e non della Matematica è la definizione che il parroco di Briano ed il De Maria danno della circonferenza cercando di piegare la Geometria alle rispettive tesi. Asserisce il primo.”Per circonferenza si intende la parte interna della linea che chiude il cerchio”; risponde il secondo:”Per circonferenza s’intende una linea chiusa, la quale circonda uno spazio rotondo […] e questa linea ha due ombre l’interna cioè, e l’esterna […]”.

Ben altri atteggiamenti verso la Comunità leuciana ha avuto don Battista Marello, attuale parroco in san Leucio, e ben altri obiettivi ha perseguito con la sua azione pastorale e sociale. La sua pietà, la sua sensibilità, la sua cultura e il suo amore del bello ha dato identità “leuciana” ai suoi parrocchiani, risvegliandone l’amore e gli interessi per il “loro” Belvedere, stimolandone ed educandone i sopiti orgogli, rinverdendone le tradizioni e facendone una Comunità forte ed impegnata. 

Il cancello d'ingresso

 

Abbeveratoio in Piazza della Seta

 

L'ingresso del quartiere Trattoria

 

L'interno della chiesa parrocchiale S. Ferdinando Re

 

La fontana dei putti all'interno del complesso del Belvedere

 

L'antico telaio del '700 all'interno del complesso del belvedere 

 

Il "bagno" di Maria Carolina 

 

 

 

 

 

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