Photogallery

Il Monumento ai Caduti

La vittoria alata

La Chiesetta di Montevergine

Un pilastro della vecchia illuminazione a gas

Lo Stadio Comunale

Chiesetta di S. Giuseppe a Centurano

Chiesa di S. Bartolomeo

Martirio di S. Bartolomeo

Interno della Chiesa di S.Bartolomeo


Foto e testo, ove non diversamente specificato
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Diritti riservati


 

Passeggiate Casertane: la strada dei Santuari

2° tappa: da Via Napoli a Centurano

Articolo di Lorenzo Di Donato

Tappe della passeggiata:
1: Piazza Marconi

2: da Via Napoli a Centurano

3: da Centurano al Santuario di San Michele

Il monumento ai Caduti di Caserta, in Via Medaglie d'Oro - foto Emilio Di Donato / casertamusica

Seconda tappa: da Via Napoli a Centurano

La prima domenica di maggio non potevamo mancare alla Festa di Santa Lucia, anche se ciò comportava un grosso lavoro straordinario a carico dei miei genitori: svegliarci a fondo; lavare i più piccoli ed assicurarsi che i più grandi lo avessero fatto; farci fare rapidamente colazione; preparare qualche cibaria per la mattinata e distribuirne i relativi carichi ai figliuoli più grandi nelle ‘mappatelle’; infine, mettersi in braccio l’ultimo nato e, tenendo per mano il penultimo, incamminarsi verso il Santuario di santa Lucia! Un’impresa come questa oggi stroncherebbe la vita di qualsiasi coppia di coniugi, anche con il solito unico figlio!

Non era infrequente incontrare in piazza Ospedale o lungo il percorso una o più famiglie anch’esse dirette al Santuario e così ‘si faceva carovana’ , con noi più grandicelli a fare subito comunella e a rincorrerci tra noi. Attraversavamo le strade già percorse dai carretti infiorati perché non era raro essere raggiunti da qualche ritardatario -di solito un massaro che aveva dovuto ‘sistemare’ le stalle prima di partire- per chiedere di trasportare il bambino più lento o più stanco ‘appena il tempo di fargli tirare il fiato’.

Si percorreva tutta via Napoli e poi si proseguiva per via Unità d’Italia, dove, all’incrocio con il Corso Umberto I, oggi corso Trieste, un grande "oooh!" salutava di solito il grande Arco di Trionfo del Monumento ai Caduti, la cui arcata appariva a noi bambini veramente maestosa sotto il cielo azzurro. E subito a rincorrerci per le scale del monumento e giocare ai ‘i quattro cantoni’ sotto la grande arcata, senza sapere, felici noi!, le diatribe che ne avevano accompagnata l’ultima costruzione. Il Monumento é su progetto dell’Arch. Manlio Felici, edificato sul suolo del precedente, abbattuto nonostante fosse stato inaugurato dal Principe Umberto di Savoia, utilizzando lo stessa scultura raffigurante la Vittoria che conforta un soldato moribondo.

Ma già era ora di riposo.

Quale rifugio più tranquillo della chiesetta di Montevergine, prima di percorrere la lunga via per Centurano? Per noi ragazzini l’attrattiva era il soldato di guardia alla caserma Andolfato, proprio a sinistra dell’ingresso della chiesetta: al passaggio di un graduato, il poveretto di guardia, ma un eroe ai nostri giovanissimi occhi, compiva una serie di movimenti, saluti e sbattute di tacchi che per noi costituiva un gradevole spettacolo! I più grandicelli e smaliziati tra noi, invece, dandosi malaccortamente di gomito, rivolgevano l’attenzione ad un palazzetto del vicolo a destra della chiesa. Lì, per molti anni, una casa di tolleranza, detta ‘sancarlina’, ha fatto da richiamo ai soldati delle vicine caserme ed ai giovanottelli, e non, di Caserta e del casertano. Perciò mentre alcuni ragazzi del gruppo favoleggiavano di loro incontri con qualche giovane ‘inquilina della casa’, altri guardavano insistentemente nel vicolo sperando di potere anch’essi raccontare poi qualcosa atteggiandosi a grande, a vissuto, ma, non infrequentemente, rimediavano solo qualche improvviso scapaccione dal sospettoso papà.

Poi sia la caserma che la ‘sancarlina’ sono sparite, l’una distrutta dalle bombe (in questo mese cadono i sessant’anni dall’evento) e da un nuovo piano regolatore, l’altra - per le continue rimostranze degli abitanti della zona e per … esigenze di clientela e di spazio- si trasferì appena dopo la discesa del ‘ponte sulla ferrovia’, in una casina posta all’incirca dove ora inizia viale Lincoln.

Riposata e rifocillata, la nostra famigliola, sola o in compagnia di altre, si avviava verso Centurano per la strada per Maddaloni, oggi via Medaglie d’Oro, lasciando sulla sinistra il Campo sportivo Comunale ed a destra il muro di cinta di piazza d’Armi, con i più piccoli a fare il nascondino tra i ruderi delle colonnine dell’antica illuminazione a gas, che oggi conta pochi superstiti, ma per fortuna restaurati e salvaguardati. In fondo alla strada, finalmente, Centurano con la sua fresca acqua della fontana posta nella piazzetta della chiesetta di s. Giuseppe, che non ho mai vista aperta.

L’acqua della fonte ben teneva fede alla scritta che, una volta, sovrastaval a fontana e riportata da Enrico Laracca-Ronchi: “ Mi diè dell’acqua Giulia/ Un rivoletto il Re;/ Io sull’augusto esempio/ Ne do altrui da me./ Il cittadino, il rustico. Il peregrin l’avrà;/ Venite, ristoratevi./ Fresca per tutti sta.”

E noi, fanciulli 'preregrini’ dissetati, subito a fare di corsa i cento metri per arrivare alla chiesa parrocchiale di Centurano dedicata a san Bartolomeo, attirarati e terrorizzati dalla tela del martirio del Santo: spalancavamo tanto d’occhi a vedere il sangue che sprizzava dalla pancia squartata del Santo ed i carnefici che lo tormentavano per ogni dove e speravamo ardentemente che il Signore dall’alto della nube atterrisse, proprio alla nostra presenza, quei mascalzoni e facesse cadere giù dal trono l’imperatore, fulminato. Che ne sapevamo noi che in quella scena truculenta l’artista aveva voluto ancora una volta affermare che nel sangue c’è il ‘principium mortis’ e il ‘principium vitae’!

La bella tela di Belisario Corenzio si lascia ancora ammirare così come il semplice ed elegante altare maggiore. Una attenta lettura meritano anche le lapidi al muro della chiesa, che testimoniano la lunga vita della parrocchiale e ricordano le vite meritevoli dei Marzano, dei Danieli e di altri antichi parrocchiani.

La breve sosta nei banchi della chiesa ci faceva riprendere il fiato per affrontare la ripida ascesa al santuario di santa Lucia.

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