Casertavecchia, 8 Settembre. Dopo la performance
di Arturo Brachetti, splendida ripresa della serata con il pianista
romano Enrico Pieranunzi.
Conosciuto come uno degli interpreti jazz romani
del panorama italiano, egli ha saputo dare nuove emozioni a classici
degli standard jazz come “Someday My Prince Will Come” (qualcuno
ricorderà il ritornello italiano “…I sogni son desideri”), e
“Autumn Leaves”, classico ripreso da tanti autori famosi tra cui
Miles Davis.
Pieranunzi sa dare a questi motivi una nuova
rivisitazione, che lui stesso ama definire trasformista e fantastica
(un po’ come Brachetti - come lui stesso commentava tra un brano e
l’altro), allargando e restringendo la melodia che qua e là
inserisce con qualche nota famosa nella sua nuova ispirazione
portata su tutte le tonalità con incredibile scioltezza.
Dopo la seconda performance forse il musicista,
preannunciando il terzo brano si delude vedendo gran parte del
pubblico andare via (è pur vero che il jazz è stato sempre un tipo
di musica che si ama o si odia). Ma era solo una trasposizione degli
spettatori delle prime file, forse accorsi più per lo spettacolo di
Brachetti, che hanno lasciato il posto a tutti gli appassionati di
jazz conquistando i posti lasciati vuoti dagli altri. È così che
la platea rimane piena ed affascinata dalle note del versatile e
veterano jazzista romano.
Egli difatti si è esibito a lungo negli Stati
Uniti ed ha partecipato ai principali festival jazzistici italiani
(Umbria Jazz, tanto per citare il più famoso) ed europei quali
Berlino, Madrid e Copenaghen, e gli è stato concesso il privilegio
di veder inseriti due suoi brani nell’immancabile libro di
standard jazz che ogni musicista del genere non può non avere: il
“New Real Book vol.2”, privilegio mai concesso prima ad un
musicista europeo.
Dopo aver suonato libere ispirazioni dagli
standard “Someday My Prince Will Come”, e “Autumn Leaves”,
presenti nel primo libro ‘sacro’ “The Real Book”, Pieranunzi
continua con una nuova canzone, “Winter Moon”, più standard e
meno improvvisata delle altre due, e intende concludere con un
classico in 3/4 di George Gershwin “Phascination Rythm” che lo
ha accompagnato sin quando da piccolo seguiva la musica con suo
padre chitarrista jazz: unica ed irripetibile versione quella della
serata, come lui ci tiene a precisare, quasi una sorta di Paganini
jazzista.
Egli tenta di congedarsi dal pubblico, ma questo
lo esorta a suonare un’altra canzone. Così conclude, suggerito da
un suo fan, con “I Should Care”, lasciando gli spettatori felici
di aver ricevuto a fine serata un’emozione unica tra sogno e
realtà.
(Cartellone,
costi ed orari del XXXIV Settembre Al Borgo)
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