Teatro Comunale Parravano: cartellone 2023-24
Caserta- dal 3 novembre 2023al 14 Aprile
Comunicato stampa
Intrattenere, educare, promuovere la
cultura e l'identità, creare connessioni umane e partecipazione, sono gli
aspetti fondamentali che determinano la funzione sociale del teatro ed un
impatto significativo sulla società, stimolando il pensiero critico, l'empatia e
la consapevolezza sociale.
Sono questi i presupposti che caratterizzeranno la
stagione teatrale 2023/2024 del Teatro Comunale “Costantino Parravano” di
Caserta, a cura del Teatro Pubblico Campano, che accompagnerà lo spettatore,
dopo il grande successo della scorsa stagione, verso la piena e sospirata
ripresa, riconoscendo nel teatro, e nella cultura tutta, uno degli elementi
vitali della nostra quotidianità.
da venerdì 3 a domenica 5 novembre,
Giuseppe Zeno e Euridice Axen in “Travolti da un insolito destino nell’azzurro
mare di agosto”, (nostro
articolo)
Omaggio a Lina Wertmüller, regia Marcello Cotugno
Affrontare a teatro Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare
di agosto di Lina Wertmüller, una delle maggiori registe del cinema italiano -
autrice che ha profondamente segnato la cultura e l’immaginario del nostro Paese
- è una sfida che abbiamo deciso di accettare con la dovuta umiltà.
La nostra
versione di Travolti…, basata sul testo teatrale di Lina Wertmüller (la sua
opera postuma! Quale onore…) scritto con Valerio Ruiz, ricolloca la storia nella
dimensione del contemporaneo, scegliendo come nuovo campo di battaglia il
differente clima socioculturale di una società tardo capitalista, in cui nuove
tensioni e nuove contraddizioni determinano e orientano conflitti e emozioni tra
i personaggi.
Negli ultimi, recentissimi, anni abbiamo infatti assistito a
uno stravolgimento degli equilibri di genere, e abbiamo visto maturare una
coscienza completamente nuova e una prospettiva più sfaccettata e inclusiva su
temi come il sesso e la razza, che assumono un peso fondamentale all’interno di
un testo come questo.
Se l’acquisizione di queste nuove consapevolezze nutre
gli animati battibecchi del primo atto, ambientato sul lussuoso yacht già
presente nel film – le litigate tra Raffaella e Toti, amici/nemici portatori di
valori inconciliabili, le continue scaramucce tra Raffaella e Gennarino, i
cominci scambi tra Gennarino e il suo capo Pippo – è nel secondo atto, quando
Gennarino e Raffaella, ormai naufraghi, approdano sull’isola, che il mutamento
degli equilibri di genere assume una decisiva importanza drammaturgica,
ridefinendo anche gli equilibri tra i due protagonisti.
Farsi carico di tutto
ciò, non significa però smussare la tagliente ironia e l’energia caustica che
contraddistinguono Lina Wertmüller: pur riequilibrando i rapporti di forza tra i
due protagonisti in nome della parità di genere, il testo non perde la sua
capacità di provocare, divertire, spiazzare.
Travolti… è un racconto d’amore
e di lotta di classe e, anche se il terreno di conflitto dei due personaggi ha
subito degli slittamenti dal 1974 a oggi, la crepa che li divide resta
insanabile: una destinata ad andare avanti per la propria strada di privilegio,
l’altro destinato ad essere lasciato indietro.
Lo spettacolo, quindi, evoca
il film senza imitarlo, traducendo la visione cinematografica in azione
teatrale: tanto con la presenza e la fisicità degli attori che in scena sudano,
si rincorrono, lottano, si amano, quanto ricorrendo a una dimensione simbolica
che lascia aperto allo spettatore uno spazio di immaginazione e memoria, quanto
ancora attraverso l’affilatezza di dialoghi grotteschi, struggenti o comici.
Da questo punto di vista, è per me una straordinaria risorsa lavorare con attori
di grande talento e sensibilità come Euridice Axen e Giuseppe Zeno. Due
interpreti capaci di far vibrare le corde della passione e dell’ironia e di
trovare una propria personale misura per dare corpo ai ruoli appartenuti a due
icone del cinema italiano: Mariangela Melato e Giancarlo Giannini.
Equilibristi, lottatori, nemici e amanti, Gennarino e Raffaella riempiranno il
palco della tensione sensuale e della ruvida poesia che si fa strada nei loro
cuori induriti. E, nell’orizzonte selvaggio e primordiale dell’isola,
cercheranno di uno stato di natura in cui sia davvero possibile incontrarsi e
amarsi al di là di ogni differenza.
Una volta in salvo, lontano l’isola, per
Gennarino e Raffaella non ci sarà salvezza, perché l’amore non basta ad amarsi,
sembra dirci la Wertmüller nell’amaro epilogo di una storia che, a quasi mezzo
secolo di distanza, non smette di essere una potente allegoria dei conflitti
ideologici, economici e di genere che attraversano la società umana. (Marcello
Cotugno)
da venerdì
8 a domenica 10 dicembre,
Carlo Buccirosso in “Il vedovo allegro”
scritto e diretto da Carlo Buccirosso
Tre anni dopo la fine
della pandemia, Cosimo Cannavacciuolo, vedovo ipocondriaco stabilmente affetto
da ansie e paure, inquilino del terzo piano di un antico palazzone situato nel
centro di Napoli, persa la sua amata moglie a causa del virus, si ritrova a
combattere la solitudine e gli stenti dovuti al fallimento della propria
attività di antiquariato, che lo ha costretto a riempirsi casa della merce
invenduta del suo negozio e a dover lottare contro l’ombra incombente della
banca concessionaria del mutuo che, a causa dei reiterati mancati pagamenti,
minaccia l’esproprio e la confisca del suo appartamento…
La vita di Cosimo
sarebbe stata molto più vuota e monotona senza la presenza di Salvatore,
bizzarro custode del palazzo, e dei suoi due figli Ninuccio e Angelina, il primo
in costante combutta con lo stesso e la seconda votata al matrimonio e
alla
pulizia del suo appartamento.
Ed è anche per fronteggiare le difficoltà
economiche del momento che Cosimo ha concesso l’uso di una camera
dell’appartamento a Virginia, giovane trasformista di cinema e teatro che gli
porta una ventata di spensieratezza che non guasta…
Ma la vera angoscia del
vedovo antiquario è rappresentata dai coniugi Tomacelli, vicini di casa,
depositari di un drammatico segreto che da mesi contribuisce a rendere ancora
più complessa la sua quotidiana e strenua lotta per la sopravvivenza!
Riuscirà l’inquilino del terzo piano ad uscire dal baratro in cui è piombato
ormai da tre anni? Lo scoprirete solo venendo a teatro…
da venerdì 19 a domenica 21 gennaio, Francesco
Cicchella in “Bis!”
con Vincenzo De Honestis e band dal vivo, regia
Francesco Cicchella
Francesco Cicchella si gioca tutte le
sue carte in un one man show esilarante, nel quale ritroviamo i suoi cavalli di
battaglia (come le parodie dei cantanti Ultimo, Achille Lauro, Massimo Ranieri)
e performances completamente inedite.
La comicità si sposa con la musica,
come da sempre nello stile del giovane showman, per dare vita ad uno spettacolo
ricco di emozioni e risate. Sul palco, oltre all’artista partenopeo, che firma
anche la regia, troviamo la sua fedele spalla Vincenzo De Honestis, la band
composta da 8 elementi, diretta dal maestro Paco Ruggiero e due ballerine, che
impreziosiscono lo show con le coreografie di Margherita Siesto. Lo spettacolo è
scritto da Francesco Cicchella, Gennaro Scarpato e Vincenzo De Honestis
Da venerdì 2 a domenica 4 febbraio, Nuovo Teatro diretta da Marco
Balsamo in coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana presentano
"Magnifica presenza" uno spettacolo di Ferzan Ozpetek
con Serra Yilmaz, Tosca
D’Aquino, Federico Cesari e con (in o.a.) Tina Agrippino, Sara Bosi, Toni
Fornari, Luciano Scarpa, Fabio Zarrella
Illusione e realtà, sogno e verità,
amore e cinismo, cinema, teatro e incanto. Dopo il successo di Mine vaganti,
Ferzan Ozpetek torna al palcoscenico con il nuovo adattamento di uno dei suoi
successi cinematografici: Magnifica presenza.
Immaginativo e intimistico,
pieno di spiritualità quasi onirica, Magnifica presenza si confronta in maniera
chiara ed esplicita con il sovrannaturale, fra Questi Fantasmi di Eduardo De
Filippo e Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello.
Si racconta
la storia di Pietro, un ragazzo catanese con aspirazioni d’attore che si
trasferisce a Roma.
La sua esistenza nella nuova abitazione viene tuttavia
turbata da strane presenze, che solo lui può vedere; si tratta di una bizzarra
compagnia teatrale con cui poi instaura un rapporto d’amicizia.
Compatito
dalla cugina, che cerca di guarirlo da queste continue allucinazioni, Pietro
tenterà invece di andare a fondo della storia, cercando di capire le ragioni che
trattengono nel presente questa sorta di fantasmi.
da venerdì 9 a domenica 11 febbraio, "Minetti, ritratto di un artista
da vecchio" con Glauco Mauri
con Stefania Micheli, Federico Brugnone,
Francesca Trianni, Pietro Bovi, Giuliano Bruzzese
scene e costumi Marta
Crisolini Malatesta, musiche di Giacomo Vezzani e Vanja Sturno, luci di Umile
Vainieri, regia di Andrea Baracco
Glauco Mauri dà corpo e voce a Bernhard
Minetti, grande attore tedesco del secolo scorso, scopritore del teatro
tragicomico e crudele di Thomas Bernhard e interprete di molti dei suoi testi, a
cui l’autore ha dedicato la commedia con il suo nome e sottotitolata Ritratto di
un artista da vecchio.
Vita immaginaria di un guitto ormai vecchio e
disilluso che mentre aspetta nella notte di capodanno, in una anonima hall
d’albergo di portare in scena per l’ultima volta Re Lear, si abbandona ai
ricordi, riflette sulla propria vita, sul suo mestiere d’attore, sugli
intriganti meccanismi del teatro, odia la letteratura classica e lancia giudizi
spietati su una società sempre più confusa e su un teatro sempre più privo di
senso.
Note di regia
Tutte le volte che ho letto un romanzo, un racconto,
un testo di teatro, o anche soltanto osservato una sua foto, con quella sua
figura slanciata e fasciata in un abito nero, Thomas Bernhard, mi ha dato sempre
la sensazione di essere qualcuno da cui è meglio stare alla larga. Bernhard è di
pessimo umore, mi ritrovo a pensare, è un osso duro, e non fa nulla per
nasconderlo.
La sua prosa non permette al lettore di “bluffare”. Con altri
autori ti puoi distrarre tanto poi recuperi, con Bernhard non lo puoi fare, se
l'attenzione ti salta, se per un attimo la pigrizia prende il sopravvento, lui
ti volta le spalle e basta.
Quello che c'è di sensazionale nella sua
scrittura è che i suoi personaggi, non sembrano affatto allontanarsi da questo,
anzi sembrano essere l'incarnazione della sensazione di cui dicevo sopra.
Tra i più iconici nella drammaturgia della seconda metà del '900, non fanno
assolutamente nulla per essere amati: il loro prepotente flusso verbale non
lascia spazio al dialogo; la vocazione distruttiva nei confronti di ogni cosa o
persona li circondi, non può che produrre una feroce e agognata solitudine.
In poche parole, non sembra per loro esserci risarcimento possibile davanti alla
beffa dell'esistenza.
La scena su cui si aprono le pagine o si levano i
sipari di Bernhard è quella del day after: l’esplosione è già avvenuta, è ormai
lontana. Il mondo, intatto solo in apparenza, è scardinato in profondità:
follia, gelo, malattia e devastazione; ruota come impazzito seguendo un’orbita
indecifrabile e assurda.
Il superstite, con facoltà di parola, si pone di
fronte a questo caos, a questo perturbamento: tenta di decifrarlo, di
contrapporglisi, persegue questo scopo con folle determinazione, pur essendo
conscio che porterà soltanto alla dissoluzione fisica e mentale.
L'unica
possibilità di sopravvivenza sembra essere allora la ricerca della perfezione in
campi che fino a poco tempo fa erano il luogo della bellezza, del senso; il
teatro, la musica, la letteratura, la filosofia.
Ed ecco allora il grande
attore Minetti in attesa di recitare per l'ultima, sublime volta, il suo
memorabile Lear.
Andrea Baracco
da
venerdì 23 a domenica 25 febbraio, Francesco Pannofino in “Chi è io?”
con Emanuela Rossi, Eleonora Ivone, Andrea Pannofino, scritto e diretto da
Angelo Longoni
“Chi è io?” è una commedia teatrale
divertente e metafisica, è uno show televisivo di successo nel quale si
intervistano personaggi anticonformisti.
“Chi è io?” è un’indagine condotta
sotto i riflettori e davanti alle telecamere, con presentatori vestiti di
paillettes che rappresentano contemporaneamente lo show e la vita reale.
“Chi
è io?” è una commedia psicologica, psicosomatica psichedelica, psicotropa che
agisce su spettatori, pazienti, personaggi, presentatori e terapeuti.
“Chi è
io?” è la domanda rivolta a Leo Mayer che lo costringe a ripercorrere alcuni
momenti della sua vita come in un sogno accompagnato dalle persone che ama e che
lo amano.
Il suo è un tumulto di paure, debolezze e passioni in un vortice di
annegamento.
Può l’amore essere più forte della morte? Forse sì se i sogni,
mischiandosi con la vita, ci riescono a strappare dall’anticamera dell’irreale.
Leo Mayer rivive la propria esistenza con spostamenti della credibilità,
verosimili ma non veri. È così che lui, intellettuale, ironico pensatore,
critico raffinato e sarcastico della società si trova nel tritacarne trash di
un’ospitata televisiva in cui tutto viene fuso e mischiato. L’alto e il basso
sono indistinguibili e lo spaesamento è comico e inquietante.
Leo Mayer si
relaziona anche con alcuni suoi pazienti che hanno difficoltà comportamentali,
relazionali, affettive e psichiche. Questi personaggi vengono curati attraverso
una psicoanalisi tradizionale ma, allo stesso tempo, sfuggono alle regole alle
quali solitamente dovrebbero obbedire perché, simultaneamente sono anche i
conduttori dello show “Chi è io?”.
Ma non finisce qui perché c’è un altro
piano di racconto, la realtà, quella in cui Leo Mayer se ne sta andando dal
mondo dei vivi. Tutti i personaggi incontrati, i pazienti, i conduttori, altri
non sono che la moglie, il figlio e l’amante del professore.
Tutti abitano la
realtà, la fantasia e l’inconscio.
Cosa conta davvero nella vita? Cosa siamo
e cosa vogliamo?
Quello che vogliono tutti: amore e perdono.
da
venerdì 1 a domenica 3 marzo, Luigi Lo Cascio in “Pà”
drammaturgia
Marco Tullio Giordana, Luigi Lo Cascio da testi di Pier Paolo Pasolini, regia
Marco Tullio Giordana, con la partecipazione di Sebastien Halnaut
Saremo in
molti a chiederci quanto attuale rimarrà Pasolini, cosa di lui sarà ancora vivo
e cosa ingiallito, cosa ancora “portabile” e cosa riporre nell’armadio in attesa
di tornare in auge come modernariato. Non so dare a questa domanda una risposta
se non con questo spettacolo ordito insieme a Luigi Lo Cascio. Si tratta di una
cernita nell’opus pasoliniano immenso che non ha certo l’ambizione di dire
“tutto” né fornire il quadro nemmeno abbozzato, ma di scegliere cosa abbiamo
scoperto per noi di indispensabile, al punto da riassumerlo nel vocativo con cui
lo chiamavano i ragazzi: a Pa’, per invitarlo a tirare due calci di pallone o
chiedergli la comparsata in un film.
Io sono stato uno di quei ragazzi, un
contemporaneo, uno che avrebbe potuto averlo a portata di mano se non l’avesse
considerato un maestro irraggiungibile. Insieme a lui ce n’erano altri ma
Pasolini era di gran lunga il preferito. Non tanto per l’assidua vigilanza sui
temi del giorno, quanto per la passione e l’imprevedibilità nel trattarli.
Quanta rabbia in lui a scrivere, quanta in noi a leggerlo, strana la sensazione
di intimità e irritazione, come davanti a un fratello maggiore infinitamente
dotato, amatissimo e indisponente. Dopo il suo assassinio non mi sono mai
chiesto cosa restasse di lui, mentre me lo chiedevo sempre per i suoi
detrattori. La perdita di una formidabile e autorevolissima figura pubblica era
sotto i nostri occhi, pazienza per quelli che non l’hanno capito al volo. Per
molti fu necessario aspettare l’avverarsi delle “profezie”, il giungere puntuale
di ciò che aveva visto da lontano. Ma Pasolini non voleva essere profeta: il suo
era un grido di battaglia che bisognava raccogliere per fronteggiare il declino
anziché trattarlo come un visionario jettatore. Più che la desolata
rappresentazione dell’Italia che non c’è più, mi colpisce oggi quanto fosse per
lui necessario consumarsi e mettersi a repentaglio, addirittura “fisicamente”,
per poter decifrare e descrivere il suo Paese. Questo spettacolo cerca di dar
conto proprio di questa disperata attualità, senza preoccuparsi troppo di
apparire parziale o arbitrario.
D’altra parte ognuno ha il suo Pasolini,
com’è giusto che sia, e questo non è che il nostro. Anzi il “suo”, perché non
c’è parola, virgola, capoverso che non provenga dalla sua opera tanto che
potremmo definirlo un’autobiografia in versi.
da venerdì 15 a
domenica 17 marzo, Giuliana De Sio e Alessandro Haber in “La signora
del martedì” di Massimo Carlotto
regia Pierpaolo Sepe, e con Paolo
Sassanelli, Riccardo Festa e Paolo Persi
Una donna, Alfonsina Malacrida,
detta Nanà, da nove anni, ogni martedì, tra le quindici e le sedici, va a
comprarsi un’ora d’amore. Nove anni fatti di un martedì dietro l’altro: la
signora arriva, saluta, mette il denaro sul comodino, si spoglia, piega
ordinatamente i vestiti e s’infila a letto dopo aver verificato la pulizia delle
lenzuola. Lui, Bonamente Fanzago, attore porno al tramonto, che nei periodi di
magra aveva fatto anche il gigolò è rimasto con quest’unica cliente: la signora
del martedì. Solo che verso il quarto anno di incontri, l’attore si era
innamorato della donna mentre all’inizio del settimo era così travolto dai
sentimenti che aveva commesso l’errore di dichiararsi. Ma Nanà, forse sorridendo
dentro di sé, aveva risposto con decisa fermezza: “Io non potrò mai essere tua.
Sono solo un’affezionata cliente che ti paga per fare sesso”. Gli incontri
avvengono presso una pensione dove Bonamente alloggia da quindici anni; la prima
volta che l’attore ha bussato alla porta è stato accolto dal gestore - il signor
Alfredo - con queste parole “Tutti qui mi chiamano signor Alfredo, ma come vedi
sono inequivocabilmente una bella donna e come tale voglio essere trattata”.
L’attore era certo che la pensione avesse perso tutti i suoi clienti proprio a
causa di quegli abiti femminili; un tempo, quando il signor Alfredo era bella,
le camere erano sempre occupate. Ora Nanà e Bonamente sono in camera, hanno
appena fatto sesso. Bussano alla porta. Il signor Alfredo dice che c’è un
giornalista che vuole vederla. Nessuno dovrebbe sapere che lei si trova lì. Nanà
si riveste e va in salotto ad incontrarlo. Dalle parole di Pietro Emilio Belli,
giornalista di cronaca senza scrupoli, emerge il passato oscuro della donna.
Nanà è disperata, si difende male, come tutti gli innocenti, nella
consapevolezza che l’articolo potrebbe distruggerla. Bisogna agire in fretta …..
Un testo intriso di torbida sensualità ma anche di dolcezza e di grazia,
arricchito da un’ironia elegante e tagliente che produce leggerezza e sorriso.
Uno stato di tensione, di trepidazione, attraversa tutto lo spettacolo e ci
accompagna fino all’imprevedibile conclusione, lasciandoci senza fiato, legati
per sempre a questi meravigliosi personaggi nati dall’immaginazione di Massimo
Carlotto, una delle penne più efficaci e profonde del nostro tempo,
investigatore instancabile del crinale tra il bene e il male.
da venerdì
22 a domenica 24 marzo, Arturo Brachetti in “Solo - the legend of
quick-change” (annullato)
di Arturo Brachetti
90 minuti di varietà surrealista
e funambolico, fatto di magia, illusioni, giochi di luce, laser. 10 numeri
durante i quali prendono vita oltre 50 personaggi grazie al talento del grande
trasformista italiano, che racconta le sue fantasie e i suoi sogni attraverso
una casa in miniatura, simbolo dei ricordi che ciascuno di noi custodisce nella
propria testa e nel cuore. La casetta si fa scenografia e Arturo invita il
pubblico a entrare e uscire da 7 stanze diverse, ognuna associata a un ricordo o
una fantasia che Arturo racconta con le sue magie e trasformazioni.
In SOLO
Brachetti propone anche un viaggio nella sua storia artistica, attraverso le
altre affascinanti discipline in cui eccelle: grandi classici come le ombre
cinesi, il mimo e la chapeaugraphie, e sorprendenti novità come la poetica sand
painting e il magnetico raggio laser. Il mix tra scenografia tradizionale e
videomapping, permette di enfatizzare i particolari e coinvolgere gli
spettatori.
Apre le porte della sua casa, fatta di ricordi e di fantasie; una
casa senza luogo e senza tempo, in cui il sopra diventa il sotto e le scale si
scendono per salire. Dentro ciascuno di noi esiste una casa come questa, dove
ognuna delle stanze racconta un aspetto diverso del nostro essere e gli oggetti
della vita quotidiana prendono vita, conducendoci in mondi straordinari dove il
solo limite è la fantasia. È una casa segreta, senza presente, passato e futuro,
in cui conserviamo i sogni e i desideri... Brachetti schiuderà la porta di ogni
camera, per scoprire la storia che è contenuta e che prenderà vita sul
palcoscenico. Reale e surreale, verità e finzione, magia e realtà: tutto è
possibile insieme ad Arturo Brachetti, il grande maestro internazionale di
Quick-Change che ha creato un varietà surrealista e funambolico, in cui
immergersi lasciando a casa la razionalità. Dai personaggi dei telefilm celebri
a Magritte e alle grandi icone della musica pop, passando per le favole e la
lotta con i raggi laser in stile Matrix, Brachetti batte il ritmo sul palco: 90
minuti di vero spettacolo pensato per tutti, a partire dalle famiglie. Lo
spettacolo è un vero e proprio as-SOLO per uno degli artisti italiani più amati
nel mondo, che torna in scena con entusiasmo per regalare al pubblico il suo
lavoro più completo: SOLO
Da venerdì 5 a domenica 7 aprile,
Best Live presenta Alessandro Siani in "20 anni di Fiesta"
con Francesco
Albanese, colonna sonora Geolier
Sentivo l’esigenza e soprattutto la voglia
di festeggiare e celebrare insieme al pubblico questo mio, anzi nostro
spettacolo, perché letteralmente condiviso con la gente. E riportarlo in una
veste nuova senza tradirne però gli aspetti comici che lo aveva contraddistinto.
Come allora, ritorno a collaborare con Francesco Albanese, che ne fu
complice e sodale di quel progetto avvincente. Ci saranno sorprese, novità, ma
assicuro che resterà intatta l’esplosione comica, il divertimento irriverente e
la voglia di ricordare anche un periodo che ci vedeva sicuramente più giovani,
spensierati e liberi da tante preoccupazioni.
In poche parole FIESTA IS
BACK… CIOÈ… È TURNAT’!!! Alessandro Siani
da venerdì 12 a domenica 14
aprile, Umberto Orsini in “Le memorie di Ivan Karamazov”
drammaturgia di Umberto Orsini e Luca Micheletti, dal romanzo di Fëdor M.
Dostoevskij, regia Luca Micheletti
Un percorso all’interno dell’ultimo e
forse più grande romanzo di Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov, che Umberto
Orsini affronta per la terza volta nella sua carriera d’attore come una vera e
propria linea guida e “cavallo di battaglia”. Dopo il fortunato sceneggiato
televisivo di Bolchi e La leggenda del grande inquisitore, questo “nuovo
Karamazov” è per Orsini l’occasione di confrontarsi direttamente con la
complessità del personaggio più controverso e tormentato dell’intera epopea
letteraria: Ivan Karamazov, il libero pensatore che teorizza l’amoralità del
mondo e conduce forse consapevolmente all’omicidio l’assassino di suo padre;
Ivan Karamazov, protagonista controverso e tormentato, colpevole e innocente
insieme, ritorna a parlare, come un uomo ormai maturo che sente di non aver
esaurito il suo compito, che sente il suo personaggio romanzesco troppo limitato
per esprimere la complessità del suo pensiero e chiarire le esatte dinamiche dei
“delitti” e dei castighi”… E così si confessa e cerca di raccontare la sua
storia. Compila le sue memorie e tenta di fare luce sui propri sentimenti e
sulla propria filosofia, provandosi a svelarne le implicazioni criminali in un
vero e proprio thriller psicologico e morale il cui più alto vertice resta
l’immaginario poema di Ivan che narra del confronto metaforico tra un Cristo
ritornato sulla terra e un vecchio inquisitore che crede che Egli si meriti il
rogo.
Nella ricchezza d’un linguaggio penetrante quanto immediato e
nell’avvicendarsi degli stati psicologici d’un personaggio “amletico” e
imprendibile, Umberto Orsini è il grande protagonista d’un inedito viaggio
nell’umana coscienza che non teme di affrontare tabù antichi e moderni (la morte
del padre, l’esasperato vitalismo, l’incontro con il diavolo…) precipitando Ivan
Karamazov nel suo personale “sottosuolo” dal quale egli compone delle allucinate
eppure lucidissime memorie, quarant’anni dopo le vicende del romanzo di
Dostoevskij.
L’attore, accompagnato da una musica in stringente e fervido
dialogo emotivo con le parole ch’egli pronuncia, dà luogo ad una straziata e
commovente confessione a tu per tu con se stesso e con i propri fantasmi, a metà
tra la finzione letteraria e il “pirandelliano” dissidio con un personaggio in
cui ritrova le espressioni più oscure del proprio “io”.
Sabato 20, ore 20.45, e domenica 21 aprile, ore 18.00,
Artisti Riuniti presenta Sal Da Vinci in "Sal Da Vinci Stories"
uno
spettacolo scritto da Sal Da Vinci, Luca Miniero e Ciro Villano, messa in scena
Sal Da Vinci, Ernesto Lama, con Ernesto Lama
supervisione artistica Luca
Miniero
musica dal vivo: Christian Capasso, basso e contrabbasso, Antonio
Mambelli e Gianluca Mirra, batteria e percussioni, Maurizio Fiordiliso,
chitarra, Giuseppe Fiscale, fiati e tastiere, Sasà Piedepalumbo, fisarmonica e
pianoforte
scene Roberto Crea, costumi Lisa Casillo, disegno luci Francesco
Adinolfi, video Mariano Soria
L’idea è quella di uno spettacolo che unisca il
cuore della canzone di Sal con la modernità, anzi con la quotidianità della
tecnologia con la quale tutti i giorni ci confrontiamo: i social. Tutto si
svolge su un palco, elegante, dal sapore neutro ed essenziale, gli unici
elementi che hanno risalto sono un pianoforte con un computer adagiato sopra e
un videowall sul fondo del palco.
Sal armeggia al computer e prepara vere e
proprie storie Instagram. Sono queste storie il filo conduttore dello
spettacolo. Mentre le compone ecco l’occasione per parlare della sua vita con
originalità al pubblico in sala.
Ma procediamo per ordine, con alcuni
esempi. La prima storia Sal la realizza utilizzando alcune foto del padre che
vengono proiettate sul videowall. Mentre appaiono lui le commenta, e commenta un
pezzo della sua vita.
Instagram diventa un modo nuovo, moderno e non
autocelebrativo, per parlare di sé, e consente di far correre lo spettacolo su
due binari. Da un lato la storia pubblica che davvero Sal mette on line una
volta composta, ma anche e soprattutto la storia privata e intima raccontata con
ironia al pubblico in sala.
Insomma il pubblico a casa o su Instagram vede
il finale del discorso, il risultato, ma tutto il racconto emozionale che porta
a quella storia si svolge sul palco.
Ogni storia avrà un argomento,
corredato di video e foto e scritte…con un testo e una canzone che
l’accompagnerà. Il rapporto con il padre, vari personaggi della sua vita, i
figli, gli esordi ai matrimoni, il successo, Scugnizzi, il rapporto con Pino
Daniele, ma anche il rapporto con la madre, e con quel genio di De
Simone…vogliamo conoscere la sua opinione su Napoli, e dove stava durante il
terremoto ma anche come avvenne l’incontro con Mattone per Scugnizzi.
Dieci
storie di vita e anche di Instagram perché Sal ha una vita che merita un
racconto intimo. Un Sal inedito, intimo, un viaggio profondo quasi
psicoanalitico fra Napoli, la musica e i colori di un artista che con l sua voce
e la sua vita sfugge a tutte le etichette.
orario spettacoli Grande Teatro venerdì ore 20.45 - sabato
ore 19.00 - domenica ore 18.00
Teatro Parravano, Via Mazzini 71, Caserta