Al Teatro Civico 14: Kintsugi, ovvero la resilienza
Caserta – 2 dicembre 2022
Articolo di Rossella Barsali
Il Kintsugi è una filosofia orientale che significa
letteralmente “riparare con l'oro”. È un'antica pratica e tecnica giapponese che
consiste nel riparare oggetti in ceramica, utilizzando l'oro per saldare insieme
i frammenti. Resteranno in risalto le vene d’oro che ricompongono l’oggetto
restituendo la forma originaria e la sua primigenia funzione, così che l’oggetto
riparato rechi in sé i segni della rottura, impreziositi dall’oro e da esso
riparato. Non deve stupire che la porcellana si sposi con i metalli nobili: il
legame è saldo, e l’oro è compatibile con gli alimenti, “la tazza dello
Shogun servirà ancora la fragranza del tè al suo proprietario, del quale essa è
proprietaria…”.
Tutto questo viene evocato continuamente nella seconda
fatica teatrale di Brillante Massaro, che firma soggetto, sceneggiatura,
drammaturgia, regia (ella stessa ne resta incredula!) e prova attoriale di una
carrellata di storie femminili, incentrate sui millenari abusi perpetrati sulle
donne.
Massaro sa perfettamente che il fascino delle rappresentazioni è
potenziare il simbolico, evocando in un pugno di secondi fatti, luoghi, e
accadimenti apparentemente slegati, e ne fa un punto di forza del suo lavoro.
Annulla i periodi storici, accostando due situazioni perfettamente simmetriche
(il “caso” di Artemisia Gentileschi e quello di Fiorella, la 18enne stuprata per
un intero pomeriggio da 4 uomini quarantenni in una villa a Nettuno), entrambe
accusatrici dei loro carnefici, il primo mentore della “pittora” Gentileschi,
Agostino Tassi, e la seconda del suo datore di lavoro; in entrambi i casi esiste
un duplice affronto, ancora più doloroso se si considera che il tribunale al
quale entrambe si rivolsero per ottenere giustizia ribaltò il processo, e le
vittime divennero istigatrici. Ma risalta l’oro riparatore, la resilienza
vittoriosa: Artemisia Gentileschi diventa pittrice di riconosciuta fama,
Fiorella ottiene una protogiustizia in un momento storico in cui lo stupro non
veniva considerato neppure un atto lesivo.
E si annullano anche le geografie,
se dalla siciliana Franca Viola (evocata dalla stessa Brillante Massaro che
sfoggia un siculo convincente), prima ragazza a denunciare e a biasimare il rito
barbaro del “ratto e stupro” da parte dello spasimante e del conseguente
“matrimonio riparatore” per la “disonorata” si passa a Dora Maar (la francese di
origine croata musa e vittima di Picasso), grande fotografa, ma la cui carriera
fu dal pittore oscurata e compromessa (“…perso il mio occhio di ferro”, recita
Mina Mastrantuoni). Franca e Dora, accomunate solo dall’amore per il loro
carnefice, destinato in entrambi i casi a finire detestato, se non odiato,
rappresentano la frattura più intima, il subire violenza da parte dell’amato. La
resilienza è ancora una volta il rispetto per se stesse, e il credere ancora
all’amore. O forse, meglio coltivare il dubbio. Compare Ipazia di Alessandria,
allora, in un’intervista impossibile, condotta da una comicissima conduttrice di
programmi “rosa”, magistralmente tratteggiata da Brillante Massaro. Ipazia,
filosofa, astronoma e matematica, rappresenta la somma della barbarie maschile
sul libero pensiero femminile: trucidata brutalmente, per fanatismo religioso, è
martire del pensiero scientifico. In questo caso, la resilienza è renderle
merito ancora oggi.
Kintsugi è anche il commento musicale di Andrea Giuntini
e Andrea Russo, che, suonando dal vivo, sottolineano, disperdono, addolciscono
tutto questo dolore, e cullano tutta la rinascita possibile. La fisarmonica,
così elegiaca, diventa la voce del controcanto, mitiga quell’orrore che Massaro
ha saputo dire sommessamente ma con fermezza, senza amplificarlo o
estremizzarlo.
Un plauso alla compagnia Matutae Teatro.
Consulta: Teatro Civico 14: programma ed eventi