Teatro Civico 14: Per obbedienza, la storia di un santo fuori dal comune.

Caserta –  21 Novembre 2015

Articolo di Tonia Cestari

Un weekend memorabile per il Teatro Civico 14 di Caserta che ha visto per due sere consecutive la performance dell'attore Fabrizio Pugliese in “Per Obbedienza”, uno spettacolo di Fabrizio Niccolini e lo stesso Pugliese che ne ha curato anche la regia insieme a Fabrizio Saccomanno e con la collaborazione artistica di Enrico Messina (Armamaxa). Vincitore del Premio ECEPLAST al Festival Troia Teatro 2014 e finalista al festival “I Teatri del Sacro” a Lucca (Giugno 2015), lo spettacolo è dedicato a uno dei personaggi più strambi dell'agiografia: San Giuseppe da Copertino, nato nel 1603. Un uomo maldestro e goffo, ma tenero e buono al punto da ottenere la promozione a Sacerdote senza troppo sforzo, semplicemente affidandosi alla “Mamma sua” ovvero la Madonna della Grottella, sua salvatrice in più occasioni e che lo guiderà per sempre.
Una vita di sofferenze e facili commozioni la sua, un uomo insicuro che si ritroverà ad essere popolare per le sue continue estasi di fronte alla bellezza della Madonna che lo faranno alzare in volo davanti a numerosi fedeli che lo perseguiteranno per ottenere miracoli. San Giuseppe da Copertino è descritto come un uomo fragile, spinto dagli altri a fare cose che da solo non farebbe mai, indotto da altri “per obbedienza”. Fa tenerezza questo personaggio che si incanta a bocca aperta davanti alla Madonna al punto da meritarsi il soprannome di “Voccaperta”e diventare oggetto di scherno.
Tuttavia, San Giuseppe da Copertino aveva imparato a soffrire in silenzio: dopo un tumore al ginocchio ricomparso più volte, rifiuti da parte di più conventi fino alla sua sistemazione a Copertino durata 17 anni, viene accusato di essere un approfittatore della credulità della gente e di ostentare falsa santità. Viene portato in tribunale e affiderà tutta la sua vita alla “Mamma sua” che guiderà la sua sorte.
Fabrizio Pugliese, solo sulla scena ed appoggiato ad un piccolo sgabello, veste i panni del narratore, un narratore esterno che prova tenerezza per il protagonista e a tratti lo interpreta caratterizzandolo con una voce bassa, alitata, pacata e lenta, che ben si addice al personaggio pigro e fragile di San Giuseppe da Copertino; mima le sue estasi in volo aprendo le braccia alzandosi poco sulle punte e volteggiando, lasciando immaginare allo spettatore l'ambientazione ecclesiastica e i fedeli che lo osservano dal basso. Pugliese indossa vestiti semplici, un maglione color marroncino e largo che richiama il saio dei frati e un semplice pantalone grigio. I piedi scalzi sulle tavole del teatro richiamano la vita spoglia dei frati, la semplicità della scena e del costume conduce lo spettatore ad immaginare tutto il resto.
Il pubblico non può che provare tenerezza per questo sacerdote goffo e incapace di svolgere i lavori più umili, pigro e spinto a fare cose controvoglia “per obbedienza” di altri preti che gestiscono la sua vita. Nonostante la tragicità di alcune vicende, lo spettacolo assume toni comici grazie alla sceneggiatura di Niccolini e Pugliese che si serve di tormentoni come “Voccaperta”, “per obbedienza”, i pianti continui di Giuseppe e qualche gioco di parole in lingua pugliese. Uno spettacolo che lascia un sorriso al suo pubblico: il trionfo di un goffo “antieroe” la cui dolcezza e bontà rendono il lieto fine una soluzione piacevole e condivisibile.

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