"Patres", dalla Calabria a Officina Teatro
S. Leucio (CE) – Novembre 2015
Articolo di Alessia Aulicino
"Come la generazione delle foglie, così è quella degli uomini." (Omero)
Un giovane Telemaco attende, in compagnia del suo cane Argo, il ritorno di
suo padre. No, non è l'inizio dell'Odissea, ma quello di "Patres", opera
teatrale di Saverio Tavano portata in scena dalla compagnia "Scenari Visibili",
che del poema epico ha solo l'incipit o forse neanche quello.
Qui Telemaco
non è un principe, non ha una madre con cui rapportarsi, suo padre non è partito
per la guerra, e soprattutto è un ragazzo cieco. Passa le giornate ad immaginare
il mare e l'orizzonte che crede di poter "guardare" attraverso le sue mani, in
terra di Calabria.
C'è qualcosa in "Patres" di terribilmente malinconico.
Tutto nell'opera sa di vita vera: la mafia, l'omertà, la negazione degli
affetti, l'ipocrisia, l'ingenuità, la rassegnazione. Un vortice di sentimenti
contrastanti che cullano ed abbandonano, che odorano d'acqua salmastra e si
scottano come pelle al sole. Il presentimento di una fine già annunciata fa da
prologo alle scene di vita quotidiana, al rapporto contorto tra un figlio mai
cresciuto per colpa della disabilità e di un padre ancor più acerbo schiavo del
mal di vivere.
Eccezionale interpretazione, tutta ad occhi chiusi, di
Gianluca Vetromilo, nei panni di un figlio disincantato dal cuore pulito che non
vede se non con gli occhi del suo tutore. Dario Natale, dall'altra parte,
interpreta magistralmente quel padre verso il quale, malgrado la sua
scelleratezza, lo spettatore prova più volte tenerezza, portatore di una
tangibile solitudine affettiva e del grande vuoto lasciatogli dalla morte della
consorte. Trattenere una lacrima è davvero difficile.
Consulta: OfficinaTeatro – Stagione teatrale 2015-16