Officina Teatro presenta "P.O.V."
S. Leucio (ce) – 24 Marzo 2013
Articolo e foto di Sebastiano Sacco
Si apre il sipario. Due clown completamente nudi, solo occhiali scuri e pube
colorato di rosso, ballano isterici e saltellano sulle assi del palcoscenico. Il
brano è "Daddy cool", il funkettone di Boney M degli anni '70. Poi pian piano i
clown rallentano. Si siedono. E, con estrema calma, cominciano a rivestirsi.
Calzini, slip, poi pantaloni, camicia, giacca, cravatta... E tutto cambia.
E' questo l'incipit di "P.O.V." di Pino Carbone, spettacolo inscenato ieri sera
ad Officina Teatro, San Leucio. Incipit che richiama agli occhi, per chi non se
l'è perso, quel capolavoro di "Bronson", film del regista danese Nicolas W. Refn.
Ma solo come estetica, perché il tema centrale dell'opera di Carbone non è la
detenzione né l'egocentrismo, ma il porno. Già, proprio il porno, che in qualche
modo, in questo spettacolo, si fa metafora della distorsione dell'essere, della
purezza perduta delle cose, dell'istinto nascosto, dell'anima spesso persa
chissà dove.
E' un viaggio, "P.O.V.", sempre in bilico tra liberazione e chiusura, tra la
maschera grottesca di se stessi e la leggerezza dell'essere. Un viaggio, per
molti versi allucinato, reso indimenticabile dalle ottime performance di
Giovanni Del Monte e Fabio Rossi (i due clown di prima).
Momenti più belli, infatti, sono forse proprio quelli in cui il filo narrativo
si "spegne" per lasciare spazio all'interpretazione. Come nella già citata scena
iniziale, dove il regista sembra volerci dire che, in fondo, è proprio "a volte
la follia [...] l'unica via per la felicità". O come in una delle ultime scene,
in cui un eccellente Fabio Rossi interpreta un crescendo davvero notevole che,
dall'ossessivo elencare le "categorie" dei siti di sharing pornografico - MILF,
threesome, asian e job vari - porta verso un grido disperato che esige amore,
anzi, Amore, virginale.
E' bello assistere a prove di autori che osano. Non solo nella scelta dei
costumi o dell'assenza di, ma anche e soprattutto nel trattare in modo così
libero e originale una tematica (a volte) scomoda e (peggio) ignorata, quella
del conformismo.
Uso porno perché non posso o non ho. Indosso una maschera perché non ho il
coraggio di essere nudo, davanti a me stesso. Ancora un applauso.
Consulta:
Officinateatro: stagione 2012 – 2013 "Prospettive contemporanee"