Matrici: Debutto Nazionale ad Officina Teatro
S. Leucio (ce) – 27 Gennaio 2013
Articolo di Rossella Barsali
Il secondo rito Di A. Asuni e M.Rippa
Femminile Plurale (f.pl.)
… l’Ancestrale
sento
nella maestria delle donne
che sapientemente tramandano ad altre donne
il ciclo naturale della Vita
A.A.
Solo una regola, per chi assisterà a Matrici: liberarsi, librarsi. Fino a
ricadere nel profondo Io che comincia all’atto della nascita. Il Secondo Rito di
Alessandra Asuni e Marina Rippa comincia con un invito e termina con
un’impossibilità di congedo, e quella misteriosa scomparsa finale della Madre
lascia attoniti: una sensazione lacerante, di sbigottimento, che somiglia
certamente al taglio del cordone ombelicale. Il primo assaggio del Distacco,
dell’Assenza.
Ci accoglie una Dea gravida, tanto grande da occupare tutto lo spazio,
illuminata da una luce lattea, ed ella stessa ha il colore dorato del bianco
buono, quello del pane, del latte. E’ il medesimo colore dell’Attesa gioiosa
dell’ignoto che non spaventa, della fattrice che compie gesti semplici possibili
a tutti; la nascita del Rito avviene così, e se contiene il segreto del Mistero
della Nascita, si tramuta in Sacro. In ogni Rito che sia tale, c’è una formula,
una domanda, e poi c’è acqua e farina, il frutto del lavoro:- Chi di voi è nato
in casa?-
Lei possiede la matrice essenziale, il lievito antico, e a una ad una fermentano
le brevi storie dei partecipanti, assieme al “liquido amniotico” che versano,
all’atto del racconto, sulla farina sparsa sul tavolo. A ogni nascita in casa,
con parto naturale, un cerchio; ad ogni nascita chirurgica, un taglio. Quasi
un’interruzione al bianco paglierino. A ogni aggiunta, l‘impasto acquista
consistenza, il Rito si arricchisce di nuova linfa: travagli, dolori, ostetriche
garrule e caserme, buio completo al momento della spinta selvaggia decisiva.
Donne che aiutano altre donne, nel gesto prima che nel verbo. Affiora
l’Ancestrale, resta sui volti dei partecipanti, e si perde quell’attenzione
distaccata prodroma del giudizio: ombre e luci si alternano sui visi, perché col
corpo si capisce prima che con la mente. E le Donne che hanno saputo trattenere
il Selvaggio in loro stesse hanno questo vantaggio sugli Uomini. Per mera
curiosità, ne ho interpellati diversi, dopo la performance: perplessi, confusi,
pochissimi quelli commossi di essere stati informati di un’intimità così
gelosamente tramandata per partenogenesi matriarcale. L’Ancestrale ha nomi,
figure di dee, di ninfe, di Janas che con maestria tramandano il sapere col
gesto istintuale e simbolico: evocate, nascono dall’impasto e dalle sapienti
mani di Asuni sculture accennate ed effimere, dai seni gonfi e bacini
accoglienti, protettrici dell’innesto della Vita e dei suoi cicli…
La Campania è la regione d’Italia con il maggior numero di cesarei, spesso
inutili, spesso speculativi. E il bianco non ha sempre sfumature benigne: se
diventa asettico, alogeno, la tavola è tavolo operatorio e l’impasto si
trasforma, e si compie non un Distacco ma una Separazione che è Taglio. Ogni
Rito ha un mantra, una preghiera, una nenia: questa non chiede, respinge.
Respinge l’ossitocina, i bisturi, gli analgesici, tutto quello che aboliscono il
corso naturale delle cose. E del Taglio si cerca la Cura, dentro e fuori di sé.
Anelando a qualcosa che si conosce da sempre, ma non si vivrà mai.
Il mio tempo rubato ad altri.
La paura di lasciarsi andare nel tempo e nello stato delle cose.
Tutto quello che c’è sempre stato e non ho mai conosciuto.
Una storia cucita male sulla mia pelle
A.A.
Consulta:
Officinateatro: stagione 2012 – 2013 "Prospettive contemporanee"