Officina Teatro: Barbablù, di e con Pino Carbone.
S. Leucio (CE) – 29 gennaio 2012
Articolo di Benedetta De Rosa
Durante lo scorso fine settimana, il 28 e 29 gennaio, il laboratorio teatrale
diretto da Michele Pagano, Officina Teatro, ha presentato in Via degli Antichi
Platani a San Leucio lo spettacolo Barbablù, prodotto da ONG Teatri & Etérnit,
in collaborazione con Benevento Città Spettacolo, di e con Pino Carbone.
Decisamente uno spettacolo al di fuori dell’ordinario: già dall’arrivo del
pubblico gli attori sono in scena, o meglio Barbablù è sulla scena mentre
Giuditta (Francesca De Nicolais) , il personaggio femminile, è seduta in platea
giocando con una bambola e da lì, andrà ad incontrarsi con quello che sarà il
suo destino, il suo futuro sposo, che la strapperà dall’infanzia e la condurrà
brutalmente nel mondo adulto.
In scena pochi oggetti, ma significativi, danno risalto all’azione dei due
attori (non se ne potrebbe immaginare uno in più).In questo modo, parallelamente
alla favola di Charles Perrault del 1697, di cui viene letto qualche stralcio,
lo spettacolo mette in luce l’intimità del personaggio, la sua sofferenza
nell’essere diverso per la sua barba “troppo blu” al punto da aver perso la
propria coscienza e a rispecchiarsi in quella degli altri, come egli stesso
ammette prima del tragico finale, in cui differentemente dalla fiaba francese
Giuditta ha un ruolo di reale azione.
L’aiuto regia di Luigi Morra e le musiche dei “Camera” (ad eccezione del momento
del matrimonio in cui c’è un susseguirsi di azioni sempre più incalzanti con la
canzone, inaspettata, di Celentano “Storia d’amore”) contribuiscono a rendere
intenso questo spettacolo: un incontro di solitudini, quella di chi a causa del
pregiudizio è divenuto un “mostro” e quella di un’ anima fiabesca ed infantile;
il quale incontro non basterà a far sì che l’uno riesca a fidarsi dell’altro, a
salvare l’altro.
In questo incontro/scontro tra il compatire e condannare confluiscono anche
quelle solitudini, piccole o grandi che siano, del pubblico, guardato spesso
“negli occhi” come se gli si volesse scavare nell’intimo e a cui le parole: “Vi
siete mai guardati negli occhi degli altri come fossero specchi?” avvicinano il
proprio animo sia a quello del “mostro” sia a quello di chi, agendo, forse,
soprattutto per Amore, lo ha liberato da ogni sofferenza.
consulta: Officina
Teatro stagione 2011/12