Teatro Civico 14: Il primo processo di Oscar Wilde
Caserta – 30 Dicembre 2011
Articolo di Clemente Tecchia
La prima metà della stagione del Teatro Civico 14 si è conclusa giorno 30 dicembre con l’ultima di tre serate in cui è andato in scena lo spettacolo “Il primo processo di Oscar Wilde”, per la regia di Roberto Azzurro e la drammaturgia di Massimiliano Palmese. L’opera è una fedele riproposizione degli atti dello storico processo di cui nel 1895 fu protagonista il grande artista irlandese, curata da Paolo Iorio e Paolo Orlandelli e inframmezzata dalle citazioni di alcuni dei folgoranti aforismi wildiani. Si trattò di una causa inusuale sin dalla posizione di Wilde stesso (interpretato da Roberto Azzurro), che iniziò il processo come accusatore del marchese di Queensberry (il quale l’aveva infamato con un biglietto in cui lo si tacciava di ‘atteggiarsi a sodomita’) ma che finì poi col diventare l’accusato, duramente interrogato dall’avvocato Edward Carson (Pietro Pignatelli), tra l’altro suo vecchio compagno di college. Il processo, così come il personaggio Wilde, sono abbastanza noti al pubblico, anche grazie alla messe di adattamenti teatrali e cinematografici e al carattere di fenomeno sociale e di costume che la causa come tutta la ‘scandalosa’ vita dello scrittore assunse ben presto. Tra le motivazioni della condanna che seguirà di lì a poco, e che costringerà Wilde alla reclusione e ai lavori forzati per due anni, il sospetto verso le stravaganze d’ogni sorta tipico dell’età vittoriana, un’età di pruderie che dietro il velo ipocrita di una candida e severa purezza nascondeva ogni sorta di nefandezze. Wilde, nella profonda contraddizione di un uomo che biasima quella società pur ambendo costantemente a farne parte e ancor più ad esserne apprezzato, diventa il capro espiatorio ideale, colpendo il quale si intendeva colpire una serie di comportamenti ritenuti spregevoli: l’omosessualità, certo, ma soprattutto -e il tono del biglietto di Lord Queensberry lo testimonia- la condotta omosessuale non castigata e non repressa, bensì vissuta apertamente senza infamanti sensi di colpa. Come risulta chiaro, ciò che istruisce del processo a Oscar Wilde è qualcosa di fortemente attuale ancora oggi, nella nostra società non meno conformista bigotta e repressa di quella inglese di fine ottocento: le illusioni del progresso e della disinvoltura di cui troppo spesso la si crede permeata possono valere forse per chi eviti di esporsi; ma in sostanza questa stessa società resta pronta a colpire ferocemente i liberi di spirito, le intelligenze critiche, in una parola gli artisti e gli amanti nel senso più puro del termine. Lo spettacolo evoca fedelmente il clima in cui si svolse il processo, le brillanti e pronte risposte di Wilde contro la rigida ma stringente controaccusa di Carson, il primo in piedi alla sbarra, il secondo dietro una piccola scrivania. Una scenografia praticamente inesistente, uno spazio vuoto attraversato dalla solitaria coraggiosa voce di un uomo che, contro il filisteismo dominante, ribadisce per conto di noi tutti il sacro valore di temi quali libertà, uguaglianza, rispetto, amore e verità, in un certo senso preparandosi a soffrire in nome di essi e consegnando così alla storia una delle più lucide e appassionate apologie di tutti i tempi.
consulta: Stagione teatrale al
Teatro Civico 14