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Teatro Civico 14: A Promenade in New York City

Caserta – 24 ottobre 2011

Articolo di Giuseppe Vuolo

Certi ricordi, certe immagini sono dentro di noi. Anche certi dolori, naturalmente, ma inconsapevolmente, come un velo nero, pesante, che ci copre la testa ma ci lascia libero il viso: noi vediamo, mangiamo, respiriamo, baciamo il nostro amore, facciamo tutte queste cose comunque, ma quel velo c'è e certe volte nel muoverci lo sentiamo e le sue pieghe ci danno fastidio. Fino a darci dolore.
"Certi ricordi rimangono dentro di noi... noi non riusciamo a vederli dal di fuori, perché non riusciamo a guardarci dentro, ma ci sono": sono appunto queste le parole che, sulle note del sax di Gianni D'Argenzio, aprono la serata, una sorta di premessa che ci deve accompagnare durante la narrazione, a ricordarci costantemente (semmai ce ne fosse bisogno) che un libro come quello di Silvia Tessitore non parla solo dell'autrice, ma anche un po' di noi.
E' un racconto incentrato sulla tematica del "mai più", del tempo scaduto, delle idee che, complice la Storia - la quale se ne frega dei nostri progetti -, non si realizzano e sembrano destinate a rimanere sospese in limbi reali (come Ground Zero) o più spesso interiori. Parla di vite interrotte, di gente che "perse in quel giorno la vita o la ragione". Protagonista è una città che si porta dentro il dolore di un lutto collettivo ineluttabile, e l'autrice nel corso di questa sua "promenade" ne coglie al volo le ferite sottopelle: durante la lettura si sta in un'atmosfera di cemento e acciaio, a volte stemperata descrivendo attimi di felicità oppure la vita di tutti i giorni (come il passo che racconta il bellissimo soffitto del Grand Central Terminal). In entrambe le circostanze Fausto Mesolella accompagna l'autrice con una musica che oscilla tra arpeggi delicati, ritmi trascinanti ed improvvise accelerazioni (a tratti si ha la sensazione che stia descrivendo dei flashback, stia paragonando il "prima" al "dopo"). Con la solita infinita padronanza, utilizza sapientemente un ampio ventaglio di tecniche da manuale (vibrato, armonici, eco, slide, pedaliere varie), in particolare grazie ad un'app del suo iPad suona uno xilofono digitale, dal quale trae loops di note assai suggestivi. Riempie ogni singola parola di sfumature, ogni pausa di sensazioni, fino al crescendo finale che chiude il reading, di grandissima intensità nella sua intenzione di evocare il dolore, i rumori, le sirene, il caos di quella mattina a Manhattan.
La Tessitore e Mesolella hanno dato vita ad un incontro tra parole e suoni che a tratti ha spinto il pubblico a trattenere il fiato per meglio sentire fino all'ultima vibrazione, insieme hanno saputo dipingere solitudini metropolitane e dolori ai quali noi del pubblico non siamo riusciti a sentirci estranei: perché abbiamo ricordato che erano dentro di noi.

Consulta: Stagione teatrale al Teatro Civico 14

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