Teatro Civico 14: “La morte della bellezza”
Caserta – 9 Aprile 2010
Articolo di Dario Salvelli
Giuseppe Patroni Griffi è uno dei protagonisti del teatro italiano del
dopoguerra ed è drammaturgo ed autore di molti personaggi proletari dei quali
racconta spesso le loro tensioni sessuali e trasgressive legate molto al tema
dell’omosessualità assai caro al regista nato a Napoli e scomparso da qualche
anno. Questa sera Giuseppe Cappuccio e Teatro Segreto presentano “La morte della
bellezza” voci in concerto per Giuseppe Patroni Griffi, un omaggio al romanzo
storico e classico scritto da Patroni Griffi e centrato proprio
sull’omosessualità maschile che rifiuta qualsiasi atteggiamento mentale
femminile. L’allestimento scenico di Nadia Baldi che cura la regia è una
lettura-concerto interpretata dalle voci di Nadia Baldi, Antonella Ippolito,
Alessandra Roca, Ada Totaro, Lia Zinno, accompagnate dalle note di Massimo
Sacchi al clarinetto, Dario Zeno al pianoforte, Marco Di Palo al violoncello,
Carla Tutino al contrabbasso e Gianni Sorvillo alle percussioni. “La morte della
bellezza” è ambientata nella Napoli degli ultimi anni della seconda guerra
mondiale, una città martirizzata, bombardata ed assediata dai tedeschi,
annientata e colpita nella sua bellezza ma che per l’autore continua ad essere
una città bellissima e suggestiva dove splende il mare che “è meglio di quello
dei Caraibi che nasconde sotto un mare più profondo” come racconta Nadia Baldi.
In scena ci sono cinque donne vestite di nero, dietro i loro leggii le attrici
narrano con la loro voce, i pochi gesti, qualche sguardo, in un fluttuare di
parole e musica, tutte le tensioni di un incontro fatale.
Al centro del racconto infatti ci sono Lilandt, un giovane di 27 anni di madre
italiana e padre tedesco ed Eugenio, un adolescente liceale: i due s’incontrano
in una sala cinematografica minacciata dai bombardamenti e nell’oscurità si
amano. In Eugenio, che prima rifiuta Lilandt e poi si abbandona ad un amore
travolgente e travagliato, nasce un terribile dilemma e contrasto tra la sua
convenzionale educazione sessuale e la nuova rivelata omosessualità. Il romanzo
viene raccontato utilizzando in pieno il testo di Patroni Griffi, riprendendo le
emozioni, le ansie e le trepidazioni dei due giovani che insistono molto
sull’aspetto del corpo, su di una sessualità sfoggiata prima con timezza e poi
senza alcun pudore. Come quando i due s’illudono insieme alla gente di Napoli
che la guerra sia finalmente finita e corrono per le strade baciandosi in
pubblico. Tamburi, ottoni ed archi ci portano prima nei bombardamenti e nelle
urla della gente, poi in un cinema buio, nel letto dei due, nel mare dei ricordi
di Lilandt perso nei pensieri, nella scena di sesso dove Eugenio perde la sua
verginità.
La prosa delle attrici diviene canto in alcuni momenti mentre in altri è un
susseguirsi di voci che si accavallano, si cercano, si scompongono e
ricompongono a seconda delle sensazioni dei personaggi, degli umori e delle
vicende che si alternano. I due personaggi ed il loro rapporto è al centro di
questo spettacolo, sono l’emblema della bellezza in una Napoli fantastica:
“com’era bella Napoli quaranta anni fa”, una città in bilico tra farsa e realtà,
fotografia ben disegnata dalle musiche di Paolo Vivaldi. Lo spettacolo infatti è
un progetto coraggioso che cerca di unire drammaturgia alla musica usando una
struttura fatta di musica e voci narranti le quali si uniscono quasi a formare
una lettura drammatizzata che è essa stessa concerto e rappresentazione del
romanzo. C’è chi legge le battute di Eugenio, il protagonista del romanzo, chi
quelle del suo divertente compagno di classe calabrese, chi quelle di Lilandt o
di uno spaesato passante. Una scelta difficile quella di usare la lettura che
però nega e non lascia alle attrici nessuno spazio fisico d’interpretazione: la
bravura delle attrici insieme a quella dei musicisti rende comunque lo
spettacolo ugualmente godibile ed il ritmo accettabile. E’ interessante la
visione femminile delle tensioni e paure di un amore omosessuale vissuto e visto
da due menti maschili, che si focalizza tra riluttanza, avvenenza, solitudine.
L’opera di Patroni Griffi è forse ben più complessa e tormentata che il rapporto
tormentato tra due uomini che si amano e quindi il tema della diversità ma la
regia di Baldi, molto collegata al testo, lascia per certi versi poca fantasia
allo spettatore mentre il lettore proverà certamente a costruire una sua
immaginaria realtà. Il finale della storia è doloroso ma non viene
rappresentato, quasi a voler lasciare al pubblico il dubbio di un amore troppo
passionale per essere vero.
“La morte della bellezza” è uno spettacolo da vedere, soddisferà sia gli amanti
della bella musica che quelli della prosa: sarà forse più bello leggere il
romanzo di Patroni Griffi anche per sapere come va a finire.
consulta: Teatro Civico 14:
programma 2010