Teatro Civico 14: “Mamma! Son tanto felice” di TeatrInGestAzione
Caserta – 21 Marzo 2010
Articolo di Dario Salvelli
Che sapore ha la felicità? Tutti la descrivono, chi la trova in un
bicchiere di vino, altri in un automobile nuova. Sono molti quelli cercano anche
inconsapevolmente di importi un modello da seguire: se vuoi essere veramente
felice devi fare necessariamente così, appenderti a quel compromesso, adeguarti
allo stile degli altri affogati in un finto perbenismo, osservare le abitudini
ripetendole in serie, combattere per un posto di lavoro umiliando se stessi,
sottostare a regole che alimentano un individualismo smisurato ed egoista che
preclude qualsiasi possibilità di ribellione. I sogni diventano soltanto crude e
vuote ambizioni e spesso finiscono per sparire nell’animo del infante che è in
noi o di un adulto stanco.
E’ questo l’affresco che cerca di disegnare lo spettacolo “Mamma! Son tanto
felice” di TeatrInGestAzione - portato in scena in anteprima nazionale al Teatro
Civico 14 dove Gesualdi e Trono hanno tenuto in questi giorni lo stage “Animali
da palcoscenico” - con la regia di Anna Gesualdi e Giovanni Trono, quest’ultimo
interprete in scena di molte riflessioni che prendono spunto dal capolavoro di
Roger Vitrac, poeta e regista francese, “Victor ou les enfants au pouvoir”,
“Victor o i bambini al potere”. Vitrac è l’espressione del teatro surrealista
che parte negli anni ’20 con lavori talvolta scandalosi ma che anticiperanno i
tempi ed i modi di una regia modera che si concentra denunciando i mali della
borghesia e la descrizione di una mediocre attualità attraverso l’uso
dell’umorismo.
Il Teatro Civico 14 è pieno, mentre entro per accomodarmi noto seduta sulle
scale la figura di una donna, caschetto biondo, calze bianca e vestito nero,
sembra una bambola che oscilla in una moderna belle èpoque. La scena è ricca di
elementi: sulla sinistra una sedia con un microfono e dei fogli sparsi per
terra, diversi palloni, alcune scarpe femminili molto colorate, ai lati 3
personaggi spalle al muro, al centro tre attori, più indietro una sorta di
baldacchino con un velo bianco. La pièce è molto interessante perché porta in
scena alcuni aspetti infantili senza banalizzarli, cercando di coinvolgere il
pubblico nel gioco: come quando vengono lanciati delle uova di cioccolato in
seguito alla risposta giusta data all’attore che interpreta una laureata in
lingue orientali, oppure quando si arriva al momento dello show televisivo dove
in palio c’è la felicità rappresentata dall’immortale orsacchiotto Moncici. Le
situazioni grottesche rappresentano la ricerca della felicità ma anche
situazioni reali e quotidiane: una donna laureata ed indipendente incontra una
vecchia compagna di studi che non ce l’ha fatta, ha abbandonato l’università ed
ora si dedica alla sua famiglia ma è felice. Entrambe sono emozionate e
ricordano amicizie passate, le attrici riescono insieme ad una amabile regia a
tirare fuori dei sentimenti molto forti, che colpiscono ed arrivano a tutto il
pubblico. Gli altri attori entrano in scena in un mega colloquio di lavoro dove
i candidati nervosi sospettano ognuno delle possibilità dell’altro, c’è chi
forse è raccomandato, chi è troppo nervoso per parlare, chi si è fatto aprire
tutti i chakra per avere più fortuna, chi sfoggia il suo curriculum e nonostante
compia il suo lavoro sulle indicazioni dei suoi superiori è costretto per non
perderlo a leccare per terra. Quanto è difficile e doloroso crescere? Ce lo
racconta una bambina di 9 anni con le orecchie a sventola che fa un giuramento
insieme ai suoi piccoli amici giurando su Moncicci. E c’è il tema dell’amore tra
due dei bambini: lui che vuole a tutti i costi stare con lei ed è pronto fare di
tutto, promette che le comprerà una casa di campagna per vivere insieme a due
figli, che prenoterà un posto accanto a lei, che sia al cinema ed a teatro poco
importa, mentre lei non vuole perché lui puzza e per altri futuli motivi che
servono soltanto a respingere un bacio che lui le ruberà. E’ il mondo delle
promesse non mantenute, delle cose mai dette, dei sogni infranti. Si denuncia
una società che ti vuole bello ed in forma chiusi in palestre a fare addominali
ed a ballare con movimenti facili e buffi. Poche ore basteranno per scaricare lo
stress del traffico cittadino, del dare ragione al proprio capo?
“Mamma! Son tanto felice” cerca di solleticare il bambino che c’è nel pubblico e
di stimolarlo con una sensibilità genuina e poco ipocrita, il disegno di luci
con l’uso di un proiettore (invece dell’occhio di bue) è una bella idea scenica
e di sicuro effetto. Consumiamo noi stessi in attività e comportamenti
illudendoci di compiacere e soddisfare alcuni presunti desideri; le nostre
azioni elemosinano attenzione e sono simbolo della continua ricerca di
possibilità nuove quando vorremmo veramente saper realizzare e vedere un futuro
nella nostra realtà. “Piango di gioie che non ho mai desiderato” racconta
Giovanni Trono dopo aver coinvolto una persona del pubblico e prima che entrasse
in scena la donna misteriosa che avevamo incontrato all’inizio: non è altro che
il simbolo della mamma che si esibisce in un ballo divertente e liberatorio
insieme a tutti i suoi figli che la incitano e la sorreggono continuamente. Il
suo “in bocca al lupo” finale è secco e rappresenta una sincera speranza che
commuove tutti, attori e spettatori. Al termine dello spettacolo gli attori
coinvolgono molti spettatori in un liberatorio ballo finale.
Questo studio teatrale è certamente uno dei più interessanti che ci sono in giro
quindi consiglio vivamente di andarlo a vedere. Complimenti alla regia, alla
snella drammaturgia di Loretta Mesiti, agli attori tutti ugualmente credibili e
sinceramente emozionati.
consulta: Teatro Civico 14:
programma 2010