Teatro Civico 14: “A Don Lorenzo Milani”
Caserta – 14 Marzo 2010
Recensioni di Valentina Sanseverino e di Dario Salvelli
di Valentina Sanseverino
La storia del sacerdote ribelle di e con Angelo Maiello per la regia di
Claudio Di Palma.
Non c’è finzione nel monologo di Maiello: ogni frase è stata realmente
pronunciata o scritta dal prete fiorentino ed è perciò ancor più incisiva, forte
e sincera. Raccontare la verità, così come il prete aveva sempre fatto nel corso
del difficile viaggio della sua esistenza, è un omaggio ad un uomo che ha scelto
di combattere solo contro tutto e tutti, subendo l’isolamento e l’allontanamento
dal mondo “civile” a cui le sue battaglie lo hanno relegato. Maiello dà forza ed
emozione alla figura del prete, rappresentandolo nel suo monologo proprio nel
momento in cui sale in bici sul monte Giovi diretto a Barbiana, un luogo
nascosto, isolato in cui giungerà al culmine del percorso che lo ha reso
cristiano, prete, parroco, maestro, scrittore, profeta, intellettuale, ribelle.
La battaglia socioculturale del sacerdote ribelle a fianco dei deboli e dei
reietti nell’Italia contadina degli ani ’60-’70, quel bisogno irrinunciabile di
denunciare l’ingiustizia sociale di cui era quotidianamente testimone, la
cocente attualità dei temi trattati nei suoi scritti ha colpito nel profondo
Maiello “Mi hanno stupito l’attualità delle sue idee e della sua testimonianza,
la profondità del suo pensiero e l’acutezza delle sue conclusioni, la capacità
di descrivere e spiegare aspetti del nostro ambiente politico e sociale, dando
risposte concrete ad interrogativi e perplessità che non avevano un volto e un
chiaro profilo. Più leggevo i suoi testi, più trovavo quelle pagine vive,
dinamiche, capaci di accendere forti emozioni nella loro devastante, asciutta
verità. Subito è nata l’idea di trasmettere e raccontare ad altri una storia che
ancora oggi mi emoziona”. L’attore e sceneggiatore ha scelto di cogliere i
diversi aspetti dell’animo di Don Milani, alternando i pensieri struggenti
rivolti alla madre ai ricordi d’infanzia legati ad una maestra che lo bocciò,
dalle sue esperienze come insegnante (celebre è la sua sperimentazione di
“scrittura collettiva”) sempre attento ai bisogni del popolo e critico nei
riguardi dell’istruzione canonica e privilegiata fino alle battaglie contro lo
sfruttamento del lavoro nero e minorile.
Il tutto in 60 minuti di monologo accompagnato solo da musiche inframmezzate
alle frasi spezzate, a volte sussurrate, a volte urlate, a volte sottintese in
lunghi silenzi su un palcoscenico spoglio, scarno, con un allestimento ridotto
all’osso: una scelta stilistica ragionata, su un quesito che anima l'attore
“Cosa è essenziale per fare teatro?” Solo un attore, una voce e un corpo che
interagisce con lo spettatore, gli si avvicina, lo guarda negli occhi:
convincente ma solo a tratti. Forse Maiello non regge i 60 minuti di monologo
ininterrotto, forse l'emozione di recitare una storia vera diventa insostenibile
e genera a tratti momenti di confusione, ma la sua recitazione è intensa e la
scelta di mettere in scena – e così fedelmente - un personaggio tanto
affascinate quanto poco noto è assolutamente degna di lode.
di Dario Salvelli
Dagli albori del regime fascista alla contestazione studentesca: è in questo
periodo storico delicato e controverso per l’Italia che vive la figura di don
Lorenzo Milani, figlio dell’alta borghesia fiorentina, da giovane non è uno
studente modello anzi colleziona risultati mediocri probabilmente frutto di una
scarsa motivazione e di una professoressa che lo considerò “inadatto agli
studi”. Quella di Milani è una storia che conoscono tutti a sommi capi ma della
quale non si raccontano i dettagli e le riflessioni. Lo spettacolo “A don
lorenzo Milani” di e con Angelo Maiello è una buona occasione: in scena c’è un
uomo solo, un prete, un maestro, uno scrittore, seduto sulla sua valigia,
camicia e pantaloni, non ci sono scenografie, non ci sono maschere, c’è il corpo
di un prete, i suoi movimenti, la profondità della voce e dei suoi pensieri.
Non c’è una delle parole del testo che non siano di Don Lorenzo Milani, tutto lo
spettacolo ha il timbro delle sue idee, delle convinzioni di una possibile
riforma della scuola carico di impegno nell’educare i poveri, nel fare da padre
e maestro in quel di Barbiana, piccolo paesino di montagna dove viene mandato
per coltivare 55 anime. E’ lì che il lavoro di Don Lorenzo Milani si fa forte,
dove comincia a sperimentare la scuola a tempo pieno e il metodo di scrittura
collettiva, luogo dove s’impara il rispetto perché chi è indietro negli studi o
non comprende un concetto viene atteso pazientemente dagli altri compagni. Ci
sono due fili forti di denuncia sociale che Maiello tiene alti per tutto lo
spettacolo quasi ad evidenziare i mali maggiori di quella società come il lavoro
minorile: lo sfruttamento di Mauro, un giovane ragazzo licenziato
dall’industriale “Baffi” perché i telai della sua fabbrica ormai sono tutti
automatici e calpestare i diritti dei lavoratori era normale, spontaneo,
legittimo. A questo si lega il concetto di “timidezza dei poveri” quale mancanza
di prepotenza nell’affrontare le angerìe dei più ricchi e migliorare la propria
condizione nella società in maniera onesta. Don Lorenzo è amareggiato ma si
prende cura del suo popolo, lotta contro l’analfabetismo e l’ignoranza della
povertà: il disegno di luci dello spettacolo è tutto sul corpo di Don Lorenzo,
sui suoi movimenti lenti, a volte sofferenti ed altri forti, determinati ed
ironici, lo sfondo rosso a tratti ad indicare il sangue dei lavoratori, la
fatica e la passione della fede. La regia è semplice ed accorta, Don Lorenzo nei
panni di Angelo Maiello ci parla guardandoci in volto tutti, si avvicina a noi
proprio come farebbe un prete in una predica. Le sue parole non hanno il sapore
dell’ipocrisia, le sue corse in bici o tra un sentiero ed un altro alla ricerca
della giustizia, i conti dei modesti salari dei ragazzi segnati su di una
piccola lavagnetta, la denuncia continua dei padroni capitalisti che spremono
sudore, il rapporto contrastato con il padre e la madre, lo scontro con gli
altri preti ed i suoi superiori per una scuola laica e aconfessionale, fanno di
Lorenzo un uomo vero, profondo e tremendamente attuale. Il contesto è popolare e
lo sono anche le musiche che accompagnano il racconto di Milani, molte fanno
parte del culto della Madonna della Libera mentre altre sono disincantate.
Questo spettacolo è adatto anche per i giovani che possono comprendere la storia
del nostro Paese, le tensioni, che potrebbero apprezzare l’importanza e la forza
della parola.
“La gente non crede a chi non ama” . E’ ciò che pensa Don Lorenzo Milani e ne
siamo convinti anche noi.
consulta: Teatro Civico 14: programma 2010