Officina Teatro: Frankenstein
S. Leucio (CE) – 25 Ottobre 2008
Articolo di Federica Roano
Sabato 25 ottobre. All'Officina Teatro, una intensa e particolare
rappresentazione: la drammaturgia "Frankenstein", scritta e diretta da Lucilla
Mininno.
Appena entrato nel teatro, il pubblico si trova di fonte una scenografia
minimalista, composta esclusivamente da una scala e due corde sospese a
mezz'aria. Quando Lucilla Minnino entra in scena, passando per il pubblico, si
respira un aria cupa e sinistra che sembra naturale ma che si scopre poi un
semplice artificio, dovuto alle sue capacità trasformistiche: nell'arco di
qualche minuto il pubblico viene inondato di un'inaspettata allegria che mescola
un po' Lucilla e un po' Frankenstein, senza disturbare e senza essere ma fuori
luogo.
La rappresentazione si svolge in un tempo abbastanza breve ma carico di
emozioni, il cui l'attrice narra la sua vita attraverso un monologo solitario
che sembra non esserlo, data l'abilità dell'attrice nel tessere discorsi con suo
padre ed i suoi stessi figli (unici personaggi menzionati nello spettacolo)
rappresentati da vestiti stesi sulle corde, che lei ucciderà utilizzando
l'iconografia del tagliare queste ultime.
La storia tratta di una giovane donna che parte con il padre alla ricerca di un
marito, viaggiando soprattutto per mare. Crescendo, il comportamento del padre
nei sui confronti si modifica, diventando oggetto di un sentimento molto
differente dall'amore paterno, di un desiderio forte che diveniva spesso una
cruda realtà. Dall'unione dei due nascono i figli, che a loro volta fondono i
corpi con quello della madre, finché lei, sfinita e avvilita, reagisce portando
la storia ad un epilogo molto introspettivo e profondo.
E' ormai chiaro che "Officina Teatro" abbia composto una stagione teatrale
basata sulla qualità delle opere più che sulla loro popolarità presso il grande
pubblico. Sembra una banalità, ma in una terra che subisce la forte influenza
del teatro di De Filippo, appare quasi un miraggio veder rappresentare delle
storie intense che non hanno tempo e luogo e perciò sono universali.
Consulta: Officina teatro: programma 2008/09
Intervista a Lucilla Mininno
Federica Roano: Sei completamente sola sul palco. L'idea di rappresentare
i personaggi tramite i vestiti come ti è venuta?
Lucilla Minnino: E' venuta in particolare perché quando ho pensato questo
spettacolo l'ho pensato completamente in solitudine ed è nato da un bagaglio di
tutto un percorso che avevo fatto, umano e teatrale, quindi tutti i vestiti che
sono in scena sono vestiti di scena di spettacoli miei, dove io o ho recitato o
ho fatto la regia. Siccome lo spettacolo ha un valore, per me, metateatrale,
assolutamente profondo, ho deciso di fare così. Però io ho delle suggestioni, ma
non te le so motivare, le cose che io faccio nascono sempre da un'immagine che
io ho. Questo spettacolo nasce da un momento di passaggio. A parte che
appartiene ad un progetto di trilogia (il primo spettacolo è stato "Così, più
non andremo". N.d.r.) quindi è il secondo spettacolo della trilogia sullo studio
di Romanticismo e Taranta, ma arriva proprio in uno di quei momenti che ognuno
di noi ha, delle svolte della vita personale, di lavoro eccetera. Quindi per me
ha un forte valore, e per questo ho voluto lavorare in solitudine, perché per me
rappresenta un momento di passaggio e di forza a prescindere dalla qualità.
Volevo lavorare in modo totalmente individuale, per il teatro, quindi sempre in
funzione di qualcuno, di una rappresentazione. Per me questo spettacolo è un
omaggio al teatro, il fatto che ci siano i vestiti, il fatto che ci siano le
magie, è un omaggio al anche cinema. Per me ha un valore molto teatrale,
artistico, per questo ci sono magie, trucchi, che poi sono svelati: per uccidere
delle persone con una corda basta tagliarla e questo gesto comunque ti da il
senso.
F.R.: Le musiche che hai scelto sono importanti per te dal punto di vista
emozionale o sono delle scelte esclusivamente teatrali, per dare quell'idea?
L.M: Sono delle scelte innanzitutto legate al progetto su Romanticismo e
Taranta. Anche il precedente spettacolo, musicalmente lavoro tra Romanticismo
inglese che per me si esprime con il rock e la taranta pugliese, che si esprime
con la pizzica. Quindi c'è proprio una scelta di base di usare rock e pizzica.
Poi in particolare per questi brani, mi son fatta consigliare da un amico che è
un appassionato di musica, un cultore, ma non suona: sa tutto di tutto e di
tutti, è il mio consulente musicale. A volte mi dà della musica e mi dice
semplicemente "ascoltala", a volte le cose che lui mi da, contribuiscono alla
mia suggestione.
F.R.: Infatti Toxicity dei "Sistem of a down", una delle canzoni che hai
utilizzato, era perfetta per quello che stavi rappresentando. L'atto in sé per
se, insomma questa violenza nei tuoi confronti e questa canzone così incisiva
che poi all'improvviso stacca non perché sia terminata la traccia ma proprio
perché non ce a fai più…
L.M.: Esatto, era un percorso della mente…
R.F.: L'idea di questi vestiti che possono farti del male tramite la
musica…
L.M.: Si, però questa cosa la fai tutta perché è teatro e per
questo che per me ha un valore molto metateatrale.