Forestàte: Flo, La canzone che ti devo

Foresta di Tora e Piccilli (CE) - 23 Agosto 2024

Articolo di Rossella Barsali


La rassegna Forestàte ha un merito indubbio: trasformare la stagione così tanghera e pacchiana, quando vissuta a livello del mare, in un elegante desiderio di altrove, di cultura, di libertà. L’Estate ha questo anelito, la libertà, che si esprime partendo dai piedi, appena protetti dalle suole, liberi da calzature opprimenti: Flo rinuncia anche a quelle ed entra nello spettacolo di sé stessa a piedi nudi, come in una moschea.

La scelta della libertà è il messaggio che trapela e che scandisce questa originale presentazione del suo primo libro La canzone che ti devo, un vero diario intimo di un viaggio: quello della vita di una ragazza coraggiosa che prende slancio proprio dalle sue origini, mai rinnegate, impreziosite dalla tenacia di sbocciare il proprio smisurato talento. Talento espresso in molte forme, dal cantautorato al teatro (con Mimmo Borrelli), dalle colonne sonore per cinema e televisione (come Noi siamo Francesco con Elena Sofia Ricci, Mina Settembre con Serena Rossi e Ultima fermata con Claudia Cardinale) ai festival di World Music in Europa, Sudamerica, Africa e Canada. Talento e natura: una voce così, modulata con garbo e maestrìa, diventa un richiamo viscerale al quale è impossibile sottrarsi. Una liturgia commentata solo da una chitarra classica elettrificata, imbracciata e accarezzata da Ernesto Nobile, discreto e bravissimo cocchiere; come reduce da una sua personalissima Pentecoste, Flo canta in francese, in spagnolo, Italiano, napoletano, genovese…
Ogni capitolo, una canzone, a musicare le tappe di questo viaggio. E per ogni capitolo, il nome della donna che lo ha ispirato. E per ogni donna (genere con cui la Nostra si è successivamente riconciliata) una Flo di conseguenza, che offre interpretazioni da brividi per ogni pezzo: ma quante Flo esistono?
Flo ammiccante ed evocativa di una Francia anni ‘60 in Ca ne tient pas la route, da lei stessa definita ammiccante e tanghera con un testo disilluso a cui nessuno fece caso. E che le ha sbloccato la carriera da solista (il suo sogno, dopo essere stata la vocalist di “questo e di quello”)
Flo che omaggia Fabrizio de André e la sua insegnante di latino e greco – le lingue morte più vive che mai- con una Dolcenera da restarci secchi
Flo onomatopeica in Bocca amara e in Accussì, sull’Amore e il tradimento, la vendetta e la rabbia e la nostalgia e la tristezza e
Flo elegiaca in A ogni femmina un marito, omaggio alla madre e distanza da una certa mentalità patriarcale coltivata ed accettata da passate generazioni di donne
Flo che può permettersi di perdere tempo con la libertà, anche se la rosa si appassisce in fretta: perché il giorno di festa è da sempre evanescente e lei lo sa.
Flo di Furtunata, ovvero ‘e figli nun so’ ‘e chi ‘e ffa, so’ ‘e chi s’è cresce. Il Sepulveda di Storia di una gabbianella e di un gatto che le insegnò a volare, la maternità in senso lato e l’omaggio alla nonna.
Flo di Maddalena e di un certo modo di intendere la fluidità del genere
Flo sedotta da Chavela Vargas, e perciò seduttiva con El ultimo trago, fino al punto di indurci a cercare con lo sguardo la bottiglia che in pochi istante le ha arrochito così la voce
Flo raffinata intrattenitrice, perché il suo pubblico lo guarda in faccia, e lo sa riconoscere, lo coinvolge: e così colma l’assenza delle percussioni con il ritmo scandito con i battiti delle mani.
Che diventano uno scroscio alla fine del concerto, per la richiesta del bis: e anche qui un omaggio, a Meg dei 99 posse (tra le altre, la musica con cui è cresciuta Flo), e a Napoli, dalla quale non si sfugge e non si fugge.
La canzone che ti devo è un magnifico cassetto pieno di musica e storie: cerca, e troverai anche la tua.
Grazie, Floriana.

Consulta: Forestàte 2024

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