Incroci Sonori: Kevin Hays Trio

Aversa (CE) - 20 gennaio 2007

Articolo di Emanuele Sparta


Aversa, 19 Gennaio, Teatro Cimarosa. Quarto appuntamento della seconda edizione di Incroci Sonori, rassegna di musica jazz che, con cadenza mensile, anima le serate musicali della provincia di Caserta. Stasera in scena al Teatro Cimarosa il Kevin Hays Trio, formazione che continua a riscuotere un grande successo di pubblico e critica a seguito della pubblicazione, nel 2006, del disco di standard For Heaven Sake.
Leader del gruppo è naturalmente Kevin Hays, giovane pianista americano che vanta collaborazioni con Roy Haynes, Joe Henderson, Joshua Redman, Sonny Rollins, John Scofield, e che dimostra fin dalle prime note che la fama internazionale è ben meritata. Infatti, a parte il suono sconfortante (inizialmente l’assenza di bassi rende il piano una sorta di clavicembalo, poi la situazione migliora, ma forse è solo assuefazione), Kevin Hays dà subito prova di un’eccellente tecnica pianistica e di una singolare capacità espressiva soprattutto come solista. Propone assoli costruiti con frasi frammentate e concise, piene zeppe di quelle che Davis chiamava “note difficili”, ma sempre con un grande gusto melodico e con uno spiccato senso ritmico. Colpisce in particolare per la sapienza armonica e soprattutto per la capacità di creare, attraverso un accorto uso delle dinamiche, atmosfere calde ed avvolgenti, quasi ipnotiche. L’unica pecca è forse la ridondanza e l’eccessiva lunghezza degli assoli, ma si sa: i pianisti son fatti così, appena possono ne approfittano, bisogna avere pazienza!
Sicuramente di pazienza ne ha molta il contrabbassista Doug Weiss, il quale aspetta diligentemente il suo turno per dar vita ad assoli molto melodici e cantabili che però non sembrano incontrare l’apprezzamento del pubblico. Probabilmente molti in platea ricordano ancora John Hebert, il virtuosissimo contrabbassista di Adam Kolker salito su questo palco un mese fa, con cui il confronto in questo caso è davvero schiacciante.
Un capitolo a parte meriterebbe il batterista Bill Stewart, noto ai più soprattutto per le sue collaborazioni con John Scofield e Pat Metheny nel mitico trio completato da Larry Grenadier al contrabbasso. Oltre ad avere un’eccellente tecnica strumentale, Bill Stewart è infatti un vero e proprio vulcano di idee, un musicista poliedrico ed effervescente che riesce a tirar fuori dal suo set minimale un gamma di ritmi, suoni e timbri assolutamente incredibile. Tutto ciò senza mai essere eccessivo, ma sempre mettendosi al servizio delle esigenze espressive del gruppo nel suo complesso. Infatti, al di là della bravura dei singoli strumentisti, ciò che colpisce di questo trio è l’attitudine naturale all’interplay, l’abilità nel coinvolgere il pubblico e soprattutto la capacità di esprimere uno stile ed un linguaggio proprio, distintivo ed originale. La dimostrazione insomma che a volte, per guardare al futuro, non è necessario essere brutalmente innovativi, ma basta avere l’umiltà di appoggiarsi saldamente sulle spalle dei giganti del passato.

P.S.: Per chi fosse interessato alle problematiche connesse al rapporto tra discografia tradizionale e nuove tecnologie, ed alle relative soluzioni, segnalo il sito dell’Artistshare (www.artistshare.com), casa di produzione con cui il Kevin Hays Trio è in procinto di pubblicare il suo prossimo album.

P.P.S.: Domandina impertinente: perchè organizzare una rassegna jazz così corposa e con nomi di tale rilievo internazionale per poi non pubblicizzarla e lasciar che sia seguita solo da un ristretto gruppo di appassionati? Io non trovo una risposta, e voi?
 

consulta: Incroci sonori ad Aversa

 

 

 
 

 

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