Teatro Garibaldi: stagione 2024/25
S Maria C. V. (CE) - Dal 20 Novembre 2024
Comunicato stampa
Abbonamento 9 Spettacoli
Mercoledì 20 Novembre, Biagio Izzo in
“L’arte della truffa” scritto da Toni Fornari, Andrea Maia, Vincenzo Sinopoli e
Augusto Fornari
regia Augusto Fornari, con Carla Ferraro,
Roberto Giordano, Arduino Speranza, Ciro Pauciullo e Adele Vitale
La vita di
Gianmario e della moglie Stefania viene sconvolta dall’arrivo del fratello di
lei, Francesco, che la coppia è costretta a prendere in casa per fargli ottenere
gli arresti domiciliari. Gianmario, integerrimo uomo d’affari, è preoccupato che
la presenza del cognato, noto truffatore, possa nuocere ai rapporti che lui
intrattiene con alti prelati del Vaticano, per i quali lavora. Ma un imprevisto
rovescio finanziario porta Gianmario ad aver bisogno delle ‘arti’ del cognato,
accettando in qualche misura le sue ‘regole’, da sempre criticate, ma ora
indispensabili per salvare la sua reputazione di grande uomo d’affari.
Il
nuovo spettacolo di Biagio Izzo è una commedia brillante, che tra momenti
paradossali, comici ed emozionanti ci farà assistere alla consumazione di una
truffa ...a fin di bene, che porterà Gianmario a riconsiderare il rapporto con
il cognato
Martedì 10 Dicembre, "Perfetti sconosciuti"
scritto e diretto da Paolo Genovese
con Dino Abbrescia, Alice Bertini, Marco
Bonini, Paolo Calabresi, Massimo De Lorenzo, Lorenza Indovina, Valeria Solarino
Paolo Genovese firma la sua prima regia teatrale portando in scena l’adattamento
di PERFETTI SCONOSCIUTI
Una brillante commedia sull’amicizia, sull’amore e
sul tradimento, che porterà quattro coppie di amici a confrontarsi e a scoprire
di essere “perfetti sconosciuti”.
Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica,
una privata ed una segreta. Un tempo quella segreta era ben protetta
nell’archivio della nostra memoria, oggi nelle nostre sim.
Cosa succederebbe
se quella minuscola schedina si mettesse a parlare? Durante una cena, un gruppo
di amici decide di fare un gioco della verità mettendo i propri cellulari sul
tavolo, condividendo tra loro messaggi e telefonate.
Metteranno così a
conoscenza l’un l’altro i propri segreti più profondi…
Venerdì 31
Gennaio, Enzo De Caro in "L'avaro Immaginario" scritto e diretto da
Enzo De Caro
con Nunzia Schiano
e con (in o.a.) Carlo Di Maio, Massimo
Pagano, Giorgio Pinto, Fabiana Russo, Ingrid Sansone, Luigi Bignone, musiche
Nino Rota (Da “Le Molière Immaginarie”)
musiche di scena ispirate a
villanelle e canzoni popolari del 600’ napoletano
Sette quadri, un prologo e
un epilogo. Un viaggio nel teatro, quello di Molière, un viaggio nel tempo,
quello del Seicento, reale e immaginario, di Oreste Bruno da Nola, e la sua
famiglia. È il viaggio verso Parigi, verso il teatro, verso Molière. Ma anche
una
fuga: dalla peste, da una terribile epidemia che ha costretto i Nostri a
cimentarsi in un avventuroso viaggio verso un sogno, una speranza o solo la
salvezza.
L’avvicinamento anche fisico a Parigi, al teatro di Molière, la
“corrispondenza” che il capocomico invia quotidianamente all’illustre “collega”,
la forte connessione tra il mondo culturale e teatrale della Napoli di quel
tempo con quella francese di Molière. Si avverte l’importante eredità del
rivoluzionario pensiero di Filippo, detto poi Giordano, uno zio prete di Oreste
Bruno.
In particolare, “L’Avaro” e “Il Malato Immaginario” sono stati i due
titoli a cui, una generazione dopo l’altra, i De Filippo, padre e figlio, hanno
dedicato seppur con differenti approcci la loro attenzione, sia teatrale che
umana, dal momento che per entrambi,
come del resto per Molière, il confine
tra la rappresentazione teatrale e la vita, è stato davvero sottile.
Venerdì 7 Febbraio, Sal Da Vinci in "Sal Da Vinci Stories", uno
spettacolo scritto da Sal Da Vinci, Luca Miniero, Ciro Villano, con Ernesto Lama
basso & contrabbasso Christian Capasso, batteria & percussioni Antonio Mambelli,
Gianluca Mirra, chitarre Maurizio Fiordiliso, fiati &tastiere Giuseppe Fiscale,
fisarmonica & pianoforte Sasà Piedepalumbo
L’idea è quella di uno spettacolo
che unisca il cuore della canzone di Sal con la modernità, anzi con la
quotidianità della tecnologia con la quale tutti i giorni ci confrontiamo: i
social. Tutto si svolge su un palco, elegante, dal sapore neutro ed essenziale,
gli unici elementi che hanno risalto sono un pianoforte con un computer adagiato
sopra e un videowall sul fondo del palco.
Sal armeggia al computer e prepara
vere e proprie storie Instagram. Sono queste storie il filo conduttore dello
spettacolo. Mentre le compone ecco l’occasione per parlare della sua vita con
originalità al pubblico in sala.
Ma procediamo per ordine, con alcuni esempi.
La prima storia Sal la realizza utilizzando alcune foto del padre che vengono
proiettate sul videowall. Mentre appaiono lui le commenta, e commenta un pezzo
della sua vita.
Instagram diventa un modo nuovo, moderno e non
autocelebrativo, per parlare di sé, e consente di far correre lo spettacolo su
due binari. Da un lato la storia pubblica che davvero Sal mette on line una
volta composta, ma anche e soprattutto la storia privata e intima raccontata con
ironia al pubblico in sala.
Insomma il pubblico a casa o su Instagram vede il
finale del discorso, il risultato, ma tutto il racconto emozionale che porta a
quella storia si svolge sul palco. Ogni storia avrà un argomento, corredato di
video e foto e scritte…con un testo e una canzone che l’accompagnerà. Il
rapporto con il padre, vari personaggi della sua vita, i figli, gli esordi ai
matrimoni, il successo, Scugnizzi, il rapporto con Pino Daniele, ma anche il
rapporto con la madre, e con quel genio di De Simone…vogliamo conoscere la sua
opinione su Napoli, e dove stava durante il terremoto ma anche come avvenne
l’incontro con Mattone per Scugnizzi.
Dieci storie di vita e anche di
Instagram perché Sal ha una vita che merita un racconto intimo. Un Sal inedito,
intimo, un viaggio profondo quasi psicoanalitico fra Napoli, la musica e i
colori di un artista che con l sua voce e la sua vita sfugge a tutte le
etichette.
Mercoledì 26 Febbraio, Andrea Pennacchi in
“Arlecchino?”
scritto e diretto da Marco Baliani
con
Marco Artusi, Maria Celeste Carobene, Miguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino,
Valerio Mazzucato, Anna Tringali musiche eseguite dal vivo da Matteo Nicolin e
Riccardo Nicolin
L’Arlecchino che Andrea Pennacchi porta in scena farà forse
sussultare i tanti Arlecchini che nel tempo hanno fatto grande questa maschera
della commedia dell’arte.
Lui cerca in tutti i modi di essere all’altezza del
ruolo, ma non ne azzecca una, é goffo, sovrappeso, del tutto improbabile, ma è
in buona compagnia: gli altri attori, che, come lui, sono stati assoldati, con
misere paghe, dall’imprenditore Pantalone, sono, al pari di Arlecchino,
debordanti, fuori orario, catastroficamente inadeguati.
Eppure tutti questi
sbandamenti, queste uscite di scena e fughe dal copione, che sono anche uscite
nella contemporaneità dell’oggi, queste assurde prestazioni, queste cadute di
stile e cadute al suolo di corpi sciamannati, tutte queste parole affastellate,
tutto questo turbinio di azioni e gesti, stanno proprio rifacendo il miracolo
della grande commedia goldoniana, in una forma non prevista, una commedia
dirompente, straniante, che ricostruisce la tradizione dopo averla
intelligentemente tradita.
Ed ecco allora che la storia si dipana nella sua
narrazione e ne esce un Arlecchino mai visto che riunisce stilemi diversi,
frammenti di cabaret, burlesque, avanspettacolo, commedia, dramma, un gran
calderone ultrapostmoderno che inanella via via pezzi di memoria della storia
del teatro.
Per riuscire a creare un simile guazzabuglio di intenzioni, per
riuscire a renderlo eccezionalmente vivo, occorrevano attori capaci di seguirmi
in un simile delirio, capaci di interpretare contemporaneamente più ruoli, di
passare dalle proteste borbottanti degli attori sottopagati, alle vorticose
azioni dei personaggi della commedia che pur devono rappresentare. In questo
incessante salto mortale di identità è il loro talento a tenere insieme ciò che
di continuo sembra sfuggire alla presa.
Durante le prove immaginavo di avere
Carlo Goldoni seduto in terza fila, e dovevo dirgli di fare silenzio tanto si
sganasciava dalle risate di fronte a questa sua opera divenuta così inverosimile
da essere ancor più sua.
Le parole che vengono fatte volare sono leggere,
eppure, eppure, come accade davvero nella vera commedia, arrivano stilettate e
spifferi lancinanti che parlano dei nostri giornalieri disastri di paese e di
popolo, così che i terremoti scenici ci ricordano il traballare quotidiano delle
nostre esistenze. (Marco Baliani)
Sabato 8 Marzo, Ebbanesis
in "Bek Steig" di Viviana Cangiano e Serena Pisa
Un racconto intimo di ciò
che accade in camerino prima di entrare in scena, tra confidenze,
incomprensioni, preparazione e goliardìa. In un’alternanza di traduzioni, brani
inediti e tradizione napoletana, il duo ‘Ebbanesis mette in scena un vero e
proprio festival delle acrobazie vocali, musicali e recitative.
Note di regia
Dopo Serenvivity e Transleit arriva BEK STEIG, il nuovo spettacolo musicale del
duo ‘Ebbanesis, che mostra le due artiste in un camerino, in quel tempo fatto di
preparazione, intimità, goliardìa, confidenze, incomprensioni, chiarimenti,
idee, concentrazione, che di fatto precedono il concerto in pubblico. Uno
spettacolo che era chiuso nel cassetto da oltre sette anni che ci mostrerà più
che mai interpreti di noi stesse con tutte le caratteristiche e sfumature che ci
rappresentano. Ci è sempre piaciuta l’idea di raccontare al pubblico le
sensazioni che si provano quando poi bisogna fare i conti con il palcoscenico,
qualunque fosse lo stato d’animo di quel momento della nostra vita. Ci piaceva
raccontare alla nostra maniera di teatro-canzone le dinamiche della vita
quotidiana di una cameretta con quella artistica del camerino di un teatro.
Inoltre sentiamo l’esigenza di staccarci dalla postazione fissa che ha
caratterizzato i nostri precedenti spettacoli, per creare oltre al dinamismo
sulla scena, un inedito contatto ancor più diretto con gli spettatori. Non
mancheranno le traduzioni, ancora motore del nostro progetto, ma ci saranno
anche delle novità discografiche con l’inserimento di inediti, che, mescolati
alle immancabili della tradizione napoletana, fanno di BEK STEIG un vero e
proprio festival delle acrobazie vocali, musicali e recitative. (Viviana
Cangiano e Serena Pisa)
Giovedì 27 Marzo, Massimo De
Matteo in “‘Na santarella” di Eduardo Scarpetta
adattamento e
regia Claudio Di Palma con Giovanni Allocca, Chiara Baffi, Marika De Chiara,
Angela De Matteo, Carlo Di Maro, Luciano Giugliano, Valentina Martiniello, Peppe
Miale, Sabrina Nastri, Federico Siano
La Santarella?! Che angelo di figlia!
Ma pure Chesta nun è na femmena, è na diavula.
Due pronunciamenti testuali
così contrastanti sulle virtù e i vizi di un’unica persona ci dicono, fra le
altre cose, che Scarpetta ha inteso eleggere questa sua Santarella a simbolo di
un emblematico dualismo comportamentale.
Una donna dalla doppia personalità,
insomma: timida e timorata di Dio, ma anche, intimamente, estrosa, ribelle e
volitiva. Ma le pulsioni latenti di questa femmena, che è “angelo e diavula”,
per Scarpetta sono anche l’occasione per svelare bipolarismi caratteriali assai
più diffusi.
In questo senso, emblema e cardine di infi ngimenti e
contraddizioni varie, è, naturalmente e soprattutto, il Felice “di turno”, per
l’occasione in abiti di musicista compositore. Intorno ai due, l’autore
costruisce una rete di umanissimi, ancorché anomali, figuri tutti alle prese con
dissonanze interiori mal risolte, con vizi, ipocrisie ed ambizioni nascoste a
malapena. Tutti con indosso vesti di convenienza che mistificano le identità e
tutti, allo stesso tempo, capaci di trovare soluzioni alle proprie nevrosi negli
stessi equivoci prodotti. Per questo non nasce dramma.
Mai. Neppure di fronte
a spiazzanti fratture psichiche. No, nessun dramma. Il teatro di Scarpetta,
implicitamente sensibile agli sdoppiamenti che il Novecento insinuerà anche
negli uomini semplici, si occupa piuttosto proprio del ribaltamento categorico
del dramma, ossia, la comicità. In questo senso la costruzione è perfetta e,
nella nostra lettura, trova collocazione più opportuna proprio nel teatro. Il
teatro inteso come spazio dell’azione in cui i desideri, le vanità o certe
perniciosità umorali, possono immaginare plausibili e creative realizzazioni o
terapeutiche risolutive elaborazioni.
Nella nostra scena, dunque, c’è solo il
teatro, che sia quello da parrocchia o quello più ufficiale addirittura d’opera.
Il teatro, solo: nudo e solenne. Un teatro che, anche fra le quinte, riservi
sorprese esilaranti, sappia nascondere o rivelare trucchi ed ambiguità, possa
concedere epiloghi inattesi. Un teatro, inoltre, che ripari le ipocrisie e i
disturbi dissociativi dei suoi protagonisti nell’irresistibile e cinica
drammaturgia che Scarpetta tipizza con impareggiabile e consapevole ironia. (Claudio Di Palma)
Giovedì 10 Aprile, Silvio Orlando in “Ciarlatani”
testo e regia Pablo Remón, traduzione italiana Davide
Carnevali, da Los Farsantes
con Francesca Botti, Francesco, Brandi, Nina Pons
Ciarlatani racconta la storia di due personaggi legati al mondo del cinema e del
teatro. Anna Velasco è un’attrice la cui carriera è in fase di stallo. Dopo aver
recitato in piccole produzioni di opere classiche, ora lavora come insegnante di
pilates e nei fine settimana fa teatro per bambini. Tra soap opera televisive e
spettacoli alternativi, Anna è alla ricerca del grande personaggio che la farà
finalmente trionfare. Diego Fontana è un regista di successo di fi lm
commerciali che si sta imbarcando in una grande produzione: una serie da girare
in tutto il mondo, con star internazionali. Un incidente lo porterà ad
affrontare una crisi personale e a ripensare la sua carriera. Questi due
personaggi sono collegati dalla figura del padre di Anna, Eusebio Velasco,
regista di culto degli anni ’80, scomparso e isolato dal mondo.
Ciarlatani
sono anche diverse opere in una: ognuno di questi racconti ha uno stile, un tono
e una forma particolari. Il racconto di Anna ha uno stile eminentemente
cinematografi co, con un narratore che ci guida, e in cui sogno e realtà si
confondono. La storia di Diego è un’opera teatrale più classica, rappresentata
in spazi più realistici.
E infi ne c’è, a mo’ di pausa o parentesi,
un’autofiction in cui l’autore dell’opera a cui stiamo assistendo si difende
dalle accuse di plagio.
Queste storie sono raccontate in parallelo, si
alimentano a vicenda, sono specchi degli stessi temi. L’insieme è costruito con
capitoli in parte indipendenti, che formano una struttura più vicina al romanzo
che al teatro. L’intenzione è che “Ciarlatani” sia una narrazione eminentemente
teatrale, ma con un’aspirazione romanzesca e cinematografica.
Ciarlatani infi
ne è una commedia in cui solo quattro attori viaggiano attraverso decine di
personaggi, spazi e tempi. Una satira sul mondo del teatro e dell’audiovisivo,
ma anche una riflessione sul successo, sul fallimento e sui ruoli che
ricopriamo, dentro e fuori la finzione. (Pablo Remón)
Martedì 29
Aprile, Massimiliano Gallo in "Malinconico, moderatamente felice" di
Diego De Silva e Massimiliano Gallo
regia Massimiliano Gallo, con Biagio
Musella, musiche e canzoni originali di Joe Barbieri
Questo progetto teatrale
nasce dall’idea di portare sulla viva scena del palco la voce (e il corpo)
narrante di un personaggio letterario, e successivamente televisivo, che negli
anni ha conquistato un vasto pubblico di lettori e di spettatori. Vincenzo
Malinconico, l’avvocato d’insuccesso dalla carriera sgangherata e dalla vita
sentimentale instabile (e forse proprio per questo gradita a un pubblico che non
ama identificarsi con i vincenti, in fondo prevedibili e noiosi), affida il
racconto delle sue storie – ma soprattutto del suo inciampare nelle
complicazioni della vita comuni a noi tutti – a Massimiliano Gallo che ha
incarnato con un senso dell’umorismo geneticamente napoletano l’attitudine
filosofica e rigorosamente autodidatta di Malinconico, coniugando con leggerezza
e musicalità l’indole al tempo stesso riflessiva e astratta, disorientata e
confusa, adulta e infantile, di un uomo alle prese con le difficoltà del vivere,
che con un senso del ricolo costantemente acceso sulla realtà (e soprattutto su
se stesso) lotta col disagio di non sentirsi a suo agio nei ruoli che la vita
gli assegna. Perché non è facile sentirsi all’altezza dei vari compiti a cui le
giornate ci chiamano, interpellandoci di volta in volta in veste di lavoratori,
professionisti, genitori, coniugi, amanti, amici: le tante, complesse categorie
della vita in cui dobbiamo reinventarci ogni volta, sottoponendoci a quegli
esami del nostro stare al mondo che, come ci ha insegnato un maestro del teatro,
non finiscono mai. Il nostro spettacolo vedrà in scena, nella pienezza delle sue
attitudini d’interprete, il solo Vincenzo Malinconico, che si abbandonerà, con
il suo flusso narrante rimuginatorio, filosofico, irresistibilmente comico ma
sempre votato alla riflessione (perché per far ridere davvero bisogna
convincere, cioè parlare all’intelligenza dell’altro), a un lungo, confidenziale
monologo con il pubblico, raccontandosi tematicamente. Lo spettacolo segue tre
linee: professione, sentimenti, famiglia, i tre grandi campi di gioco su cui si
svolge la partita della vita di noi tutti.
Quello di Vincenzo Malinconico è
un progetto a cui sono particolarmente legato e che ho voluto fortemente.
Malinconico l’ho amato, ascoltato; ci siamo fidati uno dell’altro, e finalmente
l’ho indossato e vissuto. È dunque un passaggio naturale portarlo in scena,
grazie alla penna sopraffina di Diego De Silva e al mio senso dello spettacolo,
dandogli corpo e anima. Ora ce da cucirgli un abito in cui stia comodo. Una
scena funzionale, un amico immaginario e cinque musicisti che gli faranno
compagnia. In video, gli interventi dei suoi amici, dei suoi amori, del suo
complicatissimo mondo. Sarà una regia amorevole, la mia, sperando di farvi
conoscere Vincenzo per come io lo conosco. (Massimiliano Gallo)
Abbonamento 3 Spettacoli
21 Novembre, Biagio Izzo in “L’arte della
truffa”
9 Marzo, Ebbanesis in "Bek Steig" di Viviana
Cangiano e Serena Pisa
30 Aprile, Massimiliano Gallo in
"Malinconico, moderatamente felice" di Diego De Silva e Massimiliano Gallo
Orario spettacoli feriali ore 21.00 - festivi ore 18.00
Teatro Garibaldi, Corso Garibaldi, Santa Maria Capua Vetere
Biglietteria dal
lunedì al sabato ore 10.00/13.00
martedì e giovedì anche ore 17.00/20.00
Info botteghino 0823.799612