Biagio Izzo
Massimiliano Gallo in “Amanti”
Lino Musella
Alessio Boni
Massimo De Matteo
Arlecchino?
Silvio Orlando in “Ciarlatani”
Comunicato stampa
da venerdì 8 a domenica 10 novembre,
Biagio Izzo in “L’arte della truffa” scritto da Toni Fornari, Andrea Maia,
Vincenzo Sinopoli e Augusto Fornari
regia Augusto Fornari, con Carla Ferraro,
Roberto Giordano, Arduino Speranza, Ciro Pauciullo e Adele Vitale
La vita di
Gianmario e della moglie Stefania viene sconvolta dall’arrivo del fratello di
lei, Francesco, che la coppia è costretta a prendere in casa per fargli ottenere
gli arresti domiciliari. Gianmario, integerrimo uomo d’affari, è preoccupato che
la presenza del cognato, noto truffatore, possa nuocere ai rapporti che lui
intrattiene con alti prelati del Vaticano, per i quali lavora. Ma un imprevisto
rovescio finanziario porta Gianmario ad aver bisogno delle ‘arti’ del cognato,
accettando in qualche misura le sue ‘regole’, da sempre criticate, ma ora
indispensabili per salvare la sua reputazione di grande uomo d’affari.
Il
nuovo spettacolo di Biagio Izzo è una commedia brillante, che tra momenti
paradossali, comici ed emozionanti ci farà assistere alla consumazione di una
truffa ...a fin di bene, che porterà Gianmario a riconsiderare il rapporto con
il cognato
da venerdì 29 novembre a domenica 1 dicembre,
Lino Musella in “Tavola tavola, chiodo chiodo…”
un progetto di Lino Musella e
Tommaso De Filippo tratto da appunti, articoli, corrispondenze e carteggi di
Eduardo De Filippo, musiche dal vivo Marco Vidino
Torna in scena Tavola
tavola, chiodo chiodo uno spettacolo di e con Lino Musella, vincitore – tra gli
altri – nel 2019 del Premio Ubu come migliore attore.
A dare il là a questo
progetto, fortemente voluto dall’attore napoletano, sono state le tante rifl
essioni emerse, durante la pandemia, sul mondo dello spettacolo e sulle sue
sorti.
“In questo tempo mi è capitato - scrive Musella nelle sue note - di
rifugiarmi nelle parole dei grandi: poeti, scrittori, drammaturghi, filosofi ,
per cercare conforto, ispirazione o addirittura per trovare, in quelle stesse
parole scritte in passato, risposte a un presente che oggi possiamo definire
senza dubbio più presente che mai; è nato così in me il desiderio di riscoprire
l’Eduardo capocomico e mano mano ne è venuto fuori un ritratto d’artista non
solo legato al talento e alla bellezza delle sue opere, ma piuttosto alle sue
battaglie donchisciottesche condotte instancabilmente tra poche vittorie e molti
fallimenti”.
Tommaso De Filippo impegnato nella cura dell’eredità culturale
della famiglia ha appoggiato Lino Musella nella sua ricerca nelle memorie di
Eduardo volendo incoraggiare fortemente il dialogo tra generazioni in scena.
L’attore dà dunque voce e corpo alle parole delle lettere indirizzate alle
Istituzioni, al discorso al Senato, agli appunti, ai carteggi relativi
all’impresa estenuante per la costruzione e il mantenimento del Teatro San
Ferdinando; ad affiancarlo in scena il maestro Marco Vidino che esegue dal vivo
musiche originali appositamente composte per lo spettacolo.
“Tavola tavola,
chiodo chiodo sono le parole incise su una lapide del palcoscenico del San
Ferdinando, lapide che Eduardo erige a Peppino Mercurio, il suo macchinista per
una vita, che tavola dopo tavola, appunto, era stato il costruttore di quello
stesso palcoscenico, distrutto dai bombardamenti nel ‘43. Faccio parte di una
generazione nata tra le macerie del grande Teatro e che può forse solo scegliere
se soccombere tra le difficoltà o tentare di mettere in piedi, pezzo dopo pezzo,
una possibilità per il futuro, come ermeticamente indicano quelle parole incise
nel Teatro di Eduardo che in realtà suggeriscono un’azione energica e continua.
Questo grande artista è costantemente impegnato a ‘fare muro’ per smuovere la
politica e le Istituzioni e ne esce spesso perdente, in parte proprio come noi
in questo tempo, ma anche da lontano non smette mai di alzare la sua fl ebile,
roboante voce e mi piace pensare che lo faccia proprio per noi”
da
venerdì 6 a domenica 8 dicembre, Emilio Solfrizzi e Carlotta Natoli in
“L’anatra all’arancia” di W. D. Home e M. G. Sauvajon, con Ruben Rigillo,
Beatrice Schiaffino e con Antonella Piccolo, regia Claudio Greg Gregori
“L’Anatra all’Arancia” è un classico feuilleton dove i personaggi si muovono
algidi ed eleganti su una scacchiera irta di trabocchetti. Ogni mossa dei
protagonisti, però, ne rivela le emozioni, le mette a nudo a poco a poco e il
cinismo lascia il passo ai timori, all’acredine, alla rivalità, alla gelosia; in
una parola all’Amore, poiché è di questo che si parla. “L’Anatra all’Arancia” è
una commedia che ti afferra immediatamente e ti trascina nel suo vortice di
battute sagaci, solo apparentemente casuali, perché tutto è architettato come
una partita a scacchi.
La trasformazione dei personaggi avviene morbida,
grazie a una regia che la modella con cromatismi e movimenti talvolta sinuosi,
talvolta repentini, ma sempre nel rispetto di un racconto sofisticato in cui le
meschinità dell’animo umano ci servano a sorridere, ma anche a suggerirci il
modo di sbarazzarsene.
da venerdì 13 a domenica 15 dicembre,
Peppe Barra e Lalla Esposito in “La cantata dei pastori”
di Peppe Barra e
Lamberto Lambertini, regia Lamberto Lambertini, musiche Giorgio Mellone
“A
Messa, o a Teatro!” Questo dilemma, al termine della cena della Vigilia, negli
anni passati, metteva in crisi il popolo napoletano. Messa di mezzanotte o “La
Cantata dei Pastori”, sempre a mezzanotte, ma a teatro? Peppe Barra è riuscito a
mantenere questo appuntamento rituale, questa rappresentazione popolare, per più
di quaranta anni. Prima con Roberto De Simone, che l’aveva riscritta come
spettacolo della Tradizione musicale Campana, poi con la madre Concetta Barra e
Lamberto Lambertini, nei teatri d’Italia e d’Europa, infi ne da solo per tutti
gli anni seguenti. Uno spettacolo che, pur attenendo al poema religioso, al
dramma pastorale e alla commedia dell’arte, il popolino aveva trasformato, nel
corso del settecento, dell’ottocento e del novecento, in un gustoso e glorioso
pasticcio di sentimento religioso e di teatro comico. Peppe Barra, di nuovo
insieme con Lamberto Lambertini, la ripropone quest’anno in una nuovissima
edizione, per offrire all’affezionatissimo pubblico sorprese continue, colpi di
scena imprevisti, risate irrefrenabili e lacrime di commozione, come quando il
papà o la nonna decidevano a mezzanotte di optare per il Teatro, portando noi
bambini, senza più sonno, ad attendere, tremanti d’eccitazione e anche di paura,
che l’enorme sipario si aprisse. Peppe indosserà l’amata maschera di Razzullo,
pulcinellesco scrivano, mentre i panni di Sarchiapone li indosserà Lalla
Esposito, ricomponendo così la coppia teatrale che ha riscosso tanto successo
nella scorsa stagione, per reinventare le buffe vicissitudini dei due poveracci
napoletani catapultati in Palestina, dalla fame il primo, dai suoi crimini il
secondo, proprio nei giorni dello scontro titanico tra gli Angeli e i Demoni,
mentre Maria e Giuseppe cercano un riparo per la nascita del Figlio di Dio.
da venerdì 10 a domenica 12 gennaio, Silvia Gribaudi in
“Graces”
coreografi a Silvia Gribaudi, drammaturgia Silvia Gribaudi and
Matteo Maffesanti
danzatori Silvia Gribaudi, Francesco Saverio Cavaliere,
Matteo Marchesi e Andrea Rampazzo
GRACES è un progetto di performance
ispirato alla scultura e al concetto di bellezza e natura che Antonio Canova
realizzò tra il 1812 e il 1817.L’ispirazione è mitologica. Le 3 fi glie di Zeus
-Aglaia, Eufrosine e Talia- erano creature divine che diffondevano splendore,
gioia e prosperità. In scena tre corpi maschili, tre danzatori (Siro Guglielmi,
Matteo Marchesi, Andrea Rampazzo) dentro ad un’opera scultorea che simboleggia
la bellezza in un viaggio di abilità e tecnica che li porta in un luogo e in un
tempo sospesi tra l’umano e l’astratto. Qui il maschile e il femminile si
incontrano, lontano da stereotipi e ruoli, liberi, danzando il ritmo stesso
della natura. In scena anche l’autrice Silvia Gribaudi che ama definirsi
“autrice del corpo” perché la sua poetica trasforma in modo costruttivo le
imperfezioni elevandole a forma d’arte con una comicità diretta, crudele ed
empatica in cui non ci sono confi ni tra danza, teatro e performing arts. Negli
ultimi 10 anni Silvia Gribaudi si è interrogata sugli stereotipi di genere,
sull’identità del femminile e sul concetto di virtuosismo nella danza e nel
vivere quotidiano, andando oltre la forma apparente, cercando la leggerezza,
l’ironia e lo humour nelle trasformazioni fi siche, nell’invecchiamento e
nell’ammorbidirsi dei corpi in dialogo col tempo. Graces si è realizzato grazie
allo sguardo registico e visivo di Matteo Maffesanti (regista, formatore e
videomaker) che ha seguito con Silvia Gribaudi tutto il processo artistico che
si è sviluppato con tappe di lavoro che comprendevano laboratori con cittadini
sui materiali coreografici.
da venerdì 24 a domenica 26 gennaio,
Alessio Boni in “Iliade. Il gioco degli dèi”
testo di Francesco Niccolini,
liberamente ispirato all’Iliade di Omero, drammaturgia di Roberto Aldorasi,
Alessio Boni, Francesco Niccolini e Marcello Prayer; regia Roberto Aldorasi -
Alessio Boni - Marcello Prayer
Iliade canta di un mondo in cui l’etica del
successo non lascia spazio alla giustizia e gli uomini non decidono nulla, ma
sono agiti dagli dèi in una lunga e terribile guerra senza vincitori né vinti.
La coscienza e la scelta non sono ancora cose che riguardano gli umani: la
civiltà dovrà attendere l’età della Tragedia per conoscere la responsabilità
personale e tutto il peso della libertà da quegli dèi che sono causa di tutto ma
non hanno colpa di nulla.
In quel mondo arcaico dominato dalla forza, dal
Fato ineluttabile e da dèi capricciosi non è difficile specchiarci e riconoscere
il nostro: le nostre vite dominate dalla paura, dal desiderio di ricchezza,
dall’ossessione del nemico, dai giochi di potere e da tutte le forze distruttive
che ci sprofondano nell’irrazionale e rendono possibile la guerra.
Ci sono
tutti i semi del tramonto del nostro Occidente in Iliade che, come accade con la
grande poesia, contiene anche il suo opposto: la responsabilità e la libertà di
scegliere e di dire no all’orrore.
A dieci anni dalla nascita, dopo I
Duellanti e Don Chisciotte, il Quadrivio, formato da Roberto Aldorasi, Alessio
Boni, Francesco Niccolini e Marcello Prayer, riscrive e mette in scena l’Iliade
per specchiarsi nei miti più antichi della poesia occidentale e nella guerra di
tutte le guerre.
Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Marcello Prayer
da venerdì 14 a domenica 16 febbraio, Massimiliano Gallo in “Amanti”
con Fabrizia Sacchi e con Orsetta De Rossi, Eleonora Russo, Diego D’Elia
una
commedia scritta e diretta da Ivan Cotroneo
È settembre. Claudia e Giulio si
incontrano per la prima volta davanti a un ascensore, nell’atrio di un palazzo
borghese. Le porte si aprono. Lei sta andando via, lui deve salire. Ma Claudia
si accorge di avere dimenticato un fazzoletto su, e risale con Giulio.
L’appartamento al quale sono diretti è lo stesso: scoprono infatti solo ora che
entrambi frequentano la stesso analista, la dottoressa Gilda Cioffi,
psicoterapeuta specializzata in problemi di coppia. Hanno l’appuntamento
settimanale con la dottoressa ogni mercoledì: alle 15 lei, alle 16 lui. Si
presentano stringendosi la mano. È il loro primo contatto fisico. Due mesi dopo
ritroviamo Claudia e Giulio in una stanza d’albergo. Stanno facendo l’amore.
Sono diventati amanti. Entrambi sposati, Giulio con moglie e tre figli, Claudia
con un marito più giovane di lei con il quale sta cercando di avere un bambino,
si vedono regolarmente e clandestinamente per stare insieme. E si dicono che è
solo sesso, avventura, evasione. Che non fanno male a nessuno. Che quello spazio
non c’entra davvero con le loro vite reali. Ma può essere davvero così quando
due persone si incontrano ripetutamente e pretendono di controllare sesso e
amore? Amanti segue la storia della relazione di Giulio e Claudia, intervallando
i loro incontri in albergo con i dialoghi che ciascuno di due ha con la
dottoressa Cioffi, la quale ovviamente ignora che i suoi due problematici
pazienti hanno una relazione tra di loro. Così la loro storia si dipana fra gli
incontri a letto, e le verità o le menzogne che contemporaneamente raccontano
alla dottoressa, dalla quale vanno da soli o insieme ai rispettivi partner,
Laura e Roberto. Una progressione temporale fatta di equivoci, imbrogli, passi
falsi, finte presentazioni, menzogne, incasinamenti, prudenza, e anche guai
evitati per miracolo.
Fino a quando qualcosa stravolge tutti gli equilibri.
Amanti è una commedia in due atti sull’amore, sul sesso, sul tradimento e
sul matrimonio, sulle relazioni di lunga durata e sulle avventure a termine, sul
maschile e sul femminile, e in defi nitiva sulla ricerca della felicità che
prende sempre strade diverse da quelle previste.
Una commedia brillante e
divertente, con situazioni e dialoghi che strappano risate, ma anche
un’esplorazione dei sentimenti di una coppia che nella clandestinità trova
rifugio, conforto, divertimento, ma anche affanno, preoccupazione, e forse
pericolo.
Ivan Cotroneo
da venerdì 21 a domenica 23 febbraio,
Andrea Pennacchi in “Arlecchino?”
scritto e diretto da Marco Baliani
con
Marco Artusi, Maria Celeste Carobene, Miguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino,
Valerio Mazzucato, Anna Tringali musiche eseguite dal vivo da Matteo Nicolin e
Riccardo Nicolin
L’Arlecchino che Andrea Pennacchi porta in scena farà forse
sussultare i tanti Arlecchini che nel tempo hanno fatto grande questa maschera
della commedia dell’arte.
Lui cerca in tutti i modi di essere all’altezza del
ruolo, ma non ne azzecca una, é goffo, sovrappeso, del tutto improbabile, ma è
in buona compagnia: gli altri attori, che, come lui, sono stati assoldati, con
misere paghe, dall’imprenditore Pantalone, sono, al pari di Arlecchino,
debordanti, fuori orario, catastroficamente inadeguati.
Eppure tutti questi
sbandamenti, queste uscite di scena e fughe dal copione, che sono anche uscite
nella contemporaneità dell’oggi, queste assurde prestazioni, queste cadute di
stile e cadute al suolo di corpi sciamannati, tutte queste parole affastellate,
tutto questo turbinio di azioni e gesti, stanno proprio rifacendo il miracolo
della grande commedia goldoniana, in una forma non prevista, una commedia
dirompente, straniante, che ricostruisce la tradizione dopo averla
intelligentemente tradita.
Ed ecco allora che la storia si dipana nella sua
narrazione e ne esce un Arlecchino mai visto che riunisce stilemi diversi,
frammenti di cabaret, burlesque, avanspettacolo, commedia, dramma, un gran
calderone ultrapostmoderno che inanella via via pezzi di memoria della storia
del teatro.
Per riuscire a creare un simile guazzabuglio di intenzioni, per
riuscire a renderlo eccezionalmente vivo, occorrevano attori capaci di seguirmi
in un simile delirio, capaci di interpretare contemporaneamente più ruoli, di
passare dalle proteste borbottanti degli attori sottopagati, alle vorticose
azioni dei personaggi della commedia che pur devono rappresentare. In questo
incessante salto mortale di identità è il loro talento a tenere insieme ciò che
di continuo sembra sfuggire alla presa.
Durante le prove immaginavo di avere
Carlo Goldoni seduto in terza fila, e dovevo dirgli di fare silenzio tanto si
sganasciava dalle risate di fronte a questa sua opera divenuta così inverosimile
da essere ancor più sua.
Le parole che vengono fatte volare sono leggere,
eppure, eppure, come accade davvero nella vera commedia, arrivano stilettate e
spifferi lancinanti che parlano dei nostri giornalieri disastri di paese e di
popolo, così che i terremoti scenici ci ricordano il traballare quotidiano delle
nostre esistenze.
Marco Baliani
da venerdì 7 a domenica 9 marzo,
Enrico Guarneri e Nadia De Luca in “Storia Di Una Capinera” di Giovanni Verga,
adattamento di Micaela Miano con la partecipazione straordinaria di Emanuela
Muni e con Rosario Marco Amato, Verdiana Barbagallo, Federica Breci Alessandra
Falci, Elisa Franco, Loredana Marino, Liborio Natali; regia Guglielmo Ferro
La vicenda si concentra su un unico nucleo narrativo: la storia della povera
Maria, raccontata attraverso le lettere che essa scrive ad una compagna di
convento (Marianna).
Il cambiamento interiore di Maria nasce da una sua
provvisoria liberazione, dal contatto con la natura, dal suo ritrovarsi con la
famiglia nelle terre di Monte Ilice mentre a Catania infuria il contagio del
colera.
La storia si snoda tutta sul fi lo di un progressivo itinerario
spirituale: quella esperienza fa sorgere in lei il senso d’una vita più libera e
aperta, e l’avvia a concepire una crescente avversione per l’ambiente
conventuale dove ha trascorso da educanda gli anni dell’adolescenza. Di qui,
scopre l’amore.
Il giovane Nino è l’idolo un po’ sfocato che accende nella
protagonista la fi amma di una passione inestinguibile. Ma il rapporto è
troncato sul nascere dall’intervento dei familiari: Nino sposerà la sorella di
Maria (Giuditta), acconciandosi a un matrimonio giudizioso e senza
fantasticherie. Maria sarà costretta a rientrare in convento dove si spegnerà
dopo lunga e penosa agonia.
Storia di una Capinera nasce come spettacolo, con
grande successo di pubblico e di critica, poi diventa una pubblicazione
editoriale del copione integrale (col supporto della colonna sonora) tratto dal
romanzo verghiano. La scansione epistolare e monologante di Maria con l’amica
Marianna diventa azione scenica coi personaggi che prendono vita e si muovono
all’interno della narrazione, intorno alla protagonista. Maria è la piccola
capinera in gabbia.
da venerdì 28 a domenica 30 marzo,
Massimo De Matteo in “‘Na santarella” di Eduardo Scarpetta
adattamento e
regia Claudio Di Palma con Giovanni Allocca, Chiara Baffi, Marika De Chiara,
Angela De Matteo, Carlo Di Maro, Luciano Giugliano, Valentina Martiniello, Peppe
Miale, Sabrina Nastri, Federico Siano
La Santarella?! Che angelo di figlia!
Ma pure Chesta nun è na femmena, è na diavula.
Due pronunciamenti testuali
così contrastanti sulle virtù e i vizi di un’unica persona ci dicono, fra le
altre cose, che Scarpetta ha inteso eleggere questa sua Santarella a simbolo di
un emblematico dualismo comportamentale.
Una donna dalla doppia personalità,
insomma: timida e timorata di Dio, ma anche, intimamente, estrosa, ribelle e
volitiva. Ma le pulsioni latenti di questa femmena, che è “angelo e diavula”,
per Scarpetta sono anche l’occasione per svelare bipolarismi caratteriali assai
più diffusi.
In questo senso, emblema e cardine di infi ngimenti e
contraddizioni varie, è, naturalmente e soprattutto, il Felice “di turno”, per
l’occasione in abiti di musicista compositore. Intorno ai due, l’autore
costruisce una rete di umanissimi, ancorché anomali, figuri tutti alle prese con
dissonanze interiori mal risolte, con vizi, ipocrisie ed ambizioni nascoste a
malapena. Tutti con indosso vesti di convenienza che mistificano le identità e
tutti, allo stesso tempo, capaci di trovare soluzioni alle proprie nevrosi negli
stessi equivoci prodotti. Per questo non nasce dramma.
Mai. Neppure di fronte
a spiazzanti fratture psichiche. No, nessun dramma. Il teatro di Scarpetta,
implicitamente sensibile agli sdoppiamenti che il Novecento insinuerà anche
negli uomini semplici, si occupa piuttosto proprio del ribaltamento categorico
del dramma, ossia, la comicità. In questo senso la costruzione è perfetta e,
nella nostra lettura, trova collocazione più opportuna proprio nel teatro. Il
teatro inteso come spazio dell’azione in cui i desideri, le vanità o certe
perniciosità umorali, possono immaginare plausibili e creative realizzazioni o
terapeutiche risolutive elaborazioni.
Nella nostra scena, dunque, c’è solo il
teatro, che sia quello da parrocchia o quello più ufficiale addirittura d’opera.
Il teatro, solo: nudo e solenne. Un teatro che, anche fra le quinte, riservi
sorprese esilaranti, sappia nascondere o rivelare trucchi ed ambiguità, possa
concedere epiloghi inattesi. Un teatro, inoltre, che ripari le ipocrisie e i
disturbi dissociativi dei suoi protagonisti nell’irresistibile e cinica
drammaturgia che Scarpetta tipizza con impareggiabile e consapevole ironia.
Claudio Di Palma
da venerdì 11 a domenica 13 aprile, Silvio
Orlando in “Ciarlatani”
testo e regia Pablo Remón, traduzione italiana Davide
Carnevali, da Los Farsantes
con Francesca Botti, Francesco, Brandi, Nina Pons
Ciarlatani racconta la storia di due personaggi legati al mondo del cinema e del
teatro. Anna Velasco è un’attrice la cui carriera è in fase di stallo. Dopo aver
recitato in piccole produzioni di opere classiche, ora lavora come insegnante di
pilates e nei fine settimana fa teatro per bambini. Tra soap opera televisive e
spettacoli alternativi, Anna è alla ricerca del grande personaggio che la farà
finalmente trionfare. Diego Fontana è un regista di successo di fi lm
commerciali che si sta imbarcando in una grande produzione: una serie da girare
in tutto il mondo, con star internazionali. Un incidente lo porterà ad
affrontare una crisi personale e a ripensare la sua carriera. Questi due
personaggi sono collegati dalla figura del padre di Anna, Eusebio Velasco,
regista di culto degli anni ’80, scomparso e isolato dal mondo.
Ciarlatani
sono anche diverse opere in una: ognuno di questi racconti ha uno stile, un tono
e una forma particolari. Il racconto di Anna ha uno stile eminentemente
cinematografi co, con un narratore che ci guida, e in cui sogno e realtà si
confondono. La storia di Diego è un’opera teatrale più classica, rappresentata
in spazi più realistici.
E infi ne c’è, a mo’ di pausa o parentesi,
un’autofiction in cui l’autore dell’opera a cui stiamo assistendo si difende
dalle accuse di plagio.
Queste storie sono raccontate in parallelo, si
alimentano a vicenda, sono specchi degli stessi temi. L’insieme è costruito con
capitoli in parte indipendenti, che formano una struttura più vicina al romanzo
che al teatro. L’intenzione è che “Ciarlatani” sia una narrazione eminentemente
teatrale, ma con un’aspirazione romanzesca e cinematografica.
Ciarlatani infi
ne è una commedia in cui solo quattro attori viaggiano attraverso decine di
personaggi, spazi e tempi. Una satira sul mondo del teatro e dell’audiovisivo,
ma anche una riflessione sul successo, sul fallimento e sui ruoli che
ricopriamo, dentro e fuori la finzione.
Pablo Remón
orario spettacoli: venerdì ore 20.45 / sabato ore 19.00 / domenica ore 18.00
Teatro Comunale Costantino Parravano, Via Mazzini, 71 -
Caserta
info 0823.444051
Teatro Pubblico Campano
Centro Direzionale,
Isola F11 - Napoli
info 081.7345210
@/www.teatropubblicocampano.com -
info@teatropubblicocampano.com