Il medico dei pazzi Ph Anna Abet

Mettici la mano

Biagio Izzo

Alessandro Siani

Ebbanesis

Carlo Buccirosso

Azul ph Viviana Cangialosi

PERFETTI SCONOSCIUTI – marche teatro

Perfetti sconosciuti

Peppe Servillo e Cristiano Califano

Pojana

Daniele Russo

Stefano De Martino

Massimiliano Gallo

Elena Sofia Ricci, Gabriele Anagni

  

Teatro Parravano: cartellone 2022-23

Caserta – dal 29 ottobre 2022

Comunicato stampa

Al Teatro Comunale Parravano, Via Mazzini, Caserta
da venerdì 28 a domenica 30 ottobre, Sergio Rubini in "I fratelli De Filippo" ANNULLATO
di Carla Cavalluzzi, Sergio Rubini e Angelo Pasquini
con in o.a. Mario Autore, Jennifer Bianchi, Susy Del Giudice, Anna Ferraioli Ravel, Francesco Maccarinelli, Lucienne Perreca, Domenico Pinelli, scene Paola Comencini/costumi Maurizio Millenotti, musiche Nicola Piovani/luci Tommaso Toscano
regia Sergio Rubini
I Fratelli De Filippo è la storia emblematica di una famiglia d’arte italiana che, a partire da una condizione drammatica di emarginazione e umiliazione, trova la forza di riscattarsi attraverso il teatro fino al raggiungimento di uno straordinario successo. Proprio per questo, trasferire sul palcoscenico la vicenda dei tre giovani De Filippo significa riportarla nella sua dimensione originaria, dove tutto ha avuto inizio: il Teatro! Le ferite, le contraddizioni, le divisioni di questa “famiglia difficile” sono gli ingredienti di questo racconto che ha registri anche molto diversi, dal drammatico al comico. L’arco narrativo della storia va dal 1925, quando muore Eduardo Scarpetta, che non ha mai riconosciuto i suoi tre figli naturali Titina, Eduardo e Peppino, fino al Natale del 1931, quando viene rappresentato Natale in casa Cupiello, primo grande successo del Trio De Filippo, nonché uno dei più grandi capolavori della produzione di Eduardo. Questa versione teatrale della vita dei tre fratelli è costruita attraverso una serie di scene madri introdotte e collegate da un Narratore, lo stesso Rubini, e rappresentate in uno spazio scenico essenziale che evoca gli inizi del teatro povero dei De Filippo. Ad interpretare i ruoli chiave del racconto – la madre Luisa, i tre fratelli e i rispettivi coniugi – saranno gli stessi attori del film. Rubini, oltre a curare la regia dello spettacolo, avrà anche il compito di interpretare l’antagonista Vincenzo Scarpetta e il resto dei ruoli. La continuità con il film è affidata anche alla collaborazione di alcune figure chiave della versione cinematografica: il copione di Carla Cavalluzzi, Angelo Pasquini e Sergio Rubini, la scena di Paola Comencini, i costumi di Maurizio Millenotti e le musiche di Nicola Piovani. Lo spettacolo fa parte di un progetto articolato che prevede anche una continuazione cinematografica della storia dei De Filippo fino allo scioglimento del trio e alla realizzazione di Napoli Milionaria da parte di Eduardo. Ecco perché, già in questa versione teatrale saranno presenti elementi di racconto che anticiperanno le vicende successi
da venerdì 11 a domenica 13 novembre, Giovanni Allocca, Angela Di Matteo, Massimo Di Matteo, Peppe Miale in "Il medico dei pazzi" di Eduardo Scarpetta
con Giovanni Allocca, Chiara Baffi, Renato De Simone, Antonio Elia, Valentina Martiniello, Alfonso Postiglione, Federico Siano, scene Luigi Ferrigno/costumi Giuseppe Avallone
regia Claudio Di Palma
“ … V’ ‘o vvoglio di’ pe’ scrupolo ‘e cuscienza: io scrivo ‘e fatte comiche d’’a ggente… E a ridere, truvate cunvenienza? … Nun credo!” Questo chiariva Eduardo nel ’49 in una sua breve poesia e operava una implicita rivisitazione della eredità artistica ricevuta dall’altro Eduardo: Scarpetta. La scrittura di quest’ultimo si era infatti fondata su un’esasperazione più “deliberatamente cinica” di quanto avrebbe poi inteso fare il figlio; cinica perché assolutamente poco incline a contemplare quell’amarezza con cui sempre De Filippo volle guardare e raccontare i vizi e gli spropositi degli uomini. Scarpetta, dal canto suo, osservava e riportava in scena senza “sentimento” quell’avvertimento del contrario che Pirandello definiva essere la comicità. Il contrario alla regola, alla legge, all’estetica, alla grammatica, alla logica risultava agli occhi di Scarpetta congeniale esclusivamente alla creazione di meccanismi scenici che producessero il riso.
Lo dichiarava sempre, lo aveva fatto per soddisfare l’amato pubblico. E forse per questo, paradossalmente, il pubblico se ne sentiva ristorato. La spietatezza senza compassione di Scarpetta riproduceva così l’antica funzione del teatro: un’occasione di purificazione collettiva.
Ne Il medico dei pazzi questo disincanto divertito raggiunge probabilmente l’apice più significativo. Il meccanismo che si inscena è un gioco di specchi deformanti la realtà. Lo straniero, il babbeo, ‘o cafone ‘e fora, Sciosciammocca precipita nel mondo di città che lo circuisce e spiazza. I desideri, le ambizioni dei cittadini si mostrano nei loro accessi più convinti ed è facile per uno sguardo estraneo leggerne gli accenti controversi come stravaganze assolutamente folli. L’animo virgineamente fuori registro di Felice scopre involontariamente, e non senza ridicoli patemi per lui, le quotidiane ossessioni dei “normali”, ne sbugiarda inconsapevole l’inconsistenza. Sembra una satira profonda di costume, forse lo è implicitamente, non certo nella grammatica di scena. Quella è strutturata meravigliosamente per riderne, per riderne e basta. Noi la seguiamo rinfrancati: la denuncia dei nostri vizi è un calembur, l’affanno delle nostre aspirazioni un intrattenimento. Triste per cui … enormemente divertente.
Claudio Di Palma
Sabato 12 novembre, ore 17, foyer del Teatro Costantino Parravano, “Il Salotto a Teatro”, curato dalla giornalista Maria Beatrice Crisci, con Massimo De Matteo e gli attori della Compagnia.
L'incontro è libero e gratuito.
da venerdì 2 a domenica 4 dicembre, Antonio Milo, Adriano Falivene, Elisabetta Mirra in "Mettici la mano" di Maurizio De Giovanni
regia Alessandro D’Alatri, scene Toni Di Pace, costumi Alessandra Torella, musiche Marco Zurzolo, disegno luci Davide Sondelli
Sabato 3 dicembre alle ore 17.00, sempre al Teatro Comunale di Caserta, la Compagnia sarà ospite del ciclo di incontri “Salotto a Teatro”, condotti dalla giornalista Maria Beatrice Crisci.
Primavera del 1943, a Napoli. Una tarda mattinata di sole, in cui la gente di un quartiere popolare tenta faticosamente di trovare una parvenza di vita normale, viene squarciata dalle sirene: arrivano gli aerei alleati, c’è il pericolo di un nuovo devastante bombardamento. La scena è un vano interrato in tufo, uno scantinato che fa da rifugio improvvisato per proteggersi dalla morte che viene dal cielo. In un angolo del locale una statua della Madonna
Immacolata, miracolosamente scampata alla distruzione di una chiesa e in attesa di nuova sistemazione, davanti alla quale brilla qualche lumino a testimonianza del fatto che la gente del quartiere va a visitarla saltuariamente anche lì. E’ qui che si ritrova una strana compagnia, riunita dalla necessità di riparo: il primo ad arrivare è Bambinella, un femminiello che sopravvive esercitando la prostituzione e che conosce tutto di tutti, sia per una naturale propensione al pettegolezzo, sia perché le persone vanno a confidarsi con lui, secondo una consolidata tradizione popolare. Poco dopo arriva il brigadiere Raffaele Maione, che ha appena arrestato Melina, una ventenne che ha sgozzato nel sonno il marchese di Roccafusca, un ricchissimo nobile il cui palazzo si trova a poca distanza e nel quale la ragazza faceva la cameriera.
Mentre fuori la porta in cima alle scale le voci della gente si trasformano in un pauroso silenzio e poi nel progressivo avvicinarsi del fragore delle bombe, mentre l’imminenza della possibile morte diventa sempre più vicina, il dialogo tra i tre occupanti il rifugio improvvisato si fa sempre più profondo e serrato. La Madonna, muta e addolorata, verrà chiamata in causa mentre apprendiamo in maniera frammentaria cosa è realmente accaduto nel palazzo di Roccafusca e perché, e come Bambinella si trasformerà in avvocato difensore e Maione nell’accusa di un processo che vedrà nella statua di gesso un giudice silenzioso e tuttavia accorato. Le esplosioni, sempre più vicine, terribili e minacciose, accompagneranno la comprensione della realtà e una serie di riflessioni, da differenti punti di vista, sulla vita, sulla morte, sulla famiglia, sulla giustizia e sulla fede in Dio. E anche in merito alla fame, allo stato di necessità e all’arroganza del potere. Maione, Bambinella e la loro strana, assurda amicizia a distanza di dieci anni dall’ultima volta che li abbiamo incontrati con Ricciardi, a confronto col momento più buio e terribile della storia della città.
da venerdì 20 a domenica 22 gennaio, Stefano Accorsi in "Azul" Gioia, Furia, Fede y Eterno Amor
e con Luciano Scarpa, Sasà Piedepalumbo, Luigi Sigillo
scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca
Azul - Gioia, Furia, Fede y Eterno Amor
Sabato 21 gennaio alle ore 17.00, sempre al Teatro Comunale di Caserta, Stefano Accorsi e la Compagnia saranno ospiti del ciclo di incontri “Il Salotto a Teatro”, condotti dalla giornalista Maria Beatrice Crisci. Ingresso libero.
In una città dove il gioco del pallone è febbre, amore e passione quattro amici fanno i conti con le loro rispettive vite e facendo affiorare ricordi, provano a ricostruire una serenità andata a pezzi. Nella loro semplicità, hanno qualcosa di molto singolare e unico che li accomuna; la passione folle per la squadra del cuore e infanzie originali, quasi fiabesche. Sono fatti di materia semplice come il pane, ma la domenica, allo stadio si fanno travolgere da una furia che ogni volta li spazza e li sconquassa. C’è gioia, amarezza, ironia e tanta voglia di sorridere mentre evocano le vittorie, i momenti di estasi, le sconfitte e le tragedie che hanno condiviso negli anni. Una storia di gente semplice, unita da un’amicizia inossidabile che li aiuta ad affrontare la vita stringendosi in un abbraccio delirante e commovente.
“Ho sempre raccontato storie di personaggi carichi di umanità, fragili e trasognati. Il mio teatro è costruito riproducendo il linguaggio dei sogni. Procede per allusioni, associazioni di idee. I ricordi emergono come bollicine che tornano a galla in una bibita che ammazza la sete nelle giornate di caldo fuoco. Cerco di costruire immagini rarefatte, sospese in un tempo inventato, leggero. Amo i colpi di scena, i finali a sorpresa, le macchine teatrali, la magia e l’illusione. Sono cresciuto nel mondo del teatro e poi sono stato rapito dai grandi eventi: spettacoli monumentali per il Cirque du Soleil, Cerimonie Olimpiche. Però, ogni volta che ritrovo l’odore e il sapore della scena, mi sembra di tornare a casa e di riscoprire le mie radici. Credo siano clown i personaggi che popolano le mie storie dato che sussurrano, inciampano, ridono e si commuovono. Sono fatti di cristallo, di burro e di zucchero e con un colpo di vento si trasformano in giganti. Ho avuto la fortuna di incontrare Stefano, Luciano, Sasà e Luigi attori carichi di umanità, mestiere e passione. Con loro è stato facile dare vita a questa piccola rapsodia dedicata a quanti non si danno mai per vinti”.
Daniele Finzi Pasca
da venerdì 10 a domenica 12 febbraio, "Perfetti sconociuti" scritto e diretto da Paolo Genovese
Sabato 11 febbraio alle ore 17.00, sempre al Teatro Comunale di Caserta, la Compagnia sarà ospite del ciclo di incontri “Salotto a Teatro”, condotti dalla giornalista Maria Beatrice Crisci. Ingresso libero.
Paolo Genovese firma la sua prima regia teatrale portando in scena l’adattamento di PERFETTI SCONOSCIUTI, una brillante commedia sull’amicizia, sull’amore e sul tradimento, che porterà quattro coppie di amici a confrontarsi e a scoprire di essere “perfetti sconosciuti”.
Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata ed una segreta.
Un tempo quella segreta era ben protetta nell’archivio della nostra memoria, oggi nelle nostre sim.
Cosa succederebbe se quella minuscola schedina si mettesse a parlare?
Durante una cena, un gruppo di amici decide di fare un gioco della verità mettendo i propri cellulari sul tavolo, condividendo tra loro messaggi e telefonate. Metteranno così a conoscenza l’un l’altro dei propri segreti più profondi…
da venerdì 24 a domenica 26 febbraio, Biagio Izzo in "Balcone a tre piazze" di Mirko Setaro e Francesco Velonà
con Mario Porfito, Carla Ferraro, Roberto Giordano, Adele Vitale, Ciro Pauciullo
costumi Federica Calabrese, scene Massimo Comune, luci Luigi Raia, musiche Antonio Caruso, regia Pino L’Abbate
Napoli. Antivigilia di Natale. Un’insolita bufera ha interrotto tutti i collegamenti col resto dell’Italia. A causa della bufera, Alfredo ha dovuto rinunciare a un viaggio con la moglie, con cui è separato da sei mesi, un viaggio in cui sperava di riallacciare i rapporti con lei.
Mentre è da solo in casa, sente bussare al balcone. Un uomo infreddolito gli chiede di farlo entrare. È Riccardo, l’amante della signora a fianco. È dovuto scappare sul cornicione perché, a causa della tempesta, il marito è tornato a casa prima del previsto. La signora a fianco, però, è Elis, nuova e giovane moglie venezuelana di Michele, amico e vicino di Alfredo.
Alfredo, il giorno prima della vigilia di Natale si ritroverà a vivere una favola al contrario. Sarà, infatti, costretto a coprire la tresca di Elis ai danni del suo amico Michele, spacciando Riccardo per suo cugino. Dovrà recuperare il rapporto con sua moglie. E dovrà anche fronteggiare Ciro, un rapinatore capitato anch’egli sul suo balcone per scappare dall’appartamento in cui si era introdotto.
La bufera inaspettata, insomma, ha sconvolto i piani di tutti i personaggi, che si trovano a vivere una vigilia di Natale piena di equivoci.
Dal 3 al 5 marzo, Carlo Buccirosso in "L’erba del vicino è sempre più verde"
scritto e diretto da Carlo Buccirosso, con (in ordine di apparizione) Fabrizio Miano, Donatella de Felice, Peppe Miale, Elvira Zingone, Maria Bolignano, Fiorella Zullo
scene Gilda Cerullo e Renato Lori, costumi Zaira de Vincentiis, musiche Cosimo Lombradi, disegno luci Francesco Adinolfi
Mario Martusciello, funzionario benestante di banca, da tempo in aperta burrascosa crisi matrimoniale con sua moglie, si è rifugiato da alcuni mesi in un moderno monolocale, vivendo un momento di profonda depressione, insoddisfatto del proprio tenore di vita, delle proprie ambizioni, delle proprie scelte, delle proprie amicizie, e non di meno di sua sorella, rea di preoccuparsi eccessivamente del suo inaspettato isolamento.
In continua spasmodica ricerca di libertà, di cambiamenti, di nuove esperienze di vita e di un’apertura mentale che gli è sempre stata ostacolata dai sensi di inferiorità e dalla mancanza di spregiudicatezza, Mario guarda il mondo e le persone che lo circondano alla stessa stregua di un fanciullo smanioso di cimentarsi con le attrazioni più insidiose di un immenso parco giochi, cui non ha mai avuto l’opportunità di poter accedere…
Ed è così che pervaso dall’adrenalina della novità, dall’eccitazione del rischio, nonché dalla paura dell’ignoto, si ritroverà presto soggiogato dalla sindrome dell’”Erba del vicino”, ovverosia dalla sopravvalutazione di tutto quanto non gli appartenga, di ogni essere umano diverso da sé stesso, di qualsiasi tipo di emozione possa procurargli una donna che non sia uguale a sua moglie, come “una giovane avvenente influencer” conosciuta solo per caso…
Il tutto accompagnato da un senso di autocommiserazione, ed da un’ammirazione spropositata verso chi nella vita ha saputo guadagnarsi, con grande fortuna, soldi e successo a sbafo, a discapito suo che mai ha avuto il fegato di osare, né di cambiare modo di essere pur di raggiungere qualcosa d’importante…
È allora che quel senso di attrazione verso chi è diverso da te, che riesce in tutto più di te, e che sa essere quello che giocoforza non sei mai stato tu, potrebbe anche trasformarsi in un’irrefrenabile follia omicida, e a quel punto… sotto a chi tocca!
In un simile spiazzante panorama, chiunque avesse la malaugurata idea di suonare alla porta di casa Martusciello per qualsivoglia motivo, come per la consegna della ordinazione del giapponese o di un pacco postale, o peggio ancora per uno sventurato errore domiciliare, si troverebbe invischiato in una situazione non facilmente gestibile, con l’arduo compito poi di tentare di uscire dall’appartamento in tempi brevi, e possibilmente nelle migliori condizioni di salute!…
In definitiva, “l’erba del vicino” sarà pure più verde di quella dell’altro, ma ciò che conta è che non si macchi di rosso “sangue”… E se invece fosse proprio il vicino di casa in carne ed ossa, a sfidare la sorte suonando alla porta dell’appartamento di Mario, magari solo per chiedere la cortesia di qualche foglia di prezzemolo, cambierebbe qualcosa al finale della nostra vicenda?…
Carlo Buccirosso
da venerdì 3 a domenica 5 marzo, Carlo Buccirosso in "L'erba del vicino è sempre più verde" scritto e diretto da Carlo Buccirosso
scene Gilda Cerullo e Renato Lori/costumi Zaira de Vincentiis/disegno luci Francesco Adinolfi
Marcello Trevisan, irreprensibile scrupoloso cassiere di banca, affittuario di un moderno monolocale, da tempo in aperta crisi matrimo-niale, vive un momento di profonda depressione, insoddisfatto del proprio tenore di vita, delle proprie ambizioni, delle proprie scelte, delle proprie amicizie, e non di meno di sua sorella, rea di aver contribuito al peggioramento delle sue insicurezze, e del suo devastante pessimismo! In continua spasmodica ricerca di libertà, di cambiamenti, di nuove esperienze di vita, e di un’apertura mentale che gli è sempre stata ostacolata dai sensi di inferiorità, e dalla mancanza di spregiudicatezza, Marcello guarda il mondo e le persone che lo circondano alla stessa stregua di un fanciullo smanioso di cimentarsi con le attrazioni più insidiose di un immenso parco giochi, cui non ha mai avuto l’opportunità di poter accedere... ed è così che pervaso dall’adrenalina della novità, dall’eccitazione del rischio, nonché dalla paura dell’ignoto, si ritroverà presto soggiogato dalla sindrome dell’”Erba del vicino”, ovverosia dalla sopravvalutazione di tutto quanto non gli appartenga, di ogni essere umano diverso da sè stesso, di qualsiasi tipo di emozione possa procurargli una donna che non sia uguale a sua moglie... il tutto accompagnato da un doloroso senso di autocommiserazione, ed un’ammirazione spropositata verso chi nella vita ha saputo guadagnarsi, con grande fortuna, soldi e successo a sbafo, a discapito suo che mai ha avuto il fegato di osare... e sarà allora che quel senso di attrazione verso colui che è diverso da te, che riesce in tutto più di te, e che sa essere quello che giocoforza non sei mai stato tu, potrà improvvisamente trasformarsi in invidia malsana, e di lì a poco in un’irrefrenabile follia omicida! In un simile spiazzante panorama, chiunque avesse la malaugurata idea di suonare alla porta di casa Trevisan per qualsivoglia motivo, si troverebbe invischiato in una situazione non facilmente gestibile, con l’arduo compito poi di tentare di uscire dall’appartamento in tempi brevi, e possibilmente nelle migliori condizioni di salute! In definitiva, “l’erba del vicino” sarà pure più verde di quella del nostro bancario, ma l’importante è che non si macchi mai di rosso “sangue”... E se invece, fosse proprio il vicino di casa in carne ed ossa, a sfidare la sorte suonando alla porta dell’appartamento di Marcello, magari solo per chiedere la cortesia di qualche foglia di basilico?! Cambierebbe qualcosa al finale della nostra vicenda?
da venerdì 24 a domenica 26 marzo, Daniele Russo e Sergio Del Prete in "Le cinque rose di Jennifer" di Annibale Ruccello
regia Gabriele Russo, scene Lucia Imperato, costumi Chiara Aversano, disegno luci Salvatore Palladino, progetto sonoro Alessio Foglia
Jennifer è un travestito romantico che abita in un quartiere popolare della Napoli degli anni'80. Chiuso in casa per aspettare la telefonata di Franco, l'ingegnere di Genova di cui è innamorato, gli dedica continuamente Se perdo te di Patty Pravo alla radio che, intanto, trasmette frequenti aggiornamenti sul serial killer che in quelle ore uccide i travestiti del quartiere. Gabriele Russo affronta per la prima volta un testo di Ruccello scegliendo il più simbolico, quello che nel 1980 impose il drammaturgo all?attenzione di pubblico e critica. Il regista ci preannuncia una messinscena dall?estetica potente, fedele al testo e, dunque, alle intenzioni dell?autore «ci atteniamo alle rigide regole e alle precise indicazioni che ci dà Ruccello stesso racconta Russo cercando di attraversare, analizzare, capire sera per sera, replica dopo replica un testo strutturalmente perfetto, che delinea un personaggio così pieno di vita che pare ribellarsi alla mano di una regia che vuole piegarlo alla propria personalissima visione. Non è un testo su cui sovrascrivere ma in cui scavare, per tirare fuori sottotesti, possibilità, suggestioni, dubbi». In scena, un inedito Daniele Russo, affiancato da Sergio Del Prete in un allestimento che restituirà tutta la malinconia del testo senza sacrificarne l'irresistibile umorismo.
sabato 25 marzo, ore 17, foyer del Teatro Comunale Costantino Parravano, Il Salotto a Teatro: Daniele Russo e Sergio Del Prete. L’evento, aperto al pubblico, è curato dalla giornalista Maria Beatrice Crisci.
Note di regia
Se ci si ferma a pensare, l'unica scelta sensata è quella di non azzardarsi a toccare un testo come Le cinque rose di Jennifer di Annibale Ruccello. È una pietra miliare del teatro, un testo che quanto più lo si legge e approfondisce tanto più ti penetra, ti entra nell'immaginario, si cristallizza nei pensieri e si deposita nell?inconscio. Anche solo dopo averlo letto (caso raro poiché sappiamo che il teatro non si legge) Jennifer smette di essere il personaggio di un testo teatrale per farsi carne e ossa, sangue e sentimenti. Una persona viva, sempre esistita. Qualcosa che ti appartiene, che è dentro di te, nei tuoi sentimenti, nella tua cultura, nei tuoi suoni, nel tuo immaginario. Qualcosa di ancestrale, di antico e moderno, che risuona tutti i giorni dentro di noi, su un palcoscenico, nei vicoli della città o nelle pagine di un libro. Jennifer è il diavolo e l?acqua santa. Eterna contraddizione. Paradigma dell'ambiguità napoletana.
Questa sensazione di appartenenza è quella che soltanto i personaggi dei grandi classici riescono a restituire, quelli che, come fantasmi, si aggirano quotidianamente nelle segrete di tutti i teatri, anche quando in scena si recitano testi contemporanei.
È un testo che è Napoli stessa e dunque punto di riferimento, mito e desiderio di tutta la Napoli teatrale che ne conosce le battute a memoria. È un testo che, come tutti i classici ma in modo forse ancor più radicale, vediamo anche attraverso quello che è già stato, nella voce e nei corpi di chi già lo ha interpretato, primo fra tutti Ruccello stesso. Questi elementi, però, sono anche quelli che ci spingono a rimetterlo in scena, ad accostarci al suo mito, al suo fantasma, con rispetto ma anche liberi da sovrastrutture, poiché apparteniamo alla generazione che non ha vissuto Ruccello negli anni in cui era in vita, non abbiamo vissuto il lutto della sua prematura scomparsa: pertanto, scriviamo su di noi attraverso di lui. Per farlo, ci atteniamo alle rigide regole e alle precise indicazioni che ci dà l?autore stesso, cercando di attraversare, analizzare, capire sera per sera, replica dopo replica un testo strutturalmente perfetto, che delinea un personaggio così pieno di vita che pare ribellarsi alla mano di una regia che vuole piegarlo alla propria personalissima visione. Non è un testo su cui sovrascrivere ma in cui scavare, per tirare fuori sottotesti, possibilità, suggestioni, dubbi. Ad esempio, Anna, il travestito che va a trovarla a casa, chi è? Una proiezione di Jennifer? Il suo inconscio? L?assassino del quartiere? Gli omicidi stanno accadendo realmente? Le telefonate sono vere o inventate? Quel che accade è vero o è tutto nell?immaginario di Jennifer? Ecco perché nella nostra messinscena Anna è presente sul palco tutto il tempo dello spettacolo, osserva Jennifer dall?esterno, si aggira come uno spettro intorno alla casa (l'isola) su cui Jennifer galleggia e vive la sua intimità. È il suo specchio. Queste domande, queste sospensioni sostengono l?atmosfera fra il thriller ed il noir tanto cara a Ruccello, che noi cercheremo di amplificare al fine di creare quella tensione che richiede un testo fatto di telefonate e attese. Un testo che rimanda a Pinter o a Beckett...Confesso di aver immaginato anche di metterlo in scena come Giorni Felici, con la sola testa di Jennifer che fuoriusciva da un telo che avrebbe rappresentato il Vesuvio. Ma poi... perché? I temi e i livelli di lettura non sono univoci, non possono essere ingabbiati ed intellettualizzati. Le cinque rose di Jennifer racconta di due travestiti napoletani ma racconta anche e soprattutto la solitudine, la solitudine che è il rovescio della medaglia della speranza che Jennifer mantiene dentro di sè fino alla fine e, dal mio punto di vista, oggi racconta con forza anche la condizione dell?emarginato, quella di chi si deve nascondere. Ecco perché in questa nostra messinscena Jennifer al suo ingresso in casa non vestirà panni che dichiarano la sua condizione femminile ma si nasconderà in abiti apparentemente maschili, trasformandosi solo nell?intimità casalinga, in cui è libera di essere o di provare a essere. La trasformazione è un tema centrale della nostra messinscena: il travestire più che il travestito, il che ci lega anche alla città ed ai mille modi in cui essa si copre e agghinda. Jennifer si traveste, come un attore, come Napoli. Jennifer si trasforma, come un attore, come Napoli. È fragile, come un attore, come Napoli. Prova, come un attore, non come Napoli, che non ci prova nemmeno.
L'estetica della messinscena, sarà nel segno del Kitsch, un aspetto che Ruccello tiene ad evidenziare fin dalle prime didascalie, che rimanda a uno stile e a un linguaggio specifici. Per spiegarmi meglio, prendo a prestito le parole di Kundera, secondo il quale «Nel regno del Kitsch impera la dittatura del cuore. Il Kitsch elimina dal proprio campo visivo tutto ciò che nell'esistenza umana è essenzialmente inaccettabile.» è un mondo di sentimenti, dove vige la dittatura del cuore e, nel caso di Jennifer, la solitudine. Le restano solo gli oggetti e le fantasie a cui aggrapparsi per non sprofondare nel vuoto, nelle mancanze, nelle ansie, nelle angoscia. L'estetica del Kitsch è finzione, così Jennifer finge con gli altri e con se stessa fino alle estreme conseguenze, respinge dal proprio campo visivo ciò che è essenzialmente inaccettabile. In tal senso è una vera attrice, perché finge talmente bene da essere vera.
Gabriele Russo
da venerdì 31 marzo a domenica 2 aprile, Stefano De Martino in "Meglio stasera - quasi one man show" di Stefano De Martino e Riccardo Cassini
regia Riccardo Cassini
‘Meglio stasera che domani o mai’, cantava negli anni 60 Miranda Martino in una piccola canzone gioiello arrangiata da Morricone.
E’ quello che pensa Stefano De Martino: stasera è proprio il momento giusto per venire a incontrarlo a teatro e trascorrere insieme un paio d’ore spensierate, nel senso letterale del termine ma soprattutto per conoscerlo meglio.
Forse, ‘conoscerli’ meglio, perché non c’è un solo Stefano.
C’è lo Stefano che racconta: dall’infanzia in un paese affascinante e difficile, al susseguirsi dei tanti episodi legati al semplice lavoro di fruttivendolo prima, ballerino poi, infine intrattenitore a tutto campo.
C’è lo Stefano ‘crooner’: insieme agli 8 orchestrali della Disperata Erotica Band, sospesa fra Carosone e Sanremo, metterà in scena giochi musicali, mash up e virtuosismi canori con una sola regola: “Non è mai una sola canzone per volta”. Insomma, un’offerta speciale armonica, elegante e intrigante.
C’è lo Stefano danzatore: nonostante - ma solo a suo dire - si sia accumulata un po’ di ruggine fra le giunture del ballerino di un tempo, è il momento di rimettersi in gioco, anzi, in ballo. E lo farà accompagnato nelle coreografie da alcuni ballerini professionisti (ex?) colleghi di qualche
stagione addietro: la sfida è lanciata.
C’è lo Stefano imprevedibile, quello dell’allegria e dei giochi in tv, quello che dialoga e empatizza: gag, monologhi umoristici, riferimenti insospettabilmente colti, improvvisazioni e scherzi col pubblico.
E infine c’è lo Stefano che... va be’ ma non possiamo dire tutto-tutto-tutto...
Venite a guardare il primo sorprendente spettacolo live di Stefano De Martino. Meglio stasera
Da giovedì 13 a domenica 16 aprile, Teatro Diana e Città Mediterranee presentano Massimiliano Gallo in "Stasera, Punto e a Capo!" scritto e diretto da Massimiliano Gallo
con Pina Giarmanà, Shalana Santana e l’ensemble diretto dal M° Mimmo Napolitano, Gianluca Mirra, Giuseppe di Colandrea, Davide Costagliola, Fabiana Sirigu
Stasera, Punto e a Capo! Si mette un punto per cominciare. Cominciare da capo, riprendere, ma non per forza facendo un passo avanti. Si può ricominciare anche tornando un po’ più indietro.
Azzerando, portando a zero, cancellando, annullando quello che di buono non si è fatto. Quello che buono non è. E allora facciamolo: generazione a confronto!
Per capire se questa vita è quella che ci siamo scelti, la migliore soluzione per noi, o quella che ci hanno preparato.
Avremmo bisogno di tre vite in verità: una per sbagliare, una per correggere gli errori, una per riassaporare il tutto. Io un po' la invidio la mia adolescenza, invidio i miei anni ottanta! Gli anni della fiducia, del benessere, della positività.
I primi video clip, gli Swatch, la New Wave, il Commodore 64, il Muro di Berlino, Canale5, la donna in carriera, il telefono a gettoni, Reagan e Gorbačëv. Vorrei uno spettacolo straordinario, una festa, un motivo per rincontrarsi, una festa, un motivo per rincontrarsi e ridere di come eravamo, di quello che siamo diventati.
Farà bene a quelli della mia generazione e farà bene anche ai millennials, che sorrideranno al pensiero di come vivevano i loro genitori. Sarà uno splendido viaggio, fatto di parole, immagini e canzoni.
Voglio dividere con voi le mie emozioni più grandi. Ho un sogno rispetto a questo spettacolo: vorrei stupirvi, lasciarvi a bocca aperta e affidarvi una sensazione di gioia che vi accompagni per giorni.
Mi piacerebbe farvi tornare un po’ bambini, per darvi la possibilità di riscoprire quello che abbiamo perso in questi anni. Siamo migliori di come siamo, e forse lo abbiamo dimenticato.
I miei compagni fissi in questo viaggio saranno come sempre Shalana Santana, Pina Giarmanà e cinque straordinari musicisti.
Con loro al mio fianco mi sento al sicuro. Non vedo l’ora di stringervi, non vedo l’ora di buttarvi le braccia al collo… se ce lo consentiranno, è chiaro.
Buio in sala, che la festa cominci! (Massimiliano Gallo)
da venerdì 28 a domenica 30 aprile, Elena Sofia Ricci, Gabriele Anagni in "La dolce ala della giovinezza" di Tennessee Williams
scene, costumi e regia Pier Luigi Pizzi e con Chiara Degani, Flavio Francucci, Giorgio Sales, Alberto Penna, Valentina Martone, Eros Pascale, Marco Fanizzi
musiche composte da Stefano Mainetti, light designer Pietro Sperduti
Scritta nel 1952 e debuttata a Broadway nel 1959, La dolce ala della giovinezza parla del gigolo Chance Wayne che torna nella sua città natale in Florida con la star in declino Alexandra Del Lago per cercare di riprendersi quello che aveva lasciato nella sua giovinezza, Heavenly, il suo primo amore.
La proposta di Sonia Mormone e Marco Giorgetti, direttore del Teatro della Toscana, di pensare ad un progetto di regia per La dolce ala della giovinezza, è stato di grande stimolo e dopo un'attenta lettura, ho accettato, forte del fatto che avrei avuto la presenza nel cast, di Elena Sofia Ricci, nel ruolo della protagonista.
Come d'abitudine il mio progetto comprende l'ambientazione e i vestiti. Williams ha una straordinaria abilità a costruire personaggi femminili al limite del delirio, sul bordo dell'abisso.
Alexandra del Lago, star del cinema in declino, non più giovanissima, alcolizzata e depressa, in fuga da quello che crede un insuccesso del suo ultimo film, cerca un rimedio alla solitudine nelle braccia di un gigolò, giovane e bello, un attore fallito in cerca di rilancio, ma destinato ad una triste fine, una volta che ha perduto il suo unico bene, la gioventù. Ma Williams, da grande drammaturgo è capace sempre di stupirci, sovvertendo genialmente il destino della nostra eroina. (Pier Luigi Pizzi)

Teatro Red

mercoledì 11 gennaio, Tieffe Teatro Milano presenta Ebbanesis in "Così fan tutte" con Viviana Cangiano e Serena Pisa (nostro articolo)
regia Giuseppe Miale Di Mauro, Elaborazione musicale e arrangiamenti Leandro Piccioni e Mario Tronco
liberamente tratto dall’opera di Mozart, elaborazione musicale e arrangiamenti Leandro Piccioni e Mario Tronco, libretto Andrej Longo
regia Giuseppe Miale di Mauro
arrangiamenti per l’ensemble di
Alessandro Butera - chitarra manouche, mohan veena
Marcello Smigliante Gentile - mandolino mandoloncello
Gianluca Trinchillo - chitarra classica
Tutto il mio lavoro – dice Mario Tronco – da sempre, dagli Avion Travel fino all’Orchestra di Piazza Vittorio, segue una linea che è quella della ricerca dell’origine che muove il processo compositivo. E questo, puntualmente, si presenta attraverso una matassa disordinata di notizie, esperienze, totalmente diverse che improvvisamente i snoda seguendo il percorso di un unico filo con cui costruire il disegno. Questo metodo io lo seguo soprattutto come musicista e mi aiuta a non pensare al Teatro come racconto che avviene mediante sequenze di scene. Nel Flauto Magico il filo era la società multietnica raccontata da Bergman all’inizio del suo indimenticabile film. Nella Carmen il viaggio dei nomadi del Rajasthan e dell’espansione prodigiosa della cultura Rom. Nel Don Giovanni la libertà sessuale attraverso la musica da ballo.
Il Così fan tutte invece mi porta a Napoli, non solo come ambientazione geografica ma come mondo musicale e linguistico. Nella Napoli libertina e cosmopolita, colta e scurrile.
Il filo della matassa, questa volta, seguirà la strada tracciata dal Maestro De Simone con le sue trasposizioni della musica popolare in forma di melodramma, facendo finta che Mozart abbia ascoltato le melodie del “Così fan tutte” per strada, a Napoli, da musicisti ambulanti. A tal proposito i linguaggi adoperati saranno diversi, pur essendo attinti dalla stessa espressività napoletana. Un dialetto quotidiano realistico usato normalmente in città (sia pure oggi contaminato a diversi livelli ). Con tale linguaggio si svolgeranno il libretto e i dialoghi atti a mettere in risalto una realtà quotidiana di oggi come di trecento anni fa.
L’idea è stata quella di trasformare COSÌ FAN TUTTE in una storia cantata e recitata da due sole attrici, che vestono i panni di Fiordiligi e Dorabella. La storia è raccontata dalle due sorelle come fosse un lungo flash-back.
L’IDEA, IL LIBRETTO e la RIELABORAZIONE MUSICALE
In tutta onestà è nata prima l’idea di affidare il ruolo di Fiordiligi e Dorabella a Serena Pisa e Viviana Cangiano, conosciute come Ebbanesis, e poi la rielaborazione musicale che è stata composta assecondando e ispirandosi al loro straordinario mondo interpretativo. E’ stato divertente ed emozionante, lavorando insieme sul testo, scoprire la vicinanza caratteriale tra i due personaggi e le due interpreti. Fiordiligi e Dorabella vivono dunque da sole e, da quel giorno in cui accaddero gli avvenimenti e l’imbroglio organizzato da Don Alfonso e i loro promessi sposi, è passato circa un anno. Sotto la cenere cova ancora qualche scintilla d’amore per i loro ex fidanzati, ma non per questo le due sorelle hanno intenzione di tornare con loro.
La rielaborazione musicale attinge dallo stile della Musica ambulante napoletana conosciuta come “Posteggia”. Le azioni cantate e i recitativi, saranno accompagnate da un trio di corde classico di questo genere (chitarre e mandolini) e spazieranno dal tessuto popolareggiante cinquecentesco (villanelle, moresche), da quelle dell’opera buffa napoletana fino alla sceneggiata
sabato 11 marzo, Peppe Servillo in "Il resto della settimana"
musica dal vivo di Cristiano Califano, testi di Maurizio De Giovanni
Il titolo rimanda al tempo trascorso in un piccolo bar dei quartieri spagnoli a Napoli prima e dopo l’appuntamento con la partita degli azzurri, dove una varieta’ di persone si da appuntamento là per commentare, senza barriere di censo, i fatti calcistici e non della settimana, svelando di sè non solo la propria natura di tifosi ma anche quella umana tout court che ci introduce all’umore e alla storia di una citta’ meravigliosa che resta da sempre un vero e proprio teatro all’aperto. A Napoli il tempo si ferma tra una domenica pomeriggio e l’altra, quando la città si raccoglie
intorno ad un pallone e le differenze sociali sbiadiscono fino a scomparire.
Siamo dentro un bar della città vecchia, colorato dagli archetipi della società partenopea, tra una sfogliatella, un fritto fumante e l’ultimo pettegolezzo, in un chiacchiericcio diffuso che molto rappresenta la città. Lo spettatore è accompagnato attraverso gli odori che salgono tra i tavolini del bar, tra le viuzze piene di vita e le passioni e paure dei suoi abitanti, in quel flusso di vita quotidiana che si nasconde dietro la sensuale passione del calcio che Napoli sola possiede
mercoledì 22 marzo, Andrea Pennacchi in Pojana e i suoi fratelli" di Andrea Pennacchi
musiche dal vivo di Giorgio Gobbo e Gianluca Segato
I fratelli maggiori di Pojana: Edo il security, Tonon il derattizzatore, Alvise il nero e altri, videro la luce all’indomani del primo aprile 2014. Mentre Franco Ford detto “Pojana” era già nato. Era il ricco padroncino di un adattamento delle “Allegre comari di Windsor” ambientato in Veneto, con tutte le sue fisse: le armi, i schei e le tasse, i neri, il nero. In seguito, la banda di Propaganda Live l’ha voluto sul suo palco e lui si è rivelato appieno per quel che è: un demone, piccolo, non privo di saggezza, che usa la verità per i suoi fini e trova divertenti cose che non lo sono, e che è dentro ognuno di noi. Il personaggio nasce dalla necessità di raccontare alla nazione le storie del nordest che fuori dai confini della neonata Padania nessuno conosceva. È significativo e terribile che i veneti siano diventati, oggi, i cattivi: evasori, razzisti, ottusi. Di colpo. Da provinciali buoni, gran lavoratori, un po’ mona, che per miseria migravano a Roma a fare le servette o i carabinieri (cliché di molti film in bianco e nero), a avidi padroncini, così, di colpo, con l’ignoranza a fare da denominatore comune agli stereotipi. Un enigma, che si risolve in racconto: passando da maschere più o meno goldoniane a specchio di una società intera. Una promozione praticamente. Ed eccolo qui, Franco Ford detto il Pojana, con tutti i suoi fratelli a raccontare storie con un po’ di verità e un po’ di falsità mescolate, per guardarsi allo specchio

Fuori abbonamento

Dal 9 all'11 dicembre, Alessandro Siani in "Extra Libertà Live Tour New Edition" scritto e diretto da Alessandro Siani
Libertà di pensiero, libertà di stampa libertà d’espressione, ma anche la libertà che ci è stata negata in questi ultimi tempi di covid. La libertà sarà il filo conduttore del nuovo spettacolo di Alessandro Siani che ritorna a calcare le scene con il suo nuovo stand up comedy, che arriva dopo il successo strepitoso del “Felicità tour”.
In questo nuovo progetto live il dialogo con il pubblico diventerà fondamentale per affrontare argomenti come la convivenza forzata, il fenomeno serie tv, il potere dei social, la politica,l’attualità, la guerra e soprattutto la libertà di pensare e sognare un futuro migliore senza virologi, vaccini e mascherine in cui l’unico antidoto alla frustrazione dei nostri giorni possa essere una dose di gioia pura. La libertà di trascorrere una serata senza pensieri!
“Quest anno celebro i 25 anni di carriera, anche se preferirei parlare di una vera e propria passione a tempo indeterminato, e non di lavoro, ho troppo rispetto per questa parola. Il mio al massimo è un dopolavoro!!!"

Teatro Comunale Costantino Parravano, Via Mazzini 71, Caserta
Info al numero 0823444051 - Dal lunedì al venerdì (ore 10.00/13.00 e ore 17.00/20.00)

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