Teatro Garibaldi: stagione 2017/18
S. Maria C. V. (CE) – dal 25 Novembre 2017
Comunicto stampa
In abbonamento
25 Novembre, Il pomo della discordia di Carlo Buccirosso
con Carlo Buccirosso, Maria Nazionale, regia Carlo Buccirosso, produzione
Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
Doveva essere un giorno felice, si
celebravano le nozze della dea del mare con un uomo bellissimo, e tutti gli dei
erano venuti a festeggiare gli sposi, portando loro dei doni!... La sala del
banchetto splendeva di mille luci e sulla tavola brillavano caraffe e coppe
preziose, colme di nettare ed ambrosia, e tutti gli invitati erano felici e
contenti… solo Eris, dea della discordia, non era stata invitata, ma nel bel
mezzo del banchetto, arrivò, lanciò una mela doro sul tavolo imbandito e scappò
via, creando dissapori e contrasti tra i tutti i presenti. Tutto ciò, in breve,
appartiene alla classica mitologia greca, ma proviamo a trasferirla ai giorni
doggi, in una normale famiglia benestante, dove latmosfera e leuforia di una
festa di compleanno organizzata a sorpresa per Achille, primogenito dei coniugi
Tramontano, potrebbe essere turbata non da una mela, non da un frutto, bensì da
un pomo, un pomo dAdamo, o meglio, il pomo di Achille, il festeggiato, ritenuto
un po troppo sporgente… E se aggiungiamo che Achille, vivendo un rapporto molto
difficile con suo padre Nicola, è continuamente difeso a spada tratta da sua
madre, la epica Angela, non essendosi ancora dichiarato gay, e non avendo mai
presentato Cristian, il proprio fidanzato, che da anni bazzica in casa
spacciandosi per il compagno di sua sorella Francesca… se aggiungiamo poi che
alla festa sarà presente anche Sara, prima ed unica fiamma al femminile della
sua tormentata adolescenza, Manuel estroso trasformista, Marianna garbata
psicologa di famiglia, ed Oscar un bizzarro vicino di casa che non ha mai tenuto
nascoste le proprie simpatie nei confronti di Achille… beh, allora possiamo
realmente comprendere come a volte la realtà, possa di gran lunga superare le
fantasie, anche quelle più remote della antica mitologia... Omero mi perdoni!
9 Dicembre, ore 21, Italiano di Napoli di Sal Da Vinci,
Gianluca Ansanelli
con Sal Da Vinci, regia Alessandro Siani
C'è un mondo
dove la poesia e la musica si incontrano: il teatro! Un luogo vibrante e
coinvolgente, le sue strade sono vissute da abitanti magici e surreali...le
piazze ricche di saltimbanchi acrobati e voci della luna...e poi i vicoli
stretti con muri antichi che si aprono verso il mare ossia verso l’infinito. In
questo infinito si alterneranno le note, le canzoni e i racconti del
protagonista ed ideatore Sal Da Vinci. Un italiano di Napoli che attraverso la
sua musica ci trascinerà verso un mondo più vero, senza pregiudizi nè
differenze, perchè in fondo sono le differenze a renderci speciali. L’Italia non
é uno stivale, ma un essere umano’le città sono gli organi vitali. Milano
potrebbe essere il cervello’Roma l’anima e Napoli il cuore, ma tutto è nelle
mani del pubblico. Si nelle mani, perché saranno i vostri applausi, i vostri
silenzi e le vostre risate a decretare se per due ore avete vissuto una favola o
per una volta e dico una volta, la realtà di questo pazzo paese può essere
meravigliosa ad occhi aperti!
20 Dicembre, Regalo Di Natale di Pupi Avati
con Gigio Alberti, Filippo Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di
Biase, regia Marcello Cotugno
Quattro amici di vecchia data, Lele, Ugo,
Stefano e Franco, si ritrovano la notte di Natale per giocare una partita di
poker. Con loro vi è anche il misterioso avvocato Santelia, un ricco industriale
contattato da Ugo per partecipare alla partita. Franco è proprietario di un
importante cinema di Milano ed è il più ricco dei quattro, l'unico ad avere le
risorse economiche per poter battere l'avvocato, il quale tra l'altro è noto nel
giro per le sue ingenti perdite. Tra Franco e Ugo però, i rapporti sono tesi; la
loro amicizia, infatti, è compromessa da anni, al punto tale che Franco,
indispettito dalla presenza dell'ormai ex amico, quasi decide di tornarsene a
casa. La sola prospettiva di vincere la somma necessaria alla ristrutturazione
del cinema lo fa desistere dall'idea. La partita si rivela ben presto tutt'altro
che amichevole. Sul piatto, oltre a un bel po' di soldi, c'è il bilancio della
vita di ognuno: i fallimenti, le sconfitte, i tradimenti, le menzogne, gli
inganni. È uno tra i più bei film di Avati, lucido, amaro, avvincente. Nel suo
saggio I giochi e gli uomini, il sociologo Roger Caillois suddivide i giochi in
quattro categorie: agon o competizione, alea o caso, mimicry o maschera ilinx o
vertigine. Il poker, secondo molti, si avvicina all’idea del gioco perfetto,
poiché racchiude in sé tutte e quattro queste anime. ‘Nulla come il gioco del
poker vi rivela - sostengono il filosofo Rovatti e il sociologo Dal Lago - la
persona morale di chi vi sta di fronte (e la vostra a loro)’. Il poker è anche
un nobilissimo gioco tra gentiluomini, un rito moderno in cui mostrarsi per
quello che non si è, proprio come in una rappresentazione teatrale: quanto più
la maschera è forte e impenetrabile, tanto più sarà difficile comprendere i
nostri punti. Ci troviamo in una villa, la notte di Natale. Quattro amici,
Franco, Ugo, Lele e Stefano, che non si vedono da dieci anni, incontrano quello
che è designato ad essere il ‘pollo’ da spennare: l’avvocato Sant’Elia, un uomo
sulla sessantina, ricco e ingenuo, che sembra addirittura trovare consolazione
nel perdere. In realtà è il presunto ‘pollo’ a trovarsi di fronte quattro uomini
che nella vita hanno giocato col destino e che, in un modo o nell’altro, hanno
perso. Originariamente ambientato negli anni ‘80, il testo è stato trasposto nel
2008, anno in cui la crisi economica globale si è abbattuta sull’Europa segnando
profondamente la società italiana. In risposta a recessione e precariato, il
gioco d’azzardo vive una stagione di fulminante ascesa, e - dalle slot che
affollano i bar e al boom del poker texano - si moltiplicano i luoghi e le
modalità in cui viene praticato. I soldi facili sono la chimera inseguita anche
dai nostri protagonisti, in un crescendo di tensione che ci rivela mano dopo
mano come, al tavolo verde, questi uomini si stiano giocando ben più di una
manciata di fiches. Cinque attori di grande livello, Gigio Alberti, Filippo
Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro e Gennaro Di Biase, si calano in una
partita che probabilmente lascerà i loro personaggi tutti sconfitti, a
dimostrazione di come alcuni valori fondamentali delle relazioni umane -
amicizia, lealtà e consapevolezza di sé - stiano dolorosamente tramontando dal
nostro orizzonte. D’altro canto, già Aristotele, tra i primi filosofi a
riconoscere il valore dell’amicizia (‘l'amicizia è una virtù indispensabile
all'uomo: nessuno sceglierebbe di vivere senza amici’), metteva in guardia gli
uomini nello scegliere bene i propri amici, poiché interessi materiali possono
facilmente prendere il sopravvento sul sentimento.
Con la sua stringente
contemporaneità e la sua universalità fuori dal tempo, la parabola di Regalo di
Natale è allora il trionfo del singolo sul collettivo, è la metafora del
successo di uno conquistato a spese di tutti, è il simbolo di una teatralità
doppia e meschina, è un’amara una riflessione su come stiamo diventando. O su
come forse siamo già diventati. Se il poker è lo specchio della vita, il teatro
è il luogo dove attori e spettatori si possono rispecchiare gli uni negli altri.
E due specchi messi uno di fronte all’altro generano immagini. Infinite
28
Dicembre, Carmen di Fredy Franzutti con Balletto del Sud
produzione
Balletto del Sud
Carmen, balletto in due atti di Fredy Franzutti, è una delle
produzioni di maggior successo della compagnia "Balletto del Sud", oggi una
delle più apprezzate nel panorama nazionale. In una versione della celeberrima
eroina di Prosper Mérimée si esalta il carattere della bellezza medusea che
seduce il pubblico di sempre anche grazie alla popolarissima musica di Georges
Bizet al quale testo dedicò un'opera lirica. Carmen è ambientata (nel testo e
nella versione musicale) in una Spagna letta da un punto di vista non autoctono,
ovvero da autori che ne colorano la componente esotica aumentando il fascino
delle caratteristiche tipiche della tradizione popolare di una terra che fu
crocevia di popoli e culture. Alle musiche di Bizet si affiancano opere di altri
autori (Albéniz, Chabrier e Massenet) che guardano nella stessa maniera il paese
e il popolo spagnolo dalla raffinatissima Parigi. Il modo in cui i personaggi
vivono elementi come il fato, il destino avverso, la superstizione, la passione,
il tradimento, la gelosia fino all'omicidio d'onore è tutt'ora invariato in
produzioni teatrali o cinematografiche contemporanee a cui la coreografia fa
riferimento. La Carmen di Fredy Franzutti ha avuto circa 90 repliche nei più
prestigiosi teatri e festival italiani, come il Teatro Antico di Taormina, il
Festival della Versiliana e l'inaugurazione del Teatro Grande di Pompei. Nel
2010 entra nel repertorio del Teatro dell'Opera di Tirana. Con Carmen Fredy
Franzutti riceve il prestigioso Premio Internazionale Carlo Alberto Cappelli
2016.
7 Gennaio, alle ore 21, Questi fantasmi di Eduardo De
Filippo
con Gianfelice Imparato, Carolina Rosi, regia Marco Tullio Giordana
produzione Elledieffe
Elledieffe, La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo,
oggi diretta da Carolina Rosi, mette in scena il capolavoro eduardiano Questi
fantasmi!, con la regia di Marco Tullio Giordana. Una produzione importante per
la compagnia, sintesi di un lavoro che avvia percorsi artistici condivisi e che
continua, nel rigoroso segno di Luca, a rappresentare e proteggere l’immenso
patrimonio culturale di una delle più antiche famiglie della tradizione teatrale
italiana. ‘Ho deciso di affidare il testo ‘ ha dichiarato Carolina Rosi ‘ alla
preziosa ed attenta regia di Marco Tullio Giordana perché sicura che ne avrebbe
esaltato i valori ed i contenuti, che avrebbe abbracciato la compagnia e diretto
la messinscena con lo stesso amore con il quale cura ogni fotogramma’. Questi
fantasmi!, una delle commedie più importanti di Eduardo, tra le prime ad essere
rappresentata all’estero (nel 1955 a Parigi, al Théâtre de la Ville ‘ Sarah
Bernhardt), ha raccolto unanimi consensi in tutte le sue diverse edizioni: un
successo assoluto ascrivibile allo straordinario meccanismo di un testo che, nel
perfetto equilibrio tra comico e tragico, propone uno dei temi centrali della
drammaturgia eduardiana: quello della vita messa fra parentesi, sostituita da
un’immagine, da un travestimento, da una maschera imposta agli uomini dalle
circostanze. Divisa in tre atti, è stata scritta nel 1945 ed è la seconda, dopo
Napoli Milionaria, a far parte della raccolta Cantata dei giorni dispari.
Eduardo si ispirò probabilmente per la sua realizzazione a un episodio di cui fu
protagonista suo padre, Eduardo Scarpetta. Racconta infatti quest’ultimo che la
sua famiglia, in ristrettezze economiche, fu costretta a lasciare la propria
abitazione da un giorno all’altro. Il padre riuscì a trovare in poco tempo una
nuova sistemazione, all’apparenza eccezionale in rapporto all’affitto
ridottissimo da pagare. Dopo alcuni giorni si chiarì il mistero: la casa era
frequentata da un’impertinente ‘monaciello’. Nel cast, che unisce diverse
generazioni di attori, ci sono Gianfelice Imparato, nel ruolo di Pasquale
Lojacono, affiancato da Carolina Rosi (Maria, sua moglie) e da Nicola Di Pinto
(Raffaele, portiere), Massimo De Matteo (Alfredo Marigliano), Giovanni Allocca
(Gastone Califano), Paola Fulciniti (Armida), Gianni Cannavacciuolo, fino ai
giovanissimi Andrea Cioffi e Viola Forestiero. ‘Eduardo è uno dei nostri grandi
monumenti del ‘900 - sottolinea il regista Marco Tullio Giordana - conosciuto e
rappresentato, insieme a Pirandello, nei teatri di tutto il mondo. Grandezza che
non è sbiadita col tempo, non vale solo come testimone di un’epoca. Al contrario
l’attualità di Questi fantasmi! è per me addirittura sconcertante. Emerge dal
testo non solo la Napoli grandiosa e miserabile del dopoguerra, la vita grama,
la presenza liberatrice/dominatrice degli Alleati, ma anche un sentimento che
ritrovo intatto in questo tempo, un dolore che non ha mai abbandonato la città e
insieme il suo controcanto gioioso, quello che Ungaretti chiamerebbe ‘l’allegria
del naufragio’. Il tipo incarnato da Pasquale Lojacono ‘ replicato nelle figure
di Alfredo, di Gastone, del portiere Raffaele - con la sua inconcludenza, l’arte
di arrangiarsi, la disinvoltura morale, l’opportunismo, i sogni ingenui e le
meschinità, non è molto diverso dai connazionali d’oggi. La grandezza di Eduardo
sta nel non ergersi a giudice, nel non sentirsi migliore di lui, di loro. Non
condanna né assolve, semplicemente rappresenta quel mondo senza sconti e senza
stizza. Il suo sguardo non teme la compassione, rifiuta la rigidità del
moralista’.
31 Gennaio, Filumena Marturano di Eduardo De Filippo
con
Mariangela D'Abbraccio, Geppy Gleijeses, regia Liliana Cavani
produzione
Gitiesse Artisti Riuniti
Filumena Marturano forse la commedia italiana del
dopoguerra più conosciuta e rappresentata all’estero ‘ ha un ruolo centrale
nella produzione di Eduardo De Filippo, collocandosi tra i primi testi di quella
Cantata dei giorni dispari che, a partire da Napoli milionaria! raccoglie le
opere più complesse e problematiche in cui si riversano i drammi, le ansie e le
speranze di un Paese e di un popolo sconvolti dalla guerra. Come in un ideale
ring immaginario, Filumena Marturano e Domenico Soriano, si affrontano per far
valere le loro ragioni, dietro cui si celano verità troppo a lungo nascoste e
sentimenti esasperati. Come da tradizione, Eduardo De Filippo parte da una
reazione emotiva dei personaggi per sviscerare quello che lui definisce come il
conflitto tra individuo e società. Nel dramma di Filumena, che rifiuta di
rivelare all’amante quale dei tre figli da lei messi al mondo sia suo, si
rappresenta appieno un’allegoria dell’Italia lacerata e in larga misura
depauperata anche moralmente, che preannuncia la dignità e la volontà di
riscatto.
sabato 3, ore 20.45, e domenica 4
Marzo,
ore 18, Compagnia Enfi Teatro presenta Biagio Izzo in "Di’ che ti manda Picone"
testo di Lucio Aiello, con Rocío Muñoz Morales e con Mario Porfito, Lucio
Aiello, Agostino Chiummariello, Rosa Miranda, Antonio Romano, Arduino Speranza,
Felicia Del Prete
scene Luigi Ferrigno, disegno luci Gigi Ascione, costumi
Anna Zaccarini, regia Giuseppe Miale Di Mauro
dedicato A Elvio Porta
Nel
1984 uscì il film diretto da Nanni Loy, Mi manda Picone, che raccontava la
storia di un operaio dell’Italsider di Bagnoli che per protestare contro la
chiusura della fabbrica si diede fuoco davanti al consiglio comunale sotto gli
occhi della moglie e del figlio piccolo.
Nel 1984 io avevo 9 anni e molto
probabilmente il film non lo vidi nemmeno (ho poi recuperato crescendo) ma
ricordo perfettamente che nella mia famiglia quando c’era da fare qualche
incontro importante o qualche faccenda delicata, si diceva: «Di’ che ti manda
Picone».
Per anni mi sono chiesto chi fosse quel fantomatico Picone, che solo
a nominarlo come faceva Giannini nel film rilasciava crediti e possibilità, poi
con il tempo ho capito cosa voleva dire quella frase. Così, quando mi hanno
chiamato per curare la regia di questo testo che partendo dal film racconta che
fine ha fatto quel bambino che ha visto il padre scomparire inghiottito dalle
fiamme, ho fatto un tuffo nella mia infanzia.
In quell’universo in cui i
bambini si isolano e creano il loro mondo personale. Come Antonio Picone, alias
Biagio Izzo, che ormai adulto si isola nella vecchia casa di famiglia e vive nel
ricordo di un padre andato via troppo presto. Intanto si è fidanzato e ben
presto scoprirà che la sua donna aspetta un bambino.
Ciò vorrà dire
assumersi delle responsabilità, diventare adulto. Ma Antonio Picone vuole
restare bambino, così convinto che crescere voglia dire solo farsi il sangue
amaro e ascoltare verità che non gli piacciono.
Purtroppo per lui un nugolo
di personaggi subdoli e spietati invaderanno la casa - isola del povero Antonio
e lo condurranno nella piaga sociale di una politica fatta di raggiri e inganni.
E il bambino, orfano di un martire del lavoro, sarà costretto a diventare adulto
e scegliere da che parte stare nel mondo vero.
Il percorso che porterà a
questa scelta sarà fatto di amore, tante risate, ricordi, esami di coscienza e
prese di posizione. Alla fine Antonio farà la sua scelta. E proprio come
succedeva nella mia famiglia, anche in questa ci sarà chi gli sussurrerà quella
fatidica frase: «Di’ che ti manda Picone».
17 Marzo, Don
Chisciotte di Maurizio De Giovanni
con Peppe Barra, Nando Paone, regia
Alessandro Maggi
produzione Artisti Associati
musiche Patrizio
Trampetti
Pietra miliare del romanzo moderno, il capolavoro della letteratura
mondiale di Miguel de Cervantes, ‘Don Chisciotte’, nella riscrittura di Maurizio
De Giovanni, già autore di numerosi racconti e romanzi e padre del commissario
Lojacono de "I bastardi di Pizzofalcone" va in scena, con gli esplosivi ed
eclettici Nando Paone e Peppe Barra nei panni del bizzarro hidalgo spagnolo e
del suo fido scudiero Sancho. Un viaggio inconsueto, ironico e profondo, alla
ricerca di una identità posseduta e ogni volta riscoperta nell’immaginario del
romantico e nobile principio del bene contro il male, combattuto ad ogni costo,
a colpi di duro sarcasmo e disarmante coraggio. E’ la bizzarra impresa dell’
eroe ‘senza macchia e senza paura’ che, fedele alla sua incontrastata passione
per la lettura che lo ha indotto alla follia, si decide a rivivere di persona
tutte le gesta eroiche che la letteratura gli ha suggerito. Accompagnato da
Sancho, concreto e pragmatico personaggio che egli designa suo compagno di
avventure, intraprende un un viaggio di passione e idealismo in cui utopia e
realtà rappresentano i confini di un mondo tragico e comico al tempo stesso,
grottesco, folle e appassionato. Nel caotico, dolorante, esilarante e fecondo
scenario di un secondo dopoguerra, immaginato dalla penna di De Giovanni, i
personaggi muovono i loro passi, riflettono sulle proprie realtà, si configurano
come presenze salvifiche di un incontrastato mondo marcio, in un gioco di
immaginazione e roboante creatività. Con la regia di Alessandro Maggi, di forte
visione evocativa e ricca di suggestioni, lo spettacolo si propone come una
sottile inchiesta che conduce acutamente ad una riflessione su sé stessi e sul
mondo tout court, attraversato, ieri come domani, da perenni e universali
controversie che, in ogni epoca, si fanno specchio della società contemporanea.
18 Aprile, La manomissione delle parole di Gianrico Carofiglio
con
Gianrico Carofiglio, regia Teresa Ludovico
produzione Teatro Kismet
Le
nostre parole sono spesso prive di significato. Ciò accade perché le abbiamo
consumate, estenuate, svuotate con un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole,
le abbiamo rese bozzoli vuoti. Per raccontare, dobbiamo rigenerare le nostre
parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore. E per
fare questo dobbiamo farle a pezzi e poi ricostruirle. Nei nostri seminari
chiamiamo ‘manomissione’ questa operazione di rottura e ricostruzione. La parola
manomissione ha due significati, in apparenza molto diversi. Nel primo
significato essa è sinonimo di alterazione, violazione, danneggiamento. Nel
secondo, che discende direttamente dall’antico diritto romano (manomissione era
la cerimonia con cui uno schiavo veniva liberato), essa è sinonimo di
liberazione, riscatto, emancipazione. La manomissione delle parole include
entrambi questi significati. Noi facciamo a pezzi le parole (le manomettiamo,
nel senso di alterarle, violarle) e poi le rimontiamo (nel senso di liberarle
dai vincoli delle convenzioni verbali e dei non significati). Solo dopo la
manomissione, possiamo usare le nostre parole per raccontare storie?. Questo
brano è tratto dal romanzo Ragionevoli dubbi di Gianrico Carofiglio in cui
l’avvocato Guido Guerrieri sfoglia tra le mani La manomissione delle parole,
sottotitolo: Appunti per un seminario di scrittura. Un testo creato dallo stesso
scrittore per pura finzione letteraria, che con il tempo prende la forma e la
consistenza di un saggio. La manomissione delle parole è una riflessione
sull’uso dei termini, sulla loro funzione, sul valore che essi hanno nella
costruzione delle storie di ciascuno di noi, tanto da essere pilastri della
nostra vita etica e civile. Fondamenta che sempre più spesso vengono logorate
dall’abuso e dalla manipolazione dei significati. Come si fa a ridar loro la
dignità che meritano? Per Carofiglio l’unico metodo è manometterli, cioè
smontarli e rimontarli nel loro verso originario. L’ autore costruisce
un’indagine letteraria politica e giudiziaria a partire da alcune citazioni di
personaggi diversissimi tra loro, da Aristotele a Cicerone, da Dante a Primo
Levi, da Calvino a Nadine Gordimer, da Obama a Bob Dylan
Orario botteghino dal lunedì al sabato 10.00 - 13.00 solo lunedì e giovedì
anche 17.00 - 20.00
Teatro Garibaldi, Corso Giuseppe Garibaldi, 78, Santa
Maria Capua Vetere CE
Telefono: 0823 799612