Teatro Comunale: stagione 2017/18
Caserta – dal 27 Ottobre al 25 marzo 2017
Comunicto stampa
Rassegna "Grande Teatro"
da venerdì 27 a domenica 29 ottobre, Isabella Ferrari e Iaia
Forte in "Sisters. Come Stelle Nel Buio" di Igor Esposito / regia Valerio Binasco
Una
black comedy che vede protagoniste due delle migliori interpreti del cinema e
del teatro italiano, tra umorismo nero e sofisticata ironia, Isabella Ferrari e
Iaia Forte saranno le protagoniste di Come Stelle Nel Buio di Igor Esposito, la
regia è di Valerio Binasco, regista tra i più apprezzati e premiati della scena
italiana.
In una villa immersa nei ricordi, due sorelle rivivono un passato
glorioso ormai svanito. Sullo sfondo delle loro esistenze c’è un terribile
incidente che si è portato via il padre e il loro futuro. Pur assente dalla
commedia la figura del padre è sempre presente nella quotidianità, specialmente
per Regina che aveva con lui un rapporto morboso e privilegiato.
Assieme a
lui, le due sorelle da piccole avevano formato un trio musicale di scarsissimo
successo, che fu sciolto quando Chiara intraprese una carriera nel cinema.
Gli esiti dell’incidente, si ripercuotono sulle due ragazze: Regina nasconde il
suo dolore nell’alcool, mentre Chiara ne porta i segni visibili su di sé,
trovandosi costretta sulla sedia a rotelle.
Costrette a vivere insieme
affiora il senso dei loro ricordi, elemento fondamentale soprattutto per Chiara,
che troverà in essi la speranza e la voglia di continuare a vivere.
Il
rapporto di convivenza tra la le due sorelle è combattuto fra la disperazione e
la speranza, l’odio e l’amore, il coraggio e la paura. Regina, pur occupandosi
di Chiara, non si rende conto che con il suo alcolismo, il suo squilibrio
mentale e con la sua gelosia sfrenata, invece di proteggerla come avrebbe voluto
fare, la fa diventare sua prigioniera. Disperata per il fallimento della sua
carriera, ritrova un’inutile speranza illudendosi che una televisione locale si
stia interessando a lei. Questa speranza scatena un gioco al massacro.
E’ una
commedia dai forti tratti umoristici eppure commoventi. Momenti di pazzia e
normalità sono la base di questo spettacolo, orientato da una messa in scena
semplice, che lascia spazio alle attrici di trasmetterci il rancore e
l’incomprensione dello scorrere della vita di queste due sorelle, facendo del
palcoscenico un campo di gioco estremo
da venerdì 17 a domenica 19 novembre, Claudia
Cardinale e Ottavia Fusco in "La Strana Coppia"
con Patrizia
Spinosi, Lello Giulivo, Nicola d’Ortona, Cinzia Cordella e Angela Russo
costumi Michele Gaudiomonte, scene Bruno Garofalo.
contributi video Maxima
Film Napoli
regia Antonio Mastellone
Olivia Madison conduce un'esistenza
solitaria e disillusa da quando si è separata dal marito. Disordinata e
approssimativa, vive da sola in un appartamento trasandato, passando i venerdì
sera a parlare di sesso, di gossip e a giocare apokercon le amiche Vera, Michi e
Silvia. La routine di Olivia viene sconvolta dall'arrivo di Fiorenza, un'amica
appena lasciata dal marito che è l'esatto opposto di Olivia: precisa in modo
maniacale, ossessionata dall'ordine e dalla pulizia, piena di allergie e di tic,
e incapace di rassegnarsi alla fine del proprio matrimonio.
Fiorenza, Olivia.
Vera, Silvia e Michi sono amiche. Come tutte le amiche condividono gioie e
dolori,sconfitte e vittorie. Quando Fiorenza è costretta a lasciare casa
minacciando il suicidio, alla fine della relazione con Sidney, il rifugio più
naturale è il gruppo, la comunità delle amiche.
“ Se uno si vuol suicidare
qual'è il posto migliore per farlo?Con le sue amiche.”
Lì si può dipanare
l'elaborazione del lutto, lì il suo dolore può sposare ed essere sposato da
quello di Olivia, anche lei separata irrisolta. Lì il suo dolore può guarire ed
essere guarito.
Attraverso la lente strutturante dell'ironia Simon
rappresenta dei piccoli drammi umani, quelli che tutti conosciamo, rendendoli
gioiosi e divertenti, pacificandoli con grazia e delicatezza, costruendo cinque
piccole eroine, scarsamente significative ma enormemente rappresentative delle
nostre nevrosi, delle nostre manie, dei nostri piccoli desideri, dei nostri
banali dolori.
“La strana coppia” di Neil Simon
(nella sua versione al femminile) porterà in scena una vera “strana coppia”:
Claudia Cardinale e Ottavia Fusco, i due grandi amori della vita di Squitieri:
la sua storica compagna di vita e la sua ultima e attuale moglie. L’amore non
separa, unisce!
Questo è quanto Squitieri ci avrebbe voluto raccontare
nell’affrontare questa insolita prova registica. Ed è quello che, attraverso i
suoi appunti di regia, messi in scena dal suo aiuto-regia prediletto, Antonio
Mastellone, riuscirà a restituire al pubblico. Divertimento e amore.
Da parte
nostra, entusiasmo e certezza di successo.
da venerdì 15 a domenica
17 dicembre, Balletto Del Sud presenta "Lo Schiaccianoci"
balletto
in due atti tratto dal racconto di Hoffman Lo Schiaccianoci ed il re dei Topi /
coreografie di Fredy Franzutti / musiche Piotr Il’ic Cajkovskij / scene di
Francesco Palma / scene e costumi di Fredy Franzutti / scene realizzate da
Francesco Palma / luci di Piero Calò
l sogno di Clara, la battaglia dei topi,
il viaggio fantastico, vengono narrati nella favola natalizia di Cajkovskij,
ideata sul racconto di Hoffman “Il principe Schiaccianoci ed il Re dei topi”. Lo
spettacolo di Fredy Franzutti, coreografo tra
i più apprezzati nel panorama
nazionale, coniuga, con efficacia, le testimonianze della messa in scena
originaria di Petipa - Ivanov (primi coreografi de “Lo Schiaccianoci) ad un
impianto drammaturgico nuovo ispirato al mondo gotico del regista Tim Burton
ricostruito da sontuose scene e spettacolari costumi.
I bellissimi temi
musicali che si animano con le scene di festa sotto l’albero di Natale, fanno
del balletto un titolo particolarmente amato dal pubblico, anche da quello molto
giovane, per il suo richiamo alle calde atmosfere familiari natalizie.
Interpreti di questo Schiaccianoci, sono i ballerini del Balletto del Sud, una
solida realtà internazionale che colleziona, dal 1995 - anno della fondazione,
successi nelle numerose tournée italiane ed europee. Il critico Vittoria
Ottolenghi, sul settimanale “L’Espresso”, così recensisce lo spettacolo: «“Lo
Schiaccianoci” del Balletto del Sud è un miracolo di trucchi scenografici, di
scene a trasformazione, dal respiro regale. Con danzatori di alta qualità, non
solo è molto meglio di tutti i prodotti del genere che importiamo dall’est
durante le feste natalizie, ma non ha nulla da invidiare a molte griffate
edizioni del nord Europa».
da venerdì 12 a domenica 14 gennaio 2018,
Eros Pagni, Gaia Aprea in "Sei Personaggi In Cerca D’autore"
di Luigi
Pirandello / regia Luca De Fusco
con Eros Pagni, Gaia Aprea, Maria Basile
Scarpetta, Paolo Cresta, Gianluca Musiu, Alessandra Pacifico Griffini, Giacinto
Palmarini, Federica Sandrini, Paolo Serra, Enzo Turrin / scene e costumi Marta
Crisolini Malatesta / luci Gigi Saccomandi / musiche originali Ran Bagno /
regista assistente Alessandra Felli / scenografo assistente Davide Amadei
Iniziato nel 2010 con la messa in scena di un Pirandello ritenuto minore come
Vestire gli ignudi e passato attraverso due Shakespeare invece “maggiori” come
Antonio e Cleopatra e Macbeth e un capolavoro greco come Orestea, il mio lavoro
di contaminazione tra teatro e cinema giunge ad una sorta di naturale
conclusione concettuale con la messa in scena di Sei personaggi in cerca di
autore, massima riflessione sulla natura stessa del teatro nella drammaturgia
del Novecento. Negli spettacoli che ho citato lo spettatore vede gli attori
compiere delle azioni e contemporaneamente li vede ripresi dalle telecamere in
diretta e proiettati sulla scenografia. È come se lo spettatore assistesse
contemporaneamente a due spettacoli, uno teatrale e uno cinematografico. Restano
quindi le piccole figure reali viste ad occhio nudo, come sempre a teatro, ma
appaiono anche dei giganti onirici proiettati su velari o sulle pareti fisiche
del teatro. L’intuizione (che ha portato a grandi consensi di pubblico e
critica) sembra adattarsi in modo speciale a Sei personaggi in cerca di autore.
A ben vedere questi sei personaggi che si offrono alla rappresentazione sembrano
provenire dal mondo del cinema e chiedere di far sfociare il cinema nel teatro.
La scenografia dello spettacolo sarà basata su un grande specchio che sarà
sistemato sul palcoscenico apparentemente per delle prove di danza alla sbarra.
Questo specchio è in realtà anche un grande schermo cinematografico. All’inizio
i sei personaggi, invece di provenire dalla sala come sempre, escono dallo
schermo come i protagonisti di Broadway Danny rose” di W. Allen. Essi infatti
provengono dal cinema. Non è un caso che tutte le obiezioni del capocomico alla
irraprensentabilità della storia dei sei personaggi, cadono di colpo se si pensa
la loro storia in termini filmici. Il capocomico obietta che nella storia ci
sono troppi flashback? Questo invece è tipico del cinema.
Gli attori si
lamentano che nelle scene intime i personaggi parlano a voce troppo bassa e i
personaggi rispondono che certe cose non si possono dire urlando? A cinema gli
attori usano toni simili a quelli della vita e nelle scene intime usano quindi
toni intimi. Il capocomico obietta che nel finale (la scena della morte della
bambina nel laghetto) accadono troppi fatti contemporaneamente e che a teatro le
cose accadono una alla volta? Questo non è assolutamente un problema per il
cinema, che anzi mescola di continuo le vicende narrate attraverso il montaggio
alternato. Quando i personaggi proveranno a rappresentare le scene madri della
loro vicenda esse appariranno recitate quindi teatralmente ma anche proiettate
in diretta mostrando un potere evocativo e magico che naturalmente gli attori
della compagnia non sapranno ripetere, non solo per la loro inattendibilità
fisica e per la loro estraneità “professionistica” alla vicenda, ma perché la
natura stessa della vicenda dei Sei personaggi si rivelerà più adatta in effetti
più ad una versione cinematografica che teatrale. Riletto in questo modo, il
capolavoro pirandelliano rivela essere anche una riflessione sulla natura di due
linguaggi, quello teatrale e quello cinematografico, il cui confronto si
affacciava prepotentemente alla ribalta negli anni della stesura del testo. In
quegli stessi anni Pirandello descriveva la natura del linguaggio filmico come
linguaggio visionario. Ed in effetti i nostri Sei personaggi saranno presentati
non come fantasmi, ma come vere e proprie visioni.
da venerdì 26 a
domenica 28 gennaio, Mariangela D’abbraccio, Geppy Gleijeses in
"Filumena Marturano"
di Eduardo De Filippo / regia Liliana Cavani
con
Nunzia Schiano, Mimmo Mignemi e con Ylenia Oliviero, Elisabetta Mirra, Agostino
Pannone, Gregorio De Paola, Adriano Falivene, Fabio Pappacena / scene e costumi
Raimonda Gaetani
Filumena Marturano ha un ruolo centrale nella produzione di
Eduardo De Filippo, collocandosi tra i primi testi di quella Cantata dei giorni
dispari che raccoglie
le opere più complesse e problematiche in cui si
riversano i drammi, le ansie e le speranze di un Paese e di un popolo sconvolti
dalla guerra. Nel dramma di Filumena, che rifiuta di rivelare all’amante quale
dei tre figli da lei messi al mondo sia suo, De Filippo dichiarava di aver
inteso rappresentare un’allegoria dell’Italia lacerata e in larga misura
depauperata anche moralmente, e prefigurarne la dignità e la volontà di
riscatto. Ispirata da un fatto di cronaca, la commedia racconta la storia di
Filumena Marturano e Domenico Soriano: lei è caparbia, accorta, ostinata contro
tutto e tutti nel perseguire la propria visione del mondo, con un passato di
lotte e tristezze, decisa a difendere fino in fondo la vita e il destino dei
suoi figli: è la nostra “Madre Coraggio”. Lui borghese, figlio di un ricco
pasticciere, “campatore”, amante e proprietario di cavalli da corsa, un po’
fiaccato dagli anni che passano e dalla malinconia dei ricordi, è stretto in una
morsa della donna che ora lo tiene in pugno e a cui si ribella con tutte le sue
forze. Ma è soprattutto la storia di un grande amore. La commedia porta al
pubblico il tema dei diritti dei figli illegittimi, scottante in quegli anni,
dei diritti dei figli illegittimi. Il 23 aprile 1947, infatti, l’Assemblea
Costituente approvò l’articolo che stabiliva il diritto-dovere dei genitori di
mantenere, istruire ede educare anche i figli nati fuori dal matrimonio.
da venerdì 9 a domenica 11 marzo, Maria
Amelia Monti in "Miss Marple, giochi di prestigio"
di Agatha Christie / regia
Pierpaolo Sepe adattamento dal romanzo Edoardo Erba
Miss Marple - la più
famosa detective di Agatha Christie - sale per la prima volta su un palcoscenico
in Italia. E lo fa con la simpatia di Maria Amelia Monti, che dà vita a un
personaggio contagioso, in un’interpretazione che creerà dipendenza.
Siamo
negli anni ‘50, in una casa vittoriana della campagna inglese. Il cattivo tempo
imperversa e le previsioni dicono che peggiorerà. Miss Marple è andata a trovare
la sua vecchia amica Carrie Louise, una filantropa che vive lì col terzo marito,
Lewis, e vari figli e figliastri dei matrimoni precedenti. Di questa fami-glia
allargata, fa parte anche un giovane piuttosto strano, Edgard, che aiuta Lewis a
dirigere le attività filantropiche. Il gruppo è attraversato da malumori e odi
sotterranei, di cui Miss Marple si accorge ben presto. Durante un tranquillo
dopocena, improvvisamente Edgard perde i nervi: pistola in pugno minaccia Lewis
e lo costringe a entrare nel suo studio. Il delitto avviene sotto gli occhi
terrorizzati di tutti. Ma le cose non sono come sembrano. Toccherà a Miss
Marple, in attesa dell’arrivo della polizia bloccata dal maltempo, capire che
ciò che è successo non quello che tutti credono di aver visto. Il pubblico è
stato distratto da qualcosa che ha permesso all’assassino di agire indisturbato.
Come a teatro. Come in un Gioco di Prestigio.
Adattando il romanzo, Edoardo
Erba riesce a creare una commedia contempo-ranea, che la regia di Pierpaolo Sepe
valorizza con originalità, senza intaccare l’inconfondibile spirito di Agatha
Christie
da venerdì 16 a domenica 18 marzo, Gianfelice
Imparato, Carolina Rosi Nicola Di Pinto, Massimo De Matteo in "Questi Fantasmi"
di Eduardo De Filippo / regia Marco Tullio Giordana con (in ordine di
apparizione) Paola Fulciniti, Andrea Cioffi, Viola Forestiero, Giovanni Allocca,
Gianni Cannavacciuolo / scene e luci Gianni Carluccio / costumi Francesca Livia
Sartori / musiche Andrea Farri
Elledieffe, La Compagnia di Teatro di Luca De
Filippo, oggi diretta da Carolina Rosi, mette in scena il capolavoro eduardiano
Questi fantasmi!, con la regia di Marco Tullio Giordana. Una produzione
importante per la compagnia, sintesi di un lavoro che avvia percorsi artistici
condivisi e che continua, nel rigoroso segno di Luca, a rappresentare e
proteggere l’immenso patrimonio culturale di una delle più antiche famiglie
della tradizione teatrale italiana.
“Ho deciso di affidare il testo – ha
dichiarato Carolina Rosi – alla preziosa ed at-tenta regia di Marco Tullio
Giordana perché sicura che ne avrebbe esaltato i valori ed i contenuti, che
avrebbe abbracciato la compagnia e diretto la messinscena con lo stesso amore
con il quale cura ogni fotogramma”. Questi fantasmi!, una delle commedie più
importanti di Eduardo, tra le prime ad essere rappresentata all’estero (nel 1955
a Parigi, al Théâtre de la Ville – Sarah Bernhardt), ha raccolto unanimi
consensi in tutte le sue diverse edizioni: un successo assoluto ascrivibile allo
straordinario meccanismo di un testo che, nel perfetto equilibrio tra comico e
tragico, propone uno dei temi centrali della drammaturgia eduardiana: quello
della vita messa fra parentesi, sostituita da un’immagine, da un travestimento,
da una maschera imposta agli uomini dalle circostanze. Divisa in tre atti, è
stata scritta nel 1945 ed è la seconda, dopo Napoli Milionaria, a far parte
della raccolta Cantata dei giorni dispari. Eduardo si ispirò probabilmente per
la sua realizzazio-ne a un episodio di cui fu protagonista suo padre, Eduardo
Scarpetta. Racconta infatti quest’ultimo che la sua famiglia, in ristrettezze
economiche, fu costretta a lasciare la propria abitazione da un giorno
all’altro. Il padre riuscì a trovare in poco tempo una nuova sistemazione,
all’apparenza eccezionale in rapporto all’affitto ridottissimo da pagare. Dopo
alcuni giorni si chiarì il mistero: la casa era frequen-tata da un’impertinente
“monaciello”…Nel cast, che unisce diverse generazioni di attori, ci sono
Gianfelice Imparato, nel ruolo di Pasquale Lojacono, affiancato da Carolina Rosi
(Maria, sua moglie) e da Nicola Di Pinto (Raffaele, portiere), Mas-simo De
Matteo (Alfredo Marigliano), Giovanni Allocca (Gastone Califano), Paola
Fulciniti (Armida), Gianni Cannavacciuolo, fino ai giovanissimi Andrea Cioffi e
Viola Foretiero.
“Eduardo è uno dei nostri grandi monumenti del ‘900 -
sottolinea il regista Marco Tullio Giordana - conosciuto e rappresentato,
insieme a Pirandello, nei teatri
di tutto il mondo. Grandezza che non è
sbiadita col tempo, non vale solo come testimone di un’epoca. Al contrario
l’attualità di Questi fantasmi! è per me addi-rittura sconcertante. Emerge dal
testo non solo la Napoli grandiosa e miserabile del dopoguerra, la vita grama,
la presenza liberatrice/dominatrice degli Alleati, ma anche un sentimento che
ritrovo intatto in questo tempo, un dolore che non ha mai abbandonato la città e
insieme il suo controcanto gioioso, quello che Ungaretti chiamerebbe “l’allegria
del naufragio”. Il tipo incarnato da Pasquale Lojacono – replicato nelle figure
di Alfredo, di Gastone, del portiere Raffaele - con la sua inconcludenza, l’arte
di arrangiarsi, la disinvoltura morale, l’opportunismo, i sogni ingenui e le
meschinità, non è molto diverso dai connazionali d’oggi. La grandezza di Eduardo
sta nel non ergersi a giudice, nel non sentirsi migliore di lui, di loro. Non
condanna né assolve, semplicemente rappresenta quel mondo senza sconti e senza
stizza. Il suo sguardo non teme la compassione, rifiuta la rigidità del
moralista”.
da giovedì 13 Aprile a domenica 15 Aprile,
Francesco Di Leva, Giovanni Ludeno i "Il sindaco del rione sanità" con la
partecipazione di Massimiliano Gallo
di Eduardo De Filippo con Adriano
Pantaleo, Giuseppe Gaudino, Daniela Ioia, Gennaro Di Colandrea, Viviana
Cangiano, Salvatore Presutto, Lucienne Perreca, Mimmo Esposito, Morena Di Leva,
Ralph P, Armando De Giulio, Daniele Baselice / scene Carmine Guarino / costumi
Giovanna Napolitano / luci Cesare Accetta / musiche originali Ralph P / regia
Mario Martone
Nel marzo del ‘77, a diciassette anni, avevo formato il mio
primo gruppo e debuttavo col mio primo spettacolo: non c’è modo migliore per me
di festeggiare questi quarant’anni di perpetuo movimento tra teatro, cinema e
opera che trovarmi oggi in una sala di cento posti nella periferia di Napoli a
lavorare con un gruppo, un vero gruppo, come quelli a cui ho dato vita negli
anni ‘80 (da Falso Movimento a Teatri Uniti). Gli attori del Nest, a cominciare
da Francesco Di Leva, così come il regista Giuseppe Miale Di Mauro, non
aspettano che la sorte venga loro incontro con chiamate dall’alto attraverso i
provini, ma si rimboccano le maniche, trovano un senso nel confronto collettivo,
sviluppano idee e si attrezzano perché queste idee in un modo o in un altro
prendano forma. “Fare con quello che c’è” diceva Antonio Neiwiller, e mai come
in queste zone abbandonate da Dio e dalla politica tali parole prendono un
significato che va oltre il fare teatro per allargarsi a una possibilità di
esistenza e di convivenza.
grazie a questa tenacia che il Nest è riuscito a
trasformare una palestra abbandonata in un teatro, ed è questa stessa tenacia
che ha convinto Luca De Filippo a mettere nelle mani di un attore di trentotto
anni un personaggio tra quelli mitici di Eduardo, il “sindaco” Antonio
Barracano, che da copione di anni ne prevede settantacinque. Non è stata la mia
presenza a convincere Luca a dare i diritti, io sono stato coinvolto
successivamente. È stata l’intelligenza di Luca, la sua vocazione a guardare gli
aspetti sociali del fare teatro ereditata dal padre (“se un’idea non ha
significato e utilità sociale non m’interessa lavorarci sopra” diceva Eduardo),
a consentirgli di cogliere lo sguardo acceso di questi attori, la “necessità”
che li muove nel recitare. Ma l’occasione per me è doppiamente interessante. “Il
sindaco del Rione Sanità” è infatti il mio primo Eduardo. Mi sono sempre tenuto
alla larga, perché mettere in scena i suoi testi significa assumere
inevitabilmente non solo quanto c’è scritto sulla carta ma anche (e in troppi
casi soprattutto) il macrotesto delle messe in scena di De Filippo attore e
regista, tramandato e codificato attraverso le innumerevoli recite e le varie
versioni televisive. Sgomberare il campo, impedire alla radice che questo accada
con un così deciso spostamento d’età del protagonista, consente di mettere il
testo alla prova della contemporaneità (oggi i boss sono giovanissimi) e di
leggerlo come nuovo. Non aspettatevi le illusioni del vecchio Barracano nato
dell’800, che ancora consentivano di tracciare dei confini morali: qui affiora
un’umanità feroce, ambigua e dolente, dove il bene e il male si confrontano in
ogni personaggio, dove le due città di cui sempre si parla a Napoli (la
legalitaria e la criminale) si scontrano in una partita senza vincitori. Perché,
è inutile fingere di non vederlo, la città è una e, per quanta paura faccia,
nessuno può pensare di tagliarla in due. Mario Martone
dal 27 al 29
Aprile, "Delitto e castigo" di Fedor Dostoevskij
con Sergio Rubini,
Luigi Lo Cascio, regia Sergio Rubini
produzione Nuovo Teatro in coproduzione
con Fondazione Teatro della Toscana
Vertigine e disagio accompagnano il
lettore di Delitto e Castigo. La vertigine di essere finiti dentro l’ossessione
di una voce che individua nell’omicidio la propria e unica affermazione di
esistenza. E quindi il delitto come specchio del proprio limite e orizzonte
necessario da superare per l’autoaffermazione del sé.
Un conflitto che crea
una febbre, una scissione, uno sdoppiamento; un omicidio che produce un castigo,
un’arma a doppio taglio. Come è la scrittura del romanzo, dove la realtà,
attraverso il racconto in terza persona, è continuamente interrotta e aggredita
dalla voce pensiero, in prima, del protagonista.
Ed è proprio questa natura
bitonale di Delitto e Castigo a suggerire la possibilità di portarlo in scena
attraverso una lettura a due voci. Sergio Rubini e Luigi Lo Cascio sono le due
voci dell'opera e trascinano il pubblico nel racconto, facendo vivere in prima
persona l'ossessione del protagonista.
Delitto e Castigo, l'opera più letta e
conosciuta di Dostoevskij, racconta il tormento di Rodiòn Romànovic
Raskòl’nikov, un giovane poverissimo e strozzato dai debiti, che uccide una
vecchia e meschina usuraia.
Nel romanzo è evidente il conflitto interiore
del protagonista, che crea in lui una scissione; ne viviamo i lucidi
ragionamenti, in cui si rifiuta di provare rimorso, per dimostrare a se stesso
di appartenere alla categoria di quelli che lui definisce i “napoleonici”, i
grandi uomini, le menti superiori dalle idee rivoluzionarie, autorizzati a
vivere e agire al di sopra della legge comune, perché tutte le loro azioni,
anche quelle condannate dalla morale, hanno come fine ultimo il bene collettivo.
Tenta di convincersi che l'omicidio della vecchia usuraia, poiché ha
liberato dal giogo molti poveri creditori e eliminato dalla faccia della terra
un essere maligno, non solo non è condannabile e non dovrebbe procurargli alcun
pentimento, ma costituisce la dimostrazione stessa della sua appartenenza ad una
categoria superiore.
Dall'altro lato, però, viviamo il lento affiorare in
lui della consapevolezza di non riuscire a sfuggire ai sensi di colpa e al
terrore di essere scoperto: deve rassegnarsi, alla fine, di essere non già un
grande uomo, ma un “pidocchio”, e, come tale, di meritare una punizione.
da venerdì 4 a domenica 6 maggio, Glauco Mauri, Roberto
Sturno in "Edipo Il Mito"
Tratto da Edipo Re - Edipo a Colono di Sofocle /
regia Andrea Baracco
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta / musiche
Edipo a Colono Germano Mazzocchetti / elementi sonori Edipo Re Giacomo Vezzani e
con (in o.a.) Ivan Alovisio, Elena Arvigo, Laura Garofoli, Mauro Mandolini,
Roberto Manzi, Giuliano Scarpinato, Paolo Benvenuto Vezzoso
Edipo Re e Edipo
a Colono sono due capolavori fondamentali nella storia dell’uo-mo, per gli
interrogativi che pongono alla mente e per la ricchezza di umanità e di poesia
che ci donano. La storia di Edipo è la storia dell’UOMO, perché racchiude in sé
tutta la storia del suo vivere. Edipo Re e Edipo a Colono sono due opere scritte
in epoche diverse della vita di Sofocle ed è nell’accostamento di questi due
grandi testi che poeticamente si esprime e compiutamente si racconta la “favola”
di Edipo alla ricerca della verità. Alla fine del suo lungo cammino Edipo
comprende se stesso, la luce e le tenebre che sono dentro di lui, ma afferma
anche il diritto alla libera responsabilità del suo agire. Edipo è pronto ad
accettare tutto quel-lo che deve accadere ed è pronto a essere distrutto purché
sia fatta luce. Solo nell’interrogarci comincia la dignità di essere uomini. E’
questo che Sofocle con la sua opera immortale dice a tutti noi. Convinti che il
Teatro sia un’arte che può e deve servire “all’arte del vivere” affrontiamo
queste due opere classiche per trovare nelle radici del nostro passato il
nutrimento per comprendere il nostro presente, questo è il nostro impegno e il
nostro desiderio.
Stagione Red
martedì 14 e mercoledì 15 novembre, Virginia Raffaele in
"Performance"
scritto da Virginia Raffaele, Piero Guerrera,
Giovanni Todescan con Giampiero Solari
luci Marcello Jazzetti
allestimento
e costumi Elisabetta Gabbioneta
musiche Teo Ciavarella
regia video
Cristina Redini
trucco e parrucco speciali Bruno Biagi e Valeria Coppo
regia di Giampiero Solari
Dopo il sold out registrato in tutti i teatri nella
stagione del debutto, torna sui palcoscenici più importanti d'Italia
Performance, il one-woman-show con cui l'istrionica Virginia Raffaele ha
confermato il suo straordinario talento. Le maschere più popolari, da Ornella
Vanoni e Belen Rodriguez, così come i personaggi liberamente tratti dalla realtà
come l'eterna esclusa dai talent show musicali Giorgia Maura o la poetessa
transessuale Paula Gilberto Do Mar, sono donne molto diverse tra loro che
sintetizzano alcune delle ossessioni ricorrenti della società contemporanea: la
vanità, la scaltrezza, la voglia di affermazione e, forse, la scarsa coscienza
di sé.
Il tutto raccontato attraverso la lente deformante e irriverente
dell'ironia e della satira, tipici elementi che compongono lo stile di Virginia
Raffaele.
I personaggi monologano e dialogano tra loro grazie alle proiezioni
video, in un gioco di specchi e di rimandi. Qua e là, tra le maschere, in scena
appare anche Virginia stessa, che interagisce con le sue creature, come una
sorta di narratore involontario che poeticamente svela il suo “essere - o non
essere”.
La musica in scena fa da punteggiatura allo spettacolo,
accompagnando i personaggi nelle loro performance, sottolineandone i movimenti,
enfatizzandone le manie; conferendo alla spettacolo un ritmo forsennato nel cui
vortice i personaggi, Virginia e le varie chiavi di lettura si confondono
creando una nuova realtà, a volte folle a volte melanconica: quella dello
spettacolo stesso.
sabato 2 e domenica 3 dicembre, Sal Da
Vinci in "Italiano Di Napoli"
di Sal Da Vinci e Gianluca Ansanelli
con Davide Marotta, Ernesto Lama, Lello Radice, Gaia Bassi
Corpo di ballo:
Deborah Frittelli, Viola Capelli, Ilaria Cristiano, Martina Giacomini, Marco
Pipani, Francesco Mottisi, Salvatore Perugini, Tommaso Daigoro De Bernardi
Musicisti: Maurizio Bosnia, Gianluca Mirra, Gaetano Diodato, Sasà Dell’Aversano,
Antonio Mambelli, Maurizio Fiordiliso
coreografie Marcello e Mommo Sacchetta;
disegno luci Francesco Adinolfi, scene Roberto Crea; scenotecnica Fratelli
Giustiniani, ideazione costumi Claudia Tortora; progettazione costumi Daniela
Antoci; sartoria Romeo Gigli Plus, make-up Kriss Barone
regia Alessandro
Siani
C’è un mondo dove la poesia e la musica si
incontrano: il teatro! Un luogo vibrante e coinvolgente, le sue strade sono
vissute da abitanti magici e surreali...le piazze ricche di saltimbanchi
acrobati e voci della luna...e poi i vicoli stretti con muri antichi che si
aprono verso il mare ossia verso l’infinito. In questo infinito si alterneranno
le note, le canzoni e i racconti del protagonista ed ideatore Sal Da Vinci. Un
italiano di Napoli che attraverso la sua musica ci trascinerà verso un mondo più
vero, senza pregiudizi nè differenze, perchè in fondo sono le differenze a
renderci speciali. L’Italia non é uno stivale, ma un essere umano…le città sono
gli organi vitali. Milano potrebbe essere il cervello…Roma l’anima e Napoli il
cuore, ma tutto è nelle mani del pubblico. Si nelle mani, perché saranno i
vostri applausi, i vostri silenzi e le vostre risate a decretare se per due ore
avete vissuto una favola o per una volta e dico una volta, la realtà di questo
pazzo paese può essere meravigliosa ad occhi aperti! (Alessandro Siani)
sabato 3 e domenica 4 febbraio, Angela Finocchiaro, Laura
Curino in "Calendar Girls" di Tim Firth / regia Cristina Pezzoli
Il
primo adattamento italiano dello spettacolo campione di incassi in Inghilterra
tratto dall'omonimo film di Tim Firth basato sul film Miramax scritto da
Juliette Towhide & Tim Firth, traduzione e adattamento Stefania Bertola, con
Ariella Reggio e con Carlina Torta, Matilde Facheris, Corinna Lo Castro e Titino
Carrara, Elsa Bossi, Marco Brinzi, Noemi Parroni; scene Rinaldo Rinaldi, costumi
Nanà Cecchi; musiche originali Riccardo Tesi, disegno luci Massimo Consoli
Calendar Girls è un testo teatrale scritto da Tim Firth, tratto dall'omonimo
film con la regia di Nigel Cole (lo stesso di L'erba di Grace e We want sex), di
cui lo stesso Firth è autore e sceneggiatore. Il film, di cui erano protagoniste
- fra le altre - Helen Mirren, Julie Walters, Linda Bassett, è uscito in Italia
nel 2004 ottenendo un discreto successo al botteghino, ma diventando un film di
culto, molto amato dal pubblico femminile.
Nell'adattamento teatrale viene
mantenuta l'impostazione corale, con un ruolo da protagonista definito, quello
di Chris, interpretata da Hellen Mirren nella versione cinematografica e da
Angela Finocchiaro in questa teatrale. La storia, ispirata ad un fatto realmente
accaduto, è quella di un gruppo di donne fra i 50 e i 60 anni, membre del
Women's Institute (nata nel 1915, oggi è la più grande organizzazione di
volontariato delle donne nel Regno Unito), che si impegna in una raccolta fondi
destinati a un ospedale nel quale è morto di leucemia il marito di una di loro
(Annie, nel film interpretata da Julie Walters). Chris, stanca di vecchie e
fallimentari iniziative di beneficenza, ha l'idea di fare un calendario diverso
da tutti gli altri, in cui convince le amiche del gruppo a posare nude. Con
l'aiuto di un fotografo amatoriale realizzano così un calendario che le vede
ritratte in normali attività domestiche, come preparare dolci e composizioni
floreali, ma con un particolare non convenzionale: posano senza vestiti.
L'iniziativa riscuote un successo tale da portarle alla ribalta non solo in
Inghilterra ma anche in America, dove vengono ospitate in un famoso talk show.
L'improvvisa e inaspettata fama, tuttavia, metterà a dura prova le protagoniste.
Lo spettacolo teatrale, al pari del film, ha avuto un enorme successo in
Inghilterra, dove è programmato in diverse versioni dal 2008 ed è tuttora in
scena.
Sabato 24, ore 20.45, e domenica 25 febbraio,
ore 18, Compagnia Enfi Teatro presenta Biagio Izzo in "Di’ che ti manda Picone"
testo di Lucio Aiello, con Rocío Muñoz Morales e con Mario Porfito, Lucio
Aiello, Agostino Chiummariello, Rosa Miranda, Antonio Romano, Arduino Speranza,
Felicia Del Prete
scene Luigi Ferrigno, disegno luci Gigi Ascione, costumi
Anna Zaccarini, regia Giuseppe Miale Di Mauro
dedicato A Elvio Porta
Nel
1984 uscì il film diretto da Nanni Loy, Mi manda Picone, che raccontava la
storia di un operaio dell’Italsider di Bagnoli che per protestare contro la
chiusura della fabbrica si diede fuoco davanti al consiglio comunale sotto gli
occhi della moglie e del figlio piccolo.
Nel 1984 io avevo 9 anni e molto
probabilmente il film non lo vidi nemmeno (ho poi recuperato crescendo) ma
ricordo perfettamente che nella mia famiglia quando c’era da fare qualche
incontro importante o qualche faccenda delicata, si diceva: «Di’ che ti manda
Picone».
Per anni mi sono chiesto chi fosse quel fantomatico Picone, che solo
a nominarlo come faceva Giannini nel film rilasciava crediti e possibilità, poi
con il tempo ho capito cosa voleva dire quella frase. Così, quando mi hanno
chiamato per curare la regia di questo testo che partendo dal film racconta che
fine ha fatto quel bambino che ha visto il padre scomparire inghiottito dalle
fiamme, ho fatto un tuffo nella mia infanzia.
In quell’universo in cui i
bambini si isolano e creano il loro mondo personale. Come Antonio Picone, alias
Biagio Izzo, che ormai adulto si isola nella vecchia casa di famiglia e vive nel
ricordo di un padre andato via troppo presto. Intanto si è fidanzato e ben
presto scoprirà che la sua donna aspetta un bambino.
Ciò vorrà dire
assumersi delle responsabilità, diventare adulto. Ma Antonio Picone vuole
restare bambino, così convinto che crescere voglia dire solo farsi il sangue
amaro e ascoltare verità che non gli piacciono.
Purtroppo per lui un nugolo
di personaggi subdoli e spietati invaderanno la casa - isola del povero Antonio
e lo condurranno nella piaga sociale di una politica fatta di raggiri e inganni.
E il bambino, orfano di un martire del lavoro, sarà costretto a diventare adulto
e scegliere da che parte stare nel mondo vero.
Il percorso che porterà a
questa scelta sarà fatto di amore, tante risate, ricordi, esami di coscienza e
prese di posizione. Alla fine Antonio farà la sua scelta. E proprio come
succedeva nella mia famiglia, anche in questa ci sarà chi gli sussurrerà quella
fatidica frase: «Di’ che ti manda Picone».
Teatro Civile
sabato 11 novembre, Lucia Mascino in "Anatomia Di Una
Solitudine"
scritto e diretto da Lucia Calamaro, dedicato alla poetessa Idea
Vilariño
Struggente, severa, innamorata senza scampo.
Toccante, stringata,
infelicissima e, suo malgrado, incredibilmente longeva. Il fondo incoerente di
questa poetessa uruguaiana, figura maggiore della poesia sudamericana, che da
sempre ha voluto suicidarsi e non l’ha mai fatto e che si è applicata per una
vita a continuativi esercizi di solitudine sofferta, è l’oggetto di questo
testo.
Abitare in scena l’anima di Idea. Per quel che vale.
Domenica 11 febbraio, ore 19, Napoli Teatro Festival Italia, Casa del
Contemporaneo, Teatri Uniti, Teatro Stabile di Napoli - Teatro Nazionale
presentano "Il Servo" di Robin Maugham, traduzione di Lorenzo Pavolini
con
(in ordine di apparizione): Tony Laudadio (Richard Merton), Emilia Scarpati
Fanetti (Sally Grant), Andrea Renzi (Tony Williams), Lino Musella (Les Barrett),
Maria Laila Fernandez (Vera/Mabel)
scene Francesco Ghisu, costumi Annapaola
Brancia d’Apricena, disegno luci Cesare Accetta, regia Andrea Renzi, Pierpaolo
Sepe
Il servo, è un romanzo breve di Robin Maugham. Quando nel 1948 fu dato
alle stampe e distribuito nelle librerie inglesi fu considerato “un piccolo
capolavoro di abiezione”, mentre la critica aveva riconosciuto al giovane
scrittore un talento di narratore pari a quello dello zio, il grande Somerset
Maugham.
Ancora oggi, il romanzo è considerato una 'commedia nera' e di
scavo psicologico, la cui trama – chiusa all’interno di una casa borghese – si
struttura come una ragnatela, lentamente tessuta dal servo.
Al centro del
racconto, la vicenda di un rapporto di dominazione e assuefazione di un uomo su
un altro uomo: Barrettè un domestico che prende servizio nella casa di Tony,
ricco avvocato londinese. Inizialmente, “il servo” sembra assolvere con zelo il
proprio incarico, ma attraverso ambigui giochi psicologici si arriverà al
rovesciamento dei ruoli "servo\padrone".
Nel gioco perverso entrano in campo
anche l'amico- testimone della vicenda, Richard, la fidanzata di Tony, Sally, la
nipote di Barrett, Vera e la misteriosa Mabel
Il lavoro di Andrea Renzi e
Pierpaolo Sepe parte dall'adattamento teatrale che lo stesso Maugham realizzò
nel 1958 e evoca le atmosfere del celebre film di Joseph Losey del 1963 con la
sceneggiatura di Harold Pinter.
La traduzione di Lorenzo Pavolini (che aveva
già tradotto il romanzo, nel 2000, per e\o) intreccia le due versioni del testo,
concentrandosi essenzialmente sulla scrittura del romanzo che, rispetto al testo
teatrale, “è decisamente più scarna e minima, concentrata nel raccontare un
preciso costume sociale, evidenzia Pavolini nelle note alla traduzione”.
Infatti, nel racconto c’è l’amicizia e la gioventù in tutta la sua ambigua e
irrinunciabile forza, la malinconia e la vitalità di una generazione che usciva
dalla guerra, il legame creato tra uomini che sono stati prima di tutto compagni
di trincea, soldati, e che ora tornano alla vita, alla città, al sesso, ai
problemucci di sempre (...) il tutto in un mondo sospeso tra ieri e oggi, alla
metà del secolo, dove i domestici sono servi e alla fidanzata si fa la
dichiarazione, dove la Londra vittoriana non si è ancora sciolta nello swinging,
le prostitute hanno la pelle rovinata e sono il male, l’omosessualità è
fosteriana e la sensualità una perdizione.
Barrett è un demonio che cresce
dal fango della democrazia ed è pronto a prendere il sopravvento contro
l’artistocratico cadente, o per lo meno a guidarlo, a costringerlo a una
sommaria equiparazione dei costumi e dei gusti verso il basso (…) nel racconto
di Maugham è l’ossessione erotica a decidere le cose.
Il servo del Novecento
è un medico al capezzale delle antiche classi dominanti, siano esse nobili o
ricche borghesi. Il suo rimedio è velenoso: come per tante patologie di origine
sociale l’oblio, la rimozione, sono parte integrante del disturbo e conducono al
disastro”
Per Andrea Renzi: “il lavoro degli attori si innesta e sulla
drammaturgia scaturita dal romanzo breve di Maugham che tende a far emergere ciò
che si nasconde e pulsa, vitale e morboso, dietro ogni parola facendo vibrare il
fondo enigmatico dei singoli personaggi”.
Per Pierpaolo Sepe: “Tutto è
iniziato dalla pièce teatrale. Le pieghe psicologiche dei personaggi, o meglio,
la ragnatela intessuta dalla scrittura di Maughamche ha ritratto ‘quei
personaggi così caratterizzati’. Nella pièce emerge intatta la loro ambiguità
sottile e necessaria allo sviluppo più segreto del meccanismo teatrale
all'interno del quale il servo striscia. Si arrampica. Come un ragno tesse la
sua tela dove fatalmente cadrà la sua vittima.
Ogni mezzo è legittimo: il
sesso, il cibo, l’alcool, l’abiezione. Una storia tetra di lotta sociale feroce.
Non ci saranno vincitori ma solo corpi affamati di qualsiasi piacere e menti
sopraffatte dal silenzio delle proprie esistenze.
Metafora di una società
che inventa ruoli e classi, il testo racconta la vendetta dei deboli e perfidi
“sfortunati”, costretti a servire altri uomini uguali a loro in tutto e,
nonostante ciò, depositari di un folle diritto al quale non si può che opporre
tutta la minacciosa rabbia dei servi”.
Poco più di un anno fa The servant è
stato messo in scena al teatro parigino “Poche-Montparnasse” con un notevole
successo. Maxime d’Aboville ha ottenuto il premio Molière 2015 come miglior
attore.
Dal romanzo Il Servo è stata tratta anche un'operina musicale,
realizzata dal compositore Marco Tutino che ne ha scritto libretto e musica.
Gabriele Lavia ne ha curato la regia per il Macerata Opera Festival, nel 2008.
martedì 6 marzo, Gianrico
Carofiglio in "La Manomissione Delle Parole" di Gianrico Carofiglio / regia
Teresa Ludovico
di Gianrico Carofiglio / musiche in scena dal vivo Michele Di
Lallo / luci e scene Vincent Longuemare / regia Teresa Ludovico
“Le nostre
parole sono spesso prive di significato. Ciò accade perché le abbiamo consumate,
estenuate, svuotate con un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole, le abbiamo
rese bozzoli vuoti. Per raccontare, dobbiamo rigenerare le nostre parole.
Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore. E per fare
questo dobbiamo farle a pezzi e poi ricostruirle. Nei nostri seminari chiamiamo
“manomissione” questa operazione di rottura e ricostruzione. La parola
manomissione ha due significati, in apparenza molto diversi. Nel primo
significato essa è sinonimo di alterazione, violazione, danneggiamento. Nel
secondo essa è sinonimo di liberazione, riscatto, emancipazione. La manomissione
delle parole include entrambi questi significati. Noi facciamo a pezzi le parole
(le manomettiamo, nel senso di alterarle, violarle) e poi le rimontiamo (nel
senso di liberarle dai vincoli delle convenzioni verbali e dei non significati).
Solo dopo la manomissione, possiamo usare le nostre parole per raccontare
storie”. E’ una riflessione sull’uso dei termini, sulla loro funzione, sul
valore che essi hanno nella costruzione delle delle storie di ciascuno di noi,
tanto da essere pilastri della nostra vita etica e civile. Fondamenta che sempre
più spesso vengono logorate dall’abuso e dalla manipolazione dei significati.
Come si fa a ridar loro la dignità che meritano? Per Carofiglio l’unico metodo è
manometterli, cioè smontarli e rimontarli nel loro verso originario. L’ autore
costruisce un’indagine letteraria politica e giudiziaria a partire da alcune
citazioni di personaggi diversissimi tra loro, da Aristotele a Cicerone, da
Dante a Primo Levi, da Calvino a Nadine Gordimer, da Obama a Bob Dylan.
martedì 20 marzo, Vittorio Sgarbi in Michelangelo
di
Vittorio Sgarbi / messa in scena e allestimento Doppiosenso musiche composte, ed
eseguite dal vivo da Valentino Corvino (violino, viola, oud, elettronica) /
scenografia e video Tommaso Arosio
Dopo lo straordinario successo dello
spettacolo teatrale “Caravaggio”, dove Vittorio Sgarbi ha condotto il pubblico
in un percorso trasversale fra storia dell’artista ed attualità del nostro
tempo, parte una nuova esplorazione sull’universo “MICHELANGELO”. La
stupefacente arte di Michelangelo Buonarroti si farà palpabile alle molteplicità
sensoriali, attraversate dal racconto del Prof. Vittorio Sgarbi, contrappuntate
in musica da Valentino Corvino (compositore, in scena interprete) e assieme alle
immagini rese vive dal visual artist Tommaso Arosio. Verrà così ricomposto un
periodo emblematico, imprescindibile ed unico nell’arte, e assieme all’ambizione
di scoprire un Michelangelo inedito, non resterà che farci sorprendere.
DoppioSenso è un progetto di Valentino Corvino e Tommaso Arosio, dedicato allo
studio delle relazioni profonde esistenti tra suono e immagine. Linguaggi,
tecnologie e immaginari della contemporaneità rielaborati e messi alla prova
nello sviluppo di opere sceniche, performance ed installazioni.
20
Aprile, "O Patria mia... Leopardi e l'Italia" di Corrado Augias
con
Corrado Augias, regia Angelo Generali
produzione Promo Music
Per molti
anni Giacomo Leopardi è stato solo l'immenso poeta che tutti conosciamo. Solo in
tempi relativamente più recenti si è cominciata ad apprezzare anche la sua
attività saggistica che, secondo autorevoli giudizi, toccherebbe il livello di
una vera organica filosofia. Un esempio di questa iniziale sottovalutazione sta
nel fatto che il suo ?Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli
Italiani? scritto da un Leopardi 26enne nel 1824, sia stato pubblicato solo nel
1905. Lo stesso Zibaldone di pensieri, opera immane composta tra il 1817 e il
1832, venne pubblicato del resto solo alla fine dell?800 da una commissione di
studiosi presieduta da Carducci. I giudizi che il poeta dà sull'Italia e sugli
italiani sono diversi e variano con il passare degli anni. Ma non c'è dubbio che
negli anni giovanili e soprattutto in alcune opere si senta forte in lui un vivo
amor di patria. Ne sono esempio la due famose composizioni patriottiche
All'Italia e per il monumento di Dante. Partendo da questi versi ma inserendo
anche considerazioni prese dallo Zibaldone e versi estratti da alcuni dei Canti
più belli, Corrado Augias ha montato un testo che ci dà un ritratto sorprendente
di Giacomo Leopardi, il suo rapporto con l'Italia, con la vita, con gli amori.
Il senso forte di un?immaginazione che fu per molti anni la sua sola vera
realtà. Ad accompagnarlo le musiche eseguite dal vivo e i commenti del M°
Stefano Albarello
Teatro Comunale Parravano, Via Mazzini, Caserta