17ma stagione teatrale al Piccolo Teatro CTS: programma 2016/17
Caserta – dal 29 Ottobre 2016 al 7 maggio 2017
Comunicato stampa
Gli orari sono: sabato ore 21 e domenica ore 19
29 e 30 Ottobre,
Genere: Teatro di Prosa
Comp La Pietra di Luna in "Omicidi Sentimentali" di
A. Vinci
con Milchela Maridati e Alessandro Giova per la regia di Vittoria
Citerni di Siena, aiuto regia: Saul Espinoza Lopez; Stage Manager: Daniele
Giannetti; Scenografia: Samantha Giova; Costumi: Margherita di Domenica.
La
pièce è liberamente tratta da Piccoli Crimini Coniugali di H.E. Schmitt, con
l'originale regia di Vittoria Citerni di Siena. Una trama semplice e avvincente:
dopo aver subito un brutto incidente domestico, Gilles torna a casa
dall’ospedale completamente privo di memoria, ragiona ma non ricorda, non
riconosce più nemmeno la moglie, che tenta di ricostruire la loro vita di coppia
tassello dopo tassello cercando di oscurarne le ombre. Via via che si riportano
alla luce informazioni dimenticate, si manifestano delle crepe: sono molte le
cose che cominciano a non tornare. Come mai Lisa mente? E perché non vuole darsi
fisicamente a Gilles, che pure è fortemente attratto da Lisa? Per quale motivo
Gilles - che afferma di essere completamente privo di memoria - si ricorda di
certi particolari del viaggio di nozze? Sono alcuni dei misteri di questo giallo
coniugale in cui la verità non è mai ciò che sembra, dove la memoria (e la sua
supposta mancanza), la menzogna e la violenza vengono completamente riviste per
assumere dei significati nuovi, inaspettatamente vivificanti. L’autrice di
quest’opera gestisce la scrittura con grazia e freschezza, giocando briosamente
tanto col metateatro quanto con oggetti ostici quali la verità, la colpa e,
soprattutto, l’amore. Una macchina narrativa pressoché perfetta che svela
impietosamente i meccanismi della coppia e i più intimi recessi dell’animo
umano. Questo testo è un piccolo gioiello che dettaglia il necessario
inabissamento all’inferno di Lisa e Gilles nel tentativo di riemergere alla
serenità come coppia. Omicidi sentimentali ha avuto un’adesione violenta da
parte del pubblico: all’uscita del teatro le coppie reagivano diversamente a
seconda dell’età, i ventenni dicevano: “che crudeltà!”; i quarantenni: “che
realismo!”; i sessantenni: “che tenerezza!”. Avevano tutti ragione: a 20 anni si
vorrebbe che l’amore fosse semplice, a 40 anni si scopre che è complicato, a 60
sappiamo che è bello proprio perché è complicato.” L’amnesia è rara… è come una
risposta a una domanda che si ignora. ( Agnese Vinci)
5 e 6 Novembre
Genere: Cabaret Musicale
Comp. Piccolo Teatro Cts presenta Angelo Bove in
"Fallo… in volgare…ma non troppo"
La rappresentazione
di Angelo Bove è composta da vari sketch divertentissimi di cabaret scurrile
eseguiti più che altro in lingua napoletana, con tratti musicali, della durata
complessiva di circa 1 ora e 10 minuti. Si inizia con il personaggio del mimo
che inavvertitamente scopre la presenza in scena di una batteria a percussione
invisibile e inizia a percuoterla con movimenti sincronizzati, provocando una
stravagante comicità. Dopo un brevissimo dialogo con un uomo invisibile,
iniziano i vari sketch che daranno luogo a una tipologia di spettacolo che un
po’ ricorda il varietà musicale di una volta. Infatti nel contesto di tutto lo
spettacolo sono presenti canzoni umoristiche, classiche napoletane, che saranno
eseguite con sarcasmo dallo stesso Bove, anche se alcune di queste si
presenteranno con il testo adattato opportunamente alla scenetta da
rappresentare. In tutto questo ovviamente c’è da tenere presente la linea comune
di tutto lo spettacolo, ovvero la tematica principale e peculiare sulla quale
nasce e si costruisce uno spettacolo con un titolo del genere: una passerella di
espressioni dialettali volgari che provocano un umorismo costruito proprio sui
doppi sensi e legittimato dalle stesse villanie popolari e tradizionali.
Lo
spettacolo, quindi, è stato opportunamente “apparecchiato” per proporre una
comicità, certamente con forte impatto e licenziosità impudica, ma senza dubbio
con notevole ironia e dignitosa consapevolezza, evitando così un calo di stile.
Dopo il mimo iniziale, questi i vari personaggi in ordine cronologico:
presentatore e prefazione sulla peculiarità volgare dello spettacolo e dei suoi
personaggi; l’omm’ fatt’ appost’, i suoi proclami “strunzate” e una canzone
umoristica napoletana; agente 007 napoletano, storia di un infiltrato a
Buckingham Palace con base musicale di una classica napoletana ma con testo
adattato; la sciantosacompagna di Berlusconi e la sua beffarda intervista
telefonica fatta ad Arcore; l’onorevole Tartaglia (‘o ncacaglio) liberamente
ispirato al personaggio dell’avvocato Tartaglia della commedia teatrale ‘O
scarfalietto di Eduardo de Filippo, ma con la differenza che tale Tartaglia non
farà l’arringa in un tribunale, così come previsto nel testo originale, ma sarà
l’onorevole Tartaglia alle prese di un aberrante comizio elettorale.
domenica 6, ore 10.30, spettacolo di clowneria e magia per
bambini dai 4 ai 12 anni presentato da Enzo Armenante e il suo Clown Lenny Show
venerdì 11 novembre, ore 21, la compagnia Sin Hombre in ”Siamo
Le Ultime 5”;
un’idea di Maria Iannotta liberamente tratta da "Cosa Dove" Di
Samuel Beckett.
Regia Collettiva di: Maria Iannotta, Simona Cipollaro e
Giuseppina Bernardo; con: Viviana Venga, Simona Cipollaro e Maria Iannotta
12 e 13 Novembre, Genere: Teatro d’Attore/Teatro
Danza
Comp Vernice fresca in "Donne che corrono" di Jay Blue
Con:
Rossella Massari e Arianna Ricciardi – Regia di M. Foà
Corrono le Donne
libere dei paesi cosiddetti evoluti. Corrono tra bisturi e silicone, tra
giovinezze, magrezze, imperfezioni, diete e make-up. Corrono inciampando e
neppure si accorgono di inciampare nelle loro stesse carni, nella pelle che si
rifiuta di diventare plastica, nei loro stessi desideri scomposti. Corrono come
tante ballerine per avere la parte nello show della loro vita che sarebbe già
loro, ma sembra che nessuno glielo abbia detto. Ah, che terribile
dimenticanza...E corrono disperatamente le Donne schiave e oppresse nei paesi
cosiddetti arretrati, inseguite da stoffe, versi, lame, pietre, acidi e paure.
Le Donne devono correre, devono saltare, schivare, imparare a nascondersi, a
fingere e a morire senza morire. Le Donne corrono nelle strade e nelle storie.
Nelle città e nelle poesie. Nelle verità e nelle menzogne. Corrono senza riposo.
Davanti a loro c’è questa incredibile strada fatta di conoscenza e speranza che
si trasmettono di bocca in bocca, di sguardo in sguardo, di mano in mano. Le
vere Donne corrono lungo orli di gonne e ricami e favole e nessuno le vede se
non vogliono essere viste, nessuno le sente. Non hanno dimenticato chi sono, non
hanno paura di esserlo. Corrono tra perline colorate e pagine di libri o magari
si nascondono dietro immagini stinte o troppo colorate, possono apparire
insignificanti o sembrare Imperatrici, comunque sono loro. Le Donne. Corrono
come lupi di notte nel bosco, con il fiato corto, con il dolore nel petto per la
fatica. Corrono consapevolmente. Le più Vecchie aspettano le più Giovani sotto
Alberi Antichi e tramandano canti, nonostante tutto, e ancora insegnano come si
corre. E le Donne continuano a correre, senza fermarsi. C’è una frontiera da
superare, un’altra ancora. Non ci arrenderemo mai. Donne che corrono è uno
spettacolo che indaga l’universo femminile. Due donne si incontrano
contendendosi lo stesso spazio vitale. Attraversando tutte le fasi della loro
vita passano dalla sfida all’abbandono, dal giudizio subito alla non
accettazione di sé. Inizialmente in lotta tra loro giungono ad un reale
confronto solo a seguito della presa di coscienza dell’apertura all’altro,
dell’accettazione della diversità grazie al mettere al nudo se stessi,
fisicamente e mentalmente, spogliandosi dai ruoli sociali, dagli stereotipi di
genere, da una realtà che impone il dogma della dualità come unico metro di
confronto. Ma questo non è facile. Testi e opere di riferimento: Donne che
corrono con i lupi di Clarissa Pinkola Estés; Barbabludi di Pina Baush;
Aspettando Godot di S. Beckett e le poesie dell’esilio di B. Brecht
venerdì 18 novembre, ore 21, la compagnia Sin Hombre in
”SUDiamo l’Anima”
ideazione, scrittura e regia di Maria Iannotta con:
Viviana Venga, Simona Cipollaro, Mario Bellafonte, Luigi De Simone, Carmine
Iannotta e Rino Principe Abate; musiche e parole originali di Mario Bellafonte
in arte Bema; luci e audio: Cesare Napolitano; Grafica: Cesare Napolitano;
scene: Archeos s.r.l.
La scena si apre con un confessionale al centro,una
luce bianca, fioca, lo illumina, intorno è tutto buio. Il confessore (B) è già
dietro la tendina del confessionale, non appare mai. Ai lati del confessionale
delle panche di legno,si intravedono delle sagome sedute. Tutte le sagome sono
caratterizzate da una corda legata alla caviglia,e sono tutti vestiti di nero,
con al polso una maschera bianca, inespressiva. Suona la campanella che da
inizio alla funzione. In sottofondo: Verdi, Requiem -Dies Irae- Si illumina la
prima panca,leggermente di rosso,caldo, c’è seduto un ragazzo, giovane
apparentemente, ha una chitarra in mano,l’accorda, al primo giro di note, il
sottofondo smette. E’ un viaggio nell’entroterra campano, è tutto lasciato
all’immaginazione, molte le cose taciute, lasciate all’interpretazione propria.
Si tratta di quel pezzo di Campania che tutti nominano ma nessuno conosce
veramente. Quando penso al Sud, al mio Sud, mi viene in mente solo il sole,
anche se la pioggia è la protagonista indiscussa. Il tentativo è quello di
raccontare come si vive veramente quaggiù, che nonostante le brutture, si
sopravvive, che spesso ci si affida alla fede bugiarda, che a volte non si vede
più la luce e ci si lascia andare, o che a volte l’ignoranza prevale e che si
chiede perdono per dei peccati che forse non si ha nemmeno commessi. Che si suda
davvero l’anima, ma che non si sa bene a chi chiediamo perdono. Che forse è
meglio che questi peccati li teniamo per noi.
19 e 20
Novembre, Genere: Teatro di Prosa
Comp. Del Solo Teatro in
"Aspettando che spiova" di e regia G. d’Agostino
Con: Gianluca d'Agostino e
Luigi Credendino
Il testo di questa pièce è inedito. Il progetto nasce
innanzitutto da un desiderio di fare teatro insieme e dall’esigenza di creare
qualcosa di proprio a 360°. C’è un attore con una propensione alla drammaturgia,
il quale scrive per sé e per altri attori che ha incontrato nei diversi contesti
e coi quali vorrebbe lavorare ancora. La scrittura nasce per l’attore e non è
l’attore che deve adattarsi al testo. Nel caso specifico di questo spettacolo,
gli attori, hanno seguito il lavoro preliminare alla messa in scena ancora più
da vicino: eseguendo un ciclo di letture di alcune bozze, durante la fase di
costruzione del testo per aiutare l’autore a trovare nuove idee e suggestioni ed
infatti il risultato finale è figlio dei dibattiti nati durante queste letture.
Lo spettacolo vuole essere una critica disillusa al teatro, in una maniera (si
ci prefigge), nuova, inedita, innovativa; ma è anche un gioco: la scrittura, ha
come presupposto l’intento di creare, piuttosto che dei personaggi plausibili,
un insieme di occasioni per gli attori che si muovono dentro quelle parole e
quei rapporti. Queste le note di regia: Un temporale, è lo sfondo della
performance. Serve a creare il clima, l’ atmosfera di tensione e di malumore di
fondo, ancor prima che avvenga tutto. Il diluvio è metafora di un mondo che si
avvia verso il capolinea. Il presagio di una catastrofe; di qualcosa, che è più
grande di noi e che non potremmo mai gestire. La regia sarà essenziale,
ricreeremo l’effetto climatico con il supporto tecnico di audio e luci. Per
quanto riguarda la scena, immagino un teatro che perde: qua e la, recipienti di
varie dimensioni a raccogliere le gocce che il soffitto non riesce a trattenere.
Immagino che ci sia una specie di tetto o qualcosa del genere sulle teste degli
attori, dal quale ogni tanto cada a terra un po’ d’acqua piovana accumulatasi.
26 e 27 Novembre, Genere: Teatro di Prosa
Comp. Ugualos in "E continuavano ad aspettare Godot" di E. Cocciardo,
con:
S. Di Massa, D. D’Abundo, A. Guerra, L. Scherillo, D. Laezza
La nostra
messa in scena di e continuavano ad aspettare Godot si pone due obiettivi
specifici, solo apparentemente in contrasto: riscoprire la geniale comicità del
testo – spesso ignorata dalla critica, equivoco questo che ha indotto il
pubblico più popolare a giudicare l'opera troppo ermetica ed ostica – e
ricondurre l'epopea dell'attesa e dello smarrimento esistenziale al dramma dei
migranti di ogni tempo, costretti a veder franare buona parte delle loro
speranze all'arrivo in un porto che si rivelerà ben presto un'eterna sala
d'aspetto. Il primo obiettivo sarà raggiunto lavorando in piena sinergia col
ritmo forsennato e con l'arguzia del detto-non detto che fa di Beckett uno degli
autori più all'avanguardia del Novecento. Quel particolare modo di porre la
battuta che non la rende mai completamente detta, sia perché la sua vera
conclusione sta nel silenzio che segue alla sua brusca interruzione, sia perché
ciò che veramente è detto è solo una minuscola particella di un mosaico molto
più grande, nel quale gli stessi personaggi sembrano essere imprigionati –
metafora straordinaria dell'esistenza umana – e che soltanto un deus ex machina
come Godot potrebbe decidersi ad illuminare di verità, sempre che si decidesse
ad arrivare...Ma per ritrovare il vero spirito comico insito nel testo, anziché
chiedere all'attore di cavalcare quell'avanguardia diventando spettro di sé,
andando oltre le tecniche conosciute, per inventarsi un modo nuovo di stare in
scena (utopia che molte regie hanno inseguito negli anni, credendo ciecamente
che le innovazioni del testo dovessero essere raddoppiate a livello attoriale),
faremo ciò che probabilmente lo stesso Beckett avrebbe fatto, proveremo cioè a
ricondurre il lavoro dell'attore non ad un futuro incerto ed illeggibile, ma ad
un passato, ad una tradizione che a ben vedere è la vera madre dei personaggi di
Vladimir e di Estragon: la Commedia dell'Arte. Cosicché, attraverso il
contrasto, tutto recitativo, che si genererà tra la tendenza comica a reagire ad
azioni e motivazioni chiare e leggibili e la sfida, tutta beckettiana, di
fondare il racconto su una sostanziale in-azione, si raggiungerà alla fine anche
il nostro secondo obiettivo: raccontare, attraverso il dramma antichissimo
dell'attesa e dello spaesamento, della marginalità sociale e dell'eterna
sconfitta di chi sfugge alle categorie, il dramma dei migranti, dei disadattati,
degli ultimi che rimarranno ultimi. Scopriremo così, come in un cerchio che si
chiude alla perfezione, che il linguaggio di Vladimir ed Estragon altro non è
che il linguaggio di due Comici dell'Arte privati del loro naturale scenario,
privati di una compagnia, e costretti adesso a vivere in una specie di eterna
smemoratezza. E non è certo un caso che le antiche carovane dei Comici
portassero in giro per l'Europa uomini senza identità sociale, senza fissa
dimora, senza uno straccio di Godot in cui credere davvero, se non quel dannato
canovaccio che li avrebbe fatti davvero vivere, anche se per il tempo di una
rappresentazione.
3 e 4
Dicembre, Genere: Teatro Comico
Comp. Rosso e Nero in "Aspettando
Sasa’" di A, Barcellona e V. Bisogno
Con: A. Barcellona, C. Cutolo, D.
Napoli, G. Troiano
In scena ci saranno Antonietta Bisogno, Danilo Napoli,
Carlo Cutolo e Gaetano Troiano. Questa la sinossi: Napoli, giorni nostri,
Vigilia di Natale. In casa di Lilly, giovane e belloccia mantenuta, è tutto
pronto per l’arrivo del suo amante Sasa’, imprenditore edile sposato con figli.
Nulla manca: dal capitone arrostito alla tradizionale cascata di struffoli coi
canditi. Alla porta, invece dell’uomo atteso, si presenta Amir Assam Ayesh,
immigrato arabo che da poco abita al piano superiore, venuto a protestare per
una serie di fastidi che riceve, involontariamente, dalla ragazza. L’incontro
fra i due, attraverso le divertentissime vicissitudini che ne seguiranno,
rappresenterà un momento di scontro e di confronto fra sessi, culture e
religioni completamente diversi, ma anche lo spunto per considerare come
“l’altro” a volte, siamo noi e quanto, spesso, a dividerci siano i pregiudizi e
i luoghi comuni. Una valanga di brio per importanti temi d’attualità in una
commedia brillante dai toni esilaranti!
10 Dicembre (Teatro Canzone)
Comp.
Alessandro Corazzi in "Tempi difficili"
con: A. Corazzi, R. Maugeri; songs
and music: G. Morandini e L. Zauli
Lo spettacolo, che ha vinto nel 2012
l’ambito premio “Necessità Drammaturgiche, racconta, con uno sguardo
dolce-amaro, le piccole e grandi sconfitte della storia. Tempi Difficili sarà
per lo spettatore un viaggio nel tempo. Leggendo degli estratti presi dalla
grande Letteratura mondiale, racconta storie di migranti, di famiglie, di padri,
di guerre, di amori. Primo tra tutti i romanzi, “ Furore”, pubblicato nel 1939 e
scritto dal premio Nobel John Steinbeck. Romanzo simbolo della grande
depressione americana del ’29, che tanto assomiglia – come gravità forma e
circostanze - alla nostra crisi, quella che stiamo vivendo ora, in Italia e nel
resto del Mondo.
Gli stralci (accuratamente scelti) di Furore, fanno da file
rouge per un viaggio che porta lo spettatore a riflettere non solo sulla crisi
da un punto di vista socio-storico-politico, ma anche la crisi da un punto di
vista umano. Si affronterà anche il delicato ed assai rilevante tema delle “
morti bianche”, disastroso effetto di un mondo in crisi, che non riesce a
prendersi cura neanche della propria forza lavoro. Il tutto accompagnato e
scandito dalle note musicali di interpreti-cantautori del panorama della musica
nazionale ed internazionale, che con le loro canzoni raccontano le loro “crisi”,
le loro realtà, le loro lotte, personali e collettive. Da De Gregori a Bob
Dylan, da Endrigo a Patty Smith. Per ricordarci che anche la musica è cultura.
11 Dicembre, Comp. Andrea Di Palma in "Madeinterraneo" le pagine di
un nostro mare,
di e con Andrea Di Palma, musiche dal vivo di Giacomo Gatto
e Francesco Cellitti.
Madeinterraneo è un raccontoo che parte, in ogni sua
parola, da luoghi conosciuti del nostro mare Mediterraneo per raggiungere luoghi
sconosciuti. Ogni persona che abbia avuto la necessità, la voglia o la curiosità
di cambiare ha dovuto fare i conti col Mediterraneo, per poter e dover cercare
qualcosa di nuovo, di migliore, di diverso, non solo all’arrivo, ma nel viaggio
stesso. Andrea Di Palma narra, attraverso stilemi consolidati del teatro di
narrazione, in uno spettacolo che stuzzica la coscienza civile e sociale
partendo da un presupposto fondamentale: le migrazioni moderne, che partono
dall’Africa e da Oriente per arrivare in questa Europa che ragiona sul come (e
sul se) accogliere i viaggiatori, dovrebbero non stupirci. Perché? Perché il
Mediterraneo è sempre stato solcato da rotte, che lo hanno reso un mare
profondamente mutevole nonostante la sua conformazione geografica chiusa.
Tradizione, popolare, modernità si mischiano come le due correnti che mischiano
le acque del Mediterraneo. E se questo mescolarsi fosse la soluzione? La storia
del Mediterraneo è scritta tra le sue onde che raccontano di viaggi millenari e
contemporanei, alla ricerca di nuove terre e nuove certezze: da Enea ai migranti
odierni, su navi sulla rotta della speranza. Lo spettacolo Madeinterraneo è
stato selezionato dal Festival Interculturale WORLD IN TOWN, realizzato da
Michela Rosi e dall’APS L’Albatro.
17 Dicembre,
Genere: Teatro Ironico
Comp. Libera Scena Ensemble in "Sigmund & Carlo" regia
di Niko Mucci
Con: Niko Mucci e Roberto Cardone
L’uomo che si avvicina
guardingo a una panchina disinfettandola con tutti i crismi non si può certo
considerare un modello di raziocinio. E che dire del buffo personaggio che si
siede accanto a lui con aria ancora più circospetta? Dietro questa stravaganza
però si nascondono nientemeno che Freud e Marx. Fondato sul gusto della battuta
brillante e sulla derisione del luogo comune, “Sigmund & Carlo” presentato
dalla compagnia teatrale Libera Scena Ensemble. Niko Mucci, regista e interprete
dell’autore del “Capitale”, gareggia nella capacità di coinvolgere il pubblico
con Roberto Cardone, comico concentrato di nevrosi inutilmente celate sotto il
perbenismo. Queste figure irrimediabilmente ai margini si presentano in mutande,
coperte solo da un impermeabile. Spogliati infatti del proprio valore e
arruolati loro malgrado in un’omologazione sterile, appaiono infiltrati in un
mondo ostile da cui è inutile difendersi (ricorrendo, per esempio, alla mania
dell’igiene) e che non a caso si manifesta solo attraverso suoni caotici, come i
clacson, data la sua inconsistenza. E quando pensano di essere osservati, si
improvvisano bimbi troppo cresciuti, predicatori, clown: il pensiero è scomodo,
molto meglio nasconderlo dietro una maschera. Il deserto delle idee e delle
ideologie esaspera il contrasto e l’affinità tra i due. Se sono distanti sulle
cause della nevrosi (l’evoluzione sociale, strepita Marx; la biografia sessuale,
ribatte Freud), Carlo non resiste alla tentazione di farsi analizzare da Sigmund
che trova in lui un confidente. Un viaggio grottesco nello sgretolamento delle
ideologie, una sorridente accusa sulla responsabilità collettiva, un delirio di
attori ormai fuori forma, pronti a piangere e ridere pur di tirare il pubblico
dalla propria parte....con Antonio Buonanno nevrotico Freud e Niko Mucci , un
Marx caciarone ed invadente…… in un testo mai rappresentato , una vera prima
nazionale e poi anche una seconda e una terza e così via....
18
Dicembre,
Genere: Cabaret Musicale, Comp. Piccolo Teatro Cts presenta Angelo Bove in
"Fallo… in volgare…ma non troppo"
25 Dicembre
e 1 Gennaio, Gino Accardo in "Serenata e’
notte"
Con Gino Accardo la canzone classica napoletana trova un
interprete, di grande affermazione nel panorama della melodia partenopea di
tutti i tempi della cultura canora napoletana. Dotato di una voce accattivante
che lo rende unico nel panorama musicale della canzone classica napoletana e di
carattere aperto e solare, Gino Accardo riesce a stabilire un feeling con il
pubblico e creare atmosfere di suggestiva intimità. Gino Accardo nasce al
Vomero, ed e' proprio il Vomero alla quale Gino si sente piu' legato. Non
mancano, infatti. In alcune sue incisioni, brani di sua composizione, dove e'
viva, presente e più che mai radicata l'ispirazione alla figura paterna - quasi
un mito per Gino rende omaggio scrivendo un brano dal titolo Quann'e' sera che
tanto profondamente ama. Cantante chitarrista della canzone classica napoletana
un accurato conoscitore dei motivi della tradizione canora napoletana dal
Duecento al Novecento. Roberto Murolo, che lo ha sempre stimato volendolo al Suo
fianco, scrive tra l'altro in una lettera: ".....ricorda Gino, che Napoli ha
bisogno di giovani come te che porti avanti la vera cultura classica
napoletana..." E stato protagonista in molte trasmissioni televisive: “La Vita
In Diretta” (Rai uno) “Uno Mattina” (Rai uno) “Serata d’onore” (TMC) “Stelle del
Mediterraneo” (Rete 4) “Il Canta Giro” (Rai International) “Premio Calabria”
(Rai Tre) “ Miss Italia in Campania (Rai uno) Il riconoscimento maggiore alle
straordinarie qualità canore-artistiche vengono premiate quando a l’onore di
cantare nel concerto al Campidoglio davanti al Presidente della Repubblica
Italiana il Dr. Carlo Azeglio Ciampi. Numerosi sono stati i suoi concerti in
Italia e all'estero: Croazia, Germania, Francia, Belgio, Spagna, Grecia,
Svizzera, Australia, Canada.
lunedì 26 dicembre, ore 19.30,
"Station 32: piccole storie perse dentro un blues" con Giò Vescovi
U.S. Route
61costruita nel 1926 e lunga 2.300 km, unisce New Orleans (LA) con Duluth (MN).
L'autostrada generalmente segue il corso del fiume Mississippi, ed è indicata
come «La strada del Grande Fiume». Attraversando in pieno tutta l’area del Delta
viene anche definita come «Blues Highway». Dio disse a Abramo: “Sacrificami un
figlio”. Abramo rispose : “Ehi man, mi stai prendendo in giro!”. Dio disse:
“No”. E Abramo: “ Cosa?” Dio disse: “ Puoi fare come vuoi, Abramo, ma la
prossima volta che mi vedi arrivare sarà meglio che ti metti a correre” Abramo:
“ OK, dove vuoi che avvenga questo omicidio?” Dio disse: “ Sulla Highway 61”.
(Bob Dylan) “Ho i blues più scuri di un cielo notturno, più blu della vernice
blu, più blu di un’oceano blu. Meglio ritornare a casa e continuare a dormire
dentro il mio sogno dorato.” (J. Kerouac) Era quasi il tramonto. Fermi alla
Greyhound Station 32 di Cleveland, viaggiatori aspettano la corsa che li
disperderà lungo le curve del grande fiume Mississippi".
Giò Vescovi, siculo
di origini ma casertano di adozione, è un bluesman ed autore che ha
attraversato, negli anni delle scoperte e della giovinezza, tutti i generi
musicali per poi fermarsi al Blues, capolinea di un viaggio di ricerca che gli
ha permesso poi di crescere, trasformarsi, contaminarsi, rinnovarsi, stare al
passo coi tempi. «Lead vocal, piano, armonica» nella sua recente formazione,
Vescovi si può definire un “sognatore” e profondo amante del Blues, stato di
assoluto equilibrio tra mente, anima ed emozioni. «Il Blues – dice – non è solo
musica, è qualcosa dentro che viene fuori suonando, materializzandosi intorno a
noi finché vivremo con le nostre emozioni». Il suo però è quello di strada,
sporco, impolverato, sudato, disidratato, vissuto, scevro da stilemi classici e
dosaggi esatti che non gli appartengono.
7 e 8
Gennaio, Genere: Teatro di Prosa
Comp. TeatroRossoSimona in "Iqbal"
di Luigi Marino
Con: Luigi Marino, Noemi Caruso e Arianna Luci
Questa la
storia riadattata in pièce teatrale e dalla quale è stato tratto anche un film
prodotto dalla RAI con la regia di Cinzia TH Torrini:
« Nessun bambino
dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro, unici strumenti di lavoro: penne
e matite. » Iqbal Masih (1983-1995), è stato un bambino operaio, sindacalista e
attivista pakistano, diventato un simbolo della lotta contro il lavoro
infantile. Per ripagare un debito familiare equivalente a 12 dollari, Iqbal fu
ceduto a un fabbricante di tappeti. Fu quindi costretto a lavorare 10-12 ore al
giorno, incatenato al telaio e sottonutrito, tanto da riportare un danno alla
crescita. Nel 1992 riuscì a uscire di nascosto dalla fabbrica e partecipò
insieme ad altri bambini a una manifestazione. Ritornato nella manifattura, si
rifiutò di continuare a lavorare malgrado le percosse. Il padrone sostenne che
il debito anziché diminuire era aumentato a diverse migliaia di rupie,
pretendendo di inserirvi lo scarso cibo dato a Iqbal, supposti errori di
lavorazione eccetera. La famiglia fu costretta dalle minacce ad abbandonare il
villaggio. Iqbal, ospitato in un ostello, cominciò a studiare, a viaggiare e a
partecipare a conferenze internazionali, sensibilizzando l'opinione pubblica sui
diritti negati dei bambini lavoratori pakistani contribuendo al dibattito sulla
schiavitù mondiale e sui diritti internazionali dell'infanzia. Alla fine del
1994 si recò a Stoccolma, partecipando a una campagna di boicottaggio dei
tappeti pakistani volta a mettere pressione sulle autorità di Islamabad. Nel
dicembre del 1994 presso la Northeastern University di Boston ricevette il
premio Reebok Human Rights Award. Vista la giovanissima età venne creata una
categoria apposita: Youth in Action. Nel frattempo, sia per la pressione
internazionale che per l'attivismo locale, le autorità pakistane avevano preso
una serie di provvedimenti, tra cui la chiusura di decine di fabbriche di
tappeti. Le testimonianze circa gli avvenimenti dell'ultima giornata della sua
vita, il 16 aprile 1995, giorno di Pasqua, sono in buona parte imprecise e
contraddittorie. Due cugini che l'accompagnavano, riferiscono che ad un certo
punto nel tardo pomeriggio non prese l'autobus che doveva portarlo nella
capitale e si allontanò con loro in bicicletta. Secondo il rapporto della
polizia e la testimonianza iniziale dei cugini, uno dei quali fu ferito nella
sparatoria in cui Iqbal Masih venne ucciso, l'omicida fu un lavoratore agricolo
a seguito di una breve lite. Si accusò subito la "mafia dei tappeti". A distanza
di tempo permangono diversi dubbi sull'accaduto. Pure i due cugini poche
settimane dopo ritrattarono la loro testimonianza iniziale. A seguito della sua
morte, il tema del lavoro minorile, in special modo nell'industria pakistana dei
tappeti, ha ricevuto ancora maggior attenzione, rendendo Iqbal un vero e proprio
simbolo di tale causa
14
e 15 Gennaio, Comp. Onirika del Sud in
"Franca" di M. Tedesco
In scena la stessa autrice con Pierpaolo
Saraceno che ha curato anche la regia, le scene e i costumi. Musiche
originali: Concetto Fruciano; disegno luci: Gianni Grillo; foto e video: Daniele
Manzella; direzione tecnica: Massimiliano Boco.
Quello di Franca Viola fu il
primo vero rifiuto al matrimonio riparatore. Divenne simbolo della crescita
civile dell'Italia nel secondo dopoguerra e dell'emancipazione delle donne
italiane. Nel 1965, a soli 17 anni, venne rapita da Filippo Melodia, nipote del
mafioso Vincenzo Rimi, e da altri suoi amici. La ragazza fu violentata per otto
giorni. Il padre fu contattato dai parenti di Melodia per la cosiddetta
"paciata", ovvero per un incontro volto a mettere le famiglie davanti al fatto
compiuto e far accettare ai genitori di Franca le nozze dei due giovani.
Secondo la morale del tempo, una ragazza uscita da una simile vicenda, avrebbe
dovuto necessariamente sposare il suo rapitore, salvando l'onore suo e quello
familiare. All'epoca, inoltre, la Repubblica Italiana proteggeva con l' articolo
544 del codice penale il reato di violenza carnale il quale veniva estinto se
l'aggressore sposava la sua vittima. Franca Viola Si rifiutò di sposare Melodia
e solo nel 1981 l'articolo venne abrogato e solamente nel 1996 lo stupro sarà
legalmente riconosciuto in Italia non più come un reato "contro la morale",
bensì come un reato "contro la persona". Una continua lotta tra un vero ed
ingenuo amore ed un matrimonio riparatore da parte della Mafia Siciliana. Un mix
tra prosa, musica e crudi movimenti corporei, evidenziano ancor di più
quelli che furono i primi fiori d'acciaio ad urlare "No", per difesa della
propria dignità, della propria persona. Un'unica voce condurrà il prossimo a
gridare una sola parola: Libertà. Una sola luce, un solo riflesso, un grido per
educare a una sessualità dolce e matura, per superare tabù e contribuire a
sconfiggere definitivamente il maschilismo ancora imperante, nel ricordo di
tante altre vittime di questa cultura di dominio e di sopraffazione e far
conoscere ciò che ha caratterizzato nel 1965 la terra tradita, amata e da tanti
ricordata. Un forte e spietato messaggio in tempi in cui il femminicidio, lo
stupro, la violenza sulle donne non smettono di caratterizzare negativamente
le nostre società, in ogni parte.
21 Gennaio, Comp. La
Falegnameria Dell’Attore e Miramarefilm in "Due miti come noi" di G. De Feo
Con : Gigliola de Feo e Pina Giarmanà
commedia molto umana e poco divina,
scritta da Gigliola de Feo che sarà anche in scena con Pina Giarmanà, per la
regia di Andrea Fiorillo. Questa la sinossi: che cosa succederebbe se, invece di
perderci da svogliati studenti tra le pagine delle grandi opere che ne hanno
celebrato fasti e sconfitte, potessimo ascoltare la viva voce di Didone e
Penelope raccontarci come sono andate veramente le cose? Cosa succederebbe se
Didone e Penelope, da sempre relegate in secondo piano dalla primazia dei loro
compagni, potessero finalmente dire la loro liberamente, svelandoci cose che
neanche abbiamo mai sospettato e togliersi così un bel po’ di soddisfazioni?
Ecco che, come per magia, il sipario si alza su una conversazione intima tra due
che forse non sono neppure amiche, ma che scelgono di condividere memorie e
futuro, sulla base di un’alleanza al femminile da cui scaturiscono lacrime e
risate, rabbia e passione, storia, mito e invenzione, in un crescendo che
conduce gli spettatori a ritmo serrato fino ad un finale sorprendente e
inatteso…
22 Gennaio, “Giorgio racconta Walter e Chiari si
offende”, scritto, diretto e interpretato da Giorgio Gori
Chi è Walter
Chiari? Lo spettacolo inizia con una ripresa di alcune frasi storiche del comico
italiano. Giorgio Gori lo ricorda uno spettacolo fatto di monologhi,
barzellette, proiezioni e ricordi di un grande comico della televisione e del
teatro italiano. Gori prova a mettere in scena i suoi lavori, dialogando con il
pubblico e facendo rivivere gli anni d’oro della televisione italiana. Tra una
barzelletta e un ricordo dedicato a Walter Chiari, l’interprete di questo
spettacolo si sfoga con il pubblico in chiave comica sul teatro e sulla
televisione italiana e la crisi che attanaglia gli attori fino a “morire” sul
palco e tranquillizzare il pubblico dicendo loro “tranquilli è solo sonno
arretrato”. Giorgio Gori si forma cabarettista e comico in diversi laboratori a
livello nazionale fino ad approdare a Zelig Lab. Ha lavorato come regista,
autore, sceneggiatore ed attore sia per il teatro che per la televisione. Autore
di diverse sit-com. Come regista predilige il genere comico, spaziando da Ray
Cooney, Neil Simon e Feydeau.
28 Gennaio,
Comp. Il Cicolocchio in "L’importanza di non essere
juventini"
diretto e interpretato da Fulvio Maura e Angelo Sateriale, è
stato scritto dagli stessi interpreti assieme ad Alfonso Biondi e Valerio
Vestoso.
Sinossi: Il calcio è passione. Il calcio è esaltazione collettiva.
Il calcio è l'orgoglio di identificarsi in una maglia, in una città, in un
popolo. Il calcio è l'isteria dell'esultanza, è l'urlo liberatorio dopo un gol.
Ma Il calcio non è solo gioia, a volte è anche dolore, sofferenza, ingiustizia,
sopruso, raggiro, malafede. Altre volte è rivincita, riscatto, raggiungere un
traguardo insperato, è la magia di rinascere dalle proprie ceneri. In definitiva
il calcio è lo sport più bello del mondo perché è lo specchio della vita e della
società. Ed il calcio in questo spettacolo diviene un pretesto per parlare delle
brutture della nostra cultura, dei vizi della nostra nazione, perché il calcio
in Italia parla dell’Italia, è la nostra metafora, è la nostra rappresentazione,
una rappresentazione pura, dove si scorgono distillati tutti i nostri pregi ed i
nostri difetti. L'importanza di non essere Juventini, un viaggio tutto italiano
all'insegna della sportiva e drammatica comicità.
domenica 29 gennaio,
ore 19, Angelo Bove proporrà “La Testa Nel Cesto” regia e interpretazione di
Angelo Bove, tratto dall’omonimo libro pubblicato La Testa Nel Cesto
(ghigliottinata) di Michele Tagliafierro, laureato in teologia e filosofia. I
costumi sono di Antonio Sullo, la danzatrice in video è Patrizia Di Matteo, le
coreografie di Emilia Marocco, la consulenza cinematografica è del regista
Angelo Antonucci, la voce narrante è di Lucio Pesacane. Luci e fonica di Paola
Pollastro.
Sulla scena Angelo Bove, interprete unico di diversi personaggi,
porta i protagonisti di questa pièce a muoversi in un contesto fantastico/
surreale, fatto di effetti scenici, videografici e musicali, che offrono al
pubblico la possibilità di riflettere sull’ascesa dell’uomo verso il potere
incantatore. Questo spettacolou attraversa fugacemente la storia dell’uomo:
“finestra per poter guardare e giudicare il passato” e curiosare sul concetto
del potere. Per cui si nota che tutti coloro che hanno tramato per arrivare al
potere, prima o poi lo stesso potere disillude passando inevitabilmente in altre
mani ritorcendosi contro se stessi; non a caso vengono riecheggiate le decadenze
di autorevoli personaggi del passato, iniziando dai faraoni egiziani e passando
poi tra le diverse guerre e rivoluzioni fino ad arrivare a quella di Luigi XVI (
la presa della Bastiglia ), preso come riferimento proprio in questo spettacolo,
il quale dopo aver fatto decapitare tantissime persone, venne a sua volta
decapitato. In sostanza la storia ci rende noto che dopo la popolarità del
potere acquisito (oggi potere politico), puntualmente il tempo ci presenta il
conto da espiare. Per cui non è l’uomo che detiene il potere come egli
erroneamente possa credere, ma inevitabilmente, rimane senza rendersi conto,
incantato e nello stesso tempo “incatenato” proprio nell’ idea stessa di voler
ascendere al potere, supponendo di avere più degli altri, la capacità,
l’opportunità e l’intelligenza. Allora cosa deve o può fare l’uomo per non
essere assoggettato dal fascino di questo potere ingannatore visto che egli non
è o non può essere quasi mai cosciente della rivalsa che gli viene tesa dal
potere stesso, con la complicità del tempo? Ai posteri l’ardua sentenza!
11 e 12 Febbraio,
Genere: Teatro Ironico
Comp. CAT in "Tutte quante cecate" regia S.Celoro
Con: S. Celoro, A. Di Somma, M. Celoro, D. De Simone, L. Izzo, M. C. Gargiulo, F. Vollono
e B. Todisco
Il lavoro è presentato dalla compagnia teatrale C.A.T. (Centro
Attività Teatrale) di Castellammare di Stabia, fondata, dall’appassionata
competenza dei compianti Ciro Madonna e Italo Celoro. Dal 1976 è Cooperativa di
Teatro. Il gruppo si è distinto nel tempo per la ricerca attenta e significante
sul teatro, la storia, la canzone e la tradizione. I notevolissimi risultati
artistici raggiunti, i moltissimi attori-cantanti di ottimo livello lanciati nel
panorama nazionale ed internazionale, gli innumerevoli spettacoli prodotti fanno
della Coop. di Teatro C.A.T. un’equipe che può, senza ombra di dubbio, essere
considerata “storica”. Più volte specialmente negli ultimi anni la sigla
(C.A.T.), di questo gruppo stabiese, è stata accostata al nome prestigioso di
uno stabiese ben più illustre, Raffaele Viviani. Ed infatti, lo studio quasi
maniacale, dedicato alla Sua figura e alla Sua opera, non solo ha condotto la
Cooperativa, nel corso di 48 anni di attività teatrali, a mettere in scena sia
diverse opere di Viviani, che diversi liberi adattamenti tratte proprio delle
opere dello stesso autore, nel succedersi delle varie Celebrazioni dedicategli,
per quanto quasi tutte le più importanti produzioni di lavori teatrali nazionali
di Viviani degli ultimi vent’anni, hanno sempre visto tra i protagonisti attori
di questa equipe di Castellammare di Stabia, vera e propria Scuola di Teatro. Ma
veniamo allo spettacolo previsto per questo weekend casertano:”Tutte Quante
Cecate”, libero adattamento del regista Sergio Celoro. Questa pièce è un esempio
di compiutezza e di equilibrio delle parti, dove sono mescolati, con grande
armonia, forma e contenuto, prosa e musica, momenti di forte drammaticità e di
pacato dolore a momenti di ironia sofferta e di chiara comicità. Questo
contrasto rappresenta appunto l’originalità e l’ineffabilità del teatro di
Celoro. Domina in questo spettacolo, uno dei temi che ricorre spesso nel teatro
napoletano: l’emarginazione. Infatti, da questa commedia emerge, in maniera
evidente, una condizione di vita diversa, decisamente drammatica, in cui miseria
ed emarginazione coincidono: i protagonisti vivono in uno stato di totale
emarginazione e povertà. La commedia è ambientata in un angolo del borgo
Marinari, nel rione di Santa Lucia, dove sono raccolti e si esibiscono i
suonatori ciechi, un’orchestrina girovaga e mendicante che alterna a celebri
canzoni napoletane, teneri valzer di operetta. I suonatori sono: Ferdinando, il
contrabbassista; Don Antonio, il mandolinista; Don Lorenzo, il clarinista; Don
Vincenzino, il violinista e Gennarino, il chitarrista. Questo concertino è
accompagnato da Don Alfonso, cieco anche lui di un occhio, che va questuando
l’obolo ai radi passanti. Il contrabbassista Don Ferdinando ha una moglie,
Nannina, incontrata e sposata per caso. In scena ci saranno Sergio Celoro (Don
Alfonso); Agostino Di Somma (Ferdinando); Marcella Celoro (Nannina); a momenti
di ironia sofferta e di chiara comicità.
Questo contrasto rappresenta appunto
l'originalità e l'ineffabilità del teatro di Viviani.
Domina in questo atto
unico uno dei temi che ricorre spesso nel teatro di Raffale Viviani:
l'emarginazione.
Infatti, da questa commedia emerge, in maniera evidente, una
condizione di vita diversa, decisamente drammatica, in cui miseria ed
emarginazione coincidono: i protagonisti vivono in uno stato di totale
emarginazione e povertà.
La commedia è ambientata in un angolo del borgo
Marinari, nel rione di Santa Lucia, dove sono raccolti e si esibiscono i
suonatori ciechi, un'orchestrina girovaga e mendicante che alterna a celebri
canzoni napoletane, teneri valzer di operetta.
I suonatori sono: Ferdinando,
il contrabbassista; Don Antonio, il mandolinista; Don Lorenzo, il clarinista;
Don Vincenzino, il violinista e Gennarino, il chitarrista. Questo concertino è
accompagnato da Don Alfonso, cieco anche lui di un occhio, che va questuando
l'obolo ai radi passanti. Il contrabbassista Don Ferdinando ha una moglie,
Nannina, incontrata e sposata per caso.Dario De Simone ( Totonno); Luca Izzo
(Ostricaro); Maria Cristina Gargiulo (Passante); Francesco Vollono(secondo
Passante); Benedetta Todisco ( terzo Passante). Musiche : Somago; Costumi :
Clemar; Scene: Don Nylon; Luci : Lerrie Moss.
18 e 19 Febbraio, Genere: Teatro di Prosa
Comp. Libera Scena Ensemble in "Visite" regia di Niko Mucci
Con: Roberto
Cardone e Marcella Vitiello
Questa rappresentazione ha preso vita grazie alla
regia di Niko Mucci, che ha diretto i due attori protagonisti: Roberto Cardone e
Marcella Vitiello. “Visite” è tratto da un’opera di Vargas Llosa in cui il solo
dialogo tra due personaggi controversi e misteriosi, riesce ad aprire diverse
dimensioni temporali ed emozionali, creando un intreccio di storie, colpi di
scena e relazioni visive. Due soli personaggi ed un abile, intrigante gioco di
identità. Perché, come l’autorevuole farci intendere, chiunque può essere
chiunque e, soprattutto, chiunque può immaginare di essere chiunque. Londra.
Prestigioso hotel cittadino. CIco un ricco uomo d’affari , è nella sua stanza.
Apre la porta ad una donna. Lei è Raquel. Dice di essere la sorella del suo
antico amico Paulo. Una donna piacente ed affascinante che giunge
improvvisamente: Ho visto sul Financial Times che eri qui, per questa riunione.
E all’improvviso ho avuto voglia di vederti, di ascoltare la tua voce. Cico e
Paulo erano stati grandissimi amici. Si erano conosciuti a scuola, , e per anni
avevano condiviso la loro vita. Poi un episodio, un pugno sferrato da Cico a
Paulo li aveva allontanati, senza una parola, senza riconciliazione.
Trentacinque anni di nulla e poi l’arrivo di Raquel. Sorella del suo amico. Ma
Cico non l’ha mai vista, non ha mai sentito parlare di lei, non ha mai saputo
che esistesse. Chi è? Lei conosce dettagli essenziali del rapporto di amicizia
tra Cico e Paulo. Descrive parole, luoghi, ricordi. Troppi. Dice di averli
appresi da suo fratello ma Cico non sa crederle: “ Non me la bevo! Anzi, guarda:
non credo a una sola parola di quello che hai detto. Ho molti difetti, ma non
sono fesso. Non è facile raccontarmela, te lo assicuro.” La verità. Ecco cosa
vuole Cico. Perché quella donna è lì, davanti a lui? Perché gli sta raccontando
tutte quelle storie? Poi l’uomo capisce da sé. Ci sono pause di disagio, rimandi
di confessioni, ricordi, lettere mai spedite e rimproveri. Poi una musica
sentimentale, come un’apertura nuova, immaginifica. Il teatro è moltiplicazione
di tempi, di finzioni. Anche se apparentemente verosimili. Senza dubbio la scena
teatrale è lo spazio privilegiato per rappresentare la magia di cui è intessuta
anche la vita della gente: quell’altra vita che inventiamo perché non possiamo
viverla davvero, ma solo sognarla grazie alle splendide menzogne della finzione.
25 Febbraio,
compagnia teatrale di Antonio Merone in “Merone Omaggia Taranto”
In scena
altre allo stesso Merone, nelle vesti di autore, attore e regista di questo
spettacolo, saranno presenti anche Carmine Beneduce, mentre al piano ci sarà
Giovanni Sepe. Sarà un tuffo nei mitici anni del "varietà", questo esilarante
spettacolo "Merone Omaggia Taranto" un atto di ossequio al grande e leggendario
Nino Taranto e l'esibizione sarà incentrata sui grandi successi del compianto
artista che vedrà Merone interpretare magistralmente macchiette esilaranti come
le "canzoni di giacca" e quelle da dicitore. Uno spettacolo che riporta agli
anni d'oro della comicità dei grandi artisti che hanno contribuito ad arricchire
il preziosissimo patrimonio teatrale napoletano. Non solo canzoni e macchiette
ma anche “magiche” gag: grazie allo stretto rapporto con la famiglia Taranto,
Merone indosserà e mostrerà al pubblico preziosi "cimeli" appartenuti al grande
personaggio Taranto. Ad affiancarlo, come abbiamo già citato prima, ci sarà la
sua spalla di sempre, il bravissimo attore Carmine Beneduce e al piano il
maestro e direttore d'orchestra Giovanni Sepe. L'attore Antonio Merone vanta una
carriera trentennale ed è definito, da sempre, dalla stessa famiglia Taranto
l'erede artistico del grande Nino. Proviene dalla grande scuola di Luisa Conte e
vanta collaborazioni artistiche eccelse come quella con Mario Scarpetta, Olimpia
Di Maio, Corrado Taranto e tanti altri. Dal 1994 è capocomico della compagnia
stabile del teatro Metropolitan, che l'ha visto interprete di numerosissimi
spettacoli ottenendo negli anni riconoscimenti importanti. Ultimo successo messo
in scena con la sua omonima compagnia "La cantata dei pastori ", capolavoro che
verrà annoverato sicuramente negli anni avvenire come una delle sue opere
migliori. “Trent’anni di teatro riconosciuto che non hanno un prezzo, Antonio è
l’ultimo erede di mio padre” dice Maria, figlia di Nino Taranto, “ è un degno
figlio di Totò” aggiunge Liliana De Curtis, figlia del principe della risata. Ad
Antonio Merone, la famiglia Taranto ha voluto regalare i cimeli: costumi,
oggetti di scena, ecc. appartenuti a Nino Taranto. Per cui Angelo Bove ci spiega
che uno dei motivi principali che lo hanno spinto a portare lo spettacolo di
Merone a Caserta, aldilà delle straordinarie capacità attoriali dello stesso
Merone e delle belle parole dette dalla figlia di Taranto e dalla figlia di
Totò, è stata la notizia che in scena ci saranno i costumi, i cimeli, la
paglietta a pizzi tanto famosa, cioè oggetti appartenuti proprio a Nino Taranto:
oggetti che secondo il Bove, sicuramente avranno un’energia particolare,
quell’energia che per certi versi è appartenuta a Nino Taranto. Pertanto è come
se magicamente la presenza del fantasma di Taranto si aggirerà, nella serata
della rappresentazione, all’interno del Cts, dando lustro ed onore allo scopo di
infondere successo sia allo spettacolo di Merone che di conseguenza allo stesso
Piccolo Teatro Cts.
4 e 5 Marzo,
Genere: Teatro / Cabaret
Comp. Mario Sorbello in "Cabaret a Netanya" di e con
M. Sorbello
“Cabaret a Netanya” un nuovo spettacolo di e con Mario Sorbello,
attore del teatro stabile di Catania, e tratto dal romanzo di David Grosmman "
Applausi a scena vuota " ultimo suo romanzo. Una rappresentazione che spazia dal
comico al tragico, non, “fuori campo”, le voci di G. Carbone e M. Luisa
Lombardo.
Molti i temi trattati tra i quali spicca principalmente quello
della Shoah. Una telefonata inattesa, un amico di infanzia e una stravagante
richiesta: assistere ad una serata di cabaret per cercare di cogliere ciò che le
persone percepiscono di lui. Nei panni del protagonista Dovà, un comico che,
approfittando della serata e del suo compleanno, racconta al pubblico la storia
di un omicidio dove non si sa chi è la vittima, l'assassino o chi è stato
assassinato per tutta la vita. Il racconto narra in chiave comica il primo
funerale di Dova' che, costretto come tanti ebrei a frequentare un campeggio
paramilitare, un giorno viene obbligato ad andare ad un funerale molto distante
dal campeggio. Nel lungo viaggio il piccolo ebreo cerca di richiamare in mente i
ricordi più belli dei suoi familiari. Questo cabarettista comico ma triste, a
tratti carismatico e affascinante, con il suo racconto intervallato da gag e
barzellette attualizza la Shoah patita soprattutto dalla madre confrontandola
con la situazione attuale data dal conflitto tra israeliani e palestinesi. Temi
forti e toccanti implicano una storia paradossale, drammatica e persino violenta
sull'anima di un ragazzo di soli 14 anni. Sorbello, un comico che attraverso la
sua rappresentazione teatrale cerca di dare speranza a due popoli in perenne
conflitto.
11 Marzo,
ore 21, spettacolo comico “E Allora…?” con Pippo Infante
Pippo Infante,
poliedrico artista calabrese, nel 1999 entrerà a far parte dell’Arts Academy di
Roma e sotto la guida del maestro Stefano Palamidessi, sarà ammesso al
conservatorio di musica Piccinni di Bari, dove studierà sia Chitarra che arte
Scenica. Dopo questa esperienza Infante darà vita ad una nuova forma di
spettacolo di varietà e farà rivivere la vecchia mascherà del “Gagà” con lo
spettacolo: “E allora…?” (musiche e macchiette nel regno di napoli), uno
spettacolo di cantastoriato tutto meridionale, a farla da padrone è la canzone
umoristica napolitana: Con il solo apporto della chitarra si darà vita ad un
viaggio nella Napoli che fu, interpretando vari personaggi quali: Ciccio
Formaggio, o Pazzariello, o guappo nnammurato e lo stesso “Gagà”. In questo
spettacolo si vedrà inscenarsi una modesta interpretazione del cantastorie,
quindi il recitar cantando sarà un modo per esorcizzare le paure e le disfatte
della vita quotidiana trasformandoli in sorrisi. “A vita è nu surriso” diceva
Totò e l’attore diventerà un tutt’uno con il pubblico, il quale sarà coinvolto
nello spettacolo e ne sarà parte integrante.
Genere: Teatro di Prosa
12 Marzo,
ore 19, Comp: Teatro Senza Fissa Dimora in "Senza un tetto
sopra il cuore" di e regia F.Vicini
Con: M. Leone, M. Paparella, A.
Cipollone, M. Imperiale, R. Di Rienzo, L. Valori, P. L. Lorusso, D. Di Masci
“Senza un tetto sopra il cuore” nasce da un testo realizzato ascoltando le vere
storie di autentici senzatetto e rielabora vicende narrate da persone incontrate
in quartieri degradati delle periferie delle città di provincia italiane. Si
tratta di storie vere, profonde, spesso crude e spietate, che delineano un
ritratto della periferia delle città italiane del sud denso di amarezza e
verità. Accanto ai clochard, attraverso la voce dei giovani attori del Teatro
Sociale di Pescara, prende vita anche una piccola schiera di moderni “ragazzi di
vita” di pasoliniana memoria, schiacciati dalla miseria, dall’indifferenza e
dall’assenza di prospettive, ma sempre e comunque alla disperata ricerca della
propria dignità. Lo spettacolo è montato a moduli, e propone la narrazione di 8
storie. I monologhi sono legati fra loro da un filo rosso narrativo realizzato
con progressioni di teatrodanza e contact improvisation. Il testo e la regia di
questo secondo spettacolo è di Federica Vicino, e gli interpreti sono: Massimo
Leone, Marco Paparella, Azzurra Cipollone, Marco Imperiale, Rebecca Di Renzo,
Lorenzo Valori, Pier Luigi Lorusso, Daniele Di Masci. La compagnia del Teatro
Senza Fissa Dimora nasce dal sodalizio tra Federica Vicino (autrice, regista e
docente), e Massimo Leone (attore, diplomando presso l’Accademia d’Arte
Drammatica “S. D’Amico” di Roma). La compagnia si occupa prevalentemente di
teatro civile e sociale, con particolare attenzione alla storia. I temi che
stanno alla base della produzione della compagnia sono: lavoro e disoccupazione;
diritti umani, tutela dell’ambiente e salvaguardia del territorio; emigrazione e
immigrazione; razzismo; disagio sociale. I temi storici sono: brigantaggio,
emigrazione italiana del primo e secondo dopoguerra, Seconda Guerra Mondiale e
Resistenza.
18 e 19 Marzo, Genere: Teatro Comico
Comp: Antonello Arabia
in "Una telefonata tranquilla" regia di A. Arabia
Con Antonello Arabia e
Valentina Rossoni
Questa in sintesi la storia: Antonello e Valentina sono una
coppia di giovani sposi e vivono a Milano: Lui è un ragazzo del sud,
pantofolaio, i suoi interessi sono guardare la tv, la gazzetta dello sport e il
cellulare. Lei è una ragazza del nord, esattamente di Bergamo, svampita e
innamorata di se stessa e del suo aspetto fisico. Cerca a tutti costi di
apparire come una di “Milano bene” anche se alcune volte viene fuori la sua
“natura contadina”. E’ periodo di saldi e come sempre Valentina è pronta a
prosciugare la carta di credito del marito, il quale vorrebbe restare a casa a
fare “una telefonata tranquilla” ad un suo vecchio amico. Ma qualcosa va storto
e una terribile verità sta per essere portata a galla… Una commedia
terribilmente divertente, ritratto ironico e cinico della società odierna.
Antonello Arabia è un attore comico, autore e regista, in tv ha preso parte al
Talent di La 7 “Eccezionale Veramente” alla serie “ Eities” su Real Time, al
cinema con “ Il ricco il povero e il maggiordomo” con Aldo, Giovanni e Giacomo e
“ Italiano Medio” con Maccio Capatonda, In teatro allo Zelig lab di Milano.
Valentina Rossoni, è un’attrice, cantante, youtuber, diplomata all’Accademia di
canto, recitazione e dizione “St Art School di Cologno Monzese (MI). Ha
partecipato a diversi concorsi canori e spettacoli teatrali sia drammatici che
comici e al programma “ Applausi” su Lombardia Tv:
25 e 26 Marzo,
Angelo Bove proporrà “La Testa Nel Cesto” regia e interpretazione di Angelo
Bove, tratto dall’omonimo libro pubblicato La Testa Nel Cesto (ghigliottinata)
di Michele Tagliafierro, laureato in teologia e filosofia. I costumi sono di
Antonio Sullo, la danzatrice in video è Patrizia Di Matteo, le coreografie di
Emilia Marocco, la consulenza cinematografica è del regista Angelo Antonucci, la
voce narrante è di Lucio Pesacane. Luci e fonica di Paola Pollastro.
Sulla scena Angelo Bove, interprete unico di diversi personaggi,
porta i protagonisti di questa pièce a muoversi in un contesto fantastico/
surreale, fatto di effetti scenici, videografici e musicali, che offrono al
pubblico la possibilità di riflettere sull’ascesa dell’uomo verso il potere
incantatore. Questo spettacolou attraversa fugacemente la storia dell’uomo:
“finestra per poter guardare e giudicare il passato” e curiosare sul concetto
del potere. Per cui si nota che tutti coloro che hanno tramato per arrivare al
potere, prima o poi lo stesso potere disillude passando inevitabilmente in altre
mani ritorcendosi contro se stessi; non a caso vengono riecheggiate le decadenze
di autorevoli personaggi del passato, iniziando dai faraoni egiziani e passando
poi tra le diverse guerre e rivoluzioni fino ad arrivare a quella di Luigi XVI (
la presa della Bastiglia ), preso come riferimento proprio in questo spettacolo,
il quale dopo aver fatto decapitare tantissime persone, venne a sua volta
decapitato. In sostanza la storia ci rende noto che dopo la popolarità del
potere acquisito (oggi potere politico), puntualmente il tempo ci presenta il
conto da espiare. Per cui non è l’uomo che detiene il potere come egli
erroneamente possa credere, ma inevitabilmente, rimane senza rendersi conto,
incantato e nello stesso tempo “incatenato” proprio nell’ idea stessa di voler
ascendere al potere, supponendo di avere più degli altri, la capacità,
l’opportunità e l’intelligenza. Allora cosa deve o può fare l’uomo per non
essere assoggettato dal fascino di questo potere ingannatore visto che egli non
è o non può essere quasi mai cosciente della rivalsa che gli viene tesa dal
potere stesso, con la complicità del tempo? Ai posteri l’ardua sentenza!
1 Aprile,
G.T.S. Gruppo Teatro Studio Caivano Arte in “Raccontando Eduardo”; scritto
diretto e interpretato da Antonio Vitale, con le musiche dal vivo di Gigi Nigro.
Un omaggio al grande Eduardo De Filippo.
Note di regia: Da fervente
appassionato, del teatro e della vita di Eduardo, qualche anno fa mi balenò per
la testa l’idea di raccontarlo con un allestimento teatrale, forte dal mio
grande spirito di studioso “eduardiano”, per cui ho fatto ricerche approfondite,
ho cercato testimonianze ed aneddoti vari circa il teatro ma soprattutto la vita
del grande drammaturgo partenopeo. Risultato di questo approfondito e rispettoso
studio nei confronti di un gigante del teatro non solo napoletano e italiano ma
internazionale è “Raccontando Eduardo”. Con questa messinscena, ho cercato molto
umilmente di delineare il percorso artistico e privato di Eduardo
accompagnandomi con la musica dal vivo eseguita con la chitarra dal maestro Gigi
Nigro, mio valido collaboratore. Sarebbe stato facile fare un semplice omaggio
ad Eduardo attraverso estratti da alcune sue commedie ma in questo viaggio di
un’ora nel mondo “eduardiano” ho voluto, e vorrei, che ogni qualvolta lo si
rappresenta, lo spettatore conosca meglio l’autore partenopeo, spogliandolo
dalle etichette che si è voluto dargli da anni: una su tutte e quella di essere
stato un “orso”nella vita privata, e un drammaturgo “serioso”, ma che però hanno
dato vita a capolavori come “Filumena Marturano”, “Napoli Milionaria” e tanti
altri capolavori. In secondo luogo, svelare l’aspetto umano di un grande del
teatro napoletano e non. Lo spettatore intraprenderà un vero e proprio viaggio,
nel quale riderà di gusto e nello stesso tempo proverà delle emozioni che gli
daranno anche piccoli spunti di riflessione perché Eduardo, come tutti i grandi,
attraverso le sue opere, resta e resterà sempre attuale. Pertanto attraverso
poesie musicate, una prosa forte, frammenti di vita ed aneddoti, ho voluto
raccontare un Eduardo nuovo e che pochi conoscono. In scena ci sarà
un’alternanza equilibrata di prosa, di poesia e di alcuni frammenti di vita
dell’autore, attore e regista napoletano. La scelta di cercare, di unire l’uomo
di teatro con la persona non è stata casuale ma dettata dall’esigenza di far
conoscere prima di tutto un Eduardo lontano dalla sua immagine.
8 e
9 Aprile, Comp: Chimera in "Avan- Spettacolo"
di F. Pellicori
Con: Fabio Pellicori e Gianluca Guzzo
Lo Spettacolo narra,
in chiave comica, tutte le vicissitudini di una compagnia teatrale. Il pubblico
entra in sala e si ritrova un palco non ancora pronto, con i tecnici audio e
luci che ancora lavorano per finire l’allestimento. Un Cliché di luoghi comuni
teatrali, una serie di situazioni surreali, grottesche ed esilaranti che vivono
ogni giorno le persone di teatro, ma che le persone comuni spesso non vedono. Il
pubblico si ritroverà, così, partecipe alla messinscena di uno spettacolo che
non andrà mai in scena: la pièce termina, infatti, con l’ipotetico inizio della
performance che dovrebbe essere rappresentata. Gag, battute comiche, riferimenti
ai grandi autori del teatro internazionale, ma anche una attenta riflessione a
tutto quello che spesso succede, ma di cui, spesse volte, nessuno parla. Vedrete
così tutto quello che “nessuno” vi ha fatto vedere del teatro……….
La
compagnia teatrale Chimera, nasce nell’estate 2007 dall’esigenza di fondare una
nuova realtà culturale che prenda avvio dalla contaminazione tra il teatro, la
musica, la danza e le altre arti. Il nome stesso allude al mostro mitologico nel
cui aspetto si fondono il leone, il serpente e la capra; quest’ultima tratto
predominante di varietà e insieme metafora del distacco e delle novità rispetto
all’appartenenza col passato. Nei nove anni di attività la compagnia ha prodotto
dieci spettacoli teatrali, di cui 2 per ragazzi, ed ha organizzato vari eventi e
stagioni teatrali, anche in collaborazione con altre maestranze locali e
nazionali. Dopo essersi immersa in un lavoro sull’immigrazione italiana in
Argentina (con due spettacoli e vari eventi di teatro sacro). Nel frattempo, non
lascia però da parte i laboratori e l’organizzazione di eventi teatrali.
15 Aprile, ore 21, "Papilluccio", presentato dalla compagnia teatrale:
Perzechella e Serafina.
In scena ci saranno Anita Pavone e Tiziana Tirrito,
che hanno curato e riadattato anche la regia e il testo di questa
rappresentazione, e con Giulio Fazio alla fisarmonica.
Ci troviamo dinnanzi
ad un format nato per essere uno spettacolo duttile, un contenitore di
narrazioni che spesso nascono dall'esigenza di diffondere la storia e le
tradizioni popolari, folkloristiche e leggendarie della cultura partenopea.
Perzechella e Serafina, sono due maschere, figure surreali, cantastorie di
professione, che vivono nella città di Napoli da più di ottocento anni e che, di
volta in volta, secondo lo spettacolo ideato, riconducono alla memoria dello
spettatore, precisi squarci di vissuto urbano, attraversando secoli e vicende
reali o mitologiche. In questa pièce le due cantastorie, accompagnate dalla
fisarmonica di Giulio Fazio, ci condurranno per mano, in un viaggio emotivo tra
"li cunti e li fattarielli" della vita di Papilluccio (Raffaele Viviani)
facendovi rivivere episodi della vita del Maestro, attraverso aneddoti,
monologhi, dialoghi, poesie e canzoni del grande artista.
Lo spettacolo
nasce dal desiderio di rendere omaggio all'attualità dei personaggi di Viviani,
che ebbe a cuore la sua Napoli, quella Napoli fatta di gente comune, che
combatte ogni giorno, tra mille difficoltà, capace di affrontare la vita sempre
con una visione sottilmente ironica e marcatamente consapevole che: "Una è a
guerra ca ce spetta; e purtoppo l'imm'a fà: chella llà ca tutt' 'e juorne se
cumbatte pè campà!" (R. V.). Uno spettacolo, dunque, divertente, ironico e
poetico, sicuramente molto coinvolgente, e adatto ad ogni età.
sabato 22 aprile, ore 21. “Non Sono Bazzecole”, presentata, elaborata e
diretta da Ottavio Buonomo
“Non sono bazzecole” … i film di Totò, le poesie,
le sue canzoni, le interviste, le parole. Tutto quanto Totò ha regalato alle
generazioni successive alla sua, appunto, non sono “bazzecole” (parola che amava
tanto pronunciare), ma sono grandi esempi di quella arte straordinaria che
ancora oggi ci fa ridere, pensare, innamorare, sperare in una società diversa.
Ottavio ci esporrà con una chiacchierata, o meglio con una sorta di “convegno
comico” sull'arte di Totò, in particolar modo sul suo pensiero, espresso
principalmente nelle canzoni. Non a caso, nel recente libro “Totò Kolossal” di
Ennio Bispuri (Gremese), Ottavio figura tra i tanti interpreti delle canzoni di
Totò. Sarà un evento in cui il pubblico potrà intervenire facendo domande
all'artista che, preparatissimo su tutto ciò che riguarda il “mondo” del
Principe, esaudirà ogni richiesta. Un “convegno comico” a cui sono invitati
tutti, ma in particolar modo gli ammiratori di sempre ed i giovanissimi che si
avvicinano ora all'arte di Totò, grande campione dello spettacolo. L'attore e
cantautore Ottavio Buonomo, da sempre grande ammiratore del Principe, l'ha più
volte omaggiato, sia con spettacoli teatrali che con “Totò, una via nel mio
nome”, album del 2013 dove interpreta alcune delle canzoni più belle del
principe Antonio De Curtis. Di recente è stato pubblicato anche un libro dal
titolo “50 Sfumature di Totò” di Gianfranco Ponte (Odoya), con interviste a
tanti personaggi dello spettacolo italiano che hanno raccontato del loro amore
per Totò, ed insieme con Enrico Montesano (tra l'altro maestro di Ottavio),
Renzo Arbore (che ha promosso l'iniziativa per consegnare una laurea in
discipline dello spettacolo a Totò), Liliana De Curtis (figlia dell'attore),
Carlo Croccolo (con il quale Ottavio ha girato un film nel 2016 per la regia di
Corrado Taranto) e Franca Valeri (attrice in diversi film di Totò) c'è anche
Ottavio che parla dell'amore incondizionato e sempre più forte per chi può
essere definito la vera maschera del Novecento, tra i comici più grandi del
mondo.
29 e 30 Aprile,
Comp. Piccolo Teatro Cts presenta Angelo Bove in "Fallo… in volgare…ma non
troppo"
6 Maggio (prosa)
Comp: G.T.S. in "Raccontando Eduardo"
con: A.
Vitale - chitarra: G. Nigro
7 Maggio, ore 19, “Piacere,
Maria Aprile!” con la stessa Maria Aprile, Olga Scarpati e Aldo Pandolfi
Maria Aprile si racconta, accennando un po’ alle varie esperienze artistiche che
hanno segnato il suo percorso professionale. Inizia con alcuni brani inediti,
nati dal binomio Buonomo/ Aprile, sia a carattere frivolo che più intimistico,
poi continua con un po’ di storia personale, facendo riferimento soprattutto
alla figura paterna, che ha avuto molta parte in causa sulla sua formazione
culturale. Parla della bambina che studiava danza classica e pianoforte,
strumento del quale approfondisce gli studi conseguendo il diploma inferiore.
Sta preparando l’esame di compimento medio, quando per motivi di salute è
costretta a interrompere gli studi. Riprenderà dopo molti anni, dedicandosi allo
strumento voce, fino a diventare direttrice di coro infantile, per poi scoprirsi
finalmente cantautrice. Così, ci fa ascoltare qualche suo pensiero in versi e/o
in musica, a cominciare dai brani nati su poesie a quelli di genere
macchiettistico, fino ad arrivare alle canzoni composte per una commedia
musicale, portata in scena con grandi consensi di pubblico e di critica, nella
quale debutta sia come coregista che come attrice. Non mancano le canzoni
classiche napoletane e le canzoni di importanti autori italiani, per le quali si
fa accompagnare dalla chitarra di Aldo Pandolfi. Il tutto è impreziosito dalla
partecipazione della poetessa Olga Scarpati.i
Orario: Sabato ore 21,00 e
Domenica ore 19,00 - biglietto Euro 10
Piccolo Teatro Studio, Via L. Pasteur
6, Caserta
Per info. e prenotazioni tel.
330.713278, angelo.bove@libero.it