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“Le Città Invisibili” al Teatro Comunale

Caserta – 19 Aprile 2016

Articolo di Damiano Gedressi, foto di Assunta Funaro

Martedì 19 Aprile è andato in scena al Teatro Comunale di Caserta, “Le Città Invisibili”, uno spettacolo liberamente tratto dall’opera omonima di Italo Calvino. Un pubblico attento ha apprezzato una potente rappresentazione di teatro danza, magistralmente portata in scena da Roberta De Rosa, straordinaria ballerina dalle doti tecniche indiscutibili e Michele Casella, lo stimato attore che torna a recitare nella sua città. La De Rosa è anche autrice delle riprese video che contribuiscono a formare una scenografia scarna, ma di grande effetto, che già spingeva lo spettatore ad interrogarsi sul proprio ruolo all’interno delle “Città Invisibili”.

Roberta De Rosa

Questi luoghi restano nascosti agli occhi di chi non vuol vedere fuori da se stesso, crescono fino a diventare vere e proprie città, costruite ed imprigionate, nascoste dalla ragnatela sociale in cui siamo inesorabilmente caduti da mezzo secolo a questa parte. Dopo aver rapito con le immagini il pubblico, lo spettacolo prosegue sul piano recitativo con Michele Casella, perfettamente calato nei panni dell’ imperatore dei Tartari Kublai Khan, dispotico leader-dittatore che si interroga sul come riuscire a governare il suo sconfinato impero, che poi rappresenta il mondo in cui viviamo oggi. Il terzo piano è quello della danza, in cui si viene catapultati con l’ingresso in scena di Roberta De Rosa, che rappresenta l’uomo comune, l’abitante della città concreta, reale che si erge quotidianamente intorno a noi, e che cerca la città nascosta, quella invisibile, lottando drammaticamente con il proprio ego interiore, cercando di aprire gli occhi sul presente, e su quanto di buono è stato sepolto dalla valanga di ipocrisie che reggono questo mondo dominato dall’imperatore Kublai Khan. Il pieno senso della ricerca sta tutto condensato nella battuta calviniana recitata da Michele Casella: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

Michele Casella

Questo spettacolo assolve appieno la funzione cui dovrebbe sempre adempiere l’arte scenica, l’invito alla riflessione, lo scuotimento delle coscienze, l’abbattimento di muri psicologici costruiti sulla falsa informazione e sulla scarsa visione delle cose.
L’esperienza sensibile che si deduce attraverso il movimento del corpo e le immagini del video, è il risvegliarsi inaspettatamente da un torpore in cui il cittadino/spettatore delle nostre città invisibili è caduto da tempo immemore, un tempo che non ha inizio ma che può avere fine. La scelta è come sempre dell’individuo.
Lo spettacolo è risultato anche fra i progetti vincitori al Fringe Festival dello scorso anno, segno non trascurabile della indubbia valenza artistico-tecnica del progetto rappresentato.
Accade piuttosto raramente di trovare in una rappresentazione teatrale la confluenza dell’elemento sociale, di quello narrativo, e quello espressivo. Il frutto di questo lavoro è una combinazione di questi tre elementi, sapientemente shakerati con le indiscusse qualità tecniche dei due protagonisti.

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