La “Filumena Marturano” del regista Fretta al teatro “Don Bosco”
Caserta – 11 marzo 2016
Comunicato stampa
La definì la più cara delle due creature. “Filumena Marturano” è dei lavori di Eduardo De Filippo il più conosciuto e apprezzato, in Italia e nel mondo. Una versione che non indugia troppo nel dramma, prediligendo i toni comici e leggeri del testo, sarà portata in scena l’11 marzo, alle 20.30, al teatro “Don Bosco” di Caserta, da Vincenzo Fretta, direttore della compagnia “Frizzi e lazzi”, nella doppia veste di regista e attore. Scritta da Eduardo per la sorella Titina, che lamentava come il vero successo della ribalta fosse sempre riservato al protagonista maschile, al primo attore, e mai alla donna, fu rappresentata, per la prima volta, al teatro Politeama di Napoli nel 1946. A distanza di 70 anni, Fretta, nei panni di Domenico Soriano («Dummì»), ha deciso di confrontarsi, a modo suo, con un classico della drammaturgia, che esprime, in un rigurgito di attualità, la crisi della famiglia patriarcale borghese. Al suo fianco si cimenteranno Rossella Iodice (Filumena), Michele Di Nuzzo (Alfredo Amoroso), Clementina Gaudino (Rosalia Solimene), Lucia Rossi (Diana), Rosalinda Della Valle (Lucia), Salvatore Musone (Umberto), Domenico Mincione (Riccardo), Domenico Grillo (Michele), Francesco Aimone (Avvocato Nocella), Annalisa Mocerino (Teresina), Antonio Di Giovanni e Salvatore Terziario (facchini). Presentatrice dello spettacolo e suggeritrice, Luisa Palazzo. Eduardo, superbo poeta comico del tragico quotidiano, scrisse “Filumena” in pochi giorni, in un impeto creativo folgorante che lo tenne sveglio anche di notte. L’opera è costruita all’interno di un quadro molto ben definito, che mostra la contrapposizione di due mondi: la Napoli dei “bassi”, trasudanti miseria, e la città “bene”, spensierata e inconsapevole. La trama si dipana intorno alla vicenda umana di una prostituta, ormai matura, che per venticinque anni è stata la “mantenuta” di Soriano, ricco pasticciere e suo cliente di vecchia data, amministrando, di fatto, i beni e la casa di lui come una moglie. Per costringere l’amante al matrimonio, Filumena si finge morente, coinvolgendo nell'inganno prima un medico, poi il prete, che celebrerà il matrimonio “in articulo mortis” con Domenico; l’uomo, credendola in fin di vita, la sposa con la falsa prospettiva di un breve legame. Una commedia con uno sfondo sociale, intrisa, però, di sentimenti. L’istinto materno, infatti, è la sola molla che fa ribellare Filumena, una Medea al rovescio, che non sacrifica i suoi figli; anzi, lotta per per assicurare loro stabilità e dignità. E sarà proprio la rivendicazione femminile, alla fine, ad affermarsi; quel bisogno di famiglia diversa e vera che Filumena ha sempre desiderato.