"Ecce robot!" di Daniele Timpano al Teatro Civico 14
Caserta - 17 Gennaio 2015
Articolo di Giuseppe Vuolo
Daniele Timpano occupa la nuda scena del Teatro Civico 14, è una voce nervosa
in un corpo snodabile, parla a scatti provando a scacciare un disagio e sembra
volersene scusare con una sorta di confessione: "Ero bambino, tra gli anni
Settanta e gli anni Ottanta, quando arrivarono in Italia i primi famigerati
cartoni animati giapponesi. Era l'Italia delle stragi, del rapimento di Aldo
Moro, delle Brigate Rosse, dell'ascesa di Silvio Berlusconi e delle sue
televisioni, ma questo io non lo sapevo ancora - né me n'importava un cazzo.
Ignaro di trovarmi nel bel mezzo degli Anni di piombo, vivevo l'infanzia tra
robot d'acciaio".
Per la terza volta l'attore torna a calcare le assi del teatro casertano venendo
accolto dallo stesso entusiasmo che già riscossero "Aldo Morto - Tragedia" e "Dux
in scatola - Autobiografia d’oltretomba di Mussolini Benito". Oggi porta in
scena, anche stavolta come autore ed unico interprete, "Ecce robot! Cronaca di
un'invasione", spettacolo del 2007 liberamente ispirato all'opera del
disegnatore Go Nagai, il creatore di manga come "Mazinga Z", "UFO Robot Goldrake"
e "Jeeg robot d'acciaio".
Timpano, infatti, riserva l'inizio e la fine dello spettacolo alla
rappresentazione della prima e dell'ultima puntata di "Mazinga Z", dove
interpreta tutti - sì, tutti - i personaggi della celebre serie TV, usando la
sua voce preregistrata per i dialoghi e mimando tutto il resto, come a voler
suggerire una personale interpretazione dell'espressione "prestare il proprio
corpo all'arte". È un'idea da matti che però alla fine funziona: nel riprodurre
il playback approssimativo e i movimenti poco fluidi delle animazioni, l'attore
romano diventa, molto più che nei suoi altri monologhi, una marionetta buffa e
disarticolata che, offrendosi disarmato al pubblico, riesce a mettere in moto la
sua fantasia, che è da sempre la scenografia più bella, e a condurlo nelle
avventure di Ryo Kabuto contro il malvagio Dottor Inferno.
Oltre all'interpretazione delle puntate e delle sigle televisive dei manga, Timpano si dedica al racconto autobiografico e sociologico di quegli anni, raccontando della campagna (come la chiameremmo oggi) mediatica contro i cartoni animati giapponesi, colpevoli di essere diseducativi, violenti, rozzi e pornografici, secondo la società civile dell'epoca. Nel raccontare di come la crociata contro Mazinga & co. arrivò perfino in Parlamento, l'attore dà voce all'orgogliosa identità degli ormai ex bambini di quegli anni, una rivendicazione che sembra quasi una forma di solidarietà, se non fosse che quella generazione è cresciuta normalmente, senza alcuna inclinazione particolare alla violenza e alla prevaricazione, per giunta mentre il mondo circostante dava il peggio di sé e la prima Repubblica della Milano da bere - quella sì - cresceva e moriva male naufragando in Tangentopoli e nelle stragi mafiose. Come suggeriva Marco Ferreri, "Viva Mazinga! Lasciamolo vedere ai bambini, tanto non sarà lui a farli rincretinire". Del resto cosa avrebbe dovuto fare un bambino italiano a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta? Tagliati fuori dai discorsi dei grandi pieni di politica e terrore (l'aspetto peggiore è che le due cose si andavano sempre più intrecciando), gli adolescenti di quel periodo trovano compagnia nella allora nascente televisione commerciale, prima locale e poi nazionale, con tante piccole emittenti che si trovano a dover riempire i loro palinsesti con prodotti a basso costo, e per questo ricorrono ai più economici cartoni made in Japan, così diversi da quelli occidentali. Di fronte alle paure scatenate dalla temuta colonizzazione culturale ("l'invasione gialla"), la generazione di Timpano si sente quasi in dovere di scusarsi per esser cresciuta come tutte le altre, pur avendo eletto - o forse proprio grazie a questo - la TV e i cartoni animati giapponesi a suoi "veri genitori" o, almeno, a parte integrante della propria famiglia.
Piccolo manifesto generazionale - e tuttavia per nulla riservato ai soli appassionati della materia -, "Ecce robot!" rivela le grandi qualità del suo mattatore, l'estro, il coraggio, la fantasia di un affabulatore impacciato che incanta e diverte, un antieroe che accentua sempre l'enfasi retorica per poi smontarla con un'ironia anche solo accennata e che in tutto questo non rinuncia a criticare i miopi intellettuali che presero parte alla crociata, senza alcuna remora ad indicarli per nome e cognome. Un ironico portavoce di traumi inesistenti il cui teatro si conferma animato da una particolare, preziosissima ragion d'essere.
consulta: Stagione Teatrale 2014/2015 al Teatro Civico 14