Officina teatro: Il nostro amore schifo
S. Leucio (CE) – 22 Marzo 2014
Articolo di Rossella Barsali
“se non vi divertite potete anche andarvene”
…invece non si è alzato nessuno per andarsene, nessuno. Si resta inchiodati,
affascinati, divertiti, perplessi davanti a questo prontuario del rapporto
d’amore nient’affatto idilliaco, spietato e cinico, dove è bandita la tenerezza
- che resta unico deterrente a tutta una sfilza di stridori che farciscono i
lunghi rapporti di coppia. In scena i must del mobilio di una casa qualsiasi: 5
sedie, un tavolo, una lampadina, un sacco di farina, acqua e l’indispensabile
microfono. Quel che basta a Luciana Maniaci e Francesco D’Amore (i geniali
Maniaci D’Amore) per riadattare le famose pene d’amore dell’eroe goethiano al
terzo millennio, proiettando e completando l’opera con le contorsioni dei Nodi
di Laing. Tempi e riti rigorosamente rispettati da una drammaturgia molto
attenta soprattutto nelle prime fasi del rapporto di coppia, ma un po’ sfuggente
nell’ultima fase, quando si consuma un finale inatteso e talmente rapido da non
lasciare il tempo di crogiolarsi in un pathos mai annunciato.
Nella spietata spontaneità dell’amore adolescenziale Carlotta accoglie Werther
come un “regalo”, salvo poi indispettirsi all’atto del suo disvelamento, come
sovente accade di fronte alla caduta degli idoli: lui non è solo pazzo di lei: è
pazzo, e lei se ne accorge subito. L’elogio delle interiora della sua bella,
trasparenti e pulite, fatto parodiando una nota canzone entrata nell’immaginario
collettivo, segna un netto confine tra la coppia e il resto del mondo, ed anche
all’interno stesso della coppia. In Lei prevalgono i lirismi vacui dei Per
Sempre, in Lui i più prosaici e realistici Per Ora. I progetti a medio e lungo
termine per Lui sono quelli di viaggio verso mete lontane, compresa una morte
informale e sbrigativa, evitando accuratamente un lavoro vero e proprio,
coltivando dapprima l’otium litteratum, e, successivamente, i pomodori, peperoni
e ortaggi vari; per Lei una bella casa, i figli, il lavoro, cioè la sua
realizzazione, minacciata dalla inadeguatezza di Lui. Inadeguatezza che si
evidenzia anche nell’erotismo: legarla per averla, l’incertezza sull’ipotetico
frutto d’amore, e il successivo canonico tradimento per suscitarne la gelosia
rientrano nelle gag più sapide che condensano, in 60 rapidissimi minuti, una
vita di amore-non-amore.
(Gossip opinion: a me sembra che Lui ami Lei appassionatamente e in modo
insolito, fino al paradosso del tradimento per cercarne l’attenzione; e invece
che Lei non sia riuscita a sostituire il per sempre con il per ora e abbia
perciò abiurato, ma senza rancore)
La magia dell’atto teatrale che coincide col time-laps cinematografico in questo
caso è un pugno di farina sui capelli, ed eccoli vecchi, lei delusa, lui no.
Ancora una volta spietati, senza però tanta ironia, sostituita dall’amarezza. Ma
è un rapido tratteggio, il peggio è già compiuto, i numerosi modi in cui si può
seriamente soffocare l’Amore hanno già compiuto l’opera. Non fino in fondo,
però. Resta sempre in ognuno un bel po’ dell’altro, sempre. Soprattutto quando
l’obiettivo di uno è realizzato dall’altro.
In lui ci dev’essere qualcosa che non va
perché non agirebbe come fa
se così non fosse
quindi agisce come fa
perché in lui c’è qualcosa che non va
[cit. Nodi di Laing]
Consulta:
Officinateatro “Prospettive Contemporanee”: Stagione 2013|14