"Zigulì": le frustrazioni antitetiche del padre di un disabile in scena all'Officina Teatro
San Leucio (CE) – 9 novembre 2013
Articolo di Tonia Cestari
Dove può arrivare l'odio per il proprio figlio? In genere si parla di
rapporto d'amore sconfinato, perchè le convenzioni spingono a portare non una,
ma più maschere di sughero sul volto che coprono e insonorizzano le frustrazioni
di un genitore, soprattutto se alle prese con un figlio disabile.
Un alone di tensione e compassione ha avvolto ieri sera la sala dell'Officina
Teatro di San Leucio (CE) durante la prima serata dello spettacolo Zigulì,
prodotto da Teatrodilina, che si replicherà stasera. Premio Ubu 2010 e vincitore
di numerosi altri premi nazionali, lo spettacolo Zigulì è tratto dall'omonimo
libro di Massimiliano Verga, portato in scena con l'adattamento e la regia di
Franceso Lagi (aiuto regia Leonardo Maddalena). Francesco Colella, l'attore nei
panni dell'autore Massimiliano è l'unico personaggio sulla scena: padre di
Moreno, un bellissimo bambino di circa otto anni, nato sano e diventato
gravemente disabile nel giro di pochi giorni, perdendo la vista e il pieno
controllo del suo corpo.
Un argomento così delicato trattato in modo violento, secondo alcuni
inopportuno, ma non certo condannabile dal momento che i pensieri del
protagonista sono risposte a una spietata verità. Non deve essere stato facile
per il cast prendere decisioni sia registiche che interpretative, alle prese con
questioni di tatto e misure per non risultare troppo crudi nei duri attacchi
lanciati dal padre al bambino.
Ammirevole la partecipazione attiva dell'attore Francesco Colella nella
realizzazione dello spettacolo sin dai primi passi: dall'approccio con il libro,
all'incontro con l'autore e il figlio in questione, Moreno.
"Lo spettacolo ha avuto origine per caso a Milano in una libreria in cui
passeggiavo spensierato, finchè non mi colpì tra tutti, un libro dalla copertina
rosea dalla quale faceva capolino il volto di un bambino: "Zigulì. La mia
dolceamara vita con un figlio disabile"(Mondadori) di Massimiliano Verga. Me ne
interessai pensando subito ad una possibile riproposizione teatrale e lo
comunicai alla nostra organizzatrice Regina Piperno, che mi fornì i recapiti
necessari per entrare in contatto con l'autore. Da lì è nata un'amicizia e una
collaborazione con lui".
Per rendere al meglio il personaggio di Massimiliano, Francesco lo ha reso
credibile indossando vestiti malandati e sporchi, segno della sua fatica alle
prese con il figlio e attraverso una recitazione brusca ma intensa,
caratterizzata da cambiamenti improvvisi tra nervosismo e affetto sincero verso
il figlio di cui cercava gli occhi in quelli del pubblico.
Il libro di Massimiliano Verga prende forma secondo l'adattamento teatrale del
regista Lagi, all'interno della stanza di Moreno nel giorno del suo compleanno e
che in scena non compare mai, ma sembra essere presente sin dalla comparsa del
primo spiraglio di luce che illumina lo spazio scenico. Tutto parla di lui. La
scenografia simbolica di Salvo Ingala ci ripone in una "culla" di cui la prima
cosa che colpiscono sono i colori, gli stessi che il piccolo Moreno non vedrà
mai.
Palloncini da compleanno, giocattoli di ogni tipo, animali di plastica con cui
Massimiliano tenta di parlare imitandone il verso e “fallendo” ancora una volta
in fatto di comunicazione. Ancora un Uomo-Ragno gonfiabile e l'emblematica
maschera del lupo sulla quale Massimiliano si sofferma, vedendo nell'animale
l'incarnazione dell'ignoto, del mistero, dell'essere pericoloso e rischioso.
Nella sua "notte di follia" nella stanza del figlio, ambientazione voluta dal
regista in funzione della messa in scena, il protagonista si perde in un
lunghissimo monologo, un flusso di coscienza, o meglio un tentativo di dialogo
con il figlio che non può vederlo né capire quello che dice "perché la Zigulì
che ha sotto i capelli gli consente di riconoscere soltanto le tre parole che
servono per sopravvivere: pappa, acqua, nanna". I suoni e le musiche scelte con
gusto, magari anche ironia da Giuseppe d'Amato e Alessandro Linzitto,
accompagnano i pensieri di Massimiliano, i flashback i pensieri sconnessi e
sdrammatizzanti che lo trasportano al di fuori di quella claustrofobica stanza.
Momenti di tenerezza tra padre e figlio sono creati anche dalla musica,
linguaggio universale, con cui entrambi ballano, si calmano, comunicano
attraverso sorrisi.
La figura materna è stata volutamente messa da parte sia nel libro di Verga che
nel fedele riadattamento teatrale, non perchè non sia presente nella vita reale-
dichiarò Verga in una precedente intervista- ma per focalizzare la figura
paterna non in qualità di sostituzione alla madre come siamo abituati a vederla,
ma nella sua figura di padre "assoluto".
La coinvolgente interpretazione di Colella ha strappato lacrime a gran parte dei
presenti che ne hanno condiviso tutte le sofferenze, accettando qualsiasi tipo
di "cattiveria" recitata in scena, che pronunciata in un contesto condizionato
dall'etica potrebbe risultare inaccettabile, ma che qui trova tutte le sue
motivazioni condivisibili o meno.
Eppure «Moreno incarna l'idea del figlio che nessuno vorrebbe avere» secondo
l'autore, parole forti per quella stessa morale che ci schiaccia la faccia nel
sughero e ci fa scattare un senso di indignazione per questo padre che
nonostante tutto non ha mai abbandonato il figlio, infatti, le forti parole
vomitate in toni violenti e rassegnati, non sopprimono l'amore di Massimiliano
che con dolcezza emerge "tra le righe" continuamente: Massimiliano prova a
parlare con suo figlio ininterrottamente, sogna un futuro con lui si pone il
problema del "dopo", cercando una sistemazione per lui anche quando non potrà
più occuparsene.
L'amore è nella sua insistenza nel chiedergli se è contento, anche se sa che
Moreno non potrà mai capirlo e rispondergli, ma gli basterebbe sapere solo
questo per smettere di tormentarsi.
consulta: Officinateatro
“Prospettive Contemporanee”: Stagione 2013|14