Teatro Garibaldi: Toni Servillo legge Napoli
S. Maria C. V. (CE) – 27 Gennaio 2013
Articolo di Roberta Cacciapuoti
Non serve null'altro sul palcoscenico quando ad occuparlo è un attore della
grandezza recitativa e del talento di Toni Servillo. Palco spoglio infatti, solo
una sedia e un leggìo ad accogliere Toni.
Lo spettacolo è un omaggio di Servillo alla cultura partenopea, alla Napoli più
vera, alla Napoli poetica , a quelle voci che hanno fatto grande la città nel
mondo. L'indagine di Servillo, come la Commedia di Dante (stavolta capovolta),
passa attraverso il Paradiso, il Purgatorio, per poi immergersi e affondare
nell'Inferno dei vicoli. Raccontare Napoli attraverso la sua lingua, questo è
quello che fa Servillo. Il dialetto napoletano, come materia linguistica da
indagare e in cui scavare, viene qui messo al centro del racconto, diventa
protagonista assoluto, nella voce di Servillo, dalle mille sfaccettature e
intonazioni. Il napoletano è una lingua maltrattata, contaminata, sfruttata,
materna, una lingua dalla grande forza poetica ed espressiva, cosa che viene
fuori prepotentemente nella lettura dei brani proposti.
Toni Servillo sceglie di proporre brani di otto scrittori e poeti napoletani,
quattro del passato e quattro contemporanei. Inizia da "Lassamm fa' a Dio" di
Salvatore di Giacomo, il viaggio nel Paradiso napoletano, per poi passare alla
celeberrima storia di "De Pretore Vincenzo" di Eduardo De Filippo, il "mariuolo"
che sceglie San Giuseppe come protettore, e che morto ammazzato e giunto in
Paradiso, pretende dal Santo un posto sicuro nel regno divino. Servillo legge
poi due brani tratti da "Il Paradiso" di Ferdinando Russo, "A Madonna d’‘e
mandarine" e "E’ sfogliatelle", in onore del sempre vivo rapporto tra cibo e
devozione. E' poi la volta dell'attualissima "Fravcatur" di Raffaele Viviani,
sul tema delle morti bianche e del dolore inconsolabile delle famiglie colpite
dalla tragedia. Si passa poi ad un autore contemporaneo, Mimmo Borrelli, e alla
lettura di una sua variazione sulla bestemmia, che "è spesso grido disperato
proprio di chi crede", come lo stesso Servillo ricorda. Ancora di un
contemporaneo, Maurizio De Giovanni, legge "O' vecchio sott'o ponte", che
racconta il tragico, straziante dolore che segue la morte di un figlio. E poi
ancora "Litoranea" di Enzo Moscato", "Sogno napoletano" di Giuseppe Montesano, "Napule"
di Mimmo Borrelli, che diventa quasi un canto vivo e tormentato, fatto di gioia
e disperazione, sulle labbra di Servillo, scritto in una lingua cumana,
misteriosa, forte e bellissima. A chiudere, infine, lo spettacolo, immancabile
pilastro della poesia napoletana, "A' livella" di Totò, che insieme alle ultime
tre brevi poesie, una di De Filippo, una di Viviani, e una di Michele Sovente
(che scriveva le sue liriche in tre lingue: latino, italiano e napoletano)
chiude magicamente uno spettacolo che regala allo spettatore un viaggio
pittoresco e quanto mai vero, che omaggia in modo straordinario Napoli e la sua
struggente bellezza.