"L’Avaro" al Teatro Comunale di Caserta con Arturo Cirillo
Caserta– 2 marzo 2012
Comunicato stampa
“Tra tutti gli esseri umani Arpagone è il meno umano!”, basterebbe questa
frase per riassumere il protagonista de “L’Avaro” andato in scena ieri sera, 2
Marzo, presso il Teatro Comunale di Caserta (in scena fino al 4). Con la
produzione del Teatro Stabile di Napoli e Teatro Stabile delle Marche è stato
presentato un riadattamento della commedia del 1668 di Jean-Baptiste Poquelin,
conosciuto con lo pseudonimo di Molière; dalla traduzione di Cesare Garboli, di
e con Arturo Cirillo in veste non solo di regista ma soprattutto di primattore.
La commedia, ispirata a sua volta all’Aulularia (detta anche “La commedia della
pentola”) di Plauto, mette in luce aspetti del comportamento umano “senza
tempo”: all’epoca di Plauto come nel XVII sec fino ad arrivare ai giorni nostri
la ricchezza, il potere, la passione amorosa ci appaiono temi universali. Questo
spirito ha guidato la scelta dei costumi, di Gianluca Falaschi, in una visione
moderna per tessuto e colore (con presenza di sfumature nette) di forme tipiche
del Seicento, fatta eccezione per il costume di Arpagone, nero come il suo animo
senza generosità ; la scelta delle scenografie, di Dario Gessati, in cornici
concentriche (di cui una mobile per dare il senso del cambio di scena) scure ed
austere; e quella delle luci e musiche, ideate da Badar Farok e Francesco De
Melis, giostrate per dare più enfasi ai momenti cruciali.
Senza interruzioni, per circa due ore il pubblico ha vissuto la vicenda di
Arpagone e del suo mondo: le passioni amorose dei due figli Cleante
(Michelangelo Dalisi) ed Elisa (Monica Piseddu) costretti a sottostare alle
volontà assurde del padre, dal non concedere loro nemmeno la legittima eredità
della madre, costringendoli a mendicare o a ricorrere all’usura per poter vivere
nella buona società, alla pretesa di darli in nozze a due anziani vedovi
semplicemente perché facoltosi, non tenendo conto minimamente dei sentimenti
tanto da diventare rivale in amore con Cleante stesso per la giovane Mariana
(Antonella Romano); le ipocrisie tipiche della servitù come quelle del cameriere
Valerio (Luciano Saltarelli), figlio di un nobile ma rimasto orfano dopo un
naufragio in mare, costretto a mentire per rimanere accanto alla sua amata Elisa
e quelle di Mastro Giacomo (Rosario Giglio) più astute, tipiche di chi teme e
canzona allo stesso tempo chi esercita un forte potere.
L’intreccio, che avrà il suo culmine dopo il furto della ragion d’essere di
Arpagone, l'amata cassetta con i suoi risparmi, troverà la risoluzione dopo il
più tipico degli espedienti in commedia: un riconoscimento e ricongiungimento
familiare, vissuto sulla scena con un particolare espediente, che permetterà
agli spettatori di" capire ma non sentire”, lasciando che la commedia finisca
con la figura dell’avaro ricurvo sul pavimento, dopo il ritrovamento del suo
denaro e paradossalmente la perdita dei beni più preziosi: l’affetto dei suoi
cari e l’onore.
consulta:
Teatro Comunale di Caserta: Stagione Teatrale 2011/2012