Teatro Civico 14: Enrico, L’Ultimo
Caserta – 22 Aprile 2011
Articolo di Clemente Tecchia
Venerdì scorso è andata in scena presso il Teatro Civico 14 di Caserta
l’ultima (di Aprile, altre repliche sono previste a Maggio) rappresentazione
dello spettacolo “Enrico, L’Ultimo”, prodotto dalla compagnia teatrale
Mutamenti. L’opera è un riadattamento del celebre capolavoro di L. Pirandello,
“Enrico IV”, testo capitale che analizza i modi in cui follia e lucidità,
annichilimento e sdoppiamento dell’individualità si manifestano nella persona
del protagonista (Roberto Solofria) di cui indicativamente non viene mai
pronunciato il ‘vero’ nome. Questi, durante una festa in maschera in cui
interpretava, appunto, la figura dell’imperatore tedesco, batte accidentalmente
la testa e da allora viene rinchiuso in una clinica, accudito da improbabili
infermieri (Rosario Lerro, Max Granatello, Domenico Santo). Alla festa era
presente anche la donna da lui amata (Ilaria Delli Paoli) nelle vesti di Matilde
Spina, a suo tempo amata da Enrico IV: la donna apparirà anche in seguito al
protagonista in una veste ambigua, un vero sdoppiamento anzi triplicarsi dei
ruoli, infermiera-donna amata-Matilde. Anche se non è dato sapere quando, a un
certo punto ‘Lui’ rinsavisce dal disturbo causato dalla caduta, ma
consapevolmente decide di continuare a vestire i panni, metaforici e non, del
sovrano medievale. Avvolto da un mantello rozzo, con corona e ornamenti di
latta, si sprofonda dentro una carriola in uno stato letargico da cui ogni tanto
emerge per esplodere in vaneggiamenti contro il papa e i feudatari o, al
contrario, in acute e lucidissime staffilate contro la falsità e ipocrisia che
governano il mondo di fuori. La clinica di cui il paziente è ultimo ospite è
però in via di fallimento: un suo rinsavimento significherebbe automaticamente
la chiusura della struttura di ‘cura’, e per questo gli infermieri si premurano
di assecondarne ogni mania. Giungono perfino a uno studio puntuale della
biografia di Enrico nonché a immedesimarsi in personaggi storici legati alla sua
figura, quasi che una corte surrettizia e surreale fosse riproposta tra le
quattro mura scalcinate dell’ospedale. È in questo processo, per il quale la
normalità (la clinica e gli infermieri) alimenta la follia (di Enrico) e allo
stesso tempo se ne alimenta divenendo assurdità e quindi follia anche’essa, che
sta il nocciolo e la novità della rappresentazione. Un espediente che mette in
evidenza l’erosione dell’esile barricata che la lucidità oppone alla sua eterna
antagonista, la possibilità anzi la certezza di un’osmosi tra le due parti.
Di contro al non-sense dell’esistenza, la follia è infatti inserita in una grata
di rapporti causa ed effetto sempre verificabili e perciò consolanti, ma in
questo caso l’adattamento/scelta della pazzia non è una fuga dalla realtà,
quanto un paradossalmente lucido rifiuto della stessa, avendone saggiati i
limiti e l’esasperante convenzionalità che affligge chi resti al di qua della
soglia della follia, nel territorio della rispettabilità.
“Enrico, L’Ultimo” è uno spettacolo scomodo, che procede a scatti, assecondando
l’umoralità del personaggio principale, e che lascia infine lo spettatore a
riflettere intorno alle ormai classiche, ‘pirandelliane’ domande sulla sostanza
della nostra identità, sullo sconfinato caos che governa le nostre esistenze
individuali e collettive.
Consulta: Teatro
Civico 14: Stagione Mutamenti Teatrali 10/11