Teatro Comunale: “L’Ebreo” di Gianni Clementi
Caserta – 25 Febbraio 2010
Articolo di Clemente Tecchia
Il Teatro Comunale di Caserta ha ospitato venerdì scorso la
prima dello spettacolo “L’Ebreo” di Gianni Clementi (in scena fino a domenica
27), che per la regia di Enrico M. Lamanna ha visto salire sul palco Ornella
Muti, Duccio Camerini e Mimmo Mancini.
Ambientato nel ghetto di Roma del 1956, è la storia di una coppia di affittuari
e imprenditori alto borghesi, i Consalvi, che a partire dalla profusione di
pacchi e oggetti che ne affollano la casa denunciano fin da subito un’origine
ben diversa. Immacolata (Muti) è una donna forte, volitiva e sempre pronta a
stuzzicare il remissivo marito Marcello (Mancini), criticandone modi di fare,
vestiti, amicizie. Ed è proprio durante la visita di uno di questi amici, Tito
(Camerini), che si materializza per la prima volta una paura che i due covavano
sepolta nel profondo: una visita inaspettata, un colpo di campanello che da solo
basterà a sconvolgerli e a dare il via ad una serie di precauzioni volte a
scongiurare l’incontro con la misteriosa figura. Si scoprirà che questi altri
non è che l’ebreo del titolo, l’ex datore di lavoro di Marcello che,
nell’imminenza del tragico rastrellamento del ghetto capitolino da parte dei
nazisti il 16 ottobre del 1943, intestò tutti i suoi beni mobili e immobili ai
Consalvi, per evitarne la requisizione. Tredici anni dopo, il timore che il
legittimo “padrone” sia ritornato a far valere i suoi diritti agisce sulla
coppia come un colpo di maglio che sgretola ogni certezza acquisita, mettendo in
forse il comfort della nuova vita che soprattutto ad Immacolata appare
irrinunciabile, nel completo rifiuto della prospettiva di “tornare a fare la
serva”. Come un problema, o meglio un appuntamento col destino che è stato
semplicemente procrastinato, la presenza dell’ebreo pur se aleatoria si fa via
via più opprimente, lasciando infine sprofondare entrambi in una psicosi i cui
risultati saranno terribili. Una commedia in nero, dunque, dove l’irresistibile
vivacità del dialetto romanesco insaporisce i frequenti scambi di battute, senza
tuttavia riuscire vincitrice sul pathos dell’attesa. Un’attesa che invece di
cambiare gli animi dei protagonisti, più semplicemente ne lascerà affiorare in
superficie o ne accentuerà la vera natura: ambiziosa, egoista, prevaricatrice in
Immacolata, debole e influenzabile in Marcello.
Alla prima esperienza teatrale, la Muti convince con una recitazione che se pur
leggermente discontinua riesce ad assicurare forza e autenticità al personaggio
di Immacolata, soprattutto nel crescendo drammatico del finale. Il finale di un
dramma che fa luce sul modo in cui i tentativi di evitare un male possano
produrre un male ancora maggiore, e come la strenua difesa di uno status quo non
meritato riesca ad azzerare l’umanità dei personaggi, e insieme a essa il solo
vero capitale che sia degno di essere conservato a qualunque costo.
Consulta:
Teatro Comunale Di Caserta: Stagione Teatrale 2010/2011