Intervista a Peppe Barra
Il "Monsignore" più amato del teatro italiano in una spassionata intervista
Articolo di Valentina Sanseverino
Il "Monsignore" più amato del teatro italiano ritorna a fare follie sul palco
del Comunale di Caserta: merito dell'applauditissimo Peppe Barra, simbolo della
cultura musicale e teatrale napoletana nel mondo, che ripropone una commedia
strabiliante.
Casertamusica lo ha incontrato alla vigilia del suo arrivo a Caserta per una
spassionata ed emozionante intervista.
Valentina Sanseverino: Nel 1991 lei ha vestito per la prima volta i
panni dell'indimenticabile Menica ne “I Fantasmi di Monsignor Perrelli”. Nel
2008 la ripropose ne “Le Follie del Monsignore” con una nuova regia e
arricchimenti. Oggi, a 20 anni di distanza ma senza mai tenerla lontana dalle
scene, ritorna a Caserta registrando ancora il tutto esaurito. Cosa ha fatto la
fortuna di questa commedia?
Peppe Barra: Il pubblico. Il pubblico la ama ancora, la vuole. E' un
opera che diverte e riflette e la sua forza sta anche nel fatto che è una storia
vera: questo Monsignore napoletano 700esco vissuto all'epoca dei Borbone,
l'ambientazione storica, i costumi, la comicità sono ancora tanto graditi come
quando la proposi la prima volta. Negli anni mi sono limitato ad arricchirla,
cambiare qualcosina, ma la grande forza attrattiva esercitata da questo
personaggio è rimasta immutata.
V. S.: Tuttavia, maestro, lei ha affidato il ruolo del Monsignore a
Patrizio Trampetti, ritagliando per sé un'altra parte: un personaggio che
ricalca la tradizione della maschera prettamente partenopea del buffo
“servitore”, quella - per intenderci - inaugurata da Pulcinella..
P. B .: Nella realtà storica Menica non esisteva: l'ho creata io perché
sentivo l'esigenza di rappresentare le vicende viste da una prospettiva opposta
a quella di Monsignore, chiuso nella sua follia e lontano dal mondo che lo
circonda. E l'ideale era proprio questa maschera, quella di una donna del popolo
che sa affrontare il mondo fuori dalle quattro mura, ironica, perfino buffa, ma
che sarà affianco al Monsignore fino alla fine dei suoi giorni.
V. S.: Un successo, quello di questa commedia e tuo personale, che si
ripropone invariato ogni volta che torni nella nostra città. Perché Caserta ti
ama?
P. B .: Perché è buongustaia! (e si fa una grossa risata) Scherzi a parte
il pubblico casertano ama il teatro e lo dimostra anche il fiorire di realtà
indipendenti, piccole ma interessanti, su tutto il territorio. É un pubblico
partecipe, molto caldo, che torna a vedermi anche per due giorni di seguito,
perché sa distinguere il talento, tra le tante cose schifose che si vedono oggi
sui palchi, e lo apprezza. Vuole un'opera fatta bene, che sia poetica ma che lo
faccia sorridere e io questo, modestamente, lo so fare.
V. S.: In effetti lei è tra i registi e attori teatrali più prolifici
al mondo: eppure, in questo oceano di commedie e tragedie c'è, qualche volta,
spazio per una corrente di cinema e tv: ha esordito nel '87 con “Serata
d'onore”, omaggio al teatro di De Filippo, con lo stesso Edoardo e Mastroianni,
per poi trasporre in tv spettacoli come “Artisti”, “Nel Regno di Pulcinella”,
“La cantata dei pastori”, “Signori, io sono il comico” e favole come “Il cunto
de li cunti”.
P. B .: L'amore per il teatro non da tregua né tempo per dedicarsi ad
altro, anche in tv ho portato per lo più opere teatrali. Non amo molto la tv,
solo una cosa ha di buono: aiuta a far venire fuori tanti giovani di talento, è
il trampolino di lancio per tanti fenomeni, come Valerio Mastrandrea, un attore
che io amo..non lo avremmo mai conosciuto senza la tv..va bene per questo e poco
altro.
Diverso è il discorso del cinema: quando ho interpretato il Grillo Parlante in
“Pinocchio” fu Benigni a telefonarmi..come si fa a dire di no a uno così? Il
cinema l'ho sempre amato per questo ho accettato di recitare in “Giallo
Napoletano” con Mastroianni e De Filippo, in “La Pelle” di Liliana Cavani,
sempre con Mastroianni , “Welcome Albania” con Giannini e “Cuore Napoletano”.
La musica poi c'è sempre nelle mie opere perché si sposa spesso con il teatro. É
iniziato tutto tantissimi anni fa dall'incontro con De Simone e la Nuova
Compagnia di Canto Popolare: abbiamo girato tutto il mondo cantando in
napoletano e l'entusiasmo e l'amore del pubblico per la nostra musica superava i
confini e le incomprensioni linguistiche. Poi c'è stata “Peppe & Barra”, il
Premio Tenco, l'incontro con De André (che gli chiese di interpretare “Bocca di
Rosa” in napoletano e la inserì nel LP “Cani Randagi”) e l'inizio della mia
carriera da solista, che mi regala ancora tante belle soddisfazioni.
V. S.: Ma il teatro resta il suo primo amore: ricorda il momento in
cui calcò le scene per la prima volta?
P. B .: Certo! Avevo 3 anni e fui scelto tra tanti dalla maestra Zietta
Liù per una piccola parte nella favola di Pollicino. Da allora non sono mai più
sceso dal palco..Ho fatto tutto, dalla Cantata dei pastori e Pulcinella a
Goldoni e Moliére, da Nerone e Don Chisciotte alla Festa di Piedigrotta e Napoli
dal '600 ai giorni nostri. Ne ho fatti tanti, tutti diversi e tutti li ho amati
allo stesso stesso modo ma (confessa su mia insistenza) se dovessi dire quello
che ha segnato di più la mia vita sarebbe Mr. Peachum ne “L'Opera da Tre Soldi”
di Brecht (a fianco ad Elio delle Storie Tese).
V. S.: E nella realtà? Tra i tanti uomini che hanno incrociato la sua
strada, qual'è stato l'incontro più importante?
P. B .: Sicuramente Mastroianni! La cosa più sconvolgente, ancora di più
della sua grandezza come attore, era la luminosità che sprigionava: rimanevi
sconvolto! Poi conoscendolo imparavi anche che aveva una grande umanità, un
intelligenza brillante, era un uomo vero, generoso, umile..non per modo di
dire..era..pieno di grazia, di luce! E poi, naturalmente, Nino Rota (e qui la
voce si incrina, per un attimo) Nino Rota era un eccelso musicista, un uomo
interessante, era..un amico. Basta.
V. S.: Un'ultima domanda, maestro. In un momento così difficile per
Napoli e Caserta, in cui l'arte e la cultura vengono calpestati, il territorio e
l'ambiente stuprati, gli uomini mortificati dalla mala politica, cosa può fare
l'artista per la sua terra?
P. B .: Gridare la sua arte e la grandezza della nostra cultura. Io non
sono come quegli artisti che dicono «Io non ho colore politico..» Io sono di
sinistra e l' ho sempre detto. Ma oggi non esiste né destra né sinistra, non
esistono principi, ideali, grandi uomini, non esiste più nemmeno la politica. E'
tutto marcio e morto e io mi vergogno di essere italiano. Mi vergogno davanti
alle donne e agli uomini che stanno combattendo a Terzigno, mi vergogno quando
il governo li attacca e i giornalisti li chiamano rivoltosi..ma quali rivoltosi?
Quello è il popolo che urla la sua rabbia e la sua disperazione. Davanti a tutto
questo io mi sento solo un povero artista..