Teatro Comunale: “Morso di luna nuova”
Caserta – 20 febbraio 2010
Articolo e foto di Arianna Quarantotto
Caserta, Teatro Comunale, 20 Febbraio. E’ buio. Il cielo di Napoli non ha più
luce. Non si capisce se è notte o giorno nel rifugio antiaereo.
Il rumore delle bombe squassa le orecchie, fa tremare i corpi, brucia l’anima.
Sono in otto a ritrovarsi lì sotto, otto voci che narrano ciascuna una storia
nella Napoli “tiella” delle quattro giornate di quel lontano 1943.
I tedeschi infuriano in città: i palazzi si sbriciolano sotto le bombe, per
strada i corpi senza vita di tanti napoletani diventano cibo per cani mentre i
tedeschi fanno razzie, impongono il servizio obbligatorio di lavoro e la
fucilazione immediata per chi non si presenta.
Il cibo scarseggia, manca l’acqua, il gas, l’elettricità. La città è allo
stremo. Eppure, lì sotto, al buio del rifugio, la vita non cessa di pulsare: c’è
il generale fascista a riposo, un povero falegname, il venditore di baccalà, il
portiere Gaetano con la moglie e la figlia, piena di sogni e di speranze, un
giovane romantico e il suo amico balbuziente con un canarino che percepisce
prima di chiunque altro il prossimo bomabrdamento.
Le voci un po’ alla volta si intrecciano, si accavallano, si scontrano: nella
miseria e nella disperazione, quando tutto sembra ormai perso, gli alleati
ancora lontani, e la città prossima al crollo, la voglia di riscatto un po’ alla
volta contagia tutti. Al rifugio si improvvisa perfino uno spettacolino
esilarante, un gioco di teatro nel teatro, che coinvolge anche noi spettatori e
per un attimo l’atrocità della guerra sembra essere dimenticata.
Intanto fuori, tra i vicoli, le piazze, le strade, si alzano le prime barricate:
don Gaetano, il portiere, incita tutti alla voglia di riscatto: la paura e la
rassegnazione si trasformano in voglia di rivincita. In quattro giorni i nazisti
sono messi in fuga, la fierezza napoletana vince sulla barbarie.
Morso di luna nuova è la storia di otto “persone”, non personaggi, ha scritto
Erri De luca, persone a cui è stato affidato il compito di ricordare quanto
realmente accaduto. Ma è anche un atto di amore nei confronti della città
partenopea, un invito a riappropriarsi almeno di un barlume di cielo negato.
Oggi forse più di allora.