Teatri Di Pietra: "Sorelle di Sangue" da Ritsos e Hofmannsthal
Sessa Aurunca (CE) – 5 Agosto 2009
Note sullo spettacolo
Mda Produzioni Danza Mistras in coproduzione Teatri di Pietra presenta
"Sorelle Di Sangue" da Crisotemi di Ritsos e Elektra di Hofmannsthal
con Elisabetta Pozzi
e Paola Bellisari, Monica Camilloni, Carlotta Bruni, Rosa Merlino
coreografia: Aurelio Gatti
musica originale: Daniele D'angelo
drammaturgia: Gatti/Pozzi/D'angelo
note di regia
A Sorella di Sangue ci si è arrivati “lentamente” e comunque mossi da riflessioni - sarebbe meglio chiamarle “urgenze” - differenti : da una parte il tema della corresponsabilità, innanzitutto storica prima che etica, che sembra estraneo a questa epoca per cui ogni fatto viene addomesticato da una scellerata incoscienza : che sia guerra, fame, conflitti piuttosto che scoperta di un vaccino, ritrovamento, dibattito – tutto sembra partecipato in superficie, ridotto ad una presa d'atto e a un ossequio dell'informazione. Nessuna consapevolezza dell'accadimento , nessuna responsabilità dell'accaduto. D'altra parte c'è la questione di quali “risposte possibili” in un momento in cui tutto e il contrario di tutto hanno legittimità : la parola/significato è soppiantata dal messaggio, l'azione trasformata in atto, la plausibilità del contrario mortifica ogni decisione o impegno. Situazione che nulla a che vedere con la romantica visione dell'anarchia o l'invocazione nichelista del caos rigeneratore. Sembra di assistere ad una epidemia di spersonalizzazione globale per cui il contingente soverchia ogni pensiero, il contestuale prevale e tanto l'uomo quanto la sua arte, cultura o teatro vengono misurati in relazione ad una funzionalità socializzante, produttiva, aggregativa,..educativa .... Non è un caso che prevale un senso di smarrimento, di inconsistenza, di svuotamento e in cui l'uomo contemporaneo sembra non riuscire a districarsi. Il passato è ignorato, il futuro un'incognita e il presente sottratto giorno dopo giorno, secondo dopo secondo come se attendessimo una vita “vera “ da venire e provenissimo da un”passato” che non merita di essere ricordato. Da qui l'urgenza. Il ricorso al mito e alla poesia è d'obbligo come la necessità di indagare un linguaggio capace di trasmettere ed esprimere adesione al contemporaneo, ri-trovare uno spazio per uomini partecipi del presente, scegliere un territorio a cui aderire, un tempo in cui vivere. La commistione di teatro, danza e musica è apparsa la migliore per restituire significato alla vicenda di Crisotemi. La scelta di Crisotemi non è solo la naturale conseguenza di una assidua frequentazione di Elisabetta Pozzi con il poeta Ritsos (per la Fedra e Il Funambolo e la Luna ) quanto l'aver inteso - in un personaggio “altro”, distante dalle eroine del mito, - una protagonista contemporanea sia per l'incapacità di agire il presente o, anche, per la scelta di silenziarlo. Crisotemi colei che assiste al sacrificio della sorella Ifigenia, che non è partecipe all'omicidio di Agamennone da parte di Clitennestra, che non si ribella né progetta alcuna vendetta contro la madre per i suoi illeciti rapporti con Egisto e per aver ucciso suo padre, dopo l'epilogo di Elettra e la partenza di Oreste, è la donna che rimane sospesa come umanità inespressa. Lei, rapidamente citata nell'Iliade, personaggio di relazione nell'Elettra di Sofocle e di Euripide , alter ego di una Elettra invasata e dionisiaca in Hofmannsthal, è ritrovata da Ritsos che la ritrae come specchio lirico di una esistenza in cui prevale il senso di testimone muto immerso in un susseguirsi di fatti drammatici che sembrano non trovare soluzione se non nel silenzio. Uno spazio perimetrato che evoca masserie e caseggiati distanti da centri abitati. Una serie di donne abili in mestieri antichi, non solo delle lavoranti ma anche recluse che nello svolgere delle azioni/mansioni rivelano dinamiche e appartenenze. Comunque donne di quel luogo, uno spazio e un tempo di discendenza. Tra loro, contigua e promiscua, Crisotemi che solo attraverso un viatico fatto di ricordi, oggetti di rimando e azioni riaprirà il suo nome e la vicenda degli Atridi. Non c'è sofferenza, solo un grande stupore nel riassumere una sembianza rimossa, un'appartenenza abbandonata e dismessa forse per il desiderio di non dover più essere testimone “inadempiente”.Lo sviluppo segue la poesia di Ritsos, ora interrotta dalle vicende dello donne della casa, ora dilatata nello sgomento di non poter essere null'altro oltre che Crisotemi. Insistente e scabro interviene il pensiero della sorella Elettra attraverso parole scritte su carte dimenticate e occultate. Il tempo scandisce una giornata, fuori, lontana, scorre vita di altri. Crisotemi intuisce il vuoto: tanto sangue, tanti morti, tanto orrore hanno forgiato un involucro, spesso, prezioso come un cratere di manifattura straordinaria: é quel vaso che ha dato la forma al vuoto , la saga degli Atridi ha dato forma a Crisotemi. L'azione attende la quiete per poter ripartire, il suono attende la pausa per poter vibrare nuovamente, Crisotemi è il vuoto , ad esso si affida. Non è così per le donne della casa, che ripetono azioni e vicende di cui non sanno né il perché né il come.“ Forse l'unica scelta di libertà è il silenzio...” e Crisotemi sembra aderire al pensiero del poeta.
consulta: Teatri di Pietra 2009