Al Teatro Comunale: Io speriamo che me la cavo

Caserta – 10 Aprile 2008

Articolo di Marilena Lucente

Caserta, 10 Aprile. Il titolo è troppo noto, felice ma anche consumato, per lasciare spazio alla sorpresa. Invece, Io speriamo che me la cavo, di scena questi giorni al Comunale, ha l’effetto di spiazzare e divertire. Complice la presenza scenica di Maurizio Casagrande, che insieme ad un cast numeroso e rumoroso, riesce a mescolare un testo ammiccante riscritto da Ciro Villano e la musica struggente e bellissima di Enzo Gragnaniello.
Certo i protagonisti del best seller di Marcello D’Orta ci sono tutti: il maestro che ritorna al suo paese d’origine, con il bagaglio pieno di ricordi sbagliati e cieca fiducia del futuro; la piccola comunità, soprattutto femminile, che si dibatte tra vita quotidiana e desiderio di fuga; il gruppo di ragazzini resi precocemente saggi dalla vita. Mentre sullo sfondo, si staglia l’ombra nera della camorra – ma qui ha le sembianze di un uomo cattivo, come nelle favole – che negli anni Novanta, quando il libro fu pubblicato, spacciava soprattutto droga.
Marcello Aprile, ci informa la bidella, era uno scolaro con la testa “solo per spartere le recchie”, è diventato maestro, e ha preso servizio nella stessa scuola che ha frequentato da bambino, con gli stessi banchi, le stesse sedie, la stessa bidella appunto, e soprattutto la stessa desolazione.
Il testo procede lungo i binari della storia nota: all’inizio timido e quasi spaurito, Marcello riuscirà via via a conquistare la fiducia dei bambini e delle mamme, rendendole capaci persino di denunciare la camorra.
Io speriamo che me la cavo è soprattutto un grande atto d’amore per le parole. Le parole dei temi degli alunni, sgarrupate come le strade di Arzano, quelle incespicate e scamazzate del maestro, che solo trenta anni dopo riuscirà a dichiarare il suo amore alla ex compagna di banco, adesso madre del più bravo e più infelice dei suoi allievi, le parole dei libri, quelle raffinate di Cyrano De Bergerac, quelle bislacche dei libri falsi proposti con insistenza da un rappresentante di enciclopedie, e quelle della tradizione napoletana, le sole, sembra suggerire lo spettacolo, capace di raccontare il cuore di Napoli e dei suoi abitanti. I bambini devono imparare a memoria "L’ultimo scugnizzo" di Raffaele Viviani, perchè se tutti sono scugnizzi, si può sempre scegliere e decidere diversamente.
La regia di Domenico Corrado, commuove e soprattutto diverte, per via dei caratteri dei personaggi così marcati da essere quasi grotteschi, si ride per l’interpretazione mimica di Maurizio Casagrande e si apprezza la voce vibrante di Fiorenza Calogero.
La scenografia di Daniele Bigliardo, con i disegni infantili e che scorrono su un grande schermo come in un libro illustrato, trasforma il testo in una lunga favola tanto che alla fine, il protagonista, ammette che vorrebbe tutto fosse un sogno: il male di Napoli, i problemi, la camorra. Vorrebbe una Napoli migliore, lui, proprio lui, che da bambino aveva scritto quel tema che si concludeva con “io speriamo che me la cavo”.
Gli spettatori del Comunale applaudono tanto, ma molti lo sanno, che adesso c’è bisogno di qualcosa in più. Più di un brutto sogno da scacciare, più di una risicata speranza personale.

consulta: Stagione Teatrale 2007/2008 al Teatro Comunale

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