All'Officina Teatro: “Viva La Vita”

S. Leucio (CE), 8 Marzo 2008

Articolo di Laura Vavuso

Sabato 8 marzo, presso lo spazio teatrale Officina teatro di San Leucio- messo su dagli attori e registi Roberto Solofria e Michele Pagano- è andato in scena lo spettacolo dal titolo “Viva la vita!”, da un’idea dell’autrice Clelia Falletti per la regia di Pino Di Buduo. Unica interprete, l’attrice tedesca Natalie Mentha. Nel giro di cinquanta minuti circa, la Mentha -bravissima- ha impersonato due figure femminili del secolo appena trascorso, figlie di culture e portatrici di esperienze solo apparentemente lontane. Il primo personaggio è Ingeborg Bachmann, che ha vissuto l’orrore dell’occupazione delle truppe tedesche della sua città, Klagenfurt, in Austria; il secondo è Frida Kahlo, vittima di un destino crudele che, a diciotto anni, l’ha voluta immobilizzata a letto per un lungo periodo in seguito ad un incidente stradale. Scrittrice la prima, pittrice la seconda; costretta a scappare in Svizzera la prima, costretta ad aiutarsi con la bocca per dipingere la seconda, durante la convalescenza. Da un lato il nazismo, con il clima di terrore che ha instaurato; dall’altro i suoni, i profumi, i colori del Messico: in entrambi i casi, la caparbietà di due donne nel voler seguire i propri sogni, che Ingeborg traduce in versi, Frida in tele, nonostante gli ostacoli e le vicissitudini di due vite tanto diverse. In scena, l’attrice porta prima Ingeborg, alla quale fa raccontare la sua esperienza di vita, mentre su una tela posta sullo sfondo compaiono immagini di repertorio del nazismo. Completata la vicenda della Bachmann, l’attrice scompare dietro la stessa tela, indossa altri abiti, raccoglie i capelli…e riappare, stavolta nelle vesti di Frida. Frida però non è sola, perché, a farle compagnia nel percorso della propria vicenda esistenziale, c’è un piccolo scheletro avvolto da piume gialle, che la donna culla, con cui parla e danza. Ingeborg e Frida ballano, cantano, sorridono alla vita. Ad un certo punto Frida dice: «Il mio corpo è un marasma dal quale non posso scappare» e, in un altro momento, paragona la sua vita ad un’anguria spaccata a metà. Su una piccola parete sulla sinistra, aderiscono i due pezzi di un’anguria, sui quali c’è scritto “Viva la vida”. Ingeborg e soprattutto Frida, stabiliscono un contatto con il regno dell’aldilà, vivono a contatto con la morte, la quale, dice Frida, in Messico “è di zucchero”. La prospettiva della morte non le spaventa, anzi, consente loro di pensare e vivere le loro vite secondo una visione diversa, forse più matura, consapevole, disincantata ma non per questo meno carica di speranza, di brio, di ardore e passione.
Nel parallelismo di queste due figure femminili, emerge un inno alla vita ed un incitamento a viverla fino in fondo, senza riserve. D’altra parte, il messaggio è chiaro sin dal titolo. L’autrice avvicina culture diverse, impegnate a fare i conti con le brutture del Novecento e con destini difficili. Frida è morta suicida nel 1954, a 47 anni; Ingeborg a Roma nel 1973, in seguito ad un incendio. Due donne affascinanti ed un’operazione di teatro sperimentale perfettamente riuscita: “Viva la vita!” merita, senza ombra di dubbio, di essere visto, per la qualità del testo, per la resa scenica, per le capacità interpretative di di Natalie Mentha, per il messaggio finale.
Così, ancora una volta Officina teatro ha fatto centro!

Consulta: Programma di Officina Teatro - San Leucio

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