Teatro Don Bosco: Lascio tutto alle mie donne con Lello Arena
Caserta, 16 Gennaio 2008
Articolo di Marilena Lucente
“Le mogli sono eterne!”, esclama rassegnato e spaventato il notaio
Enrico/Lello Arena prima di dare lettura del singolare testamento di Renato
Severini, brillante collega di studio, ma soprattutto inguaribile seduttore.
Nel corso di “Lascio tutto alle mie donne” – al Don Bosco il 16 gennaio
- si scopre che non solo le mogli sono eterne, ma anche le amanti e le
fidanzate. Eterne soprattutto se destinate a restare insieme, in un precario
equilibrio che le costringe a stare vicino, a tenersi per mano, a non
separarsi mai.
Renato chiede che la sua eredità sia divisa tra moglie e amante a condizione
che queste, ignare l’una dell’altra fino a quando lui era vivo, siano
disposte a trascorrere insieme un’ora al giorno. Avrà l’obbligo si
supervisionare il buon esito della scommessa, l’amico notaio, scapolo e
lievemente misogino che di donne non ne ha mai voluto sapere.
E così, tra rifiuti, litigi, colpi bassi, agnizioni e sorprese, le donne,
che in realtà erano ben più di due, finiscono per diventare amiche. E per
fare luce sul loro passato, dividendosi ricordi e responsabilità: tanto
l’una era stata una moglie eccessivamente accondiscendente, tanto l’altra
aveva peccato di eccesso di ipocrisia, preferendo restare a lungo nell’ombra
piuttosto che vivere liberamente la sua passione. E anche le altre, solo
apparentemente vittime di inganni, alla fine si rivelano grate per tutte
quelle bugie subìte che erano frutto di amore per la vita e creatività
maschile.
Ovviamente il notaio finirà per innamorarsi di tutte le donne del suo ex
collega. E di cui, sempre per dare seguito al bizzarro testamento, si dovrà
occupare vita natural durante.
Il testo di Diego Fabbri, datato 1969, ricalca la struttura del vaudeville,
ma lo arricchisce di spunti e di riflessioni: il ruolo della chiesa e le sue
ipocrisie, il contrasto tra la forma e la sostanza - “la forma è tutto…
quando si vuole nascondere la sostanza”: parola di notaio - il piacere di
una vita libera dalle costrizioni rispetto ad una grigia monotonia
Proprio per la ricchezza e l’eccessiva presenza di temi affrontati, il testo
non decolla mai, non c’è una scena madre, manca il coinvolgimento, il
rapimento degli spettatori, che seguono con interesse l’intreccio delle
azioni.
Lello Arena è grande soprattutto quando lascia che sia il silenzio a
parlare, insieme ai suoi gesti goffi, ai suoi sguardi che sanno di stupore e
di imbarazzo, insomma quando si rivela l’attore bravissimo che abbiamo
imparato ad apprezzare per la sua timida capacità di creare complicità con
la platea.
Nella regia di Nanni Fabbri, alle donne del titolo – interpretate da Angiola
Biaggi, Tiziana Bagatella, Luciana Negrini e Emanuela Trovato - è lasciato
agio di esprimersi, di raccontare la propria storia, di indossare (curati e
bellissimi gli abiti) differenti e assortite personalità.
Ma si fa ancor più notare e ammirare Sebastiano Trincali, con il piatto
ruolo di collaboratore dello studio legale, compìto nei gesti ma esuberante
e colto nelle citazioni letterarie, sempre pronto a mettere tutto in
cassaforte meno che le sue goffe esitazioni.
Particolarmente riuscite le scenografie, ricche di colori e si paesaggi, in
perfetto equilibrio tra interni ed esterni: spazi che si aprono e chiudono
con estrema semplicità e grande efficacia, interni accoglienti che ospitano
storie che solo a teatro si possono raccontare.
consulta: Programma del Teatro Don Bosco: stagione 2007 - 2008