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“L’innocente divertimento della campagna è divenuto a’ dì nostri una passione,
una manìa, un disordine. [..] i villeggianti portano seco loro in campagna la
pompa ed il tumulto delle Città […] L’ambizione de’ piccioli vuol figurare coi
grandi, e questo è il ridicolo ch’io ho cercato di porre in veduta, per
correggerlo, se fia possibile.”
Così scriveva Goldoni nell’introduzione alla sua opera, composta di tre
commedie, “Le smanie della villeggiatura”, “Le avventure della villeggiatura” e
“Il ritorno dalla villeggiatura”. “Nella prima” - scrive sempre Goldoni - si
vedono i pazzi preparativi; nella seconda la folle condotta; nella terza le
dolorose conseguenze che ne provengono”.
L’opera è stata magistralmente ridotta ad un unico spettacolo da Toni Servillo,
attore e regista della pièce, decisamente complessa, che ritrae una classe
sociale, “non nobile e non ricca, ambiziosa e ridicola” nella fase del suo
apogeo e quindi del suo declino.
Più di tre ore di spettacolo per rappresentare sarcasticamente il villeggiare,
che “introdotto per l’utile e il comodo de’ cittadini, è arrivato oggidì
all’eccesso del lusso, del dispendio e dell’incomoda soggezione”. Tre ore che
conservano integra però la vena ironica, canzonatoria che fa da filo conduttore
dell’opera goldoniana. Un’opera decisamente complessa, affresco di una classe
sociale, quella borghese, che ieri come oggi, “nel figurar coi grandi” si fa
ambiziosa, avvelenata dai vizi e dalla involuzione dei costumi: perfino
l’amore, che è il motore della commedia, si fa opportunismo e rischia di far
crollare i principi fondamentali di una società che si regge, seppur di
facciata, sull’onore e il rispetto per le norme sociali. Il sorriso, che pur
anima la commedia, cede il posto ben presto allo scavo psicologico, si fa
critica graffiante, malinconica riflessione: perfino il grido finale: “Nozze,
nozze, evviva nozze”, annuncio di molti matrimoni concomitanti, non ha nulla di
festoso. La malinconia d’autunno, che ha posto fine alla villeggiatura, ha il
sapore amaro della rinuncia ed accomuna, seppur in modo diverso, le tre giovani
e ormai disilluse spose, Giacinta, Vittoria, Rosina. Anche l’augurio di pace e
serenità che Giacinta, eroina della pièce, rivolge alla cognata, ma che in
realtà desidererebbe per sé, è espressione di disagio e di triste ripiegamento.
Il cast di attori aggiunge fascino e pregio alla commedia: Toni Servillo fa
sorridere anche nei momenti meno comici, le scene, di Carlo Sala, sono
magnifiche nel rappresentare gli ambienti, e gli attori, tutti, incarnano con
perizia situazioni, caratteri, sentimenti; soprattutto esprimono quel senso di
cedimento, di venir meno della speranza, quel male di vivere premonizione di
tempi nuovi…e dei nostri tempi.
Consulta: Stagione Teatrale 2007/2008
al Teatro Comunale |
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